TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2011-12-01, n. 201105611

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2011-12-01, n. 201105611
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201105611
Data del deposito : 1 dicembre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05667/2010 REG.RIC.

N. 05611/2011 REG.PROV.COLL.

N. 05667/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 5667/2010, proposto dalla società IL CAFFÈ s.a.s. di Scarano Michele &
c., in persona del suo legale rappresentante, rappresentato e difeso, per mandato a margine del ricorso, dall’avvocato G C, con il quale è elettivamente domiciliato in Napoli, Riviera di Chiaia n. 276;

contro

il Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Barbara Accattatis Chalons D’Oranges, A A, E C, B C, A C, A I F, G P, A P e B R e G R, con i quali è elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura comunale in Napoli, Piazza Municipio, Palazzo San Giacomo;

per l'annullamento

- quanto al ricorso principale, del provvedimento n. 2691 del 24 giugno 2010 - con il quale il Comune di Napoli ha respinto la domanda di concessione di suolo pubblico avanzata dalla società ricorrente in data 8 aprile 2009 - e di ogni altro atto presupposto e preparatorio, nonché per la condanna dell’Amministrazione comunale al risarcimento dei danni cagionati dall’adozione del provvedimento impugnato;

- quanto al ricorso per motivi aggiunti depositato in data 4 marzo 2011, del provvedimento n. 72050 del 7 febbraio 2011 - con il quale il Comune di Napoli, nel dare esecuzione all’ordinanza cautelare di questa Sezione n. 2239/2010, ha nuovamente respinto la domanda di concessione di suolo pubblico avanzata dalla società ricorrente - e di ogni altro atto presupposto e preparatorio, nonché per la condanna dell’Amministrazione comunale al risarcimento dei danni cagionati dall’adozione del provvedimento impugnato;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 novembre 2011 il dott. C P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


CONSIDERATO in punto di fatto che:

- il Comune di Napoli con il provvedimento n. 2691 del 24 giugno 2010 ha respinto la domanda, avanzata dalla società ricorrente nella qualità di titolare di un bar ubicato nella piazzetta Nilo n. 3, volta ad ottenere la concessione per occupare una porzione di suolo pubblico antistante il predetto esercizio. Tale provvedimento di diniego risulta motivato per relationem , con riferimento alla nota del Servizio Traffico e Viabilità prot. n. 2044 del 19 marzo 2010, nella quale viene confermato un parere negativo in precedenza formulato, sia per le ragioni già espresse, sia perché «l’occupazione richiesta contrasta con quanto contenuto nel documento della G.M. “indirizzi per le occupazioni di suolo pubblico annesse a pubblici esercizi” che, al paragrafo IV – “criteri di occupazioni del suolo pubblico”, richiama l’art. 25 del regolamento di polizia urbana: “ai titolari di pubblici esercizi, i cui locali prospettino su uno spazio pubblico o di uso pubblico occupabile, può essere rilasciata la concessione di una porzione limitata di detto suolo per la collocazione di installazioni di arredo con le modalità descritte dal presente documento”;
nella fattispecie tra l’occupazione di suolo richiesta e l’esercizio commerciale esiste un attraversamento stradale che risulta pericoloso per il lavoratore che, per effettuare il servizio ai tavoli, è costretto ad attraversare la carreggiata stradale, rischiando per ciò l’investimento»;

