TAR Venezia, sez. III, sentenza breve 2023-07-03, n. 202300954

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. III, sentenza breve 2023-07-03, n. 202300954
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202300954
Data del deposito : 3 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/07/2023

N. 00954/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00594/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 594 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato V M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrett. Stato, domiciliataria ex lege in Venezia, piazza S. Marco, 63 (Palazzo ex Rea;

per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia

dell’atto Prot. uscita n. -OMISSIS- e dell’atto connesso Prot. uscita n.-OMISSIS-, entrambi emessi dall’Area 4 Stranieri della Prefettura di -OMISSIS- in data 29.3.23;

nonché di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Ufficio Territoriale del Governo -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 giugno 2023 il dott. Andrea Gana e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


1.-OMISSIS-ha chiesto l’annullamento del provvedimento meglio indicato in epigrafe, con cui il Prefetto di -OMISSIS- ha revocato le misure di accoglienza di cui ha beneficiato.

La revoca è stata disposta in pendenza del giudizio instaurato, ai sensi dell’art. 35 bis del d.lgs. n. 25/2008, avverso la decisione con cui la Commissione territoriale ha rigettato la domanda di protezione internazionale formulata dalla ricorrente e ha disposto contestualmente la trasmissione degli atti al Questore ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

2. Il ricorrente ha denunciato l’illegittimità dell’avversata revoca, poiché viziata da violazione degli artt. 20 della direttiva UE 2013/33, 35 e 35 bis del d.lgs. n. 25/2008, 2 del d.lgs. n. 251/07, violazione dell’art. 7, della l. 241/90, nonché da eccesso di potere in quanto la Prefettura ha delegato l’esecuzione del provvedimento ad un soggetto privato, gestore del servizio di accoglienza.

3. Si è costituita in giudizio l’intimata amministrazione.

4. All’udienza camerale del 28.6.2023 la causa, previo avviso alle parti, è stata trattenuta in decisione, sussistendo i presupposti per una pronuncia in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a.

5. La revoca – come si legge in motivazione – è stata adottata in virtù del fatto che a seguito del riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari verrebbe meno, a giudizio della Prefettura, il presupposto per l’ammissione del richiedente asilo nel sistema di accoglienza. Più nel dettaglio, l’Amministrazione ha evidenziato come l’art. 14, commi 1 e 4 del d. lgs. n. 142/2015, testualmente preveda che: “Il richiedente che ha formalizzato la domanda e che risulta privo di mezzi sufficienti a garantire una qualità di vita adeguata per il sostentamento proprio e dei propri familiari, ha accesso, con i familiari, alle misure di accoglienza le misure di accoglienza […] Le misure di accoglienza sono assicurate per la durata del procedimento di esame della domanda da parte della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, e successive modificazioni, e, in caso di rigetto, fino alla scadenza del termine per l'impugnazione della decisione […]”. Siffatta normativa sarebbe poi ulteriormente chiarita dalla Circolare del Ministero dell’Interno del 03 gennaio 2019, in cui si è affermato che “sotto il profilo dell’accoglienza, per i titolari di permesso per motivi umanitari presenti nei centri di prima accoglienza di cui agli artt. 9 e 11 del D. Lgs. n. 142/2015, al momento della consegna materiale del permesso di soggiorno dovrà essere avviato il percorso di uscita dalle strutture in continuità con quanto già previsto ed attuato dalle SS.LL, ai sensi della circolare del 5 maggio 2016 […]”.

Ebbene, siffatta impostazione non può essere condivisa.

Il ricorrente, infatti, deve essere tuttora ritenuto qualificabile come soggetto “richiedente protezione internazionale” in ragione dell’effetto sospensivo del provvedimento di diniego di riconoscimento della protezione internazionale derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale. Effetto sospensivo che, nel caso di specie, permane per tutta la durata del giudizio e fino alla sua definizione con sentenza passata in giudicato.

Peraltro, si osserva come lo stesso art. 14 del d.lgs n. 142/2015 disponga che “salvo quanto previsto dall'articolo 6, comma 7, in caso di ricorso giurisdizionale proposto ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, e successive modificazioni, il ricorrente, privo di mezzi sufficienti ai sensi del comma 1, usufruisce delle misure di accoglienza di cui al presente decreto per il tempo in cui e' autorizzato a rimanere nel territorio nazionale ai sensi dell'articolo 19, commi 4 e 5, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150”.

Appare evidente, pertanto, come il richiedente protezione internazionale che abbia proposto gravame avverso la statuizione negativa adottata dalla Commissione territoriale abbia titolo per rimanere nel territorio nazionale e beneficiare delle misure di accoglienza sino alla decisione definitiva sulla sua richiesta di protezione.

Sul punto, è noto l’ormai consolidato principio affermato dal Consiglio di Stato, che, conformemente alla giurisprudenza della Corte di Cassazione, ha chiarito che “…in materia di immigrazione, la proposizione del ricorso del richiedente asilo avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale sospende l'efficacia esecutiva di tale provvedimento;
ove, come nella specie, la sospensione del provvedimento impugnato, di rigetto della richiesta di asilo, non sia disposta con provvedimento giudiziale, ma sia direttamente prevista dalla legge (art. 19,comma 4, d.lgs. 150/2011, come modificato dall'art. 27, comma 1, lett. c) del d.lgs. 142/2015), che non stabilisce quando cessi, deve concludersi nel senso di ritenerne la cessazione alla fine dell'intero giudizio, e quindi col passaggio in giudicato (cfr. Cassazione civile, sez. I, 21/05/2018, n. 12476)” e ciò in quanto “se la sospensione non si protraesse anche in grado d'appello e di cassazione, non avrebbe molto senso la previsione di termini entro cui definire il giudizio stesso, sia in appello che in cassazione” (Consiglio di Stato, Sez. III, 23 agosto 2018, n. 5037;
da ultimo TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I, 18 novembre 2019, n. 1929).

Ne consegue, pertanto, che il riconoscimento di una diversa forma di protezione (nel caso di specie, permesso per “motivi umanitari”), basata su una normativa nazionale che si pone su un piano di completamento rispetto alla protezione internazionale disciplinata dal legislatore UE, non possa di per sé incidere sull’interesse del richiedente ad ottenere una pronuncia definitiva sulla propria richiesta di protezione e a permanere nel sistema di accoglienza sino al decorso del termine ultimo di permanenza nel territorio nazionale.

In questo quadro, deve ritenersi che tanto la citata circolare del Ministero degli Interni, quanto la pronuncia n.4948/2020 del Consiglio di Stato non siano dirimenti nel caso di specie, non trattando direttamente la fattispecie in cui a fronte del riconoscimento di una protezione minore in sede amministrativa, il richiedente abbia tempestivamente coltivato la propria domanda di protezione internazionale anche in sede giurisdizionale proponendo il relativo gravame.

Consegue a tutto ciò che è stato sinora esposto, l’illegittimità dell’impugnato provvedimento prefettizio di revoca.

6. Le spese di lite, vista la particolarità della questione, possono essere compensate.

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