Trib. L'Aquila, sentenza 12/09/2024, n. 179
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Testo completo
N°344/2024 R.G.
TRIBUNALE DI L'AQUILA
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI L'AQUILA in composizione monocratica ed in funzione di giudice del lavoro
sul ricorso ex art. 28 d.lgs. n. 150/2011 proposto dalla
ANLoD Associazione Nazionale Lotta alle Discriminazioni, in persona del legale rappresentante, in qualità di mandataria di MO DE LU, rappresentata e difesa dall'Avv.Carlo de Marchis Gòmez e dall'Avv.Silvia Conti, come da procura in atti
CONTRO
VIBAC S.p.A., in persona del legale rappresentante, rappresentato/a e difeso/a dall'Avv.Michele Mariani del Foro di Pisa definitivamente pronunciando, contrariis reiectis, pronuncia
SENTENZA con il seguente dispositivo:
- dichiara il ricorso inammissibile;
- dichiara compensate le spese processuali tra le parti.
CONCLUSIONI DELLE PARTI E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso ex art.28 d.lgs. n°150 del 2011, depositato in data 06.06.2024,
l'Associazione ANLoD affermava la sussistenza di un comportamento discriminatorio da parte della VIBAC S.p.A. ai danni dell'ex dipendente NA De UC, esponendo:
• che la lavoratrice era stata assunta in data 29 settembre 2023 alle dipendenze della società convenuta, rispondendo ad una selezione del personale della società di somministrazione Adecco, presso lo stabilimento di Bazzano in l'Aquila (doc. 03 bis) a seguito di un colloquio di selezione avvenuto il 26 settembre 2023 con il dott. Depaoli, che le aveva illustrato un percorso di stabilizzazione basato su un periodo di lavoro a termine, inizialmente di 6 mesi con successiva proroga di un pari periodo, all'esito del quale sarebbe stata assunta con rapporto a tempo indeterminato;
• che, nel mese di febbraio 2024, dopo aver regolarmente espletato le proprie mansioni di addetta customer service, senza riportare feedback negativi, a seguito della scoperta del proprio stato interessante, la lavoratrice aveva chiesto ed ottenuto un colloquio con il dott.Depaoli, da cui era stata rassicurata circa la proroga o il rinnovo del contratto di lavoro alla scadenza;
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• che, ciononostante, la lavoratrice era stata poi informata dal responsabile del personale, dott.Anania, che la direzione aziendale aveva deciso diversamente, ossia di lasciare scadere il contratto di lavoro al termine naturale, dopo essersi peraltro posta alla ricerca di personale da sostituire alla stessa, a dimostrazione del fatto che la posizione di lavoro da lei ricoperta fosse destinata a soddisfare esigenze di natura permanente e tutt'altro che transitorie, nonché dopo essere stata edotta da entrambi gli interlocutori del fatto che la società ricorreva sempre ad assunzioni tramite contratti flessibili, a termine o di somministrazione, al fine di poter saggiare la convenienza dell'assunzione, vale a dire al fine di attuare tramite tali tipologie contrattuali la finalità del patto di prova, senza dover rispettare gli oneri connessi ad esso.
Ciò premesso, si chiedeva che, stante la natura discriminatoria della prassi aziendale appena riferita e stante l'ulteriore discriminazione a cui l'applicazione di essa nei riguardi della ricorrente dava luogo, in ragione dello stato interessante della lavoratrice, che la rendeva destinataria della tutela riservata ai soggetti portatori del fattore di rischio rappresentato dall'appartenenza al genere femminile, venissero accolte le seguenti domande:
“A) Accertare e dichiarare la natura di discriminatoria della prassi negoziale della convenuta attuata a danno della Sig.ra NA De UC consistente nella assunzione, se del caso con abuso di diritto o per utilizzo in frode alla legge, a tempo determinato e/o nella mancata trasformazione e comunque per i motivi di cui al ricorso;
in via subordinata B) Accertare e dichiarare la natura di discriminatoria della prassi negoziale della convenuta attuata a danno della Sig.ra NA De UC consistente nella mancata proroga e/o rinnovo del contratto di lavoro a termine in presenza di una esigenza lavorativa stabile per effetto dello stato di gravidanza della ricorrente per i motivi di cui al ricorso: e per l'effetto: C) Ordinare alla convenuta l'adozione di un piano di rimozione degli effetti prodotti implicante:
➢ Il ripristino del rapporto ovvero la trasformazione del rapporto di lavoro della ricorrente a tempo indeterminato sin dall'assunzione il 1 ottobre 2023 o altra data di giustizia e comunque ordinare alla Vibac s.p.a. di ripristinare il rapporto di lavoro della
Sig.ra De UC, condannando la società convenuta al pagamento in favore della ricorrente delle retribuzioni/indennizzo nella misura massima di giustizia della retribuzione globale di fatto mensile pari ad € 2.462,48 o altra maggiore o minore dalla risoluzione all'effettivo ripristino/reintegra ovvero l'indennizzo di cui all'art. 28 del d.lgs 81/15 nella misura di giustizia, ovvero disporre il ripristino del rapporto con le conseguenze economiche derivanti dalla conversione in ragione dell'utilizzo in frode alla legge o per l'abuso della figura negoziale.
