Trib. Parma, sentenza 14/01/2025, n. 13

TRIB Parma
Sentenza
14 gennaio 2025
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TRIB Parma
Sentenza
14 gennaio 2025

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Parma, sentenza 14/01/2025, n. 13
Giurisdizione : Trib. Parma
Numero : 13
Data del deposito : 14 gennaio 2025

Testo completo

N. R.G. 1200/2024
TRIBUNALE ORDINARIO DI PARMA
Sezione Lavoro
Il Tribunale di Parma, in funzione di giudice del lavoro, nella persona del giudice designato per la trattazione, dott.ssa Ilaria Zampieri, nella causa iscritta al n.
1200/2024 RG., promossa da:
TT RI, rappresentata e difesa, giusta procura rilasciata in calce al ricorso, dall'Avv.to Maria Giulia Bettati del Foro di Parma, ed elettivamente domiciliata presso il relativo studio professionale sito in Parma, Via Carducci n. 3;

RICORRENTE contro
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE E DEL MERITO, C.F. 80185250588, con sede in Roma, Viale Trastevere, 76/A - 00153, in persona del Ministro pro tempore;

RESISTENTE CE ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Svolgimento del giudizio - Motivi della decisione.

1. Lo svolgimento del processo.

1.1. Con ricorso depositato il giorno 04.12.2024, la ricorrente in epigrafe indicata - insegnante di religione cattolica presso i vari istituti scolastici indicati in ricorso - adiva l'intestato Tribunale, in funzione di Giudice del Lavoro, esponendo di aver stipulato con il Ministero dell'Istruzione e del Merito una serie di contratti a tempo


determinato e deducendo che ciò costituirebbe una violazione della normativa nazionale sul lavoro a termine - ed in particolare dell'art. 5, D.Lgs. n. 368 del 2001, così come modificato dalla L. n. 247 del 2007, che prevede il limite temporale dei 36 mesi alla successione di contratti a termine - e degli obblighi comunitari di cui alla
Clausola 5 dell'Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato, allegato alla
Direttiva del Consiglio dell'Unione Europea n. 1999/70 del 28 giugno 1999.
Chiedeva, pertanto, accertarsi che il Ministero dell'Istruzione ha posto in essere, nei confronti della ricorrente, una abusiva reiterazione dei contratti a tempo determinato e, per l'effetto, condannare l'Amministrazione convenuta al risarcimento danno nella misura pari a 24 mensilità della retribuzione globale di fatto o in quella somma maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia, oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo.
Instava, in particolare, per l'accoglimento delle seguenti conclusioni:
“All'ill.mo Tribunale di Parma, sez. lavoro di accertare l'abusiva reiterazione dei contratti a termine stipulati dalla ricorrente con il Ministero dell'Istruzione e del
Merito e per l'effetto condannare il convenuto Ministero al risarcimento del danno da reiterazione abusiva dei contratti a termine, indennità risarcitoria individuata dall'art. 36 D.Lgs 165/2001, come modificato dall'art. 12 D.L. 131/2024, nella misura massima di 24 mensilità e/o quella diversa misura maggiore o minore ritenuta equa da codesto Tribunale quantificando la misura dell'indennizzo così stabilito in relazione all'ultima retribuzione mensile di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto come sopra indicata, oltre alla maggior somma tra gli interessi legali e la rivalutazione monetaria dal dì del dovuto al saldo.
Con vittoria di spese, compensi, 15% spese forfettarie ex art. 15 D.M. 55/14, IVA e
CPA come per legge da distrarsi in favore del difensore antistatario che ha anticipato le prime e non ha percepito i secondi.”.

1.2. L'Amministrazione convenuta, benché ritualmente evocata, non si costituiva in giudizio.


1.3. La causa veniva istruita sulla scorta della sola documentazione versata in atti dalle parti.

1.4. All'udienza del giorno 14.01.2025, il Giudice, previa dichiarazione di contumacia dell'Amministrazione resistente in quanto ritualmente evocata in giudizio, decideva la causa sulle conclusioni rassegnate dai procuratori delle parti negli scritti difensivi, dando lettura del dispositivo della sentenza nonché delle ragioni di fatto e di diritto della decisione ex art. 429 c.p.c.