- parte ricorrente - dopo aver evidenziato che la concessione richiesta è stata rilasciata per la prima volta nel 2002 e che da allora è stata sempre rinnovata, di anno in anno, senza alcun problema - ha chiesto l’annullamento del suddetto provvedimento, con conseguente condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni, deducendo le seguenti censure: 1) violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990 , in relazione al fatto che le motivazioni poste a fondamento del provvedimento di diniego risultino diverse da quelle addotte nel preavviso di rigetto;
2) ulteriore violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990 , in relazione al fatto che l’Amministrazione non abbia indicato nella motivazione del provvedimento impugnato le ragioni del mancato accoglimento delle osservazioni presentate in data 11 dicembre 2009, a seguito della ricezione del preavviso di rigetto;
3) violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990, nonché dei principi di legalità e di tipicità;
incompetenza
, in relazione al fatto che la delibera di G.M. n. 582 del 30 aprile 2009 (richiamata in motivazione) non sarebbe idonea a giustificare l’adozione del provvedimento impugnato, sia perché non è stata posta nella disponibilità della ricorrente, sia perché tale delibera risulta comunque viziata per incompetenza, essendo stata adottata dalla Giunta e non dal Consiglio comunale, che in base all’art. 42, comma 1, del decreto legislativo n. 267/2000 è l’organo al quale spetta la funzione di indirizzo politico-amministrativo;
4) ulteriore violazione dei principi di legalità e di tipicità;
violazione dell’art. 20 del decreto legislativo n. 285/1992;
eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione
, in relazione all’impossibilità di desumere dall’art. 20 del decreto legislativo n. 285/1992 la causa ostativa al rilascio della concessione richiesta, sia perché il primo comma di tale articolo non richiede che il suolo pubblico oggetto dell’occupazione sia posto in aderenza al fabbricato in cui insiste l’esercizio commerciale, sia perché il terzo comma del medesimo articolo ammette, laddove si tratti di centri storici, “l’occupazione di marciapiedi a condizione che sia garantita una zona adeguata per la circolazione dei pedoni e delle persone con limitata o impedita capacità motoria”, sicché l’Amministrazione avrebbe dovuto svolgere un’adeguata istruttoria al riguardo prima di respingere l’istanza;
5) violazione dell’art. 24 del regolamento viario del Comune di Napoli adottato con delibera del Consiglio comunale n. 210 del 21 dicembre 2011;
eccesso di potere per contraddittorietà
, in relazione al contrasto del provvedimento impugnato con la disposizione del terzo comma dell’art. 24 del regolamento viario del Comune di Napoli, secondo il quale “ove la superficie del marciapiede configuri, per forma e dimensione, una zona pedonale piuttosto che un percorso pedonale, in estensione della deroga prevista nel comma 3 dell’art. 20 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, le occupazioni di suolo pubblico possono essere localizzate anche non in adiacenza ai fabbricati a condizione che rimangano liberi per la circolazione dei pedoni almeno 2,00 m”;
6) tardività del provvedimento;
violazione dell’art. 20 della legge n. 241/1990
, in relazione al fatto che il provvedimento di diniego sia stato adottato quando si era ormai formato il silenzio assenso, per effetto del decorso del termine di 90 giorni dalla presentazione dell’istanza;
7) violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 , in relazione al fatto che l’Amministrazione abbia richiamato in motivazione anche il Piano delle attività commerciali approvato con delibera del Consiglio comunale n. 46/01 e il precedente parere negativo reso dal Servizio Traffico e Viabilità, senza tuttavia allegare tali atti e senza specificare le ulteriori ragioni ostative che deriverebbero da tali atti;
8) eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità , in relazione alla mancata specificazione delle sopravvenute ragioni, di fatto o di diritto, che hanno indotto l’Amministrazione a negare il rilascio di un provvedimento accordato negli anni precedenti;
9) eccesso di potere per sviamento e illogicità, per difetto di istruttoria e di motivazione, per violazione dei principi di proporzionalità e adeguatezza , in relazione al fatto che i rischi per la sicurezza, paventati nella motivazione del provvedimento impugnato, siano stati astrattamente valutati, senza considerare le caratteristiche ed il tasso di percorrenza automobilistica della piazzetta Nilo;
10) violazione dei principi di buona fede e correttezza , in relazione al fatto che il diniego sia stato adottato a distanza di ben otto mesi dalla presentazione dell’istanza;

- il Comune di Napoli si è costituito in giudizio in data 25 ottobre 2010 e con memoria successivamente depositata ha eccepito l’inammissibilità per tardività delle censure dedotte avverso la delibera di G.M. n. 582 del 30 aprile 2009, nonché l’infondatezza delle censure dedotte dalla ricorrente;

