Trib. Foggia, sentenza 04/10/2024, n. 2618

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Foggia, sentenza 04/10/2024, n. 2618
Giurisdizione : Trib. Foggia
Numero : 2618
Data del deposito : 4 ottobre 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI FOGGIA
SEZIONE LAVORO in persona della giudice, A d S, all'esito dell'udienza cartolare del 4.10.2024, ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., ha pronunciato la seguente sentenza nella causa iscritta al n. 669/2023 R.G.L. vertente
TRA
, rappresentata e difesa dall'avv. R G Parte_1
RICORRENTE
E
, in persona del tempore, e Controparte_1 CP_2
, rappresentati Controparte_3
e difesi ex art. 417 bis c.p.c. dalla dirigente dell' CP_3
RESISTENTE
OGGETTO: ricostruzione di carriera – differenze retributive

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato in data 25.1.2023, parte ricorrente – premesso di essere docente con qualifica di insegnante di Scuola Primaria (classe di concorso 00EE) con contratto di lavoro a tempo indeterminato dall'1.9.1992, attualmente in servizio presso l'Istituto Scolastico Comprensivo Don Bosco-Battisti di
Cerignola;
di aver prestato, prima dell'immissione in ruolo, servizio d'insegnamento alle dipendenze del in virtù di reiterati contratti a tempo determinato dall'a.s. 1976/1977 sino all'a.s. CP_4
1991/1992;
che, con decreto di ricostruzione di carriera n. 9903 emesso dall'
[...]
, data 23.6.2008, la sua anzianità di Controparte_5
servizio pre-ruolo, equivalente a giorni 3082 ovvero anni 8, mesi 6 e giorni 22, è stata illegittimamente decurtata e rideterminata in anni 6 con evidente nocumento nella progressione di carriera – ha adito
l'intestato Tribunale, per sentire “

1. In applicazione del principi statuiti dall'Ordinamento

Comunitario (Direttiva del Consiglio 28 Giugno 1999, 1999/70/CE, richiamata dalla Sentenza n. 307
pagina 1 di 9 del 13 Settembre 2007) così come enucleati da Cass. Sez. Lavoro n. 31149/2019 del 28.11.2019 esplicati altresì da Corte di Appello di Bari Sez. Lavoro n. 1609/2022 del 11.10.2022 (Presidente
Cons. dott. Pietro MATROLILLI- Rel. Cons. dott.ssa ), in ordine al Persona_1
riconoscimento di tutti i servizi di lavoro svolti dalla docente istante ivi compresi i servizi avente durata inferiore ai 180 gg. annui e, in conseguente disapplicazione della normativa nazionale in materia accertare e dichiarare il diritto della docente al riconoscimento Parte_1
integrale del servizio di lavoro svolto con contratto di lavoro a tempo determinato alle dipendenze del con qualifica di docente dal 1.1.1977 al 31.8.1992 per complessivi anni 8 mesi 6 e giorni 22 CP_6
con ogni più ampia conseguenza di legge e per lo effetto, 2. disapplicare/annullare il Decreto Di
Ricostruzione di Carriera n. 9903 emesso Dall'ufficio Controparte_5
Amministrativi di Foggia in data 23.6.2008 poiché emesso in palese violazione della
[...]
SUPERIORE Direttiva Comunitaria 1999/70/CE clausola 4 principio di non discriminazione nella misura in cui, applicando il meccanismo previsto dal combinato disposto degli art. 485 e 489 d. lgs
297/94, non riconosceva ai fini della ricostruzione della carriera tutti i servizi di lavoro svolti dalla ricorrente durante il periodo di pre-ruolo;

3. condannare le Amministrazioni convenute ad adottare tutti gli atti conseguenti al riconoscimento integrale ai fini giuridici, economici e previdenziali dei servizi prestati dal ricorrente nel periodo di pre-ruolo ivi compreso ad effettuare un nuovo legittimo inquadramento dell'istante in virtù dell'anzianità lavorativa maturata da riconoscersi integralmente ed

a corrispondere in favore della ricorrente il relativo trattamento economico e tutti gli arretrati a tale titolo maturati e dovuti, ove occorra anche a titolo risarcitorio, per differenza tra il percepito ed il percipiendo, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria come per legge”. Vinte le spese di lite, con distrazione.
Si è costituito, tempestivamente, il resistente, rassegnando le seguenti conclusioni: “1. CP_1
accogliere il ricorso del riconoscimento integrale del servizio pre – ruolo quantificandolo in anni 8 mesi 2 e giorni 5, secondo il correttivo proposto da questa Amministrazione e per le ragioni esposte nell'apposito paragrafo;