2. Motivi della decisione.
Il ricorso è fondato e merita accoglimento per i motivi di seguito esposti.
Sul punto, si richiamano, anche ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 118 disp. Att.
c.p.c., le condivisibili argomentazioni svolte dal Tribunale di Velletri con la sentenza n. 190/2023 resa in data 03.03.2023: “Parte ricorrente denuncia l'abuso della flessibilità nell'insegnamento della religione cattolica, questione in ordine alla quale ha fatto recentemente chiarezza un pronunciamento, pienamente condivisibile e al quale si rinvia integralmente, della Corte di Appello di Firenze (si veda Corte appello Firenze, sez. lav., 11/05/2021, n. 130) che, per chiarezza espositiva, si ritiene di dover riprodurre nei suoi passaggi argomentativi essenziali. La Corte così si esprime: “Al termine della complessa vicenda che ha riguardato la sorte dei contratti a termine (c.d. supplenze) nel settore scolastico statale (Corte Cost. ord. n.
207/2013;
CGCU 26 novembre 2014, M.;
Corte Cost. n. 187/2016), la Corte di
Cassazione con più sentenze (per tutte n. 22552/2016 e n. 22558/2016), ha enunciato i seguenti principi: a) il corpo normativo che regola le assunzioni del personale scolastico (docente e A.) è norma speciale rispetto al D.Lgs. n. 368 del 2001, e lo era anche prima che la legge lo prevedesse espressamente;
b) le regole e le diverse ipotesi di assunzione precaria (supplenze annuali, supplenze fino al termine delle attività didattiche, supplenze temporanee) rappresentano una esauriente previsione ex ante dei casi di autorizzazione del contratto a tempo determinato;
c) tuttavia l'abuso del tipo contrattuale deve essere adeguatamente sanzionato mediante strumenti di dissuasione effettiva e ciò a partire dal luglio 2001, termine ultimo per
adeguare la normativa interna alla direttiva europea sul contratto a termine;
d) non vi è però abuso nei casi di supplenze temporanee e, salvo particolari condizioni, nel caso di supplenze fino al termine delle attività didattiche;
e) nel caso di supplenze annuali, al contrario, si ha abuso quando nel complesso siano durate più di 36 mesi, salvo che non vi sia stata assunzione in ruolo o che la fattispecie non rientri fra le previsioni di concreta e tempestiva stabilizzazione di cui alla L. n. 107 del 2015;
f) riscontrato l'abuso, la sanzione è il risarcimento cd comunitario di cui alla sentenza delle Sezioni Unite n. 5072/2016;
g) nella irrilevanza della eventuale illegittimità del termine, al dipendente assunto a tempo determinato va corrisposta la retribuzione tenendo conto dell'anzianità effettivamente maturata nella successione dei contratti e secondo le previsioni dei CCNL tempo per tempo vigenti.
Così enunciata in estrema sintesi la disciplina dell'insegnamento precario, quanto occorre ora verificare è se essa possa essere mutuata anche per regolare la fattispecie di causa. In altri termini, se anche per gli insegnanti di religione possa e debba ritenersi che una condizione di precarietà di durata superiore a trentasei mesi rappresenti un abuso del tipo contrattuale ai sensi della Direttiva 1999/70/UE.
Infatti, sulla base degli sviluppi giurisprudenziali ora detti, può darsi per acquisito che nel nostro ordinamento, il contratto a tempo determinato nel settore pubblico possa essere utilizzato purché la sua reiterazione non si risolva in un rapporto di durata superiore a tre anni - regola questa confermata anche dai più recenti interventi in materia di contratto a tempo determinato nel lavoro privato (L. n. 78 del
2014).
Il rapporto di lavoro degli insegnanti di religione - sorretto sia nella fase genetica che in quella funzionale dal gradimento dell'Autorità ecclesiastica - è oggi regolato dalla L. n. 186 del 2003, che ha istituito due distinti ruoli regionali, disciplinando l'accesso ai ruoli mediante concorso per titoli ed esami, e limitando al 70% del fabbisogno totale le cattedre da coprire con contratti a tempo
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