- questa Sezione con l’ordinanza n. 2239/2010 ha accolto la domanda cautelare proposta dalla società ricorrente con il ricorso principale, ordinando all’amministrazione di «riesaminare il provvedimento impugnato alla luce delle censure dedotte dalla ricorrente, posto che le motivazioni addotte a supporto dell’impugnato diniego non tengono conto delle osservazioni presentate dalla parte ricorrente a seguito della comunicazione di cui all’art. 10-bis della legge n. 241/1990, né della circostanza che nel caso in esame si tratta di un mero rinnovo di un provvedimento concessorio rilasciato sin dall’anno 2002»;

- il Comune di Napoli con il provvedimento n. 72050 del 7 febbraio 2011 - nel dare esecuzione alla predetta ordinanza n. 2239/2010 - ha nuovamente respinto la domanda di concessione di suolo pubblico avanzata dalla società ricorrente, indicando in motivazione le ragioni per cui le osservazioni presentate in data 11 dicembre 2009 non possono essere accolte ed evidenziando, conclusivamente, che l’istanza «è in contrasto con le previsioni dell’art. 20 del codice della strada, nonché dell’art. 25 del Regolamento di Polizia Urbana del Comune di Napoli, in quanto tra occupazione del suolo richiesta e l’esercizio pubblico esiste un attraversamento pedonale che risulta essere pericoloso per i lavoratori dell’esercizio stesso che, per effettuare il servizio ai tavoli, sono costretti ad attraversare la carreggiata stradale»;

- il Comune di Napoli con le memorie depositate in data 22 febbraio e 21 marzo 2011 ha eccepito l’improcedibilità del ricorso principale - sia per effetto del nuovo diniego disposto con il provvedimento n. 72050 del 7 febbraio 2011, sia perché l’istanza si riferisce ad una annualità ormai decorsa - nonché l’infondatezza delle censure dedotte dalla ricorrente;

- la parte ricorrente con motivi aggiunti depositati in data 4 marzo 2011 ha chiesto l’annullamento del nuovo provvedimento di diniego, con conseguente condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni, deducendo le seguenti censure: 1) omessa o insufficiente confutazione delle controdeduzioni;
elusione dell’ordinanza n. 2239/2010;
violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990;
violazione dei doveri di buona fede e correttezza
, in relazione al fatto che il provvedimento impugnato si limiti a ribadire le motivazioni poste a fondamento del primo diniego, senza tener conto di tutte le censure articolate nel ricorso principale e di tutte le osservazioni presentate in data 11 dicembre 2009;
2) ulteriore violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990 , in relazione al fatto che le motivazioni poste a fondamento del nuovo di diniego risultino in parte ulteriori e diverse da quelle addotte nel preavviso di rigetto di cui alla nota n. 6097 del 23 dicembre 2010;
3) eccesso di potere per difetto di istruttoria, perplessità, contraddittorietà e illogicità della motivazione , in relazione al fatto che la stessa Amministrazione in data 28 aprile 2009 abbia dichiarato che “il progetto risulta conforme alla normativa in materia” e al fatto che la delibera di G.M. n. 582 del 30 aprile 2009 non ha valore innovativo, posto che la stessa Amministrazione ammette che tale documento semplicemente “riordina le disposizioni in materia di concessioni di suolo afferenti a pubblici servizi”;
4) violazione dei principi di legalità e di tipicità;
incompetenza;
violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990;
difetto di istruttoria;
violazione della delibera di G.M. n. 582 del 30 aprile 2009
, in relazione al fatto che il provvedimento impugnato - nella parte in cui invoca il punto F, paragrafo 4, della delibera di G.M. n. 582 del 30 aprile 2009, ove si prevede “il divieto di installazione a meno di dieci metri dagli edifici di culto” - oltre ad essere affetto dagli stessi vizi denunciati con il terzo motivo del ricorso principale, non tenga conto del fatto che la norma invocata non preclude in modo assoluto l’occupazione di suolo pubblico;
5) eccesso di potere per arbitrarietà e difetto di istruttoria;
violazione dei principi di legalità e di tipicità;
incompetenza;
perplessità, contraddittorietà e illogicità della motivazione;
errata applicazione dell’art. 25 del Regolamento di Polizia Urbana del Comune di Napoli;
violazione dei principi di correttezza e affidamento;
errata applicazione dell’art. 20 del codice della strada
, in relazione all’inesistenza di disposizioni che prevedano i rischi connessi all’attraversamento stradale - posti a fondamento del provvedimento impugnato - come fattore ostativo al rilascio della concessione di suolo pubblico e al fatto che le concessioni rilasciate per gli anni passati abbiano consolidato un legittimo affidamento in ordine al rilascio della richiesta concessione;
6) violazione dell’art. 24 del regolamento viario del Comune di Napoli adottato con delibera del Consiglio comunale n. 210 del 21 dicembre 2011 , in relazione al contrasto del provvedimento impugnato e della delibera di G.M. n. 582 del 30 aprile 2009 con il terzo comma dell’art. 24 del regolamento viario del Comune di Napoli;
7) tardività del provvedimento;
violazione dell’art. 20 della legge n. 241/1990
, in relazione al fatto che anche il provvedimento impugnato con i motivi aggiunti sia stato adottato quando si era ormai formato il silenzio assenso, per effetto del decorso del termine di 90 giorni dalla presentazione dell’istanza;
8) violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 , in relazione al fatto che l’Amministrazione abbia richiamato in motivazione pareri dalla stessa acquisiti, senza tuttavia allegare tali atti e senza specificarne il contenuto;
9) eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità e per violazione del principio di affidamento , in relazione alla mancata specificazione delle sopravvenute ragioni, di fatto o di diritto, che hanno indotto l’Amministrazione a negare il rilascio di un provvedimento accordato negli anni precedenti;
10) eccesso di potere per sviamento e illogicità, per difetto di istruttoria e di motivazione, per violazione dei principi di proporzionalità e adeguatezza , in relazione al fatto che i rischi per la sicurezza, paventati nella motivazione del provvedimento impugnato, siano stati astrattamente valutati, senza considerare le caratteristiche ed il tasso di percorrenza automobilistica della piazzetta Nilo;
11) violazione dei principi di buona fede e correttezza , in relazione al fatto che il diniego sia stato adottato a distanza di «troppo tempo» dalla presentazione dell’istanza;