ovvero, in via subordinata:
➢ condannare la società al risarcimento in favore della ricorrente, in caso di mancata trasformazione/conversione del rapporto di lavoro, al danno patrimoniale per la mancata percezione delle retribuzioni dovute dalla scadenza del rapporto (4 aprile 2024) nella
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misura pari a 18 mensilità della retribuzione globale di fatto pari ad € 2.462,48, o altra di giustizia, oltre al danno da perdita di chances lavorative per la stabilizzazione da determinarsi in via equitativa in ogni caso:
➢ inibire alla società convenuta di ritenere lo stato di gravidanza e/o di maternità della Sig.ra NA De UC ostativo ai fini della trasformazione del rapporto, del rinnovo
e/o della proroga del contratto di lavoro della ricorrente.
D) Condannare in ogni caso la società convenuta al risarcimento del danno non patrimoniale in favore della ricorrente nella misura di € 10.000,00 o in quella maggiore
o minore di giustizia da determinarsi in via equitativa.
E) Ordinare la pubblicazione dell'adottando provvedimento su un quotidiano di tiratura nazionale che si indica in “La Repubblica” con formato non inferiore a
275x197.
A seguito di regolare notifica del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione della data di trattazione della causa nelle forme di cui all'art.127 ter c.p.c., si è costituita in giudizio la VIBAC S.p.A., che ha eccepito il mancato rispetto da parte della ricorrente del rito previsto per la trattazione delle cause aventi ad oggetto discriminazioni in campo lavorativo per motivi di appartenenza di genere;
ha a tal fine segnalato che, per le discriminazioni legate a tale fattore di protezione - a differenza di quanto avviene per quelle legate a motivi etnici, razziali, di religione, di convinzioni personali, di età, handicap ed orientamento sessuale - non è stabilita l'applicazione del rito speciale di cui all'art.28 d.lgs. n.150 del 2011.
Nel merito, ha resistito alle domande attoree, contestandone la fondatezza in punto di fatto e di diritto.
Le parti hanno regolarmente depositato le note di trattazione scritta in sostituzione della trattazione orale entro il termine loro assegnato e la causa perviene così in decisione, ritenendosi da parte del giudicante l'eccezione d'inapplicabilità del rito di cui all'art.28 d.lgs. n.150 del 2011 idonea a condurre alla definizione del giudizio in ragione di quanto appresso motivato circa la carenza di legittimazione processuale della parte ricorrente.
Va preliminarmente motivata la mancata fissazione di udienza di trattazione della causa in presenza fisica, avanzata nelle note di trattazione scritta dalla parte ricorrente.
Tale istanza è stata proposta nelle note citate, depositate oltre il termine di cinque giorni dalla comunicazione del decreto di fissazione della trattazione scritta, termine che
l'art.127 ter c.p.c. pone come limite preclusivo all'esercizio della facoltà delle parti di chiedere la trattazione della causa in udienza.
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Nel procedere all'esame della questione di rito sollevata dalla resistente, si rileva che essa conduce alla definizione del giudizio in relazione alla risoluzione della questione, ad essa connessa, relativa alla sussistenza o meno della legittimazione processuale della ricorrente associazione.
È noto che il potere di rappresentanza processuale può essere validamente conferito a terzi, a norma dell'art.77 c.p.c., solo se unitamente ad esso venga delegato il potere di rappresentanza sostanziale in ordine alla posizione giuridica per l'esercizio della quale la delega stessa viene rilasciata.
Nella specie,
TRIBUNALE DI L'AQUILA
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI L'AQUILA in composizione monocratica ed in funzione di giudice del lavoro
sul ricorso ex art. 28 d.lgs. n. 150/2011 proposto dalla
ANLoD Associazione Nazionale Lotta alle Discriminazioni, in persona del legale rappresentante, in qualità di mandataria di MO DE LU, rappresentata e difesa dall'Avv.Carlo de Marchis Gòmez e dall'Avv.Silvia Conti, come da procura in atti
CONTRO
VIBAC S.p.A., in persona del legale rappresentante, rappresentato/a e difeso/a dall'Avv.Michele Mariani del Foro di Pisa definitivamente pronunciando, contrariis reiectis, pronuncia
SENTENZA con il seguente dispositivo:
- dichiara il ricorso inammissibile;
- dichiara compensate le spese processuali tra le parti.
CONCLUSIONI DELLE PARTI E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso ex art.28 d.lgs. n°150 del 2011, depositato in data 06.06.2024,
l'Associazione ANLoD affermava la sussistenza di un comportamento discriminatorio da parte della VIBAC S.p.A. ai danni dell'ex dipendente NA De UC, esponendo:
• che la lavoratrice era stata assunta in data 29 settembre 2023 alle dipendenze della società convenuta, rispondendo ad una selezione del personale della società di somministrazione Adecco, presso lo stabilimento di Bazzano in l'Aquila (doc. 03 bis) a seguito di un colloquio di selezione avvenuto il 26 settembre 2023 con il dott. Depaoli, che le aveva illustrato un percorso di stabilizzazione basato su un periodo di lavoro a termine, inizialmente di 6 mesi con successiva proroga di un pari periodo, all'esito del quale sarebbe stata assunta con rapporto a tempo indeterminato;
• che, nel mese di febbraio 2024, dopo aver regolarmente espletato le proprie mansioni di addetta customer service, senza riportare feedback negativi, a seguito della scoperta del proprio stato interessante, la lavoratrice aveva chiesto ed ottenuto un colloquio con il dott.Depaoli, da cui era stata rassicurata circa la proroga o il rinnovo del contratto di lavoro alla scadenza;
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• che, ciononostante, la lavoratrice era stata poi informata dal responsabile del personale, dott.Anania, che la direzione aziendale aveva deciso diversamente, ossia di lasciare scadere il contratto di lavoro al termine naturale, dopo essersi peraltro posta alla ricerca di personale da sostituire alla stessa, a dimostrazione del fatto che la posizione di lavoro da lei ricoperta fosse destinata a soddisfare esigenze di natura permanente e tutt'altro che transitorie, nonché dopo essere stata edotta da entrambi gli interlocutori del fatto che la società ricorreva sempre ad assunzioni tramite contratti flessibili, a termine o di somministrazione, al fine di poter saggiare la convenienza dell'assunzione, vale a dire al fine di attuare tramite tali tipologie contrattuali la finalità del patto di prova, senza dover rispettare gli oneri connessi ad esso.
Ciò premesso, si chiedeva che, stante la natura discriminatoria della prassi aziendale appena riferita e stante l'ulteriore discriminazione a cui l'applicazione di essa nei riguardi della ricorrente dava luogo, in ragione dello stato interessante della lavoratrice, che la rendeva destinataria della tutela riservata ai soggetti portatori del fattore di rischio rappresentato dall'appartenenza al genere femminile, venissero accolte le seguenti domande:
“A) Accertare e dichiarare la natura di discriminatoria della prassi negoziale della convenuta attuata a danno della Sig.ra NA De UC consistente nella assunzione, se del caso con abuso di diritto o per utilizzo in frode alla legge, a tempo determinato e/o nella mancata trasformazione e comunque per i motivi di cui al ricorso;
in via subordinata B) Accertare e dichiarare la natura di discriminatoria della prassi negoziale della convenuta attuata a danno della Sig.ra NA De UC consistente nella mancata proroga e/o rinnovo del contratto di lavoro a termine in presenza di una esigenza lavorativa stabile per effetto dello stato di gravidanza della ricorrente per i motivi di cui al ricorso: e per l'effetto: C) Ordinare alla convenuta l'adozione di un piano di rimozione degli effetti prodotti implicante:
➢ Il ripristino del rapporto ovvero la trasformazione del rapporto di lavoro della ricorrente a tempo indeterminato sin dall'assunzione il 1 ottobre 2023 o altra data di giustizia e comunque ordinare alla Vibac s.p.a. di ripristinare il rapporto di lavoro della
Sig.ra De UC, condannando la società convenuta al pagamento in favore della ricorrente delle retribuzioni/indennizzo nella misura massima di giustizia della retribuzione globale di fatto mensile pari ad € 2.462,48 o altra maggiore o minore dalla risoluzione all'effettivo ripristino/reintegra ovvero l'indennizzo di cui all'art. 28 del d.lgs 81/15 nella misura di giustizia, ovvero disporre il ripristino del rapporto con le conseguenze economiche derivanti dalla conversione in ragione dell'utilizzo in frode alla legge o per l'abuso della figura negoziale.
