Trib. Velletri, sentenza 16/02/2024, n. 361

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Velletri, sentenza 16/02/2024, n. 361
Giurisdizione : Trib. Velletri
Numero : 361
Data del deposito : 16 febbraio 2024

Testo completo

N. R.G. 5301/2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI VELLETRI
Prima CIVILE
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. G G Presidente dott. M V Giudice dott. A B Giudice rel. ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 5301/2023 promossa da:
(C.F. ), con il patrocinio dell'avv. GUERCIO Parte_1 C.F._1
GIOVANNI
ATTORE contro

CP_1
INTERVENIENTE NECESSARIO

CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da verbale d'udienza di precisazione delle conclusioni del 12.02.2024.
pagina 1 di 7 Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con atto di citazione notificato in data 09.10.2023 al PM in sede, nata a Roma Parte_1
il 10.01.2003, ha chiesto di essere autorizzata a sottoporsi a trattamento medico chirurgico per
l'adeguamento dei suoi caratteri sessuali da femminili a maschili e che venga disposta la rettificazione dell'attribuzione di sesso nei registri di stato civile con assunzione del nome di in Persona_1
luogo di Parte_1
Ha esposto: che fin dalla prima adolescenza ha sempre manifestato e sentito che la propria identità psicofisica fosse maschile anziché femminile;
che, al fine di adeguare l'aspetto fisico alla sua psiche ha ormai da tempo assunto l'aspetto e gli atteggiamenti di un uomo;
che, sentendo soggettivamente propria l'identità sessuale maschile, vive con sofferenza la propria condizione con notevoli problemi nell'integrazione sociale;
che la ricorrente ha dunque interesse ad essere autorizzata ad un trattamento chirurgico al fine di adeguare i propria caratteri sessuali a quelli maschili;
che, a tal fine, ha da tempo preso contatti con L' di Roma, nonché con gli psicologi e Organizzazione_1
psichiatri del suddetto nosocomio e, in particolare, con la dott.ssa e con il dott. CP_2 [...]
responsabile del servizio;
che questi ultimi hanno redatto, sulla persona della ricorrente, Per_2
esaustiva relazione psico-sessuale attestante la sua condizione di disforia di genere (DIG), più comunemente noto come transessualismo;
che l'attrice è nubile e senza prole;
che l'attrice, anche grazie alla somministrazione di una terapia ormonale virilizzante ha già assunto l'aspetto esteriore di un uomo;