- la parte ricorrente, ai fini della quantificazione dei danni cagionati dall’adozione del provvedimento impugnato, in data 2 agosto 2011 ha prodotto una relazione a firma del rag. Francesco R sull’andamento degli incassi dell’esercizio commerciale nel periodo giugno 2009 – marzo 2011, nella quale viene evidenziato che «dall’esame dei documenti contabili … si evince che per i mesi da giugno 2010 a marzo 2011 risulta, confrontandoli con lo stesso periodo relativo ai mesi da giugno 2009 a marzo 2010, una consistente riduzione degli incassi per un totale di euro 7.716,91»;

- il Comune di Napoli in data 28 settembre 2011 ha depositato la delibera di G.M. n. 876 del 4 agosto 2011, avente il seguente oggetto “Rilascio delle concessioni di suolo pubblico annesse a pubblici esercizi, nelle more dell’approvazione del nuovo regolamento comunale – Indirizzi fase transitoria”, nonché la concessione n. 107/S del 9 agosto 2011, dalla quale si evince che - in applicazione della procedura semplificata prevista dalla predetta delibera di G.M. - è stata assentita, in favore del signor M S, in qualità di legale rappresentante della società ricorrente, «l’occupazione del suolo pubblico nell’area antistante l’esercizio ubicato in via Piazzetta Nilo n. 3, consistente nell’installazione di tavoli, sedie e ombrelloni da ricoverare all’interno quando l’esercizio non è in funzione, con un ingombro totale di mq 12,00» e con validità fino al 31 dicembre 2011;

- il Comune di Napoli con memoria depositata in data 10 ottobre 2011 ha eccepito che, per effetto del rilascio della concessione n. 107/S del 9 agosto 2011, il presente gravame è divenuto improcedibile ed ha insistito per il rigetto della domanda risarcitoria proposta dalla parte ricorrente;

