Trib. Ragusa, sentenza 30/09/2024, n. 992
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI RAGUSA
Sezione Civile – Settore Lavoro e Previdenza
N. R.G. 2839 2018
Il Giudice del Lavoro dott. A L V, lette le note depositate dalle parti ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., ha pronunciato la seguente
SENTENZA nel procedimento in epigrafe, promosso da (c.f. Parte_1
), con l'avv. MORANA ELISA;
C.F._1
ricorrente contro
(c.f. ) contumace. Controparte_1 P.IVA_1
resistente
avente ad oggetto: retribuzione
le parti hanno discusso la causa tramite le note depositate ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c.
FATTO E DIRITTO
Il ricorrente espone: di avere lavorato come panettiere dal 3.01.2018 al
12.03.2018 alle dipendenze della società convenuta presso il
[...]
” da questa gestito;
che il rapporto di lavoro è Parte_2
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stato formalizzato soltanto in data 8.02.2018 con inquadramento nel livello V del CCNL di settore, con orario di lavoro part-time orizzontale di 20 ore settimanali;
di avere sempre lavorato dal lunedì al sabato, dalle ore 3:00 alle 12:00, per un totale di 9 ore giornaliere e 54 ore settimanali;
di avere, quindi, svolto lavoro straordinario per 14 ore a settimana, per un totale di 56 ore mensili;
che per l'intero periodo di lavoro ha percepito soltanto acconti per € 200,00 a settimana;
che il 12.03.2018 è stato licenziato per asserite “esigenze tecnico organizzative”;
che il giustificato motivo addotto dall'azienda è, tuttavia, inesistente e il licenziamento conseguentemente illegittimo.
Ciò posto, il ricorrente chiede condannarsi la convenuta al pagamento di
€ 4.627,45 per differenze retributive dovute, in base ai parametri retributivi previsti dal C.C.N.L. di settore, a titolo di retribuzione ordinaria e straordinaria, indennità sostitutiva per ferie non godute, festività, R.O.L. ed ex festività, ratei di tredicesima mensilità, T.F.R. e indennità di mancato preavviso;
insta, altresì, per la declaratoria di illegittimità del licenziamento impugnato, con correlato pagamento dell'indennità di cui all' art. 3, co. 1, D.lgs. n. 23/2015.
Parte datoriale, ancorché ritualmente evocata in giudizio, è rimasta contumace.
***
Il ricorso merita parziale accoglimento.
Il rapporto di lavoro dedotto in giudizio risulta dimostrato limitatamente al periodo regolarizzato, nella specie dall'8.02.2018 al 12.03.2018.
L'assunto attoreo circa la preesistenza di un rapporto di lavoro in nero dal 3.01.2018 al 7.02.2018 non ha, invece, trovato adeguato riscontro nelle risultanze delle prove orali. Nel dettaglio, se da un lato i testi escussi hanno confermato che, nei primi mesi dell'anno 2018, il ricorrente ha lavorato per la società resistente, dall'altro lato, nulla hanno
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saputo riferire in ordine all'orario di lavoro e alle mansioni svolte dal lavoratore. Non vi è, quindi, prova della consistenza del dedotto rapporto di lavoro, né può soccorrere il disposto di cui all'art. 232 c.p.c., a mente del quale il giudice, “valutato ogni altro elemento di prova”, può ritenere ammessi i fatti dedotti nell'interrogatorio se la parte non si presenta o si rifiuta di rispondere senza giustificato motivo.
Invero, la disposizione va interpretata nel senso che la mancata risposta può assurgere a prova dei fatti dedotti secondo il prudente apprezzamento del giudice (art. 116 c.p.c.), il quale “può trarre elementi di convincimento in tal senso non solo dalla concomitante presenza di elementi di prova indiziaria dei fatti medesimi, ma anche dalla mancata proposizione di prove in contrario” (Cass. Civ. n. 22407/2006;
n.
9254/2006). La mancata comparizione della resistente all'interrogatorio formale non comporta un'automatica fictio confessoria, giacché, in omaggio al dato letterale dell'art. 232 c.p.c., solo la lettura congiunta di tale comportamento unitamente ad altri elementi di prova può condurre a ritenere provati i fatti dedotti nell'interrogatorio.
Nel caso che
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