Trib. Roma, sentenza 02/12/2024, n. 12331
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE DI ROMA
SEZIONE IV LAVORO
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il giudice, dott. Cesare Russo, lette le note di discussione scritta depositate ai sensi dell'articolo 127 ter c.p.c., ha pronunciato la seguente
s e n t e n z a
nella causa iscritta al n. 23264/2022 R.G. controversie lavoro promossa
da
, rappresentata e difesa dall'avv. Parte_1
Paolo Gennaro, dall'avv. Patrizio Gennaro e dall'avv. Massimiliano Gennaro per procura allegata ricorso,
- ricorrente-
contro
, rappresentato e difeso dall'avv. Carlo Controparte_1
Colangelo per mandato allegato alla memoria di costituzione,
- resistente -
OGGETTO: rapporto di lavoro subordinato e differenze retributive. CONCLUSIONI: per le parti, come nei rispettivi atti difensivi e nelle note scritte di udienza.
FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con ricorso depositato il 13 luglio 2022 la ricorrente in epigrafe ha convenuto in giudizio , titolare di ditta individuale, Controparte_1 esponendo:
- di avere prestato attività lavorativa subordinata alle dipendenze del convenuto continuativamente dal 3 maggio 2016 al 30 gennaio 2022, sebbene il rapporto non sia stato denunciato ai competenti enti previdenziali e assicurativi;
- di avere osservato un orario di lavoro articolato dal 3 maggio 2016 al 28 febbraio 2020 dalle ore 14:00 alle ore 23:00, per sei giorni alla settimana,
nonché dall'1 settembre 2020 al 30 gennaio 2022 dalle 11:00 alle 19:00, per sei giorni alla settimana;
- di avere reso l'attività lavorativa presso il ristorante gestito dal convenuto in Roma, via Sebastiano Veniero n. 30/A;
- di avere diritto all'inquadramento nel 5° livello del C.C.N.L. Pubblici esercizi per tutta la durata del rapporto;
- di avere svolto, in particolare, mansioni di cameriera;
- di essere stata assoggettata al potere organizzativo, gerarchico e disciplinare esercitato dalla resistente;
- di avere percepito esclusivamente l'importo mensile di € 700;
- di avere percepito complessivamente una retribuzione inferiore a quella dovuta sulla base dei minimi della contrattazione collettiva da applicare al rapporto;
- di avere fruito delle ferie, senza tuttavia essere retribuita;
- di non avere percepito alcun trattamento retributivo durante la sospensione di fatto del rapporto nel periodo tra l'1 marzo 2020 e il 31 agosto 2020, senza essere collocata in cassa integrazione a causa della mancata regolarizzazione del rapporto, sì da avere maturato il diritto al pagamento della relativa retribuzione;
- di non avere percepito le mensilità accessorie e il t.f.r. Pertanto, previo accertamento della natura subordinata della prestazione lavorativa resa, in applicazione del C.C.N.L. sopra indicato per il proprio livello di inquadramento, nonché del principio di adeguatezza del trattamento economico percepito alla qualità e quantità del lavoro prestato, sancito dall'art. 36 Cost., la ricorrente ha domandato la condanna del convenuto a pagare in proprio favore l'importo complessivo di € 90.718,61, secondo il conteggio formulato in ricorso, oltre accessori di legge. Ritualmente instaurato il contraddittorio, si è costituita in giudizio la ditta convenuta, contestando la fondatezza delle domande e chiedendone il rigetto;
in particolare, la resistente, nel contestare in modo specifico i fatti posti a fondamento delle pretese attoree, ha dedotto l'assenza di un rapporto di lavoro continuativo, contrassegnato dal vincolo della subordinazione, venendo piuttosto la ricorrente chiamata a lavorare come cameriera extra di tanto in tanto, quando se ne presentava la necessità. La causa è stata istruita con l'acquisizione dei documenti prodotti e con prova orale. Autorizzato il deposito di note conclusionali e disposta contestualmente la sostituzione dell'udienza di discussione con lo scambio di note scritte, ai sensi dell'articolo 127 ter c.p.c., sulle conclusioni rassegnate dalle parti negli atti introduttivi e nelle note di udienza la controversia è stata decisa.
2. Così ricostruito l'iter processuale, il ricorso non è fondato e va rigettato.
2
Le domande di natura retributiva azionate dalla ricorrente traggono fondamento, in primo luogo, dall'asserita sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato, sussumibile nella nozione generale contenuta nell'art. 2094 c.c., con le mansioni e la durata dedotti in ricorso. Secondo il principio generale stabilito dall'art. 2697 c.c. grava sul lavoratore che agisce in giudizio l'onere di provare i fatti posti a fondamento della sua domanda, cioè l'espletamento dell'attività lavorativa descritta in ricorso in favore del convenuto e la sussistenza di un vincolo di subordinazione idoneo a giustificare le differenze retributive e gli altri emolumenti postulati, mentre la domanda non può trovare accoglimento ove non sia stata adeguatamente provata, a prescindere dal fatto che parte resistente abbia a sua volta assolto l'onere di dimostrare la fondatezza della propria tesi difensiva. La nozione di subordinazione, come enucleata dagli interpreti a seguito di un travagliato iter interpretativo, è ricostruibile ex post soltanto alla luce di alcuni elementi sintomatici, tra cui, soprattutto, assume natura caratterizzante l'assoggettamento del prestatore di lavoro al potere direttivo del datore di lavoro, che si traduce nella presenza di un potere gerarchico, organizzativo e disciplinare, da cui evincerne l'etero-determinazione, peraltro non da valutare in astratto, ma da apprezzare in concreto, con riguardo alla specificità dell'incarico conferito al lavoratore e al modo
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