Trib. Firenze, sentenza 26/02/2024, n. 187
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Testo completo
Proc. n. 2157/2020 Ruolo Generale Lavoro
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di FIRENZE Sezione Lavoro
Il Tribunale di Firenze, in composizione monocratica e in funzione di giudice del lavoro e della previdenza e assistenza obbligatorie di primo grado, nella persona del Giudice dott.ssa Carlotta Consani, all'udienza del 26 febbraio 2024, nella causa di primo grado iscritta al n. 2157 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2020, pendente TRA AB MI, rappresentato e difeso, in virtù di mandato in calce al ricorso, dall'avv. Domenico Lia presso lo studio del quale in Firenze alla Via Cavour n. 32 è elettivamente domiciliato;
RICORRENTE E Sime Telecomunicazioni s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, per procura su foglio separato e congiunto materialmente alla memoria difensiva ex art. 83, co. 3 c.p.c. dagli avv.ti Vittorio Bechi, AN Chiti e Federica Bechi ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo di essi in Firenze alla Via Jacopo Nardi n. 27;
RESISTENTE ha pronunciato ex art. 429 c.p.c. la seguente
SENTENZA MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con ricorso depositato il 1.10.20 e ritualmente notificato, AB MI ha convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale di Firenze, in funzione di giudice del lavoro e della previdenza e assistenza obbligatorie, la società Sime Telecomunicazioni s.p.a. (d'ora innanzi anche solo “Sime”) per ivi sentir accogliere le seguenti conclusioni di merito:
- accertare e dichiarare la nullità e/o illegittimità e/o inefficacia del provvedimento di licenziamento disciplinare “per giusta causa” operato dalla convenuta in odio al ricorrente con comunicazione in data 06.04.2020 con ogni conseguenza di legge e, per l'effetto, condannarla al pagamento: delle somme maturate dal 10.04.2020 al 31.12.2020 siccome dovute stante la sospensione dei licenziamenti ai sensi dell'art. 46 D.L. 17.03.2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24.04.2020, n. 27 e provvedimenti successivi pari a € 69.635,68 comprensivi di diff. per T.F.R.;
della indennità sostituiva del preavviso di licenziamento pari a sei mensilità sulla base del compenso lordo risultante dall'ultima busta paga, ratei ferie, trattamento festività, oltre maggiorazione del compenso in natura dei “fringe benefits” e T.F.R., pari ad € 47.742,58;
della indennità risarcitoria per licenziamento “ingiustificato” da liquidarsi sulla base del prudente apprezzamento dell'Ill.mo Tribunale di Firenze - Giudice del Lavoro -, fra un minimo di quattro e un massimo di otto mensilità, e che, operato il calcolo sulla base di sei mensilità, ascende alla somma di € 46.525,92, oltre alla somma di € 8.000,00 pari alla differenza di valore, mai contabilizzata, fra l'auto Mercedes assegnata e la Fiat Punto, a far tempo dalla sostituzione avvenuta nel dicembre del 2018;
del risarcimento del danno biologico, morale ed esistenziale subìto a causa delle condizioni di mobbing che hanno caratterizzato il rapporto di lavoro “de quo” nella misura che verrà determinata in sede di giudizio previa, occorrendo, ammissione di CTU medico-legale;
alla regolarizzazione contributiva e previdenziale come per legge;
il tutto,
pagina 1 di 11
comunque, in ipotesi, nella diversa maggiore o minore somma ritenuta dovuta e di giustizia, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali sulla somma rivalutata dal dì del dovuto all'effettivo saldo;
vittoria di spese e onorari da distrarsi in favore del difensore antistatario.
2. La società datrice convenuta si è ritualmente costituita in giudizio chiedendo al Tribunale adito di respingere il ricorso proposto da AB MI per infondatezza in fatto e in diritto, con vittoria di spese.
3. La causa è stata istruita a mezzo delle produzioni documentali delle parti, della prova testimoniale sfogata e di CTU medico-legale sulla persona del ricorrente e all'odierna udienza è stata discussa e decisa come da sentenza con motivazione contestuale pubblicamente letta ex art. 429 c.p.c.
4. Date per conosciute le allegazioni in fatto e le argomentazioni in diritto delle parti, da intendersi in questa sede integralmente richiamate e trascritte, all'esito dell'istruttoria espletata, valutato il complesso delle risultanze probatorie dei documenti in atti, delle deposizioni testimoniali raccolte e delle indagini peritali effettuate, ritiene il Tribunale che il ricorso sia fondato nei limiti e per le ragioni che si vanno concisamente a esporre e che, pertanto, in detti limiti debba trovare accoglimento.