- la parte ricorrente con memoria depositata in data 10 ottobre 2011 ha replicato alle eccezioni di improcedibilità formulate dal Comune di Napoli, evidenziando che persiste l’interesse all’esame della domanda di condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni cagionati dall’adozione dei provvedimenti impugnati, ed ha insistito per l’accoglimento di tale domanda, evidenziando che: a) ha adeguatamente provato il danno subito versando in atti la suddetta relazione a firma del rag. R;
b) quanto alla prova della colpa dell’Amministrazione, «in disparte la considerazione che tutto l’iter procedimentale dimostra irrefutabilmente un contegno dell’amministrazione schizofrenico, disordinato e vessatorio, tale dunque da integrare l’elemento della colpa, si può fare rinvio alla sentenza della Corte di Giustizia CE 30.9.2010, causa C-314/09»;

CONSIDERATO, in via preliminare, che - quanto alle domande di annullamento dei provvedimenti impugnati - i ricorsi in epigrafe indicati devono essere dichiarati improcedibili in base alle seguenti considerazioni:

- l’art. 34, comma 3, cod. proc. amm. dispone che, “quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori”;

- con la determinazione dirigenziale del Comune di Napoli n. 6 del 30 marzo 2008 (allegata al ricorso principale) la scadenza delle concessioni annuali di suolo pubblico già rilasciate ed in corso di vigenza - ivi compresa quella rilasciata alla società ricorrente con la determinazione n. 35 del 10 gennaio 2008, anch’essa allegata al ricorso principale ed avente ad oggetto una superficie di 12,00 mq - è stata prorogata fino al 30 aprile 2009, sicché la richiesta di rinnovo annuale avanzata dalla ricorrente in data 8 aprile 2009 va riferita al periodo 1° maggio 2009 - 30 aprile 2010. Ne consegue che - fermo restando l’interesse all’accertamento dell’illegittimità dei provvedimenti impugnati ai fini dell’accoglimento delle domande risarcitorie avanzate con i ricorsi in epigrafe indicati - allo stato la ricorrente non ha più alcun interesse all’annullamento dei provvedimenti stessi, anche perché la concessione n. 107/S in data 9 agosto 2011 (rilasciata a seguito di una nuova ed autonoma istanza presentata dalla ricorrente in data 8 agosto 2011) ha ad oggetto l’occupazione di una porzione di suolo pubblico avente una superficie di 12,00 mq;

CONSIDERATO che - quanto alle domande risarcitorie proposte dalla parte ricorrente - il Collegio ritiene innanzi tutto che sussista il requisito dell’ingiustizia del danno, stante l’illegittimità dei provvedimenti impugnati. Infatti - ferma restando la violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990, già evidenziata da questa Sezione in sede cautelare, in relazione al fatto che l’Amministrazione non abbia affatto indicato nella motivazione del primo provvedimento di diniego le ragioni del mancato accoglimento delle osservazioni presentate dalla ricorrente in data 11 dicembre 2009 - tanto il primo quanto il secondo provvedimento di diniego risultano supportati da una motivazione (identica nella sostanza) che non appare idonea a giustificarne l’adozione. In particolare:

- tale motivazione risulta incentrata, da un lato, sul contrasto con il punto F, paragrafo 4, della delibera di G.M. n. 582 del 30 aprile 2009, ove si prevede “il divieto di installazione a meno di dieci metri dagli edifici di culto” e, dall’altro, sul contrasto con le previsioni dell’art. 20 del codice della strada, nonché dell’art. 25 del Regolamento di Polizia Urbana del Comune di Napoli, perché tra il solo pubblico oggetto della richiesta di occupazione e l’esercizio pubblico esiste un attraversamento pedonale che risulta pericoloso per i lavoratori dell’esercizio stesso che, per effettuare il servizio ai tavoli, sono costretti ad attraversare la carreggiata stradale;

