TAR Genova, sez. II, sentenza 2016-05-13, n. 201600463

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. II, sentenza 2016-05-13, n. 201600463
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 201600463
Data del deposito : 13 maggio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00772/2015 REG.RIC.

N. 00463/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00772/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 772 del 2015, proposto da:
A R C, in proprio e quale presidente della Cooperativa pescatori Castel Dragone di Camogli Società Cooperativa, rappresentato e difeso dall'avv. S B, con domicilio eletto presso il suo studio in Genova, p.za Portello, 1/2 Sc. B;

contro

Comune di Camogli, rappresentato e difeso dall'avv. D G, con domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via Bartolomeo Bosco 31/4;

per l'annullamento

dei provvedimenti inibitori dell'esercizio dell'attività di ittiturismo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Camogli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 aprile 2016 il dott. A V e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato in data 31.8.2015 il signor Cammarata Antonino Renato, in proprio e quale legale rappresentante della cooperativa pescatori Castel Dragone di Camogli, espone di esercitare l’attività di ittiturismo in un piccolo locale munito di cucina in località Punta Chiappa, in forza di S.C.I.A. presentata in data 21.6.2013.

Impugna le ordinanze del dirigente dell’ufficio commercio del comune di Camogli 9.7.2015, n. 35 e 12.8.2015, n. 47, con le quali il comune ha – rispettivamente – annullato la S.C.I.A. 21.6.2013 di segnalazione dell’inizio dell’attività di ittiturismo ordinando l’immediata cessazione dell’attività, in quanto svolta in assenza di qualsivoglia sistema fognario di raccolta e incanalamento delle acque nere, e inibito la nuova S.C.I.A. presentata dal ricorrente in data 31.7.2015, volta alla riapertura dell’attività mediante dotazione di un impianto igienico sanitario indipendente e della riduzione dei posti a tavola e del numero di pasti giornalieri.

A sostegno del gravame ha dedotto tre motivi di ricorso, rubricati come segue.

1. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, sviamento dalla causa tipica, illogicità manifesta, difetto di istruttoria;
violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 2 comma 1 lettera B del D.P.R. 227/2011 ed ex L. 241/90, L. 319/1976 art. 15 comma 8.

I provvedimenti impugnati si baserebbero sull’erroneo assunto che il locale sia privo di qualsivoglia impianto fognario di raccolta e incanalamento delle acque nere del locale.

2. violazione e/o falsa applicazione di legge ex L. 241/90 artt. 19, 21-quinquies e 21-nonies e per difetto di motivazione ex art. 3 L. 241/90, ex D.G.R. Liguria 578/2012, art. 13 (ora D.G.R. 1162/2014, ART. 12), eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità manifesta;
sviamento dalla causa tipica.

Essendo ampiamente trascorso il termine di sessanta giorni dal ricevimento della S.C.I.A. presentata in data 21.6.2013, il comune avrebbe potuto intervenire con un provvedimento inibitorio della prosecuzione dell’attività soltanto in presenza di un pericolo di danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale, in ogni caso previo motivato accertamento dell’impossibilità di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell’attività alla normativa vigente.

3. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 10 della legge 287/1991, così modificato dall’art. 64 comma 9 del D.L. 59/2010 nonché dell’art. 14 e 15 L.R. n. 37/2007. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità manifesta, sviamento dalla causa tipica.

Nelle ordinanze impugnate viene richiamata la sanzione ex art. 650 c.p. per il caso di mancata ottemperanza, mentre, in materia di somministrazione, la sanzione sarebbe disciplinata dall’art. 10 della legge 287/1991.

Si è costituito in giudizio il comune di Camogli, controdeducendo ed instando per la reiezione del ricorso.

Con ordinanza 2.10.2015, n. 236, riformata dal Consiglio di Stato, Sez. V, con ordinanza 28.1.2016, n. 291, la sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensione dei provvedimenti impugnati.

Previo scambio delle memorie conclusionali e di replica, alla pubblica udienza del 1° aprile 2016 il ricorso è stato trattenuto dal collegio per la decisione.

Giova prendere le mosse dall’impugnazione dell’ordinanza 9.7.2015, n. 35, con la quale il comune ha annullato la S.C.I.A. 21.6.2013 di segnalazione dell’inizio dell’attività di ittiturismo, ordinando al ricorrente l’immediata cessazione dell’attività, in quanto svolta in assenza di qualsivoglia sistema fognario di raccolta e incanalamento delle acque nere debitamente autorizzato.

L’ordinanza in questione assume a suo presupposto una duplice circostanza, e cioè che l’attività di ittiturismo non disponeva di alcun impianto di scarico autorizzato, e che disperdeva in mare i liquami derivanti dal locale.

Benché – come rilevato nell’ordinanza cautelare n. 236/2015 - l’amministrazione comunale non sia stata in grado di esibire il verbale di sopralluogo nel corso del quale sarebbe stata accertata la dispersione in mare dei liquami derivanti dall’attività, nondimeno è rimasto definitivamente assodato che l’attività del signor Cammarata non disponga di un impianto di scarico autorizzato.