L'atto introduttivo della lite è stato notificato nei confronti del Pubblico Ministero in sede, per la partecipazione al giudizio.
La domanda proposta da è fondata e può, pertanto, essere accolta. Parte_1
Preliminarmente si deve osservare che l'azione di rettificazione di attribuzione di sesso è regolata dalla L. 14 aprile 1982, n. 164 (Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso), e dall'art.
31 del d.lgs. 150/2011 (sostitutivo degli artt. 2 e 3 della L. 164/1982 ora abrogati).
A norma dell'art. 1 L. n. 164/1982 la rettificazione si fa in forza di sentenza del tribunale passata in giudicato che attribuisca ad una persona sesso diverso da quello enunciato nell'atto di nascita “a seguito di intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali”. Prevede, poi, l'art. 31 del d.lgs.
150/2011, titolato “Delle controversie in materia di rettificazione di attribuzione di sesso”, che quando risulta necessario un adeguamento dei caratteri sessuali da realizzare mediante trattamento medico- chirurgico, il tribunale lo autorizza con sentenza passata in giudicato.
Nel subordinare la rettifica dello stato civile ad intervenute modifiche dei caratteri sessuali dell'istante,
l'art. 1, L. n. 164 del 1982 non specifica se a tal fine sia sufficiente la mutazione dei caratteri sessuali pagina 2 di 7
secondari (quali la diversa distribuzione di peli e adipe, il diverso sviluppo delle masse muscolari, il timbro di voce) o se sia, invece, necessaria una modifica di quelli primari (organi genitali e riproduttivi) mediante intervento chirurgico di demolizione/adeguamento.
Sul punto in questione sono oggi intervenute la Corte di Cassazione con la sentenza n. 15138/15, e la
Corte Costituzionale con la pronuncia n. 221/15. Quest'ultima, nel richiamare espressamente il detto precedente di legittimità, condividendone l'impianto interpretativo, ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, 1 co., L. 14 aprile 1982, n. 164 sollevata in riferimento agli artt.
2, 3, 32, 117, 1 co., Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
La Corte di Cassazione, sul presupposto che il diritto ad autodeterminarsi in ordine all'identità di genere, essendo elemento costitutivo del diritto all'identità personale, è compreso nel novero dei diritti inviolabili della persona tutelati dalla nostra carta costituzionale e dalla CEDU (artt. 2, 3, 32 Cost., 8
CEDU), ha ritenuto, in base a un'interpretazione dell'art. 1 L. n. 162/1984 costituzionalmente orientata
e conforme alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, che, per conseguire la rettificazione del sesso nei registri dello stato civile, non sia obbligatorio l'intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari, sostenendo che comunque resta "ineludibile un rigoroso accertamento della definitività della scelta" stante il coinvolgimento dell'interesse di natura pubblicistica alla chiarezza nella identificazione dei generi sessuali per le implicazioni che ne possono conseguire nelle relazioni giuridiche e, in particolare, nei rapporti familiari e filiali.
Considerato poi che "la percezione di una 'disforia di genere'... determina l'esigenza di un percorso soggettivo di riconoscimento di questo primario profilo dell'identità personale né breve né privo di interventi modificativi delle caratteristiche somatiche ed ormonali originarie" e che "il momento conclusivo di tale percorso è individuale e certamente non standardizzabile attenendo alla sfera più esclusiva della personalità", nella citata pronuncia n. 15138/15 della Cassazione si è precisato, per quanto qui rileva, che "il riconoscimento giudiziale del diritto al mutamento di sesso non può che essere preceduto da un accertamento rigoroso del completamento di tale percorso individuale da compiere attraverso la documentazione dei trattamenti medici e psicoterapeutici eseguiti dal richiedente, se necessario integrati da indagini tecniche officiose volte ad attestare l'irreversibilità personale della scelta", comunque ritenuta "tendenzialmente immutabile, sia sotto il profilo della percezione soggettiva, sia sotto il profilo delle oggettive mutazioni dei caratteri sessuali secondari estetico-somatici ed ormonali".
Anche la Corte Costituzionale, richiamata la propria sentenza n. 161 del 1985 (ove si era evidenziato che la L. n. 164 del 1982 accoglie "un concetto di identità sessuale nuovo e diverso rispetto al passato,
pagina 3 di 7
nel senso che ai fini di una tale identificazione viene conferito rilievo non più esclusivamente agli organi genitali esterni, quali accertati al momento della nascita ovvero 'naturalmente' evolutisi, sia pure con l'ausilio di appropriate terapie medico-chirurgiche, ma anche ad elementi di carattere psicologico e sociale" e che pertanto il testo legislativo in questione si riferisce a una concezione del sesso "come dato complesso della personalità determinato da un insieme di fattori, dei quali deve essere agevolato o ricercato l'equilibrio, privilegiando - poiché la differenza non è qualitativa, ma quantitativa - il o i fattori dominanti), ha parimenti escluso "la necessità, ai fini dell'accesso al percorso giudiziale di rettificazione anagrafica, del trattamento chirurgico",
“Il ricorso alla modificazione chirurgica dei caratteri sessuali (afferma la Corte Costituzionale, n.d.r.) risulta, quindi, autorizzabile in funzione di garanzia del diritto alla salute, ossia laddove lo stesso sia volto a consentire alla persona di raggiungere uno stabile equilibrio psicofisico, in particolare in quei casi nei quali la divergenza tra il sesso anatomico e la psicosessualità sia tale da determinare un atteggiamento conflittuale e di rifiuto della propria morfologia anatomica. La prevalenza della tutela della salute dell'individuo sulla corrispondenza fra sesso anatomico e sesso anagrafico, porta a ritenere il trattamento chirurgico non quale prerequisito per accedere al procedimento di rettificazione, ma come possibile mezzo, funzionale al conseguimento di un pieno benessere psicofisico”, "solo una delle possibili tecniche per realizzare l'adeguamento dei caratteri sessuali". Aggiunge la Corte che “rimane ineludibile un rigoroso accertamento giudiziale delle modalità attraverso le quali il cambiamento è avvenuto e del suo carattere definitivo”.
