Trib. Salerno, sentenza 23/02/2024, n. 1013

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Salerno, sentenza 23/02/2024, n. 1013
Giurisdizione : Trib. Salerno
Numero : 1013
Data del deposito : 23 febbraio 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI SALERNO
Seconda Sezione Civile
Il Tribunale, nella persona del giudice unico Dott. Antonio Ansalone ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile in I° grado n. 10488/15 R.G. iscritta al ruolo il 10.12.2015, avente ad oggetto: responsabilità professionale;

TRA
RI AR e CENTRO SUD DISTRIBUZIONE RI S.R.L. IN PERSONA DEL LEGALE RAPPRESENTANTE PRO-TEMPORE, rappresentati e difesi dall'Avv. Luigi Acerbo;

ATTORI
E
DOTT. PIGNATARO CLAUDIO, rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, dall' Avv. Massimo Zaccardo e dall'Avv. Pasquale Gargano;

CONVENUTO
CONCLUSIONI
Le parti concludevano come da note ex art. 127-ter c.p.c. in atti.
MOTIVAZIONI IN FATTO E DIRITTO
1. Con atto di citazione notificato il 30.11.2105 il sig. AL NA, in proprio e quale legale rappresentante della società Centro Sud Distribuzione AL S.r.l., conveniva in giudizio il dottore commercialista Claudio RO assumendo di essere Stato il titolare della omonima ditta individuale esercente attività di trasporto merci su strada fino all'anno 2010, nonché legale rappresentante della società Centro Sud Distribuzione AL S.r.l., che ancora svolgeva attività di trasporto merci su strada.
1


Deduceva che dal 2005 al 2012 la contabilità delle suddette aziende era stata affidata al Dott. Claudio RO, depositario delle scritture contabili sia per la ditta individuale che per la società. Nell'ambito del mandato professionale il dott. RO aveva provveduto a tutti gli adempimenti contabili e fiscali fino ai dichiarativi relativi all'anno d'imposta 2012. Cessato il mandato professionale il signor AL, quale legale rappresentante della società Centro Sud Distribuzione s.r.l., conferì incarico alla dott.ssa Maria Aufiero, affinché la stessa procedesse alla verifica della tenuta delle scritture contabili per l'anno 2012 della società dallo stesso rappresentata, sia sotto l'aspetto formale che sotto l'aspetto sostanziale. La relazione della dott.ssa Aufiero rilevava numerose irregolarità sia formali che sostanziali a carico del dott. RO. Con raccomandata del 29.01.2014 il signor AL trasmetteva al dott. RO la relazione tecnica della dott.ssa Aufiero e gli contestava le proprie responsabilità professionali.
In particolare, parte attrice ha contestato al dott. RO che nell'espletamento dell'incarico conferito non avrebbe usato la normale diligenza professionale e che tutte le vicende giudiziarie indicate nell'atto di citazione sarebbero da ricondurre esclusivamente alla condotta del professionista, quale depositario delle scritture contabili sia della ditta Individuale che della società.
Nell'espletamento dell'incarico il dottore RO avrebbe operato con omissioni, alterazioni, annotazione di operazioni inesistenti, in modo esclusivo, senza il consenso del signor AL.
Inoltre, con il proprio comportamento il dott. RO, avrebbe impedito all'attore di adempiere con regolarità agli obblighi fiscali, e costretto il medesimo al pagamento di sanzioni, interessi, aggi dell'esattore e ad affrontare giudizi tributari e penali.
Assumendo l'inadempimento contrattuale e la responsabilità professionale del professionista convenuto, ne chiedeva la condanna al risarcimento dei danni così come quantificati in citazione.
Con comparsa depositata in data 16.03.2016 si costituiva il dott. Claudio RO che instava per il rigetto della domanda, contestando i fatti esposti in citazione ed impugnando tutta la documentazione allegata. Poneva l'accento sulla eterogeneità e molteplicità degli adempimenti che il dottore commercialista è chiamato a svolgere nel corso del mandato professionale e sul concetto di colpa professionale, intesa come il risultato di condotte non idonee a consentire il raggiungimento delle finalità proprie dell'opera del professionista e che si traducono in un confronto fra i risultati raggiunti e quelli che si sarebbero raggiunti usando la normale diligenza nell'esecuzione del mandato professionale.
Espletata consulenza tecnica d'ufficio, la causa era rinviata per la precisazione delle conclusioni. 2
Con provvedimento del 13.07.2023 la causa era assunta in decisione.
2. Venendo al merito della controversia, occorre premettere che, come tradizionalmente sostenutosi in giurisprudenza, le obbligazioni che il professionista assume nei confronti del cliente sono obbligazioni di mezzi e non di risultato, poiché l'inadempimento del professionista non può desumersi, in linea di principio, dal mancato raggiungimento del risultato utile cui mira il cliente, ma soltanto dalla violazione del dovere di diligenza richiesto dalla natura dell'attività esercitata.
L'inadempimento del professionista, nella specie del commercialista, è, dunque, ancorato alla violazione del dovere di diligenza, per il quale trova applicazione, in luogo del criterio generale della diligenza del buon padre di famiglia, quello della diligenza professionale media esigibile ai sensi dell'art. 1176, co. 2, c.c.
Si è, altresì, precisato che il cliente è tenuto non solo a dimostrare di aver sofferto un danno, ma anche che questo è stato causato dall'insufficiente, inadeguata o negligente attività del professionista, la cui responsabilità implica, quindi, la valutazione positiva, basata su elementi di prova che il cliente ha l'onere di fornire, che dalla proposizione di una diversa azione o dal diligente compimento di determinate attività sarebbero conseguiti effetti più vantaggiosi per l'assistito, non potendo, viceversa, presumersi dalla negligenza del professionista che tale sua condotta abbia in ogni caso arrecato un danno.
Analogamente, in caso di omesso svolgimento di un'attività professionale, va provato non solo il danno subito, ma anche il nesso causale tra esso e la condotta del professionista, in quanto non è ravvisabile alcuna essenziale diversità tra l'ipotesi di inesatto adempimento del professionista e l'ipotesi di adempimento mancato.
Incombe, invece, al professionista l'onere di provare di aver tenuto una condotta conforme ai doveri di diligenza professionale concretamente esigibili.
Tali principi vanno integrati, più in generale, con quanto affermato dalle Sezioni Unite in materia di prova dell'inadempimento nelle obbligazioni contrattuali, secondo cui il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per l'adempimento o per il risarcimento del danno, deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento ovvero dal fatto che l'inadempimento è dipeso da causa a lui non imputabile, ed eguale criterio di riparto dell'onere della prova deve ritenersi applicabile anche nel caso in cui sia dedotto non l'inadempimento dell'obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, atteso che, anche in tale ipotesi, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell'inesattezza dell'adempimento (ad es., per mancata osservanza dell'obbligo di
3
diligenza o per difformità quantitative e qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto, esatto adempimento (Cass. S.U. n. 13533/01).
Sotto il profilo della quantificazione del danno, non potendo il professionista garantire l'esito favorevole auspicato dal cliente, il danno derivante da eventuali sue omissioni è ravvisabile se, sulla base di criteri probabilistici, si accerti che
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi