Trib. Catania, sentenza 12/02/2024, n. 839

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Catania, sentenza 12/02/2024, n. 839
Giurisdizione : Trib. Catania
Numero : 839
Data del deposito : 12 febbraio 2024

Testo completo


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI CATANIA
Sezione Lavoro
In persona del giudice unico, dott.ssa Patrizia Mirenda, in funzione di giudice del lavoro, ha emesso la seguente
SENTENZA nella causa iscritta al numero 8249/2022 R.G. promossa da
IT SA, nato ad [...] il [...], rappresentato e difeso, come da procura in atti, dall'avvocato Daniela Rubino;

-ricorrente- contro
INPS, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, come da procura generale alle liti in notar P. Castellini in Roma del 21 luglio 2015, dall'avvocato Floro
Flori;

-resistente-

Avente ad oggetto: opposizione ad ordinanza ingiunzione.

Conclusioni: sostituita l'udienza di discussione dell'11 gennaio 2024 dal deposito di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni ai sensi dell'articolo 127-ter c.p.c., i procuratori delle parti concludevano come da note scritte depositate nel termine assegnato.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con ricorso depositato in data 17 settembre 2022 il ricorrente in epigrafe indicato proponeva opposizione avverso l'ordinanza ingiunzione numero OI-000295449, notificata il 18 agosto 2022, con cui l'INPS gli aveva ingiunto di pagare la somma di € 21.500,00 a titolo di sanzioni amministrative per la violazione dell'articolo 2 comma 1-bis del D.L. n. 463/1983 in relazione all'anno 2011.
1
Eccepiva l'inesistenza della pretesa creditoria e l'illegittimità del procedimento sanzionatorio per
l'avvenuto versamento dei contributi contestati e si doleva che l'ordinanza ingiunzione fosse stata emessa nonostante esso ricorrente avesse già effettuato il pagamento delle ritenute previdenziali e assistenziali e/o delle trattenute omesse a seguito di notifica di precedente avviso di addebito avvalendosi dello strumento della definizione agevolata.
Eccepiva, altresì, la nullità dell'atto impugnato per omessa notifica dell'atto di accertamento presupposto.
Eccepiva, ancora, “l'estinzione delle obbligazioni pecuniarie per prescrizione del diritto dell'Ente impositore al recupero delle somme”, in proposito evidenziando non essere mai stato notificato ad esso ricorrente l'atto di accertamento e, comunque, osservando che, quand'anche lo stesso fosse stato notificato il 28 settembre 2017, come indicato nell'ordinanza ingiunzione, trattandosi di sanzioni relative all'anno 2011, alla data di notifica dell'atto di accertamento la prescrizione quinquennale era ormai ampiamente decorsa.
Eccepiva, poi, la nullità dell'atto impugnato per carenza e/o difetto di motivazione in violazione dell'articolo 3 della L. n. 241/1990.
Eccepiva, infine, la sproporzione delle sanzioni rispetto all'importo non versato e l'omesso accertamento della responsabilità personale, in particolare evidenziando che la norma che regolava la fattispecie prevede una sanzione minima di € 10.00,00 ed una sanzione massima di € 50.000,00 e che la misura della sanzione scelta all'interno del detto intervallo non era stata motivata dall'INPS che dell'iter seguito non aveva fatto alcuna menzione.
Adiva, dunque, questo Tribunale in funzione di giudice del lavoro per sentire accogliere nei confronti dell'INPS le seguenti conclusioni: “in via preliminare, sospendere l'efficacia dell'ordinanza - ingiunzione stante l'elevato ammontare delle somme richieste (€ 21.500,00) ed il grave e irreparabile danno che il ricorrente subirebbe dall'esecuzione delle medesime (periculum in mora) e stante la fondatezza delle argomentazioni addotte in ricorso (fumus boni juris);
- in accoglimento dei motivi di ricorso, ritenere e dichiarare la nullità dell'atto impugnato per inesistenza della pretesa creditoria, stante l'avvenuto pagamento dei contributi contestati;
- in accoglimento dei motivi di ricorso, ritenere e dichiarare la nullità dell'atto impugnato per omessa notifica dell'atto di accertamento presupposto - nel merito, ritenere e dichiarare l'intervenuta prescrizione ed estinzione del diritto dell'Ente impositore di procedere al recupero del credito vantato;
- ritenere e dichiarare la nullità degli atti impugnati per carenza e/o difetto di motivazione in violazione dell'art. 3 L. 241/90;
- ritenere e dichiarare la nullità degli atti impugnati per sproporzione della sanzione irrogata e per omessa motivazione in merito alla responsabilità personale del ricorrente nella presunta commissione dell'illecito;
- pertanto, ritenere e dichiarare

2 che nessuna somma è dovuta dall'odierno esponente, in relazione agli atti per cui è causa, all'Ente impositore;
- per l'effetto, dichiarare nulla l'ordinanza – ingiunzione, l'atto di accertamento ivi indicato e ogni altro atto antecedente e successivo o, comunque annullarli o con qualsiasi altra formula dichiararli privi di effetti giuridici;
- in subordine, applicare la massima riduzione delle sanzioni irrogate
”.

1.1. Con il decreto di fissazione dell'udienza di discussione veniva disposta, inaudita altera parte, la sospensione della efficacia esecutiva della ordinanza ingiunzione opposta.

1.2. Si costituiva tempestivamente in giudizio l'INPS con memoria difensiva depositata in data 26 febbraio 2023, osservando che l'adesione della parte ricorrente alla cd. rottamazione dei crediti non comportava l'estinzione delle sanzioni amministrative perché effettuata oltre il termine di tre mesi di cui all'articolo 2 comma 1-bis del D.L. n. 463/1983;
che infondata era la censura mossa da parte ricorrente in ordine alla mancata notifica dell'atto prodromico di accertamento che aveva invece avuto luogo regolarmente, come da diffide e relativi avvisi di ricevimento che produceva;
che i vizi del procedimento di formazione dell'ordinanza ingiunzione, quand'anche inesistenti, erano irrilevanti ai fini dell'accertamento del credito, non impedendo al giudice di esaminare la fondatezza della pretesa;
che l'eccezione di prescrizione era infondata perché il termine prescrizionale delle sanzioni era stato interrotto dalla ricezione delle diffide prodotte;
che la causale del credito era stata compiutamente enunciata nella ordinanza ingiunzione opposta con
l'indicazione delle norme violate e dell'accertamento contenuto nella diffida del 7 settembre 2017.
Riferiva che l'importo della sanzione era stato rideterminato in misura pari ad € 10.000,00.
Chiedeva accogliersi le seguenti conclusioni: “rigettare tutte le domande proposte da controparte nei confronti dell'Inps con il ricorso introduttivo della presente causa, dichiarando non estinto e fondato il credito oggetto dell'opposta ordinanza ingiunzione, con conferma della stessa. Con vittoria di spese e competenze professionali”.

1.3. Con ordinanza del 19 maggio 2023 veniva disposto un rinvio della causa per consentire all'Istituto convenuto di prendere posizione sulle intervenute modifiche alla disciplina delle sanzioni amministrative di cui all'articolo 23 del D.L. n. 48/2023, valutando le determinazioni da assumere.
Nessuna iniziativa veniva assunta dall'INPS.
L'udienza di discussione dell'8 febbraio 2024 veniva sostituita dal deposito di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni ai sensi dell'articolo 127-ter c.p.c.
Lette le conclusioni della parte ricorrente di cui alle note depositate ai sensi della citata disposizione normativa, la causa è stata trattenuta per la decisione. Quindi è stata decisa con la presente sentenza.
***
3


2. Tanto premesso, e venendo alle ragioni della decisione, va, preliminarmente, rilevato che l'atto impugnato risulta emesso ai sensi dell'art. 2, co. 1-bis, D.L. 12.9.1983 n. 463 (conv., con modifiche, in legge 11 novembre 1983 n. 638), con il quale è stato previsto che “L'omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1 [cioè le ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, ivi comprese le trattenute effettuate ai sensi degli articoli
20
, 21 e 22 della legge 30 aprile 1969, n. 153], per un importo superiore a euro 10.000 annui, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032. Se l'importo omesso non è superiore a euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000. Il datore di lavoro non è punibile, né assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione
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