Trib. Catania, sentenza 16/04/2024, n. 2104
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
TRIBUNALE DI CATANIA
Sezione Lavoro
Il Giudice Onorario del Tribunale di Catania, dott.ssa Carmela Letizia Formaggio, all'esito dell'udienza del 15
aprile 2024, sostituita dal deposito di note scritte ai sensi dell'art. 127-ter c.p.c., ha emesso ex art. 429 c.p.c.
la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. R.G. 9906/2022
Promossa da
DI GR IO (c.f. [...]) rappresentato e difeso dall'avvocato
GIUSEPPE MACCHI, nel cui studio in Catania ha eletto domicilio, via Alberto Mario, 32
- ricorrente -
CONTRO
I.N.P.S. (c.f. 80078750587), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato VALENTINA SCHILIRO' giusta procura generale in Notar Roberto Fantini di
Roma
-resistente-
Oggetto: opposizione avverso ordinanze ingiunzioni
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato il 19/10/2022, il ricorrente proponeva opposizione avverso le ordinanze ingiunzioni n. OI-001860645 e n. OI-001434783, notificate dall'INPS in data 19/9/2022 e aventi ad oggetto sanzioni amministrative relative agli anni 2017 e 2018, dell'importo complessivo di euro
40.500,00. Rilevava che gli atti impugnati scaturissero dai seguenti accertamenti: prot. n.
2100.08/10/2018.0442069 del 21/11/2018 e prot. n. 2100.27/09/2019.0478072 dell'8/10/2019, con i
quali era stata contestata la violazione dell'art. 2, comma 1-bis, del decreto legge 12 settembre 1986
n. 463, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 1983, n. 638 e ss. mm. ii. (omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali) con riferimento alle suddette annualità.
Deduceva che gli atti di accertamento non gli fossero mai stati notificati ed eccepiva l'illegittimità delle ordinanze ingiunzioni.
Eccepiva, in particolare, l'intervenuta decadenza per violazione ed errata applicazione degli artt. 14
e 16 della legge n. 689/81. Osservava che, sebbene gli atti impugnati si riferissero a violazioni commesse nel 2017 e nel 2018, gli stessi fossero stati notificati solo nel 2022 e, dunque, tardivamente;
richiamava al riguardo la circolare n. 6/2016 del Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali ed in particolare l'art. 6 del d.lgs. n. 8/2016, evidenziando che il procedimento sanzionatorio relativo alle delle ritenute omesse di importo inferiore ad euro 10.000 fosse regolato dalla disciplina di cui agli artt. 14 e 16 del legge n. 689/1981. Alla luce della suddetta normativa, rilevava che i sottostanti avvisi di accertamento avrebbero dovuto accertare, a pena di decadenza, violazioni commesse nei novanta giorni precedenti lo loro notifica e che, dunque, l'INPS avrebbe dovuto contestare dette violazioni nell'immediatezza, una volta rilevato l'omesso pagamento tramite il sistema informatico dallo stesso adottato. Eccepiva pertanto che nella specie non vi fosse stata alcuna contestazione immediata e che, pertanto, l'INPS fosse decaduto dal potere di richiedere le somme in oggetto. Riportava quanto statuito al riguardo dalla Suprema Corte, secondo cui l'iter accertativo seguito dall'amministrazione per lo svolgimento delle indagini, dal punto di vista temporale, dovesse essere sempre ancorato ai principi di congruità e ragionevolezza, e ciò a pena di illegittimità del procedimento stesso. Rilevava che, nella specie, il previsto termine di 90 giorni non fosse stato rispettato né fra la commissione delle violazioni (2017 e 2018) e l'emissione degli avvisi di accertamento (2018 e 2019) né fra detta ultima e la notifica delle ordinanze ingiunzioni (2022).
Concludeva pertanto che l'intervenuta decadenza dal potere sanzionatorio avesse determinato
l'illegittimità degli avvisi di accertamento e degli atti impugnati.
Eccepiva altresì l'illegittimità delle sanzioni irrogate per violazione del principio di proporzionalità delle stesse. Lamentava in particolare che l'importo complessivo delle sanzioni, pari ad euro 40.500
(oltre alle sanzioni irrogate sotto forma di somme aggiuntive), fosse palesemente non proporzionato alla portata delle violazioni accertate (pari ad euro 400 circa). Richiamava sul punto quanto statuito dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea che, con la sentenza dell'8/3/2022 emessa a definizione della causa n. C-205/20, aveva affermato l'illegittimità delle sanzioni amministrative non proporzionate, prevedendo la conseguente disapplicazione delle normative nazionali in contrasto con detto principio. Aggiungeva che il requisito di proporzionalità delle sanzioni dovesse essere attuato dagli Stati membri in forza dell'art. 20 della direttiva n. 2014/67/UE, che a sua volta
aveva previsto un divieto generale ed inequivocabile di sanzioni sproporzionate. Invocava pertanto
l'applicazione nella specie del suddetto articolo, dotato di efficacia diretta e recepito in modo non
corretto.
Eccepiva ancora la mancata notifica degli avvisi di accertamento quali necessari atti prodromici e, conseguentemente, la violazione del procedimento ex art. 12, comma 7, della legge 212/2000 in combinato disposto con gli artt. 14 e 16 della legge n. 689/1981. Rilevava che, in ogni caso, la notifica dei verbali di accertamento nelle date, rispettivamente, del 21/11/2018 e dell'8/10/2019, come indicate nelle ordinanze ingiunzioni impugnate, fosse da considerare illegittima in quanto tardiva.
Alla luce dell'asserita fondatezza della domanda (fumus boni iuris) e del periculum che sarebbe potuto derivare dall'avvio dell'azione esecutiva, chiedeva la sospensione dell'efficacia esecutiva degli atti opposti. Nel merito chiedeva che, accertata la decadenza, fossero dichiarate non dovute le somme ingiunte con conseguente annullamento degli atti impugnati ovvero che, accertata la violazione del principio di proporzionalità delle sanzioni, le stesse fossero disapplicate. In via subordinata chiedeva la rideterminazione delle sanzioni medesime in applicazione dei principi suindicati.
Con decreto del 22/10/2022, ritenuti sussistenti i presupposti di legge, veniva sospesa l'efficacia esecutiva
degli atti impugnati e fissata l'udienza di comparizione.
Instauratosi il contraddittorio, con memoria del 26/6/2023 si costituiva in giudizio l'INPS. L'ente esponeva
che gli accertamenti fossero stati regolarmente notificati e che si riferissero all'omesso versamento delle
ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori, dichiarate nelle denunzie
mensili trasmesse all'INPS nei flussi UniEmens;
rilevava sul punto che il ricorrente non avesse provveduto al
pagamento delle somme contestate.
Chiedeva in primo luogo che il giudice si pronunciasse sulla tempestività del ricorso e che, in conformità
all'art. 112 c.p.c., decidesse nei limiti soggettivi ed oggettivi delle domande proposte. Rilevava che
l'eccezione di decadenza ex art. 14 legge n. 689/1981, afferendo al procedimento di formazione del titolo
esecutivo, integrasse motivo di opposizione agli atti esecutivi, che dovesse essere proposto entro il termine
di cui all'art. 617 c.p.c. Eccepiva in ogni caso la genericità ed infondatezza delle doglianze sollevate dal
ricorrente, in quanto il procedimento adottato dall'INPS fosse stato corretto ed immune da vizi, osservando
che l'eventuale difetto di motivazione dell'ordinanza non comportasse la nullità del procedimento,
dovendo il giudice pronunciarsi nel merito della pretesa punitiva. Osservava che, comunque, il
procedimento di irrogazione della sanzione amministrativa, per la sua natura sanzionatoria, fosse retto dai
principi della legge n. 689/81 e che non trovasse applicazione l'invocata legge n. 241/1990. Evidenziava che
il contenuto degli atti impugnati avesse consentito l'esercizio del diritto di difesa e che fosse sufficiente il
semplice rinvio all'atto di accertamento e dunque la motivazione per relationem.
Contestava inoltre l'eccezione di omessa notifica delle diffide accertative, stante la regolare notifica delle
stesse di cui fosse stata fornita prova documentale. Eccepiva ancora l'inapplicabilità nella specie dell'art. 14
della legge 689/81;
al proposito rilevava che, vertendosi in tema di disciplina sanzionatoria prevista da una
norma speciale (art. 2, comma 1 bis, della legge n. 638/1983 come riformato dall'art. 3, comma 6, del d.lsg.
15/1/2016 n. 8), la stessa dovesse prevalere sulla disposizione di carattere generale contenuta nell'art. 14
della legge n. 689/81. Evidenziava che la fattispecie dell'illecito amministrativo fosse compiutamente
regolamentata e che non fosse consentita