5. In primo luogo, ritiene il Tribunale che le risultanze dei documenti in atti, valutate unitamente alla non specifica contestazione delle puntuali allegazioni in fatto del ricorrente1, comprovino pienamente che a decorrere dal marzo 2019 MI è rimasto vittima, nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato intercorrente con la società convenuta, di demansionamento/dequalificazione professionale.
6. A fronte del verbale di conciliazione in sede sindacale del 26.9.2018 (doc. 9 fasc. ric.), non oggetto di impugnazione, ai fini del decidere, devono, infatti, prendersi le mosse dal contratto di lavoro subordinato del 3.9.2018 (doc. 8 fasc. ric.) con il quale MI è stato (di nuovo) assunto alle dipendenze della convenuta con decorrenza 10.9.2018 con qualifica di dirigente ex C.C.N.L. dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi e mansioni di Responsabile “Back Office e Delivery Centre”, in diretto rapporto con il CdA (“LL dovrà far capo al CDA”), come previsto dal contratto e come emerge, coerentemente, dalla pianta organica pro tempore vigente in atti (v. organigramma del settembre 2018 sub doc. 10 fasc. ric.).
7. È, dunque, provato dal non contestato doc. 11 di parte ricorrente (organigramma del marzo 2019) che a far tempo dal marzo 2019 il ricorrente è stato addetto alla “Statistica & Penali” e così collocato in posizione gerarchica sotto ordinata a figure professionali di qualifica inferiore (S. Gori, inquadrato al V livello e posto a capo del suddetto “Delivery Center BK Office” e F. Scalzo, avente qualifica di Quadro).
8. Ancora, è pacifico, per i motivi suddetti, che a far data dal settembre 2019 MI abbia subito un ulteriore mutamento di mansioni, venendo assegnato al “Settore Acquisti” con al vertice RO D'AL (inquadrato al VI livello) (v. doc. 11 cit.), il quale, come risulta dal non contestato doc. 12 di parte attrice, pretendeva (anche) dal ricorrente (avente, lo si ricorda, qualifica dirigenziale) specifici e dettagliati rapporti circa le singole attività svolte durante la giornata con l'indicazione del tempo impiegato per ciascun incombente (v., in particolare, e-mail del 4.2.2020 con oggetto “Monitoraggio attività acquisti” e e-mail del 9 marzo 2020).
9. È poi incontroverso in fatto, sempre per i motivi suddetti, che al ricorrente presso il predetto settore fosse richiesto di svolgere mere mansioni d'ordine quali, fra l'altro, l'acquisto di cancelleria, come si evince dal doc. 12-bis di parte attrice, nel quale i vari ordini inviati all'addetta presso l'economato Marina NI, venivano da quest'ultima inoltrati al MI affinché egli vi desse materiale esecuzione (v., in particolare, email del 8 gennaio 2020 con oggetto “Ordine Cancelleria”). .
pagina 2 di 11 10. Ritiene, dunque, il Tribunale che il complesso delle circostanze di fatto sin qui esaminate comprovi in modo univoco l'illegittimo (v. art. 2103 c.c.) e grave svilimento della professionalità e della dignità dell'odierno ricorrente, passato, nell'arco di pochi mesi, dall'essere un dirigente in posizione sotto ordinata al solo AD, con compiti di coordinamento di personale di qualifica inferiore2, ad addetto, in costanza dell'inquadramento nella categoria dei dirigenti, ad attività di natura prettamente esecutiva e soggetto nello svolgimento delle stesse al potere direttivo e di controllo di colleghi di livello di inquadramento inferiore al suo.
11. Non specificamente contestata è, infine, anche la sostituzione nel dicembre 2018 dell'autovettura in origine assegnata a MI quale fringe benefit con un'automobile di minor valore e con un elevato chilometraggio (doc. 13 fasc. ric.).
12. Orbene, a prescindere dalla sussistenza o meno in capo al datore di lavoro di un intento persecutorio idoneo a unificare la pluralità continuata di comportamenti pregiudizievoli dallo stesso posti in essere in danno di MI, risulta dirimente ai fini del decidere (il capo di domanda in esame) l'accertata sussistenza di una prolungata condotta datoriale illecita in quanto realizzata in violazione dell'art. 2103 c.c.
