Trib. Cosenza, sentenza 07/03/2025, n. 464
Sentenza
7 marzo 2025
Sentenza
7 marzo 2025
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Sul provvedimento
Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI COSENZA
SEZIONE LAVORO E PREVIDENZA
Il Tribunale di Cosenza, in composizione monocratica ed in funzione di giudice del lavoro, nella persona della dott. ssa Fedora Cavalcanti, all'esito della scadenza del termine per il deposito telematico di note scritte ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella controversia iscritta al n. 2989 del RG lav. dell'anno 2024 introdotta da
AL ES, nata a [...] il [...] e residente a [...] (C.F.
[...]) , elettivamente domiciliata in Cosenza alla Via F. Acri,3 presso lo studio dell'
Avv. Attilio Nunziata che la rappresenta e difende giusta procura allegata al ricorso
Ricorrente
Nei confronti di
Ministero dell'Istruzione e del Merito, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dai dott. Serena Cianflone e Gaetano Bonofiglio, funzionari delegati ai sensi dell'art. 417 bis c.p.c., con domicilio eletto in Cosenza, via Romualdo Montagna n. 13
Resistente
Svolgimento del processo e motivi della decisione
Con ricorso depositato il 24/7/2024 e ritualmente notificato, parte ricorrente in epigrafe ha convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Cosenza, in funzione di giudice del lavoro, il Ministero dell'istruzione e del merito esponendo di prestare servizio in qualità di docente di scuola primaria per
l'insegnamento della religione cattolica in forza di reiterati contratti a tempo determinato sino al 31 agosto su posti vacanti e disponibili stipulati in successione sin dall'anno scolastico 2015/2016; tanto premesso, parte attrice ha sostenuto diffusamente l'illegittimità della reiterazione dei contratti a termine per un periodo superiore a 36 mesi e, conseguentemente, in ragione dell'abusiva reiterazione dei contratti a termine, ha chiesto la condanna dell'amministrazione scolastica al risarcimento del danno con applicazione dei parametri di cui all'art. 32 comma 5 della legge n. 183/2010 (ora art. 28 comma 2 del d.lgs. n. 81/2015) nella misura di 12 mensilità o nella diversa ritenuta di giustizia;
oltre accessori di legge e vittoria delle spese di lite, da distrarsi.
Il Ministero dell'Istruzione e del Merito, costituendosi, ha chiesto il rigetto del ricorso, evidenziando la peculiarità dell'insegnamento della religione cattolica;
in via subordinata ha chiesto che il danno sia liquidato nella misura minima, eccependo altresì la prescrizione dei crediti maturati nel quinquennio ovvero nel decennio anteriore alla notifica del ricorso.
La causa, matura per la decisione sulla base dei documenti depositati, senza necessità di ulteriore attività istruttoria, è stata decisa mediante la presente sentenza all'esito della scadenza del termine per il deposito di note sostitutive dell'udienza di discussione.
***
È pacifico che per quasi vent'anni il Ministero convenuto non abbia mai bandito concorsi per l'assunzione a tempo indeterminato degli insegnanti di religione: l'ultimo concorso era stato bandito nel 2004 e solo nel maggio del 2024 risulta essere stato bandito un nuovo concorso, secondo quanto dedotto dal MIM che indica il bando n. 1328 del 29.5.2024 per il reclutamento straordinario degli insegnanti di religione cattolica.
Parte ricorrente chiede la condanna del Ministero al risarcimento del danno per l'abusiva reiterazione dei contratti a termine. Dalla documentazione allegata agli atti di causa si evince lo svolgimento da parte attrice di incarico annuale per l'insegnamento della religione cattolica sin dall'anno scolastico
2015/16 e, di poi, in maniera continuativa sino al corrente anno scolastico per lo svolgimento di incarico di supplenza annuale su organico di diritto (cfr. stato matricolare allegato agli atti).
Tanto premesso, la domanda è nel merito fondata e merita accoglimento per le seguenti ragioni.
La regolazione del rapporto di lavoro degli insegnanti di religione cattolica in Italia trova fondamento nel concordato lateranense e nel relativo protocollo addizionale reso esecutivo e ai sensi della legge 25
Marzo 1985 numero 121 nonché nell'intesa tra il Ministro della pubblica istruzione e il Presidente della conferenza episcopale italiana resa esecutiva con dpr 16 dicembre 1985 numero 751.
Più nello specifico il disposto dell'articolo 309 comma 2 decreto legislativo n. 297 del 1994, Testo
Unico in materia di istruzione, prevede per l'insegnamento della religione cattolica che il capo di istituto conferisce incarichi annuali di intesa con l'ordinario diocesano secondo le disposizioni richiamate nel comma 1. Successivamente è intervenuta la L. n. 186 del 2003 che, all'interno della categoria omogenea dei docenti di religione con incarico annuale, ha introdotto la distinzione tra docenti di ruolo assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato e docenti non di ruolo assunti con contratto di lavoro a tempo determinato;
agli insegnanti di ruolo, salvo quanto stabilito dalla stessa legge, trova applicazione la normativa generale dettata dal testo unico sulla scuola e dalla contrattazione collettiva. La dotazione organica dei posti a tempo indeterminato articolata su base regionale è determinata nella misura del 70% dei posti di insegnamento complessivamente funzionanti.
Ai posti di ruolo a tempo indeterminato si accede attraverso concorsi per titoli ed esami da indire su base regionale con frequenza triennale ( art. 3 comma 2 L. 186/ 2003); viene ribadita la necessità del possesso del riconoscimento di idoneità rilasciato dall'ordinario diocesano competente per territorio che a norma del protocollo addizionale al concordato lateranense è prescritto per tutti gli insegnanti, dunque anche a tempo determinato;
la revoca della suddetta idoneità comporta la risoluzione del rapporto di lavoro (art. 3 comma 9). La stessa legge prescrive poi che per tutti i posti non coperti da insegnanti con contratto di lavoro a tempo indeterminato si provvede mediante contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dai dirigenti scolastici su indicazione del dirigente regionale d'intesa con l'ordinario diocesano competente per territorio;
conformemente prevede la contrattazione collettiva.
Tale sistema - con l'articolazione tra il 70% ruolo e il 30% contratti a termine - come evidenziato nella difesa del governo italiano dinanzi alla Corte di Giustizia in sede di rinvio pregiudiziale, appare funzionale alla gestione di una esigenza particolare di flessibilità che, a fronte di una domanda da parte degli utenti “imprevedibile ed estremamente mutevole nel tempo anche a breve termine poiché dipenderebbe in modo integrale dalla scelta degli alunni e/o dei loro genitori di avvalersi o no di detto insegnamento”, consente di adeguare il numero necessario di insegnanti semplicemente non rinnovando un numero di contratti annuali, anziché risolvendo contratti a tempo indeterminato, consentendo così di “rispondere in modo adeguato alla contrazione della domanda di insegnamento della religione cattolica dovuta a detta facoltatività” (punto 99 della sentenza della Corte di Giustizia
UE 13.1.2022, causa C-282/19).
In ragione di ciò la peculiare normativa nazionale italiana - da considerare come speciale ed eccezionale rispetto alle ordinarie regole di reclutamento del personale docente - non pone limiti alla reiterazione dei contratti di lavoro a termine per gli insegnanti di religione cattolica, impedita solo nel caso di perdita di idoneità al suddetto insegnamento dunque di regola destinati a essere rinnovati di anno in anno.
Il punto nodale della questione analizzato dalla Corte di Giustizia consiste nella verifica della compatibilità della descritta normativa nazionale italiana con la direttiva euro unitaria sul contratto di lavoro a tempo determinato, sotto il centrale profilo della prevenzione degli abusi.
La Corte di Giustizia ha ritenuto che la particolare esigenza di flessibilità nel settore dell'insegnamento della religione cattolica possa giustificare oggettivamente il ricorso a una successione di contratti a termine in quel settore alla luce della clausola 5, punto 1 lettera a) dell'Accordo quadro. Non si può invece ammettere che contratti di lavoro a tempo determinato vengano utilizzati per realizzare compiti che rientrano nella normale attività di insegnamento. Ne deriva invece la necessità di verifica in concreto da parte del giudice nazionale di rinvio;
infatti “occorre a tal fine esaminare di volta in volta tutte le circostanze del caso” al fine di stabilire se vi è stato un abuso dell'utilizzo dei contratti a termine. Invero, prosegue la Corte, se le ragioni obiettiva c'è l'abuso in linea principio è escluso “a meno che un esame globale delle circostanze sottese al rinnovo dei contratti o dei rapporti di lavoro a tempo determinato di cui trattasi riveli che le prestazioni richieste al lavoratore non corrispondano ad una mera esigenza temporanea”.
La Corte di Giustizia ha in dispositivo dichiarato che “la normativa italiana che consente incondizionate assunzioni a termine successive degli insegnanti di religione della scuola pubblica contrasta con l'accordo quadro europeo sul contratto di lavoro a tempo determinato”.
Si tratta, come osservato correttamente in dottrina, di un dispositivo che si presta a qualche ambiguità, giacché, se nella motivazione si fa riferimento alla necessità di un accertamento in concreto da parte del giudice nazionale dell'uso illegittimo del contratto a termine, poi nel dispositivo sembra che la specifica normativa italiana sul rapporto di lavoro degli insegnanti di religione cattolica venga tout court ritenuta in contrasto con la direttiva europea.
Tuttavia, osserva la stessa dottrina, il dispositivo va letto proprio attraverso la motivazione della sentenza, in base alla quale si ricava che l'esigenza di flessibilità del settore può costituire ragioni obiettive ai sensi dell'articolo 5 dell'accordo quadro, tanto da giustificare il ricorso ai contratti di lavoro a tempo determinato. Tuttavia, soltanto attraverso un esame in concreto di tutte le circostanze
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