Trib. Vallo della Lucania, sentenza 02/07/2024, n. 801

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Vallo della Lucania, sentenza 02/07/2024, n. 801
Giurisdizione : Trib. Vallo della Lucania
Numero : 801
Data del deposito : 2 luglio 2024

Testo completo

Tribunale di Vallo della Lucania n. 2852/2006 R.G. Affari Civili Contenziosi
Repubblica Italiana In nome del popolo italiano
Tribunale Ordinario di Vallo della Lucania - Composizione Monocratica Il Giudice, dott. Carmine Esposito, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa n. 2852/2006 avente ad oggetto “Prestazione d'opera intellettuale” e vertente tra ICM – ISTITUTO CLINICO MEDITERRANEO S.p.A. (già CASA DI CURA PRIVATA MALZONI DI AGROPOLI SPA (C.F/P.IVA: 00126170646, P. IVA 03519020659), in persona del legale rappresentante pro tempore, col ministero/assistenza dell'avv. DELL'ACQUA VALENTINA, giusta procura a margine dell'atto introduttivo
- attore - e ASSOCIAZIONE PROFESSIONALE SC (C.F./P.IVA: 03615680653), in persona del legale rappresentante pro tempore e LO IO (C.F./P.IVA: GNN 55L03 D527Z), entrambi col ministero/assistenza dell'avv. BIANCO TECLA, giusta procura a margine della comparsa di costituzione
- convenuto – Conclusioni Le parti concludevano come da relativo verbale e comparse conclusionali RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE I. Fatto
Con atto di citazione ritualmente notificato ICM – ISTITUTO CLINICO MEDITERRANEO S.p.A. (già CASA DI CURA PRIVATA MALZONI DI AGROPOLI SPA), premesso che:
“….Con scrittura privata dell'1 gennaio 2000 la Casa di Cura Privata Malzoni di Agropoli S.p.a., oggi ICM – Istituto Clinico Mediterraneo S.p.A., e l'Associazione Professionale Esculapio stipulavano un contratto di prestazione di opera professionale, con il quale la prima affidò alla seconda l'incarico di gestire ed organizzare l'attività medica di “Urologia” all'interno della Casa di Cura, assumendone la guida e la responsabilità esclusivamente per le prestazioni professionali diagnostiche e terapeutiche esplicate a favore di pazienti ricoverati tramite medici specialisti urologi dell'Associazione. Nell'art. 2, capoverso 4 della scrittura le
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parti convennero: “L'attività dell'Associazione Professionale Esculapio sarà svolta in piena autonomia di giudizio e di condotta, con ampia autoregolamentazione del tempo e delle modalità delle proprie prestazioni, essendo i medici associati assolutamente liberi di organizzare e gestire il lavoro professionale nell'ambito di criteri generali elaborati dalla Direzione sanitaria ed, altresì, in rapporto alle esigenze funzionali dei vari reparti”. All'art. 4 le parti convennero:
“L'Associazione Professionale Esculapio accrediterà presso la Casa di Cura Privata Malzoni i professionisti che ritiene di organizzare, gestire e utilizzare per assicurare il risultato ottimale dell'attività medica oggetto del presente contratto”. Infine, con l'art. 7 si pattuì: “Quale corrispettivo dell'attività professionale di urologia, l'Associazione Professionale Esculapio avrà diritto a percepire un compenso pari al 25% dell'importo determinato dai D.R.G. effettivamente pagati per le prestazioni professionali esplicate a favore di pazienti ricoverati”. Tale contratto è stato eseguito negli anni 2001, 2002 e nel gennaio 2003, quando le parti risolsero consensualmente il predetto rapporto…..Pochi mesi dopo la risoluzione consensuale del rapporto, l'Associazione Professionale Esculapio con lettera del 17 maggio 2003 chiese il saldo per gli importi determinati “dai D.R.G. effettivamente pagati per le prestazioni esplicate a favore di pazienti ricoverati tramite l'Associazione Esculapio”….. Con altra lettera del 4 giugno successivo la stessa Associazione ammise che i D.R.G. relativi a pazienti ricoverati suo tramite erano ancora in contenzioso con l'A.S.L. e che essi ammontavano ad euro 78.000,00. Senza attendere l'esito del giudizio amministrativo in corso, con atto del 30 ottobre successivo l'Associazione Professionale Esculapio propose un arbitrato (previsto dall'art. 9 del contratto) per sentir determinare dal costituendo collegio (arbitrale) che erano dovuti allo Studio Associato Esculapio per le prestazioni eseguite, ancora euro 80.132,12, o quella maggiore o minore somma che sarebbe risultata dall'istruttoria a compiersi, oltre rivalutazione monetaria ed interessi dal dì della maturazione dei crediti, con la condanna al pagamento delle spese e compensi dovuti al Collegio, nonché al pagamento delle spese, diritti ed onorari di difesa, relativi al procedimento arbitrale. L'Associazione Esculapio con l'arbitrato propose quindi una domanda di pagamento, ritenendo che le fossero dovuti i compensi per le prestazioni professionali eseguite, anche se non pagate dall'ASL. Costituitosi il Collegio