2. dichiarare prescritte le differenze retributive per il periodo anteriore il quinquennio antecedente la data di deposito del presente ricorso
”.
Con le note del 26.2.2024 e del 27.9.2024, parte ricorrente ha così dedotto: “stante l'irrisorietà delle differenze del periodo pre-ruolo calcolato nel proprio libello introduttivo (id est 8 anni mesi 6 e giorni
22) rispetto a quanto emergente dai conteggi formulati dal resistente (8 anni mesi 2 e giorni CP_1
5 cfr. pag. 6 comparsa comparazione delle due valutazioni ed allegato sub. 3 foglio excel CP_6
memoria che non inficia in alcun modo né la bontà del ragionamento né il calcolo delle CP_6
pagina 2 di 9 differenze retributive maturate, per mero spirito di economia processuale, aderisce ai conteggi formulati dal convenuto e riformula in tal senso i propri. CP_1
Parimenti l'avv. G non si oppone all'avversa eccezione di prescrizione delle differenze retributive maturate antecedenti il quinquennio dalla notifica della domanda giudiziale (2.8.2023)”.
Acquisite note di trattazione dalle parti, la causa è stata decisa con la presente sentenza.
* * *
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Parte ricorrente censura l'illegittimità del decreto di ricostruzione della carriera adottato dall'amministrazione resistente, per non aver riconosciuto integralmente l'anzianità maturata in forza del servizio espletato a tempo determinato prima dell'immissione in ruolo, bensì soltanto in misura parziale - e cioè per intero per i primi quattro anni e per i due terzi del periodo eventualmente eccedente, nonché ai soli fini economici per il rimanente terzo - come previsto dall'art. 485 D.lgs. n.
297/1994 espressamente per i docenti e, in forza dell'art. 4, comma 13, D.P.R. n. 399 del 1988 (poi ripreso nei successivi CCNL).
L'art. 485 del D.lgs. n. 297/1994 prevede infatti che: "al personale docente delle scuole di istruzione secondaria ed artistica, il servizio prestato presso le predette scuole statali e pareggiate, comprese quelle all'estero, in qualità di docente non di ruolo, è riconosciuto come servizio di ruolo, ai fini giuridici ed economici, per intero per i primi quattro anni e per i due terzi del periodo eventualmente eccedente, nonché ai soli fini economici per il rimanente terzo. I diritti economici derivanti da detto riconoscimento sono conservati e valutati in tutte le classi di stipendio successive a quella attribuita al momento del riconoscimento medesimo".
L'art. 489 co. 1° del medesimo corpo normativo prevede che "Ai fini del riconoscimento di cui ai precedenti articoli il servizio di insegnamento è da considerarsi come anno scolastico intero se ha avuto la durata prevista agli effetti della validità dell'anno dall'ordinamento scolastico vigente al momento della prestazione".
La norma va letta in combinato disposto con l'art. 11 co 14° della L. 124/1999 che chiarisce "Il comma
1 dell'art. 489 del testo unico è da intendere nel senso che il servizio di insegnamento non di ruolo prestato a decorrere dall'anno scolastico 1974-1975 è considerato come anno scolastico intero se ha avuto la durata di almeno 180 giorni oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale".
Lamenta parte ricorrente che la mancata piena valorizzazione del servizio pre-ruolo, a fini giuridici ed economici, si pone in contrasto con la clausola 4 ("Principio di non discriminazione") dell'Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato che dispone al comma 1: "Per quanto riguarda le condizioni di
pagina 3 di 9 impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive", e al comma 4: "I criteri per periodi di anzianità relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi per le lavoratrici ed i lavoratori a tempo determinato e per quelli a tempo indeterminato, salvo laddove motivi obiettivi giustifichino la differenza di durata dei periodi stessi".
La clausola 4 dell'Accordo quadro è stata più volte oggetto di esame da parte della Corte di Giustizia dell'Unione Europea.
In particolare la Corte ha evidenziato che:
a) la clausola 4 dell'Accordo esclude in generale ed in termini non equivoci qualsiasi disparità di trattamento non obiettivamente giustificata nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, sicché la stessa ha carattere incondizionato e può essere fatta valere dal singolo dinanzi al giudice nazionale, che ha l'obbligo di applicare il diritto dell'Unione e di tutelare i diritti che quest'ultimo attribuisce, disapplicando, se necessario, qualsiasi contraria disposizione del diritto interno (Corte Giustizia
15.4.2008, causa C- 268/06, Impact;
13.9.2007, causa C-307/05, ;
8.9.2011, causa C- Persona_2
177/10 Rosado Santana);

b) il principio di non discriminazione non può essere interpretato in modo restrittivo, per cui la riserva in materia di retribuzioni contenuta nell'art. 137 n. 5 del Trattato (oggi 153 n. 5), "non può impedire ad un lavoratore a tempo determinato di richiedere, in base al divieto di discriminazione, il beneficio di una condizione di impiego riservata ai soli lavoratori a tempo indeterminato, allorché proprio
l'applicazione di tale principio comporta il pagamento di una differenza di retribuzione" (Del Cerro
Alonso, cit., punto 42);

c) le maggiorazioni retributive che derivano dalla anzianità di servizio del lavoratore, costituiscono condizioni di impiego ai sensi della clausola 4, con la conseguenza che le stesse possono essere legittimamente negate agli assunti a tempo determinato solo in presenza di una giustificazione oggettiva (Corte di Giustizia 9.7.2015, in causa C177/14, Regojo Dans, punto 44, e giurisprudenza ivi richiamata);

d) a tal fine non è sufficiente che la diversità di trattamento sia prevista da una norma generale ed astratta, di legge o di contratto, né rilevano la natura pubblica del datore di lavoro e la distinzione fra impiego di ruolo e non di ruolo, perché la diversità di trattamento può essere giustificata solo da elementi precisi e concreti di differenziazione che contraddistinguano le modalità di lavoro e che attengano alla natura ed alle caratteristiche delle mansioni espletate (Regojo Dans, cit., punto 55 e con
pagina 4 di 9
riferimento ai rapporti non di ruolo degli enti pubblici italiani Corte di Giustizia 18.10.2012, cause
C302/11 e C305/11, Valenza;
7.3.2013, causa C393/11, Bertazzi)".
In altri termini, la disparità di trattamento sotto il profilo retributivo fra personale precario e personale di ruolo potrebbe ritenersi giustificata, ai sensi della Direttiva 1999/70/CE, soltanto ove fosse dimostrata l'esistenza di "ragioni oggettive", che tuttavia, secondo quanto precisato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, devono essere strettamente attinenti alle modalità di svolgimento della prestazione e non possono consistere nel carattere temporaneo del rapporto di lavoro, nel fatto che il datore di lavoro sia una Pubblica Amministrazione, nella circostanza che il trattamento deteriore sia previsto da una norma interna generale ed astratta, quale una legge o un contratto collettivo, nella sola diversità delle modalità di reclutamento.
Sulla questione del riconoscimento dell'anzianità maturata nei periodi di servizio pre-ruolo dai docenti che, immessi in ruolo, hanno ottenuto la ricostruzione ai sensi dell'art. 485 cit., è intervenuta la sentenza della Corte di Giustizia emessa nella causa C-466/17 contro Parte_2 [...]
, del 20.09.18. Controparte_7
In particolare, la Corte di Giustizia ha evidenziato:
- al punto 47: "gli obiettivi invocati dal governo italiano consistenti, da un lato, nel rispecchiare le differenze nell'attività lavorativa tra le due categorie di lavoratori in questione e, dall'altro, nell'evitare il prodursi di discriminazioni alla rovescia nei confronti dei dipendenti pubblici di ruolo assunti a seguito del superamento di un concorso generale, possono essere considerati come configuranti una "ragione oggettiva", ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell'accordo quadro, nei limiti in cui essi rispondano a una reale necessità, siano idonei a conseguire l'obiettivo perseguito e siano necessari a tale fine";

- al punto 48: "Fatte salve le verifiche rientranti nella competenza esclusiva del giudice di rinvio, si deve ammettere che gli obiettivi invocati dal governo italiano nel caso di specie possono essere legittimamente considerati rispondenti a una reale necessità";

- al punto 49: "Risulta infatti dalle osservazioni di tale governo che la normativa nazionale di cui al procedimento principale mira, in parte, a rispecchiare le differenze tra l'esperienza acquisita dai docenti assunti mediante concorso e quella acquisita dai docenti assunti in base ai titoli, a motivo della diversità delle materie, delle condizioni e degli orari in cui questi ultimi devono intervenire, in particolare nell'ambito di incarichi di sostituzione di altri docenti (...)".
Sulla scorta di tali argomentazioni la Corte, ribadendo il potere/dovere del giudice nazionale di verificare gli elementi invocati dal governo italiano per giustificare la differenza di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, ha concluso dichiarando che "la
pagina 5 di 9 clausola 4 dell'accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale, la quale, ai fini dell'inquadramento di un lavoratore in una categoria retributiva al momento della sua assunzione in base ai titoli come dipendente pubblico di ruolo, tenga conto dei periodi di servizio prestati nell'ambito di contratti di lavoro a tempo determinato in misura integrale fino al quarto anno e poi, oltre tale limite, parzialmente, a concorrenza dei due terzi".
A seguito della pronuncia della Corte di Giustizia, sulle questioni oggetto di controversia si è poi pronunciata, in funzione nomofilattica, la Corte di Cassazione (sentenza n. 31149/2019) che, avendo premesso che è onere del giudice di merito verificare "tutti gli aspetti che assumono rilievo ai sensi della clausola 4 dell'Accordo Quadro, ivi compresa l'effettiva sussistenza nel caso concreto delle ragioni fatte valere innanzi alla Corte di Lussemburgo dallo Stato italiano per giustificare la disparità di trattamento" (punto 7), ha anzitutto escluso che la disparità di trattamento del docente precario rispetto al personale assunto a tempo indeterminato possa essere giustificata, di per sé, dalla natura non di ruolo del rapporto di impiego, dalla novità di ogni singolo contratto rispetto al precedente, dalla particolare modalità di reclutamento del personale scolastico, ovvero dalla temporaneità dell'assunzione o dalla differenza qualitativa e quantitativa della prestazione, non emergendo neppure nei CCNL succedutisi nel tempo sostanziali diversità nelle mansioni espletate dal personale precario rispetto al personale di ruolo (cfr. punto 8).
Piuttosto, secondo la Corte di Cassazione l'aspetto determinante da valutarsi è la durata della prestazione effettivamente resa dal lavoratore prima dell'assunzione (v. punto n. 9.1: "un problema di trattamento discriminatorio può fondatamente porsi nelle sole ipotesi in cui l'anzianità effettiva di servizio, non quella virtuale ex art. 489 d.lgs. n. 297/1994, prestata con rapporti a tempo determinato, risulti superiore a quella riconoscibile ex art. 485 d.lgs. n. 297/1994, perché solo in tal caso l'attività svolta sulla base del rapporto a termine viene ad essere apprezzata in misura inferiore rispetto alla valutazione riservata all'assunto a tempo indeterminato").
Il successivo punto 9.2 chiarisce poi che "Nel calcolo dell'anzianità occorre, quindi, tener conto del solo servizio effettivo prestato, maggiorato, eventualmente, degli ulteriori periodi nei quali l'assenza è giustificata da una ragione che non comporta decurtazione di anzianità anche per l'assunto a tempo indeterminato (congedo ed aspettativa retribuiti, maternità e istituti assimilati), con la conseguenza che non possono essere considerati né gli intervalli fra la cessazione di un incarico di supplenza ed il conferimento di quello successivo, né, per le supplenze diverse da quelle annuali, i mesi estivi [da intendersi come luglio e agosto], in relazione ai quali questa Corte da tempo ha escluso la spettanza del diritto alla retribuzione (Cass. n. 21435/2011, Cass. n. 3062/2012, Cass. n. 17892/2015), sul
pagina 6 di 9 presupposto che il rapporto cessa al momento del completamento delle attività di scrutinio. Si dovrà, invece, tener conto del servizio prestato in un ruolo diverso da quello rispetto al quale si domanda la ricostruzione della carriera, in presenza delle condizioni richieste dall'art. 485, perché il medesimo beneficio è riconosciuto anche al docente a tempo indeterminato che transiti dall'uno all'altro ruolo, con la conseguenza che il meccanismo non determina alcuna discriminazione alla rovescia".
Nel punto 9.3 la Corte giunge alla conclusione che "Qualora, all'esito del calcolo effettuato nei termini sopra indicati, il risultato complessivo dovesse risultare superiore a quello ottenuto con