13. E', infatti, ius receptum che il mobbing è una figura complessa che, secondo quanto affermato dalla Corte Costituzionale e recepito dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, designa un complesso fenomeno consistente in una serie di atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di un lavoratore da parte dei componenti del gruppo di lavoro in cui è inserito o dal suo capo, caratterizzati da un intento di persecuzione ed emarginazione finalizzato all'obiettivo primario di escludere la vittima dal gruppo (v. Corte Cost. sentenza n. 359 del 2003;
Cass. 5 novembre 2012, n. 18927). Ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo devono, quindi, ricorrere molteplici elementi: a) una serie di comportamenti di carattere persecutorio - illeciti o anche leciti se considerati singolarmente - che, con intento vessatorio, siano stati posti in essere contro la vittima in modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi;
b) l'evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente;
c) il nesso eziologico tra la descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psicofisica e/o nella propria dignità;
d) il suindicato elemento soggettivo, cioè l'intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi (v., fra le molte, Cass. 25 settembre 2014, n. 20230;
Cass. 21 maggio 2011, n. 12048;
Cass. 26 marzo 2010, n. 7382). La complessità della fattispecie del mobbing e la mancanza di una sua specifica disciplina rendono legittimo ritenere che, qualora esclusa la sussistenza dell'intento vessatorio e persecutorio, rimanga giuridicamente valutabile, nell'ambito dei medesimi fatti allegati e delle conclusioni rassegnate, la condotta di sostanziale dequalificazione professionale del lavoratore dalle sue mansioni, la quale è fonte di danno alla sfera patrimoniale e/o non patrimoniale del lavoratore ove ricollegabile eziologicamente all'inadempimento del datore di lavoro. Ciò in quanto la riconduzione al “demansionamento” dell'identico comportamento ascritto al datore di lavoro non comporta domanda nuova ma solo diversa qualificazione dello stesso fatto giuridico (così, fra le altre, v. Cass. n. 22635/2015;
v., per l'ipotesi inversa, di qualificazione in termini di mobbing della domanda di demansionamento, v. Cass. n. 6326/2005). 14. Disposta, quindi, ed eseguita CTU medico-legale sulla persona del ricorrente3, il CTU incaricato, dott.
Lorenzo D'Antonio, è pervenuto alle seguenti conclusioni, motivatamente confermate anche a seguito
pagina 3 di 11
delle osservazioni del CT di parte resistente: “… Attualmente, il Sig. MI, che ha riferito di non aver più cercato ulteriore collocazione lavorativa, essendosi oltre tutto messo in pensione, non ha evidenziato evidenti sconfinamenti psicopatologici;
del resto, pur lamentando ancora disturbi del sonno (per i quali ha riferito l'assunzione saltuaria di benzodiazepine) il ricorrente non ha più avuto necessità di visite specialistiche (non è presente in atti ulteriore documentazione medica in tal senso) né ha avuto bisogno di intraprendere cure particolari a base di psicofarmaci. Inoltre, risulta condurre un'esistenza caratterizzata da un valido e corretto assetto psicologico, nell'ambito di un coerente equilibrio psico-fisico sia in rapporto all'ambiente familiare che socio relazionale in generale. Ciò detto, è però altrettanto possibile ritenere che il disagio psichico costituito da Episodio Depressivo Maggiore diagnosticato in sede specialistica e trattato con idonea terapia psicofarmacologica, comunque derivato al ricorrente dagli eventi riferiti e descritti in atti nell'ambito dell'attività lavorativa svolta presso la società convenuta, possa aver determinato, in termini più che plausibili, un periodo di malattia, che è possibile quantificare in complessivi giorni 90 (novanta), da computarsi nella misura del 25%. Relativamente all'eventuale sussistenza di postumi, si precisa come sulla base della documentazione medica esaminata e dell'esame obiettivo eseguito in sede di operazioni peritali, si possa condividere il giudizio di Episodio Depressivo Maggiore in attuale remissione. Riguardo, poi, alla valutazione, allo stato attuale, della remissione di tale quadro clinico per il caso concreto, si ritiene opportuno formulare le seguenti osservazioni: risulta che nel Sig.
MI vi sia stato un più che valido recupero sotto il profilo del funzionamento familiare, sociale e ricreativo, nella misura in cui, dalle indagini peritali svolte, non sono emersi elementi, in tal senso, in grado di far ritenere
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di FIRENZE Sezione Lavoro
Il Tribunale di Firenze, in composizione monocratica e in funzione di giudice del lavoro e della previdenza e assistenza obbligatorie di primo grado, nella persona del Giudice dott.ssa Carlotta Consani, all'udienza del 26 febbraio 2024, nella causa di primo grado iscritta al n. 2157 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2020, pendente TRA AB MI, rappresentato e difeso, in virtù di mandato in calce al ricorso, dall'avv. Domenico Lia presso lo studio del quale in Firenze alla Via Cavour n. 32 è elettivamente domiciliato;
RICORRENTE E Sime Telecomunicazioni s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, per procura su foglio separato e congiunto materialmente alla memoria difensiva ex art. 83, co. 3 c.p.c. dagli avv.ti Vittorio Bechi, AN Chiti e Federica Bechi ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo di essi in Firenze alla Via Jacopo Nardi n. 27;
RESISTENTE ha pronunciato ex art. 429 c.p.c. la seguente
SENTENZA MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con ricorso depositato il 1.10.20 e ritualmente notificato, AB MI ha convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale di Firenze, in funzione di giudice del lavoro e della previdenza e assistenza obbligatorie, la società Sime Telecomunicazioni s.p.a. (d'ora innanzi anche solo “Sime”) per ivi sentir accogliere le seguenti conclusioni di merito:
- accertare e dichiarare la nullità e/o illegittimità e/o inefficacia del provvedimento di licenziamento disciplinare “per giusta causa” operato dalla convenuta in odio al ricorrente con comunicazione in data 06.04.2020 con ogni conseguenza di legge e, per l'effetto, condannarla al pagamento: delle somme maturate dal 10.04.2020 al 31.12.2020 siccome dovute stante la sospensione dei licenziamenti ai sensi dell'art. 46 D.L. 17.03.2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24.04.2020, n. 27 e provvedimenti successivi pari a € 69.635,68 comprensivi di diff. per T.F.R.;
della indennità sostituiva del preavviso di licenziamento pari a sei mensilità sulla base del compenso lordo risultante dall'ultima busta paga, ratei ferie, trattamento festività, oltre maggiorazione del compenso in natura dei “fringe benefits” e T.F.R., pari ad € 47.742,58;
della indennità risarcitoria per licenziamento “ingiustificato” da liquidarsi sulla base del prudente apprezzamento dell'Ill.mo Tribunale di Firenze - Giudice del Lavoro -, fra un minimo di quattro e un massimo di otto mensilità, e che, operato il calcolo sulla base di sei mensilità, ascende alla somma di € 46.525,92, oltre alla somma di € 8.000,00 pari alla differenza di valore, mai contabilizzata, fra l'auto Mercedes assegnata e la Fiat Punto, a far tempo dalla sostituzione avvenuta nel dicembre del 2018;
del risarcimento del danno biologico, morale ed esistenziale subìto a causa delle condizioni di mobbing che hanno caratterizzato il rapporto di lavoro “de quo” nella misura che verrà determinata in sede di giudizio previa, occorrendo, ammissione di CTU medico-legale;
alla regolarizzazione contributiva e previdenziale come per legge;
il tutto,
pagina 1 di 11
comunque, in ipotesi, nella diversa maggiore o minore somma ritenuta dovuta e di giustizia, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali sulla somma rivalutata dal dì del dovuto all'effettivo saldo;
vittoria di spese e onorari da distrarsi in favore del difensore antistatario.
2. La società datrice convenuta si è ritualmente costituita in giudizio chiedendo al Tribunale adito di respingere il ricorso proposto da AB MI per infondatezza in fatto e in diritto, con vittoria di spese.
3. La causa è stata istruita a mezzo delle produzioni documentali delle parti, della prova testimoniale sfogata e di CTU medico-legale sulla persona del ricorrente e all'odierna udienza è stata discussa e decisa come da sentenza con motivazione contestuale pubblicamente letta ex art. 429 c.p.c.
4. Date per conosciute le allegazioni in fatto e le argomentazioni in diritto delle parti, da intendersi in questa sede integralmente richiamate e trascritte, all'esito dell'istruttoria espletata, valutato il complesso delle risultanze probatorie dei documenti in atti, delle deposizioni testimoniali raccolte e delle indagini peritali effettuate, ritiene il Tribunale che il ricorso sia fondato nei limiti e per le ragioni che si vanno concisamente a esporre e che, pertanto, in detti limiti debba trovare accoglimento.
5. In primo luogo, ritiene il Tribunale che le risultanze dei documenti in atti, valutate unitamente alla non specifica contestazione delle puntuali allegazioni in fatto del ricorrente1, comprovino pienamente che a decorrere dal marzo 2019 MI è rimasto vittima, nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato intercorrente con la società convenuta, di demansionamento/dequalificazione professionale.
6. A fronte del verbale di conciliazione in sede sindacale del 26.9.2018 (doc. 9 fasc. ric.), non oggetto di impugnazione, ai fini del decidere, devono, infatti, prendersi le mosse dal contratto di lavoro subordinato del 3.9.2018 (doc. 8 fasc. ric.) con il quale MI è stato (di nuovo) assunto alle dipendenze della convenuta con decorrenza 10.9.2018 con qualifica di dirigente ex C.C.N.L. dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi e mansioni di Responsabile “Back Office e Delivery Centre”, in diretto rapporto con il CdA (“LL dovrà far capo al CDA”), come previsto dal contratto e come emerge, coerentemente, dalla pianta organica pro tempore vigente in atti (v. organigramma del settembre 2018 sub doc. 10 fasc. ric.).
7. È, dunque, provato dal non contestato doc. 11 di parte ricorrente (organigramma del marzo 2019) che a far tempo dal marzo 2019 il ricorrente è stato addetto alla “Statistica & Penali” e così collocato in posizione gerarchica sotto ordinata a figure professionali di qualifica inferiore (S. Gori, inquadrato al V livello e posto a capo del suddetto “Delivery Center BK Office” e F. Scalzo, avente qualifica di Quadro).
8. Ancora, è pacifico, per i motivi suddetti, che a far data dal settembre 2019 MI abbia subito un ulteriore mutamento di mansioni, venendo assegnato al “Settore Acquisti” con al vertice RO D'AL (inquadrato al VI livello) (v. doc. 11 cit.), il quale, come risulta dal non contestato doc. 12 di parte attrice, pretendeva (anche) dal ricorrente (avente, lo si ricorda, qualifica dirigenziale) specifici e dettagliati rapporti circa le singole attività svolte durante la giornata con l'indicazione del tempo impiegato per ciascun incombente (v., in particolare, e-mail del 4.2.2020 con oggetto “Monitoraggio attività acquisti” e e-mail del 9 marzo 2020).
9. È poi incontroverso in fatto, sempre per i motivi suddetti, che al ricorrente presso il predetto settore fosse richiesto di svolgere mere mansioni d'ordine quali, fra l'altro, l'acquisto di cancelleria, come si evince dal doc. 12-bis di parte attrice, nel quale i vari ordini inviati all'addetta presso l'economato Marina NI, venivano da quest'ultima inoltrati al MI affinché egli vi desse materiale esecuzione (v., in particolare, email del 8 gennaio 2020 con oggetto “Ordine Cancelleria”). .
pagina 2 di 11 10. Ritiene, dunque, il Tribunale che il complesso delle circostanze di fatto sin qui esaminate comprovi in modo univoco l'illegittimo (v. art. 2103 c.c.) e grave svilimento della professionalità e della dignità dell'odierno ricorrente, passato, nell'arco di pochi mesi, dall'essere un dirigente in posizione sotto ordinata al solo AD, con compiti di coordinamento di personale di qualifica inferiore2, ad addetto, in costanza dell'inquadramento nella categoria dei dirigenti, ad attività di natura prettamente esecutiva e soggetto nello svolgimento delle stesse al potere direttivo e di controllo di colleghi di livello di inquadramento inferiore al suo.
11. Non specificamente contestata è, infine, anche la sostituzione nel dicembre 2018 dell'autovettura in origine assegnata a MI quale fringe benefit con un'automobile di minor valore e con un elevato chilometraggio (doc. 13 fasc. ric.).
12. Orbene, a prescindere dalla sussistenza o meno in capo al datore di lavoro di un intento persecutorio idoneo a unificare la pluralità continuata di comportamenti pregiudizievoli dallo stesso posti in essere in danno di MI, risulta dirimente ai fini del decidere (il capo di domanda in esame) l'accertata sussistenza di una prolungata condotta datoriale illecita in quanto realizzata in violazione dell'art. 2103 c.c.
13. E', infatti, ius receptum che il mobbing è una figura complessa che, secondo quanto affermato dalla Corte Costituzionale e recepito dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, designa un complesso fenomeno consistente in una serie di atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di un lavoratore da parte dei componenti del gruppo di lavoro in cui è inserito o dal suo capo, caratterizzati da un intento di persecuzione ed emarginazione finalizzato all'obiettivo primario di escludere la vittima dal gruppo (v. Corte Cost. sentenza n. 359 del 2003;
Cass. 5 novembre 2012, n. 18927). Ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo devono, quindi, ricorrere molteplici elementi: a) una serie di comportamenti di carattere persecutorio - illeciti o anche leciti se considerati singolarmente - che, con intento vessatorio, siano stati posti in essere contro la vittima in modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi;
b) l'evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente;
c) il nesso eziologico tra la descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psicofisica e/o nella propria dignità;
d) il suindicato elemento soggettivo, cioè l'intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi (v., fra le molte, Cass. 25 settembre 2014, n. 20230;
Cass. 21 maggio 2011, n. 12048;
Cass. 26 marzo 2010, n. 7382). La complessità della fattispecie del mobbing e la mancanza di una sua specifica disciplina rendono legittimo ritenere che, qualora esclusa la sussistenza dell'intento vessatorio e persecutorio, rimanga giuridicamente valutabile, nell'ambito dei medesimi fatti allegati e delle conclusioni rassegnate, la condotta di sostanziale dequalificazione professionale del lavoratore dalle sue mansioni, la quale è fonte di danno alla sfera patrimoniale e/o non patrimoniale del lavoratore ove ricollegabile eziologicamente all'inadempimento del datore di lavoro. Ciò in quanto la riconduzione al “demansionamento” dell'identico comportamento ascritto al datore di lavoro non comporta domanda nuova ma solo diversa qualificazione dello stesso fatto giuridico (così, fra le altre, v. Cass. n. 22635/2015;
v., per l'ipotesi inversa, di qualificazione in termini di mobbing della domanda di demansionamento, v. Cass. n. 6326/2005). 14. Disposta, quindi, ed eseguita CTU medico-legale sulla persona del ricorrente3, il CTU incaricato, dott.
Lorenzo D'Antonio, è pervenuto alle seguenti conclusioni, motivatamente confermate anche a seguito
pagina 3 di 11
delle osservazioni del CT di parte resistente: “… Attualmente, il Sig. MI, che ha riferito di non aver più cercato ulteriore collocazione lavorativa, essendosi oltre tutto messo in pensione, non ha evidenziato evidenti sconfinamenti psicopatologici;
del resto, pur lamentando ancora disturbi del sonno (per i quali ha riferito l'assunzione saltuaria di benzodiazepine) il ricorrente non ha più avuto necessità di visite specialistiche (non è presente in atti ulteriore documentazione medica in tal senso) né ha avuto bisogno di intraprendere cure particolari a base di psicofarmaci. Inoltre, risulta condurre un'esistenza caratterizzata da un valido e corretto assetto psicologico, nell'ambito di un coerente equilibrio psico-fisico sia in rapporto all'ambiente familiare che socio relazionale in generale. Ciò detto, è però altrettanto possibile ritenere che il disagio psichico costituito da Episodio Depressivo Maggiore diagnosticato in sede specialistica e trattato con idonea terapia psicofarmacologica, comunque derivato al ricorrente dagli eventi riferiti e descritti in atti nell'ambito dell'attività lavorativa svolta presso la società convenuta, possa aver determinato, in termini più che plausibili, un periodo di malattia, che è possibile quantificare in complessivi giorni 90 (novanta), da computarsi nella misura del 25%. Relativamente all'eventuale sussistenza di postumi, si precisa come sulla base della documentazione medica esaminata e dell'esame obiettivo eseguito in sede di operazioni peritali, si possa condividere il giudizio di Episodio Depressivo Maggiore in attuale remissione. Riguardo, poi, alla valutazione, allo stato attuale, della remissione di tale quadro clinico per il caso concreto, si ritiene opportuno formulare le seguenti osservazioni: risulta che nel Sig.
MI vi sia stato un più che valido recupero sotto il profilo del funzionamento familiare, sociale e ricreativo, nella misura in cui, dalle indagini peritali svolte, non sono emersi elementi, in tal senso, in grado di far ritenere
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