Arbitrale, nelle proprie difese la Casa di Cura evidenziò che nel contratto le parti avevano concordato un compenso pari al 20% dell'importo determinato dai D.R.G. “effettivamente pagati” dall'A.S.L. per le prestazioni professionali esplicate a favore dei pazienti ricoverati tramite l'Associazione stessa” (importo fu ridotto dal 25% al 20% con la sottoscrizione di una postilla al contratto in data 09.10.2001) proprio perché era noto alle parti che la Regione Campania fin dal 1998 aveva stabilito tetti di spesa in sanità), e che quindi la politica di contenimento della spesa sanitaria poteva causare il mancato rimborso di tutte le prestazioni svolte e quindi una decurtazione dei compensi alla Casa di Cura, che conseguentemente determinava una diminuzione pure del compenso spettante all' Associazione Esculapio. La Casa di Cura aggiunse che trattandosi di prestazioni libero-professionali, non competeva la rivalutazione monetaria poiché i crediti professionali sono crediti di valuta e non di valore, avendo essi per oggetto fin dall'origine il pagamento di una somma di danaro (Cass. 17 aprile 2001 n. 5605 e
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Cass. 22 giugno 1996 n. 5790), non trovando applicazione l'art. 429, III comma c.p.c. che prevede la rivalutazione soltanto per i crediti di lavoro subordinato. A seguito dell'istruttoria documentale (tramite deposito di numerose lettere inviate dall'A.S.L. di Salerno) e di una consulenza tecnica, il Collegio Arbitrale, procedendo direttamente al relativo conteggio, ritenne di poter accertare che all'Associazione Professionale competevano (cfr. pag. 22 del lodo) ancora
€ 11.266,94 per il 2001, € 4.237,56 per l'anno 2002 ed € 3.358,95 per gennaio 2003, e complessivamente € 18.863,45. A tal punto, però, mutò del tutto l'orientamento della maggioranza del Collegio, che ritenne di poter accogliere in toto la domanda sotto un profilo diverso (mutando del tutto la causa petendi da pagamento a inadempimento), ritenendo che la Casa di Cura non avesse improntato il proprio comportamento a correttezza e buona fede nel momento in cui aveva omesso di informare tempestivamente l'Associazione Esculapio delle contestazioni dell'A.S.L. SA/3 e del conseguente rischio di “taglio” sulle somme richieste da essa Casa di Cura. Tuttavia l'Associazione Professionale Esculapio nella domanda di arbitrato aveva chiesto il pagamento delle prestazioni rese, senza parlare di inadempimento, e pure in conclusioni aveva insistito per l'accoglimento della domanda di pagamento dell'importo di euro 80.132,12…. asserendo apoditticamente che i compensi andavano pagati, perché si riferivano a prestazioni professionali rese e che, avendo stipulato un contratto di prestazione di opera professionale, e non di appalto, essa non doveva subire alcun rischio…. E' evidente quindi che il Collegio Arbitrale - o meglio la maggioranza di esso, col dissenso scritto di un arbitro - non potendo superare la validità della condizione (che non consentiva di accogliere la domanda di pagamento dell'Associazione Professionale) - inventò che la Casa di Cura era stata inadempiente per non essersi comportata con correttezza e buona fede e quindi a maggioranza condannò la Casa di Cura al pagamento dell'importo di euro 78.972,56 per spettanze dovute in dipendenza del contratto stipulato inter partes, con interessi legali dalla domanda, compensando le spese. Ed essendo il lodo ingiusto, la Casa di Cura lo impugnò innanzi alla Corte di Appello per l'inosservanza delle regole del diritto richiedendone il riesame, ma Corte di Appello, con la sentenza n. 269/11 del 22.03.2011 ha dichiarato la inammissibilità della impugnazione del lodo, perché in ottemperanza della clausola compromissoria, gli arbitri avevano deciso secondo equità e che pertanto l'impugnazione, per inosservanza delle regole di diritto, non era proponibile (invero la Casa di Cura aveva osservato che il lodo era impugnabile poiché il Collegio Arbitrale invece aveva di fatto messo in essere un arbitrato rituale, avendo applicato le norme procedurali e di merito);
nel contempo la Corte rigettò pure l'impugnazione incidentale della Associazione Professionale Esculapio in ordine alle spese del procedimento arbitrale. Nelle more del giudizio di impugnazione la Casa di Cura
- dopo una più attenta riflessione sulla natura del contratto concluso con l'Associazione professionale Esculapio e sulle successive vicende e soprattutto sul lodo che ha comportato il pagamento indebito di un importo notevole (euro 82.132,12) all'Associazione Professionale - si è determinata ad impugnare il contratto stipulato il primo gennaio 2000, ed il lodo irrituale, che ad esso è seguito, con l'atto di citazione del 12.12.2006, che ha dato origine al presente giudizio….”;

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