l'applicazione dei criteri di cui all'art. 485 del D.lgs. n. 297/94, la norma di diritto interno deve essere disapplicata ed al docente va riconosciuto il medesimo trattamento che, nelle stesse condizioni qualitative e quantitative, sarebbe stato attribuito all'insegnante assunto a tempo indeterminato, perché l'abbattimento, in quanto non giustificato da ragione oggettiva, non appare conforme al diritto dell'Unione".
In ossequio a tali principi, il ricorrente ha calcolato la propria anzianità tenendo conto del servizio effettivo prestato, maggiorato, eventualmente, degli ulteriori periodi nei quali l'assenza è giustificata da una ragione che non comporta decurtazione di anzianità anche per l'assunto a tempo indeterminato
(congedo ed aspettativa retribuiti, maternità e istituti assimilati), senza considerare né gli intervalli fra la cessazione di un incarico di supplenza ed il conferimento di quello successivo, né, per le supplenze diverse da quelle annuali, i mesi estivi, tenendo invece conto del servizio prestato in un ruolo diverso da quello rispetto al quale si domanda la ricostruzione della carriera, in presenza delle condizioni di cui all'art. 485 d.lgs. n. 297/1994.
Da tale calcolo è risultata un'anzianità di servizio pre-ruolo pari ad 8 anni, 6 mesi e 22 giorni.
Anche il resistente ha elaborato un calcolo da cui risulta un'anzianità di 8 anni, mesi 2 e CP_1
giorni 5, cui parte ricorrente ha aderito (cfr. note di trattazione scritta in atti).
Detta valutazione del servizio pre-ruolo, in considerazione dell'effettivo impegno lavorativo, è superiore all'anzianità di servizio pre-ruolo ottenuta con l'applicazione dei criteri di cui all'art. 485
D.lgs. n. 297 cit., pari a anni 6 (cfr., decreto di ricostruzione della carriera, versato in atti).
Un siffatto raffronto comparativo – aderente ai principi di diritto innanzi enunciati – comprova la denunciata violazione del principio di non discriminazione ed impone, pertanto, il riconoscimento del periodo di lavoro svolto antecedentemente all'immissione in ruolo in misura pari al servizio effettivamente prestato.
Da quanto precede discende, altresì, la condanna del resistente al pagamento, in favore della CP_1
ricorrente, delle differenze retributive conseguenti alla disposta ricostruzione della carriera.
pagina 7 di 9
In proposito, giova richiamare il principio di diritto, enunciato ai sensi dell'art. 363 c.p.c. da Cass. Sez.
Lav. n. 12503 del 24.6.2020, secondo cui “nell'impiego pubblico contrattualizzato la domanda con la quale il dipendente assunto a tempo determinato, invocando il principio di non discriminazione nelle condizioni di impiego, rivendica il medesimo trattamento retributivo previsto per l'assunto a tempo indeterminato soggiace al termine quinquennale di prescrizione previsto dall'art. 2948 c.c., nn. 4 e 5 che decorre, anche in caso di illegittimità del termine apposto ai contratti, per i crediti che sorgono nel corso del rapporto lavorativo dal giorno della loro insorgenza e per quelli che si maturano alla cessazione del rapporto a partire da tale momento”.
Si è, infatti, affermato che la pretesa che il singolo fa valere, nel rivendicare le stesse condizioni di impiego previste per il lavoratore comparabile, partecipa della medesima natura della condizione alla quale l'azione si riferisce e, pertanto, qualora la denunciata discriminazione sia relativa a pretese retributive, la domanda con la quale si rivendica il trattamento ritenuto di miglior favore va qualificata di adempimento contrattuale e soggiace alle medesime regole che valgono per la domanda che
l'assunto a tempo indeterminato potrebbe, in ipotesi, azionare qualora quella stessa obbligazione non fosse correttamente adempiuta.
Nel caso concreto, costituendosi tempestivamente in giudizio, il resistente ha sollevato CP_1
eccezione di prescrizione e quest'ultima è stata validamente interrotta, con la notifica del ricorso introduttivo.
Spettano, pertanto, le differenze retributive maturate nel quinquennio antecedente alla data di notifica del ricorso introduttivo e su dette differenze compete la maggior somma tra gli interessi legali e la rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo, ai sensi degli artt. 429 c.p.c., 16, comma 6°, della L. n.
412 del 1991 e art. 22, comma 36°, della L. n. 724 del 1994.
Le spese processuali seguono la soccombenza del si liquidano ai sensi del D.M. n. 147/2022, CP_4
applicando i valori minimi dello scaglione di riferimento (valore indeterminabile – bassa complessità), tenuto conto della marcata serialità del presente contenzioso, con distrazione in favore del procuratore antistatario, ex art. 93 c.p.c.
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