Trib. Roma, sentenza 26/10/2024, n. 10708
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE DI ROMA
SEZIONE IV LAVORO
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il giudice del lavoro, dott. C R, lette le note di discussione scritta depositate ai sensi dell'articolo 127 ter c.p.c., ha pronunciato la seguente
s e n t e n z a
nella causa iscritta al n. 937/2021 R.G. controversie lavoro promossa
da
, in persona del Parte_1 legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Parte_2
giusta procura allegata alla memoria responsiva alla domanda
[...] riconvenzionale del 27 novembre 2021,
- ricorrente-
contro
, rappresentato e difeso dall'avv. L P Controparte_1
e dall'avv. V P per mandato allegato alla memoria di costituzione,
- resistente con domanda riconvenzionale -
OGGETTO: rapporto di lavoro subordinato – restituzione somme – differenze retributive. CONCLUSIONI: per le parti, come nei rispettivi atti difensivi e nelle note scritte di udienza.
FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con ricorso depositato il 17 gennaio 2021 il Parte_3
in persona dell'amministratore e legale
[...] Pt_1 rappresentante pro-tempore, ha convenuto in giudizio il lavoratore in epigrafe e, premessa la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato intercorso inter partes dall'1 aprile 1989 al 6 dicembre 2019, con mansioni di portiere dello stabile, ha dedotto di avere corrisposto all'ex dipendente, dal gennaio 2020 al luglio 2020, attraverso quattro tranche, l'importo netto di € 66.211,54, pari a
un lordo di € 78.858,95, come da busta paga finale del rapporto, comprensiva anche di TFR, elaborata dal proprio commercialista e consulente del lavoro. Accertata, tuttavia, in ragione di un errore commesso nell'elaborazione della detta busta paga, la corresponsione di compensi in eccesso, il condominio ricorrente ha provveduto a elaborarne una nuova, recante a titolo di TFR il minore importo di € 45.035,00. Per l'effetto, la parte datoriale ha chiesto la condanna del alla CP_1 restituzione dell'importo ricevuto in misura superiore al dovuto a titolo di TFR, pari a € 21.176,54, oltre interessi legali, come per legge. Ritualmente instaurato il contraddittorio, si è costituito in giudizio il lavoratore resistente, eccependo in via preliminare la nullità del ricorso e contestando, nel merito, la fondatezza delle domande. In particolare, il resistente ha anzitutto dedotto l'inammissibilità della richiesta restitutoria azionata nei suoi confronti, gravando sul datore di lavoro l'onere di provare non solo l'errore alla base della liquidazione maggiorata degli emolumenti corrisposti, ma anche la riconoscibilità da parte del lavoratore dell'errore medesimo;
ha, poi, dedotto che il pagamento effettuato dal datore di lavoro nasceva dalla consapevolezza di una situazione di fatto in ordine al concreto svolgimento del rapporto diversa dalle pattuizioni formali e, in via riconvenzionale, ha chiesto la condanna del ricorrente al Parte_1 pagamento in proprio favore dell'importo complessivo di € 102.636,43, oltre accessori di legge, per i titoli indicati nel conteggio analitico allegato al ricorso, di cui, specificamente, € 73.196,34 per lavoro straordinario e la restante parte per differenze sulla retribuzione arretrata e sulla 13^ mensilità, nonché per ANF. A sostegno della domanda riconvenzionale, il resistente ha esposto:
- di avere reso sino al 31 dicembre 2004 la prestazione di lavoro per complessive 62 ore settimanali, dovendo osservare un orario articolato dalle 7:00 alle 13:30 e dalle 15:30 alle 20:00 dal lunedì al venerdì, nonché il sabato dalle 7:00 alle 14:00, con una giornata di riposo settimanale cadente la domenica;
- di avere svolto dall'1 gennaio 2005 al 30 aprile 2009 la prestazione di lavoro per complessive 56,5 ore settimanali, osservando un orario articolato dalle 7:00 alle 13:30 e dalle 15:30 alle 19:00 dal lunedì al venerdì, nonché il sabato dalle 7:00 alle 13:30, con una giornata di riposo settimanale cadente la domenica;
- di avere risieduto dall'inizio del rapporto all'agosto 2006 nell'alloggio presso lo stabile - come da contratto di lavoro -, di circa 32 mq, composto da due camere, cucina e bagno e ove era installata, peraltro, la centralina dei citofoni;
- di essersi spostato nel corso del mese di settembre 2006 in un'altra abitazione, più consona alle esigenze per proprio nucleo familiare;
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- di avere osservato da maggio 2009 al 6 dicembre 2019 un orario di lavoro per complessive 45 ore settimanali, articolato dalle 7:00 alle 13:00 e dalle 16:00 alle 18:00 dal lunedì al venerdì, nonché il sabato dalle 7:00 alle 12:00, con una giornata di riposo settimanale cadente la domenica;
- di avere percepito una retribuzione mensile inferiore rispetto a quanto previsto dalla contrattazione collettiva pacificamente applicata al rapporto sulla base delle effettive mansioni svolte e dell'orario di lavoro realmente osservato;
- di avere pattuito col datore di lavoro nel luglio 2001 un superminimo individuale, il cui ammontare è stato unilateralmente ridotto dalla parte datoriale, all'inizio del 2005, da € 206,58 a € 100,00.
Con memoria responsiva depositata a fronte della domanda riconvenzionale il resistente ha eccepito, in via preliminare, la Parte_1 prescrizione estintiva dei crediti azionati dal lavoratore e, nel merito, ha contestato la fondatezza delle pretese retributive, di cui ha chiesto il rigetto. La causa è stata istruita con l'acquisizione dei documenti prodotti, con prova orale e con c.t.u. contabile. Autorizzato il deposito di note conclusionali e disposta contestualmente la sostituzione dell'udienza di discussione con lo scambio di note scritte, ai sensi dell'articolo 127 ter c.p.c., sulle conclusioni rassegnate dalle parti la controversia è stata decisa.
2. Così ricostruito l'iter processuale, va in primo luogo disattesa l'eccezione di nullità del ricorso. Invero, premesso che la declaratoria di nullità del ricorso rappresenta una extrema ratio, cui ricorrere soltanto quando sia obiettivamente impossibile ricostruirne il contenuto e si determini così una effettiva menomazione del diritto di difesa (cfr. Cass. n. 5879 del 17 marzo 2005 e Cass. n. 820 del 16 gennaio 2007), nella specie sia il petitum, che la causa petendi, sono stati sufficientemente determinati, poiché il ricorrente ha precisato di Parte_1 avere erogato compensi in eccesso rispetto alle spettanze finali del rapporto del proprio dipendente e ha quantificato la somma ritenuta come corrisposta per errore. Costituisce, pertanto, questione di merito apprezzare la fondatezza delle pretese azionate alla luce delle deduzioni fattuali contenute nell'atto introduttivo del giudizio e nella memoria di costituzione, risultando comunque tardive eventuali specificazioni e circostanze diverse da quelle tempestivamente allegate. A tale riguardo, giova fin da subito precisare che il Parte_1 ricorrente ha allegato in modo apodittico la sussistenza di un errore di quantificazione, senza fornirne, nell'atto introduttivo del giudizio, alcuna ulteriore precisazione.
3 3. Nel merito, le pretese azionate dal nei confronti del Parte_1 resistente vanno disattese, per carenza di prova. Costituisce ius receptum il principio per cui “La corresponsione, in favore del lavoratore subordinato, di una retribuzione maggiore di quella dovutagli in forza della contrattazione collettiva, costituisce trattamento di miglior favore, giustificato anche in considerazione di specifiche particolarità del caso, salva la dimostrazione, il cui onere incombe sul datore di lavoro, di un errore non imputabile ad esso e riconoscibile anche dallo stesso lavoratore” (cfr. Cass., sez. lav., n. 19923 del 22 settembre 2014). In quest'ottica, la Suprema Corte ha altresì affermato che “ove si accerti che il compenso pattuito dalle parti sia superiore a quello minimo previsto dal contratto collettivo, il datore di lavoro, cui non è impedito di erogare un trattamento più favorevole, potrà ottenerne la restituzione solo ove dimostri che la maggiore retribuzione sia stata frutto di un errore essenziale e riconoscibile dell'altro contraente ex artt. 1429 e 1431 c.c.” (cfr. Cass., sez. lav., n. 46 del 3 gennaio 2017). Questi principi, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, sono pienamente pertinenti anche al caso controverso, nel quale la parte datoriale ha dapprima quantificato il credito retributivo – tale essendo anche quello per t.f.r.
– in favore del lavoratore nel prospetto paga finale del rapporto e, poi, ha ritenuto di essere incorso in errore di fatto.
In altri termini, la corresponsione di un trattamento – assertivamente – maggiorato per t.f.r. non implica necessariamente un errore, potendo essere determinata, quale trattamento di miglior favore e a mero titolo esemplificativo, da uno spirito di liberalità nei confronti del dipendente, o dall'intento di remunerare vari altri servizi accessori resi, o dalla finalità di retribuire, quanto meno sui compensi finali del rapporto, ore prestate in eccesso dal lavoratore e non contemplate nei prospetti mensili. Tanto più che, nel caso di specie, viene in gioco un rapporto di lavoro durato oltre trent'anni quale portiere di un condominio, contrassegnato, in ragione della specificità delle mansioni svolte, da una forte rilevanza dell'elemento fiduciario. A ciò va aggiunto che per pacifica giurisprudenza i prospetti paga hanno piena efficacia di prova legale nei casi in cui, quale riconoscimento puro e semplice della verità di fatti sfavorevoli alla parte dichiarante, e cioè l'imprenditore, assumono carattere di univocità e incontrovertibilità, vincolante per il giudice, dovendo quest'ultimo, invece, in mancanza di siffatte connotazioni, apprezzarli liberamente (cfr. Cass., sez. lav., n. 12769 del 2 settembre 2003). Invero, i prospetti paga hanno natura di confessione stragiudiziale, sicché, giusta gli artt. 2734 e 2735 c.c., assumono piena efficacia di prova legale, vincolante quanto alle indicazioni in esse contenute, purché le stesse
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siano chiare e non contraddittorie (cfr. Cass., sez. lav., n. 2239 del 30 gennaio
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