ovvero, in via subordinata:
➢ condannare la società al risarcimento in favore della ricorrente, in caso di mancata trasformazione/conversione del rapporto di lavoro, al danno patrimoniale per la mancata percezione delle retribuzioni dovute dalla scadenza del rapporto (4 aprile 2024) nella
2 di 11
misura pari a 18 mensilità della retribuzione globale di fatto pari ad € 2.462,48, o altra di giustizia, oltre al danno da perdita di chances lavorative per la stabilizzazione da determinarsi in via equitativa in ogni caso:
➢ inibire alla società convenuta di ritenere lo stato di gravidanza e/o di maternità della Sig.ra NA De UC ostativo ai fini della trasformazione del rapporto, del rinnovo
e/o della proroga del contratto di lavoro della ricorrente.
D) Condannare in ogni caso la società convenuta al risarcimento del danno non patrimoniale in favore della ricorrente nella misura di € 10.000,00 o in quella maggiore
o minore di giustizia da determinarsi in via equitativa.
E) Ordinare la pubblicazione dell'adottando provvedimento su un quotidiano di tiratura nazionale che si indica in “La Repubblica” con formato non inferiore a
275x197.
A seguito di regolare notifica del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione della data di trattazione della causa nelle forme di cui all'art.127 ter c.p.c., si è costituita in giudizio la VIBAC S.p.A., che ha eccepito il mancato rispetto da parte della ricorrente del rito previsto per la trattazione delle cause aventi ad oggetto discriminazioni in campo lavorativo per motivi di appartenenza di genere;
ha a tal fine segnalato che, per le discriminazioni legate a tale fattore di protezione - a differenza di quanto avviene per quelle legate a motivi etnici, razziali, di religione, di convinzioni personali, di età, handicap ed orientamento sessuale - non è stabilita l'applicazione del rito speciale di cui all'art.28 d.lgs. n.150 del 2011.
Nel merito, ha resistito alle domande attoree, contestandone la fondatezza in punto di fatto e di diritto.
Le parti hanno regolarmente depositato le note di trattazione scritta in sostituzione della trattazione orale entro il termine loro assegnato e la causa perviene così in decisione, ritenendosi da parte del giudicante l'eccezione d'inapplicabilità del rito di cui all'art.28 d.lgs. n.150 del 2011 idonea a condurre alla definizione del giudizio in ragione di quanto appresso motivato circa la carenza di legittimazione processuale della parte ricorrente.
Va preliminarmente motivata la mancata fissazione di udienza di trattazione della causa in presenza fisica, avanzata nelle note di trattazione scritta dalla parte ricorrente.
Tale istanza è stata proposta nelle note citate, depositate oltre il termine di cinque giorni dalla comunicazione del decreto di fissazione della trattazione scritta, termine che
l'art.127 ter c.p.c. pone come limite preclusivo all'esercizio della facoltà delle parti di chiedere la trattazione della causa in udienza.
3 di 11
Nel procedere all'esame della questione di rito sollevata dalla resistente, si rileva che essa conduce alla definizione del giudizio in relazione alla risoluzione della questione, ad essa connessa, relativa alla sussistenza o meno della legittimazione processuale della ricorrente associazione.
È noto che il potere di rappresentanza processuale può essere validamente conferito a terzi, a norma dell'art.77 c.p.c., solo se unitamente ad esso venga delegato il potere di rappresentanza sostanziale in ordine alla posizione giuridica per l'esercizio della quale la delega stessa viene rilasciata.
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