Tale non può dirsi infatti l’impianto autorizzato, da ultimo, con provvedimento n. 5792 del 1° aprile 2015 (doc. 14 delle produzioni 2.9.2015 di parte ricorrente), in quanto esso fa chiaramente riferimento ad acque reflue domestiche provenienti da un insediamento ad uso civile abitazione.

Ai sensi dell’art. 124 comma 12 del D. Lgs. 3.4.2006, n. 152 (recante norme in materia ambientale), “per insediamenti, edifici o stabilimenti la cui attività sia trasferita in altro luogo, ovvero per quelli soggetti a diversa destinazione d'uso, ad ampliamento o a ristrutturazione da cui derivi uno scarico avente caratteristiche qualitativamente e/o quantitativamente diverse da quelle dello scarico preesistente, deve essere richiesta una nuova autorizzazione allo scarico, ove quest'ultimo ne risulti soggetto […]”.

Orbene, è evidente che, allorché il locale venne adibito all’attività di ittiturismo, mutò la destinazione d’uso dei locali e la quantità e qualità dello scarico preesistente, sicché era onere del ricorrente richiedere preventivamente una nuova autorizzazione.

Ne consegue che l’attività intrapresa sulla base della S.C.I.A. 21.6.2013 era effettivamente carente, con specifico riferimento all’autorizzazione agli scarichi ed al rispetto della normativa sulla destinazione d’uso, dei necessari requisiti e presupposti per il suo legittimo svolgimento, sicché era in potere dell’amministrazione assumere, in base all’art. 19 comma 3 della legge n. 241/1990 (nel testo vigente ratione temporis, precedente le modifiche apportate dalla legge 7.8.2015, n. 124), le necessarie determinazioni in via di autotutela ai sensi dell’art. 21-nonies L. 241/1990, sussistendo un concreto pericolo per l’ambiente, che nel caso di specie è soggetto a speciale tutela (cfr. il decreto del Ministro dell’Ambiente 26.4.1999, di istituzione dell'area naturale marina protetta denominata «Portofino»).

Donde l’infondatezza del ricorso relativamente all’impugnazione dell’ordinanza n. 35/2015, di annullamento della S.C.I.A. 21.6.2013 e di ingiunzione di immediata cessazione dell’attività.

A diverse conclusioni deve giungersi rispetto all’impugnazione dell’ordinanza 12.8.2015, n. 47, di inibizione della nuova S.C.I.A. presentata dal ricorrente in data 31.7.2015, volta alla riapertura dell’attività mediante dotazione di un impianto igienico sanitario indipendente e scollegato alla fossa Imhoff, con contemporanea riduzione del numero di coperti e di pasti giornalieri.

Alla S.C.I.A. 31.7.2015 è allegata la relazione tecnica dello studio di ingegneria Michelini, che assevera la conformità del sistema di scarico installato (WC mobile conforme alla normativa UNI EN 16194 e due contenitori sigillati di 25 l. per gli scarichi dei lavelli del bagno e della cucina, non collegati alla rete fognaria) alla normativa che disciplina l’attività ittituristica.

L’ordinanza n. 47/2015, nell’inibire l’esercizio dell’attività, richiama la mancanza di una vigente autorizzazione allo scarico (già posta a base dell’ordinanza n. 35/2015), ma non contiene – ex art. 19 comma 3 L. n. 241/1990 - alcun riferimento alla inidoneità del sistema di scarico concretamente installato ad integrare i requisiti ed i presupposti igienico-sanitari per il legittimo avvio di un’attività “stabile” di ittiturismo.

Alcune considerazioni circa l’inidoneità del progetto, in termini di capacità dei contenitori e di frequenza del loro svuotamento, ad integrare i requisiti igienico-sanitari richiesti si rinvengono soltanto – per la prima volta - nella memoria di costituzione in giudizio del comune, depositata in data 28.9.2015.

Sennonché, per costante giurisprudenza, é inammissibile l'integrazione postuma della motivazione di un atto amministrativo, realizzata mediante gli scritti difensivi predisposti dall'amministrazione resistente (cfr., da ultimo, T.A.R. Campania-Salerno, I, 13.1.2016, n. 13).

Del resto, neppure nella presente sede giudiziale l’amministrazione ha fornito la dimostrazione della non conformità dell’impianto proposto alle linee guida per l’istruttoria autorizzativa dei sistemi di trattamento delle acque reflue domestiche ed assimilate redatte dall’ARPAL - Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente ligure, e cioè che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, sicché non può soccorrere neppure la sanatoria giurisprudenziale di cui all’art. 21-octies comma 2 della L. n. 241/1990.

Donde l’illegittimità dell’ordinanza 12.8.2015, n. 47, che, in violazione dell’art. 19 comma 3 della legge n. 241/1990 (nel testo vigente ratione temporis, precedente le modifiche apportate dalla legge 7.8.2015, n. 124), ha adottato il provvedimento di divieto di prosecuzione dell’attività di ittiturismo, senza motivare in ordine alla accertata carenza dei necessari requisiti e presupposti.

Stante la reciproca soccombenza, le spese di giudizio possono integralmente compensarsi tra le parti.

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