Trib. Lecce, sentenza 19/02/2024, n. 611
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI LECCE
PRIMA SEZIONE CIVILE
in persona della dr.ssa Viviana Mele, quale giudice monocratico, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. 3992 del R.G.A.C.C. dell'anno 2023, discussa e decisa nell'udienza del 15/02/2024 e vertente
TRA
DO IO rappresentato e difeso dall'avv. CALABRO SALVATORE e dall'avv. FANCIULLO
SILVIA
RICORRENTE
E
POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del l.r. p.t.
Rappresentata e difesa dall'avv. PARENTE SALVATORE
RESISTENTE
Oggetto: discriminazione ai sensi dell'art. 2 l. n. 67/06
Conclusioni delle parti: come da verbale di udienza del 15/02/2024
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MOTIVI DELLA DECISIONE
AT IA ha esposto di essere portatore di handicap in situazione di gravità ai sensi dell'art. 3 co. 3 l. n. 104/1992, avendo subito una paralisi degli arti inferiori che ne riduce sensibilmente le capacità motorie a causa di un blocco midollare, e ha precisato di essere titolare della carta PostePay n. 4023600923480539, utilizzata regolarmente per pagamenti e prelievi dallo sportello automatico.
L'attore ha lamentato che il 19 luglio 2019 ha tentato di accedere allo sportello
Postamat presente presso la filiale di Lecce di Poste Italiane sita in via Libertini n.
5, ma non ha potuto utilizzare il servizio a causa del collocamento dell'ATM
Postamat all'interno dell'ufficio postale, subito dopo il portone d'ingresso, raggiungibile solo attraverso una rampa di scale composta da 6 scalini.
Il ricorrente ha evidenziato di aver inviato una PEC del 25 luglio 2019 alla resistente per segnalare il difetto di conformità strutturale della filiale di Lecce, senza ricevere risposta.
Il IA ha poi rappresentato che il 3 marzo 2023 ha tentato di accedere allo sportello Postamat presso la filiale di Ceglie Messapica in piazza Sant'Antonio n. 5, ma non ha potuto usufruire del servizio in quanto l'ATM si trova all'esterno dell'edificio, al termine di una scala composta da 12 scalini.
Il IA ha dedotto che tali condotte costituiscono discriminazione indiretta ai sensi dell'art. 2 l. n. 67/ 2006, ponendo la persona affetta da disabilità in una posizione di netto svantaggio rispetto a persone non disabili in condizione analoga, con conseguente lesione di rilevanti e personali interessi all'inclusione sociale e all'uguaglianza in senso sostanziale nei confronti dei cittadini.
Esposto quanto sopra, il ricorrente ha chiesto la condanna di Poste Italiane all'abbattimento delle barriere architettoniche costituenti una discriminazione indiretta con riferimento ai due sportelli Postamat sopraindicati, oltre al risarcimento del danno non patrimoniale patito e all'ordine di pubblicazione del provvedimento su un quotidiano a tiratura nazionale ai sensi dell'art. 28 co. 7 d. l.
n. 150/2011.
Poste Italiane spa si è costituita con propria comparsa, evidenziando che nell'ufficio postale di piazza Libertini in Lecce vi sono due sportelli ATM, uno dei quali
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accessibile mediante rampe di raccordo anche ai diversamente abili durante gli orari di apertura della filiale, e l'altro, accessibile H24, da raggiungere mediante una rampa di 5 gradini.
La resistente ha altresì evidenziato che in Lecce vi sono altri 7 sportelli Postamat che sono accessibili dalle persone diversamente abili.
Con riferimento all'ufficio postale di Ceglie Messapica di piazza sant'Oronzo, Poste
Italiane ha evidenziato che la scalinata prospiciente l'ingresso è dotata di un montascale, attualmente guasto e non più riparabile, e ha rilevato di aver già avviato interlocuzioni con la Soprintendenza al fine di realizzare una rampa di accesso sempre fruibile e funzionante.
Nel merito, la resistente ha evidenziato che il ricorrente, nel periodo compreso tra il giugno 2019 e l'ottobre 2023, ha utilizzato la carta Postamat solo per sei operazioni, di cui tre effettuate presso un altro ufficio postale di Lecce.
La resistente ha poi evidenziato che il servizio di pagamento mediante tessera bancomat costituisce servizio accessorio, non obbligatorio, e ha richiamato il proprio impegno per l'eliminazione delle barriere architettoniche nei numerosi uffici postali presenti in Italia, chiedendo pertanto il rigetto dell'avversa domanda.
La causa è stata istruita in forma documentale ed è stata riservata per la decisione.
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Come premesso, AT IA – persona portatrice di disabilità – ha citato in giudizio Poste Italiane s.p.a. per la condotta di discriminazione indiretta posta in essere dalla resistente in due uffici postali, per aver posto lo sportello ATM in un luogo accessibile solo mediante il superamento di alcuni scalini.
Poste Italiane ha negato di poter essere ritenuta responsabile, in quanto il servizio
Postamat è accessorio e non obbligatorio e perché vi sono numerosi sportelli ATM liberamente accessibili mediante apposita rampa di raccordo.
La questione va necessariamente esaminata alla luce della normativa di riferimento.
L'art. 2 della l. n. 67/06 dispone che “1. Il principio di parità di trattamento comporta che non può essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone con disabilità.
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2. Si ha discriminazione diretta quando, per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga.
3. Si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone.
4. Sono, altresì, considerati come discriminazioni le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilità, che violano la dignità e la libertà di una persona con disabilità, ovvero creano un clima di intimidazione, di umiliazione e di ostilità nei suoi confronti”.
Sull'applicazione di tale norma in relazione allo sportello bancomat è intervenuta la Corte di Cassazione con Sentenza n. 18762 del 23.09.2016, sez. III, in cui è stato disposto che “In materia di tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni, costituisce discriminazione, ai sensi dell'art. 2 della l. n. 67 del 2006, la situazione di inaccessibilità ad un edificio privato aperto al pubblico determinata dall'esistenza di una barriera architettonica (tale qualificabile ai sensi della l. n. 13 del 1989 e dell'art. 2 del d.m. n. 236 del 1989) che ponga il disabile in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone, consentendo il ricorso alla tutela antidiscriminatoria - di cui all'art. 3 della l. n. 67 del 2006, applicabile "ratione temporis" - anche nei confronti di privati, quando l'accessibilità sia impedita o limitata, a prescindere dall'esistenza di una norma regolamentare apposita che, attribuendo la qualificazione di barriera architettonica ad un determinato stato dei luoghi, detti le norme di dettaglio per il suo adeguamento”.
La situazione esaminata dalla S.C. è del tutto sovrapponibile a quella in esame, in cui vi è la presenza di una rampa di scale che impedisce in modo pacifico l'accesso al disabile e che rappresenta pertanto una barriera architettonica.
La circostanza che la pronuncia sia stata resa rispetto ad uno sportello bancomat rende irrilevante l'argomento difensivo di parte resistente, secondo cui si tratterebbe di servizio accessorio e facoltativo. Difatti, la discriminazione è attuata nella misura in cui di quel servizio accessorio le persone prive di disabilità possano fruire H24 senza limitazioni, mentre il disabile può fruirne solo in determinati orari
o in luoghi specifici.
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L'irrilevanza delle argomentazioni difensive di parte resistente è resa evidente dalla lettura della motivazione della sentenza sopra richiamata, che si riporta nei tratti più rilevanti ai fini di causa: “L'accessibilità ai disabili è regolamentata da una normativa, statale e regionale, precisa ed obbligatoria, che, per quanto rileva in questa sede (limitatamente quindi agli edifici privati aperti al pubblico), va ricostruita come segue. L'art. 24 della legge 5 febbraio 1992 n. 104 prevede al comma 1 che
“Tutte le opere edilizie riguardanti edifici pubblici e privati aperti al pubblico che sono suscettibili di limitare l'accessibilità e la visitabilità di cui alla legge 9 gennaio 1989,
n. 13, e successive modificazioni, sono eseguite in conformità alle disposizioni di cui alla legge 30 marzo 1971, n. 118, e successive modificazioni, al regolamento approvato con decreto del presidente della repubblica 27 aprile 1978, n. 384, alla citata legge n. 13 del 1989, e successive modificazioni, e al citato decreto del ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 23”. Disposizioni significative sono altresì contenute in quest'ultimo decreto ministeriale ... E precisamente: all'art. 1, che definisce il campo di applicazione, comprendendovi, oltre agli edifici privati di nuova costruzione, anche gli edifici ristrutturati (pur se preesistenti alla data di entrata in vigore del decreto) e