Facendo applicazione di tali principi, ritiene il Collegio che nel caso di specie le acquisite risultanze documentali dimostrino in termini sufficientemente chiari e univoci che nel tempo parte attrice, motivata da una radicata percezione di appartenenza al sesso maschile, abbia maturato con piena consapevolezza una seria e definitiva scelta di genere.
infatti, ha da tempo intrapreso un percorso di riflessione interiore, che l'ha portata Parte_1
a rivolgersi al , ove ha iniziato la somministrazione della terapia CP_3 Organizzazione_1
ormonale che l'ha condotta ad assumere le sembianza maschili, consentendogli di adeguarlo alle proprie inclinazioni psicologiche, sì da apparire ormai un uomo, per come verificato anche in sede di audizione della parte espletato dal giudice istruttore alla prima udienza di comparizione ove parte attrice si è presentata con una caratterizzazione maschile sicura e convincente.
Dall'esame della parte si è avuto modo di constatare direttamente, che la stessa riporta sembianze completamente maschili che la portano a dover subire quotidianamente situazioni di forte imbarazzo.
La relazione clinica è il frutto di un percorso psicodiagnostico completo e adeguato, connotato sia da colloqui psicologici, sia da accurati esami clinici ed analisi strumentali ed inoltre proviene da una
pagina 4 di 7
struttura sanitaria pubblica, il che lo rende prova idonea a dimostrare la fondatezza della domanda attrice, senza necessità di svolgere un'ulteriore istruttoria in sede giudiziale.
La domanda di accoglimento all'autorizzazione alla sottoposizione di trattamento medico chirurgico per l'adeguamento dei caratteri sessuali a quelli maschili merita dunque accoglimento.
Le evidenziate risultanze appaiono idonee per ritenere che la domanda di rettificazione di sesso sia fondata sul sopravvenuto mutamento dei caratteri sessuali in senso maschile dell'attrice quale approdo finale di un graduale e irreversibile percorso di transizione effettuato in base a una seria, genuina e verosimilmente immutabile decisione della parte di essere riconosciuta come uomo in ragione di una consolidata percezione soggettiva di appartenenza al genere opposto a quello biologico.
Contestualmente si deve, quindi, addivenire all'accoglimento della domanda di rettificazione di attribuzione di sesso.
Con la sentenza che accoglie la domanda di rettificazione di attribuzione di sesso il tribunale ordina all'ufficiale di stato civile del comune dove è stato compilato l'atto di nascita di effettuare la rettificazione nel relativo registro.
Relativamente alla domanda di attribuzione del nome di va osservato come Persona_1
con riguardo all'assunzione di un nuovo nome la legge n. 164 non specifica il procedimento necessario.
Se è indiscusso che al mutamento di sesso debba corrispondere un nome relativo alla nuova identità sessuale, sono controversi sia il modo attraverso cui ciò debba attuarsi, sia la possibilità di scelta del soggetto coinvolto. Il dubbio in particolare si è posto tra l'utilizzo del procedimento generale di modifica previsto dalle norme sull'ordinamento civile e la possibilità di attribuzione del nome mediante la stessa sentenza che definisce la nuova identità.
La maggior parte della giurisprudenza è orientata e si pronuncia verso questa seconda soluzione (v.
Trib. Napoli Nord, Sez. I, 17/11/2016;
Trib. Milano, Sez I, 18/5/2017;
Trib. Trento 29/9/2017;
Trib.
Genova, Sez IV, 23/5/2016). Tuttavia vi è chi ha reputato tale soluzione possibile solo nei casi in cui
l'attribuzione del nuovo nome o consista nella trasformazione del genere o tale trasformazione non sia linguisticamente possibile per mancanza della duplice forma maschile-femminile. Qualora, invece, la persona esprima la volontà di modificare radicalmente il proprio nome, pur esistendo l'altra forma, sarebbe inevitabile il ricorso alla disciplina prevista dall'ordinamento dello stato civile.
Ritiene questo Collegio che la prima opzione ermeneutica sia da prediligere. Per come osservato da Trib. Napoli Nord, Sez. I, 17/11/2016, depongono, infatti, in tal senso diverse considerazioni. In primo luogo nessuna disposizione impone o ritiene preferibile la trasposizione del precedente nome nel genere opposto né ciò è sostenibile ai fini di un'esigenza di tutela dei terzi e di certezza dei rapporti giuridici tenuto conto che dall'articolo 5 della legge in oggetto si evince la volontà di totale riservatezza
pagina 5 di 7
nei confronti della identità passata dell'interessato;
del resto, tra i contrapposti interessi, non può che prevalere la tutela del diritto alla riservatezza quale diritto fondamentale. In secondo luogo ritenere opportuna una soluzione rispetto ad un'altra sulla base della idoneità linguistica di un nome alla trasformazione nel genere opposto non può che determinare, tra coloro ai quali è impedita la possibilità di scelta e coloro a cui è consentita, la violazione del principio di uguaglianza. In terzo luogo non pare avere senso logico prevedere che il giudice possa attribuire un nome completamente nuovo, limitandosi ai soli casi in cui il precedente non abbia la duplice forma. Infine dall'art. 5 emerge chiaramente la volontà del legislatore volta a definire contestualmente l'attribuzione del nuovo sesso e del nuovo nome;
e del resto se così non fosse, in considerazione delle lungaggini del procedimento generale di modifica del nome, si determinerebbe una situazione per la quale l'interessato (per un periodo di tempo comunque rilevante) sarebbe totalmente privo di nome o costretto a mantenere quello precedente non più conforme alla nuova identità. Alla luce delle esposte considerazioni ritiene questo Collegio preferibile l'interpretazione secondo cui il mutamento di nome debba pronunciarsi con la medesima sentenza con cui si attribuisce il nuovo sesso e sia lasciata all'interessato una totale libertà di scelta.
Ne deriva che la domanda deve essere accolta e, nel caso di specie, può riconoscersi al ricorrente il pieno diritto, conseguente al mutamento di sesso, a modificare il nome proprio da “ in Parte_1
. Persona_1
Non essendo ravvisabile una soccombenza di parti processuali, nessuna pronuncia va emessa relativamente alle spese di lite.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi