Trib. Trieste, sentenza 15/11/2024
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
________________________
R.G. 435/23
Il Giudice monocratico del Tribunale di Trieste, Sezione Civile, dott.ssa Carmen Giuffrida,
Nel procedimento ex art. 702 c.p.c avente ad oggetto il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis,
Promossa da:
1) ER OS EI BO, brasiliano, nato a [...], in data [...];
2) VI HO OS EI, brasiliana, nata a [...], in data [...];
3) ER UG OS AN, brasiliano, nato a [...], in data [...];
4) GU TT RE AN, brasiliano, nato a Vitoria (Brasile), in [...]
14/10/2003.
Rappresentati e difesi dall'avvocato Giovanni Vaccaro del Foro di Roma.
Contro
Il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, ritualmente notificato e costituitosi si rimetteva al Tribunale per le determinazioni in ordine alla sussistenza dello status di cittadino italiano in capo ai richiedenti;
Disposta la sostituzione dell'udienza con il deposito di note scritte contenenti istanze e conclusioni ai sensi dell'art. 127 ter;
Con l'intervento del Pubblico Ministero, al quale venivano trasmessi gli atti di causa, che nulla opponeva;
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Letta la documentazione in atti;
ha emesso la seguente
ORDINANZA
In data 05.02.2023, i soggetti indicati in epigrafe proponevano ricorso contro il Ministero dell'Interno per ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis.
Rappresentavano che l'avo da cui muove la discendenza iure sanguinis è AN
CU ( come da atto di nascita), alias AN CU, alias AN CO, alias AN UL, alias AN NE (come da certificato negativo di naturalizzazione), nato in data [...], nel Comune di San Michele in Tagliamento (VE), figlio di IA CU e AT ZA, emigrato in Brasile, mai naturalizzato cittadino brasiliano.
In via preliminare, si rileva che la domanda è stata correttamente presentata presso la sezione specializzata del Tribunale di Trieste in quanto ex art 4 comma 5 DL 13/2017 convertito con modifiche nella L 46/2017 e novellato dall'art. 1 comma 37 della legge 206/21, quando l'attore risiede all'estero, le controversie inerenti alla cittadinanza italiana sono assegnate in base al comune di nascita del padre, madre o avo cittadino italiano.
Si rileva che i ricorrenti hanno dato prova di aver presentato domanda di riconoscimento del proprio status civitatis italiano iure sanguinis al Competente Consolato Generale d'Italia a Rio de
Janeiro in Brasile, come previsto dalla legge n. 91 del 05.02.1992.
Tale domanda ritualmente presentata rimaneva tuttavia inesitata. E' fatto notorio che i
Consolati Italiani in Brasile hanno tempi di avvio e conclusione del procedimento del tutto imprevedibili e, in ogni caso, eccessivamente lunghi rispetto all'interesse della parte al riconoscimento del suo diritto. Vi è pertanto assoluta incertezza in ordine alla definizione, da parte della autorità consolare, della richiesta presentata dagli odierni ricorrenti, in palese violazione dell'art.
2 della Legge 241 del 07.08.1990 che statuisce che i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali devono essere conclusi entro termini determinati e certi, in conformità al principio di ragionevole durata del processo. Inoltre, l'art. 3 DPR 362/1994 prevede espressamente che l'Amministrazione debba provvedere sulla domanda di cittadinanza entro il termine di 730 giorni.
Il Tribunale non solo rileva che è abbondantemente decorso il termine di 730 giorni entro il quale la Pubblica Amministrazione deve definire il procedimento ex art 3 D.P.R. 362/94, ma ritiene altresì che l'incertezza in ordine alla definizione della richiesta di riconoscimento dello status civitatis
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italiano iure sanguinis e il decorso di un lasso temporale irragionevole rispetto all'interesse vantato - che viene in tal modo leso - possano essere considerati equivalenti ad un diniego del riconoscimento del diritto, giustificando l'interesse a ricorrere alla tutela giurisdizionale.
Infine, non appare necessario rivolgersi alla Giurisdizione Amministrativa per fare accertare
l'inadempimento dell'Amministrazione, così come ribadito dallo stesso TAR Lazio con Sentenza
n.1221/2019, nella parte in cui - richiamando la propria precedente giurisprudenza (Sentenza n.
8692/2018) - afferma che “gli atti che i competenti organi pubblici possono assumere in materia di riconoscimento della cittadinanza italiana per nascita non hanno natura costitutiva, bensì natura meramente dichiarativa, restando conseguenzialmente estranea agli stessi lo svolgimento di qualsiasi potestà discrezionale, di tal che la situazione giuridica soggettiva che gli istanti vantano a fronte dell'azione degli organi pubblici nella materia è quella di diritto soggettivo e non di interesse legittimo”.
Va altresì evidenziato che la presentazione della domanda in via amministrativa non costituisce una condizione di procedibilità per la presentazione della domanda giudiziale in quanto si tratta di accertare il diritto ad uno stato personale. Pertanto, l'assenza di certificazione amministrativa non preclude il procedimento giurisdizionale di riconoscimento di tale diritto soggettivo da parte del giudice ordinario.
Nel merito, il Giudice ritiene che la domanda dei ricorrenti sia fondata e meriti pertanto accoglimento.
Preliminarmente si evidenzia che la discordanza delle generalità dei cittadini che costituiscono la linea di discendenza non mette in dubbio la riferibilità della relativa documentazione ai discendenti in quanto dalla documentazione prodotta è comunque desumibile il rapporto di parentela diretto che consente la trasmissione dello status civitatis.
In primo luogo, si rileva che i ricorrenti hanno fornito prova che l'avo da cui muove la discendenza iure sanguinis, AN CU, non è mai stato naturalizzato cittadino brasiliano. Al ricorso veniva, infatti, allegato certificato di naturalizzazione negativa dell'avo, , cittadino italiano, il quale, pertanto, non aveva mai perso la cittadinanza italiana e l'aveva trasmessa
“iure sanguinis” ai figli che l'avevano tramessa a loro volta ai loro discendenti.
Risulta altresì sufficientemente provata la linea di discendenza, essendo stata prodotta la documentazione atta a comprovarla (certificati di nascita e certificati di matrimonio), appositamente tradotta e apostillata. Segnatamente, la documentazione prodotta in atti dimostra che:
- Dal matrimonio tra AN CU (come da atto di nascita), alias AN
CO, alias AN CU, alias AN UL, alias AN
NE (come da certificato negativo di naturalizzazione), e IZ RI, celebrato
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a Caxias do Sul – Stato di Rio Grande do Sul (Brasile) il 26/07/1924, nasceva LM
CU, in data 09/04/1928 a Pacutuba nel comune di Cachoeiro de Itaperimim
(Brasile);
o Dal matrimonio tra LM CU e AN LU HO, celebrato in data
31/07/1948 nascevano due figlie:
1) RI EA HO, in data 22/08/1953 a Lajinha (Brasile);
dalla cui unione con NT SÈ OS NT nasceva:
• l'odierno ricorrente ER UG OS AN,, in data
24/08/1971, a Lajinha (Brasile) ;
dalla cui unione con RM RE
RA nasceva :
✓ il figlio- odierno ricorrente: GU TT RE
AN nato in data [...] a [...];
2) RA HO, in data 23/01/1955 a Lajinha (Brasile);
dalla cui unione con SÈ
LO DO RE Filho, nasceva:
• l'odierna ricorrente VI HO OS EI, in data
06/11/1975 a Rio de Janeiro (Brasile);
dalla cui unione con
AL Da IL OR naceva:
✓ il figlio nonché odierno ricorrente ER OS
EI BO nato il [...] a [...]
(Brasile).
Si sottolinea che, sebbene il matrimonio tra LM SO e AN LU HO sia stato celebrato durante la vigenza della norma di cui all'art.10 della l. n.555/1912 che statuiva la perdita della cittadinanza italiana per la donna che avesse contratto matrimonio con un cittadino straniero, sul punto è intervenuta la Corte Costituzionale in modo risolutivo con le seguenti sentenze:
- la sentenza n. 87/1975 della C. Cost., che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art.
10, comma 3, della legge n. 555/1912 nella parte in cui prevedeva la perdita della cittadinanza per la donna senza volontà di questa in caso di matrimonio con cittadino straniero.
- la sentenza n. 30/1983della C. Cost., pubblicata in data 16/02/1983 che ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale dell'art. 1,n. 1 e 2, della legge n. 555/1912 nella parte in cui non prevedeva l'acquisto della cittadinanza italiana per i figli di madre cittadina, e dell'art. 2, comma 2 della stessa legge nella parte in cui sanciva in ogni caso la prevalenza della cittadinanza del padre nella trasmissione dello stato di cittadino ai figli.
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La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 4466/2009, ha infine risolto anche
l' annoso contrasto giurisprudenziale dichiarando l'effetto retroattivo nel tempo delle sopra citate sentenze della Corte Costituzionale.
Quindi nel caso di specie, l'avo AN CU era cittadino italiano dalla nascita ed ha trasmesso la cittadinanza iure sanguinis alla figlia LM CU nata in data [...] che, in forza delle pronunce della Corte Costituzionale, ha trasmesso la cittadinanza italiana alle proprie figlie RI EA HO e RA HO le quali, a loro volta, l'hanno trasmessa ai loro discendenti nonché odierni ricorrenti. Pertanto, tutta la discendenza di AN CU ha acquistato la cittadinanza italiana, determinando con i vari rapporti di filiazione, senza interruzione, lo stato di cittadini italiani.
Nella comparsa di costituzione del 08/09/2024, il convenuto Ministero,
- in ordine al
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