- questa Sezione in sede cautelare ha già posto in rilievo che nel caso in esame non si tratta della rilascio di una nuova concessione, bensì del rinnovo di un provvedimento concessorio rilasciato sin dall’anno 2002, sicché resta solo da evidenziare che (come rilevato nell’ottavo motivo del ricorso principale e nel nono motivo del ricorso per motivi aggiunti) le due ragioni addotte dall’Amministrazione non si configurano come sopravvenienze, di fatto o di diritto, che possano giustificare l’adozione di una decisone di segno opposto rispetto a quelle assunte negli anni precedenti. Né può ritenersi che il fatto sopravvenuto sia costituito dalla delibera di G.M. n. 582 del 30 aprile 2009, recante “indirizzi per le occupazioni di suolo pubblico annesse a pubblici esercizi”. Infatti l’Amministrazione ammette (nella “nota metodologica” inserita nella delibera stessa) che tale documento «è stato redatto con l’obbiettivo di fornire un documento operativo che, sulla scorta delle disposizioni vigenti, riordina la materia di concessioni di suolo afferenti a pubblici servizi». Inoltre - e tale circostanza assume rilievo decisivo - la definitiva conferma dell’insussistenza di sopravvenute ed insormontabili ragioni ostative al rinnovo del titolo richiesto dalla società ricorrente si desume dal rilascio della concessione n. 107/S in data 9 agosto 2011. Infatti - sebbene nella delibera di G.M. n. 876 in data 4 agosto 2011 sia stato disposto che «ai fini della semplificazione e celerità del procedimento, gli utenti che intendano avvalersi della procedura semplificata avranno l’obbligo di presentare l’istanza entro e non oltre il 02/09/2011 e di dichiarare, ai sensi del DPR 445/2000, il rispetto dei limiti e delle condizioni imposti con il presente provvedimento ed il pagamento del relativo canone di concessione» - il Collegio ritiene potersi presumere che il rilascio della predetta concessione abbia comunque comportato una verifica della sussistenza, in capo alla società ricorrente, dei requisiti richiesti dalla legge per il rilascio del titolo richiesto, ivi compresi quelli previsti dalla delibera di G.M. n. 582 del 30 aprile 2009 (che risulta espressamente richiamata nelle premesse della delibera di G.M. n. 876 in data 4 agosto 2011);

CONSIDERATO che, quanto all’elemento soggettivo dell’illecito aquiliano, il Collegio osserva che:

- secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza comunitaria (Corte di giustizia, 19 novembre 1991;
5 marzo 1996;
26 marzo 1996), per la risarcibilità del danno da atto illegittimo de iure communitario non è necessario dimostrare l’elemento soggettivo del dolo o della colpa in capo all’organo statale, perché l’elemento in questione è in re ipsa a fronte della violazione grave e manifesta delle disposizioni del diritto comunitario e in quanto una siffatta violazione sussiste comunque nel caso di violazione delle disposizioni del Trattato. In conformità a tale orientamento la pronuncia invocata dalla società ricorrente (Corte di Giustizia CE, Sez. III, 30 settembre 2010) ha affermato che la direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, n. 89/665/CEE deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale la quale subordini il diritto ad ottenere un risarcimento a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’amministrazione aggiudicatrice al carattere colpevole di tale violazione, anche nel caso in cui l’applicazione della normativa in questione sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all’amministrazione suddetta, nonché sull’impossibilità per quest’ultima di far valere la mancanza di proprie capacità individuali e, dunque, un difetto di imputabilità soggettiva della violazione lamentata”. Per effetto di tale pronuncia una parte della giurisprudenza del amministrativo (T.A.R. Emilia Romagna Parma, Sez. I, 5 aprile 2011, n. 97) afferma che neppure la regola dell’inversione dell’onere della prova a carico dell’amministrazione aggiudicatrice è accettabile, poiché genera il rischio che il soggetto pregiudicato da una decisione illegittima di un’amministrazione aggiudicatrice venga comunque privato del diritto di ottenere un risarcimento per il danno causato da tale decisione, nel caso in cui l’amministrazione suddetta riesca a vincere la presunzione di colpevolezza su di essa gravante;

- a fronte di tale orientamento, la prevalente giurisprudenza del giudice amministrativo (da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. VI, 31 marzo 2011, n. 1983) continua tuttora ad affermare che nell’ordinamento interno non è consentito derogare alla regola secondo la quale, in materia di risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi, la colpa dell’amministrazione va ricondotta - in conformità all’impostazione risalente alla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 500 del 1999 - alla violazione dei canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ovvero a negligenza, omissioni o anche errori interpretativi di norme, ritenuti non scusabili. Pertanto la c.d. colpa dell’apparato non può essere ritenuta in re ipsa (cioè riferita alla mera illegittimità del provvedimento), ma deve essere provata in concreto, anche mediante il ricorso a presunzioni (Consiglio di Stato, Sez. V, 10 maggio 2010, n. 2750), fermo restando che l’Amministrazione deve essere posta in condizione di dimostrare l’adozione del provvedimento illegittimo è dipesa da un essere scusabile (ad es. per l’oggettiva oscurità o la rilevante complessità della fattispecie, per il repentino mutamento disciplina della materia, per la formulazione incerta di norme recenti, per la presenza contrasti giurisprudenziali, per l’influenza determinante di comportamenti di terzi, perché l’illegittimità consegue alla dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata);

- ferma restando la tesi secondo la quale la sentenza della Corte di Giustizia CE invocata dalla ricorrente sarebbe riferibile solo alla materia degli appalti pubblici (T.A.R. Lombardia Milano, Sez. II, 5 aprile 2011, n. 901), appare difficilmente compatibile con la disposizione dell’art. 3 della Costituzione, non potendosi ammettere che, laddove si tratti della responsabilità aquiliana della Pubblica Amministrazione per lesione di interessi legittimi, vigano regole diverse a seconda della materia alla quale si riferisce l’interesse legittimo leso, nel caso in esame risulta comunque adeguatamente provata la colpa dell’Amministrazione comunale. Infatti, da un lato, l’affermazione di parte ricorrente - secondo la quale «tutto l’iter procedimentale dimostra irrefutabilmente un contegno dell’amministrazione schizofrenico, disordinato e vessatorio» - trova conferma nel fatto che l’adozione dei provvedimenti impugnati consegue ad un repentino mutamento valutazione giuridica della situazione di fatto posta a fondamento della nuova richiesta di rinnovo della concessione presentata dalla ricorrente, in assenza di sopravvenienze che possano giustificare tale cambiamento (come del resto dimostrato dal fatto che la stessa amministrazione abbia successivamente rilasciato la concessione richiesta). Dall’altro, il Comune di Napoli non ha addotto, a propria discolpa, alcun elemento che possa indurre a ritenere che l’adozione del provvedimento illegittimo sia dipesa da un essere scusabile;

CONSIDERATO che, quanto al nesso di causalità tra l’adozione dei provvedimenti impugnati ed i minori incassi registrati della parte ricorrente nel periodo 1° maggio 2009 - 30 aprile 2010 e quanto alla quantificazione del danno operata attraverso la produzione della relazione a firma del rag. Francesco R, il Collegio osserva che:

- secondo la giurisprudenza ( ex multis , T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 12 gennaio 2011, n. 20), nelle cause risarcitorie trova piena applicazione il principio dell’onere della prova, ma il giudice può intervenire in via suppletiva, con la liquidazione equitativa del danno, quando non possa essere fornita la prova precisa del quantum della lesione, fermo restando che l’ an dello stesso deve essere provato dall’interessato;

- nel caso in esame, da un lato, il Comune di Napoli non addotto alcun elemento atto a confutare che il danno che la parte ricorrente afferma di aver subito sia stato determinato dall’impossibilità di sfruttare la concessione di suolo pubblico nel predetto periodo. Pertanto, in applicazione dell’art. 64, comma 2, cod. proc. amm. (secondo il quale il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti nonché i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite), si può ritenere provata l’esistenza del nesso di causalità. Dall’altro, non si può escludere che tale diminuzione del fatturato (pari ad euro 7.716,9) sia dipesa anche da altri fattori contingenti. Pertanto il Collegio ritiene equo quantificare in euro 5.000,00 i minori incassi derivanti dall’impossibilità di sfruttare la concessione di suolo pubblico nel periodo 1° maggio 2009 - 30 aprile 2010;

- su detta somma compete la rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT, trattandosi di debito di valore, con decorrenza dal 24 giugno 2010 (data del primo provvedimento impugnato) fino al deposito della presente decisione;
sulla somma così rivalutata si computeranno gli interessi legali calcolati esclusivamente dalla data di deposito della presente decisione fino all’effettivo soddisfo (in tal senso Consiglio di Stato, Sez. V, 26 gennaio 2011, n. 550;
Sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3144);

CONSIDERATO che le spese di giudizio, quantificate nella misura indicata nel dispositivo, seguono la soccombenza;

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