Trib. Reggio Emilia, sentenza 23/02/2024, n. 78

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Reggio Emilia, sentenza 23/02/2024, n. 78
Giurisdizione : Trib. Reggio Emilia
Numero : 78
Data del deposito : 23 febbraio 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA
SEZIONE LAVORO
in funzione di giudice monocratico del lavoro in persona della dott. M R
S ha pronunciato ex art. 429 c.p.c. la seguente:
SENTENZA
Nella causa di lavoro iscritta al n. 500 del Ruolo Generale dell'anno 2021 promossa con ricorso depositato in data 6 agosto 2021 da:
Parte_1
elettivamente domiciliato a Reggio Emilia via della Previdenza Sociale n.8 presso e nello studio dell'avv. V P A che lo rappresenta e difende come da procura in atti
RICORRENTE
Contro

Controparte_1
In persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata a Reggio
Emilia, via all'Ospizio n. 12 presso e nello studio degli avv. G G ed
A C che la rappresentano e difendono giusta procura in atti
RESISTENTE
In punto a: differenze retributive e risarcimento dei danni
CONCLUSIONI:
Il procuratore di parte ricorrente ha così concluso:
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Come da verbale d'udienza del 23 febbraio 2024
Il procuratore di parte resistente ha così concluso:
Come da verbale d'udienza del 23 febbraio 2024
MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato in data 6 agosto 2021 regolarmente notificato Parte_1
conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Reggio Emilia in funzione di
[...]
giudice del lavoro, la affinchè il tribunale Controparte_2
adito condannasse la società resistente a corrispondergli tutte le differenze retributive
che egli avrebbe maturato dal mese di maggio 2014 sino alla data del deposito del
ricorso in assenza della riduzione del monte ore lavorativo del suo contratto di lavoro,
che deduceva essere illecita ed unilaterale e quantificava dette differenze retributive al lordo fiscale e al netto previdenziale nella somma di € 78.404,88 chiedendo inoltre il pagamento delle differenze ulteriori maturande per il medesimo titolo, dalla data di
deposito del ricorso sino alla data della pronuncia della sentenza oltre interessi e della
rivalutazione monetaria.
Domandava, altresì che la società resistente fosse condannata al risarcimento del
danno psico-fisico subito dallo stesso in conseguenza delle condotte illecite dalla
stessa poste in essere nei confronti del medesimo che descriveva in ricorso e
quantificava il risarcimento del danno nella somma di € 21.370,00 ovvero quella
diversa, maggiore o inferiore, da accertare anche in via equitativa.
Esponeva dettagliatamente le sue ragioni.
Si costituiva con memoria depositata in data 29 ottobre 2021 la Controparte_2
chiedendo il rigetto del ricorso ed esponendo dettagliatamente le
[...]
sue ragioni.
La causa, più volte rinviata in pendenza di trattative, veniva istruita con la produzione
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di documenti e l'escussione di testi e veniva discussa e decisa all'odierna udienza dando lettura della sentenza.
Si osserva, innanzitutto, che parte ricorrente, nel presente, giudizio non ha chiesto il ripristino del precedente orario di lavoro e l'assegnazione alle precedenti mansioni, ma ha chiesto le differenze retributive per illegittima riduzione dell'orario di lavoro e
il risarcimento del danno psico fisico dalla stessa subito per asserite illegittime
condotte del datore di lavoro.
Tanto premesso occorre esaminare la domanda relativa alle differenze retributive per asserita illegittima riduzione dell'orario di lavoro che parte ricorrente ha sostenuto essere unilaterale e, quindi, illegittima.
Detta domanda risulta infondata per l'assorbente motivo che parte resistente costituendosi ha depositato lettera di trasformazione dell'orario di lavoro (doc. n.7 di
parte resistente), con cui è stato ulteriormente ridotto l'orario part time svolto dal
ricorrente, che è stata firmata dallo stesso ricorrente per ricevuta ed accettazione.
Il ricorrente, poi, nel presente giudizio non ha disconosciuto tempestivamente la
propria sottoscrizione, limitandosi, nelle note conclusive, a sostenere, con
inammissibile modifica delle deduzioni di cui al ricorso e della causa petendi, che la riduzione d'orario dallo stesso sottoscritta sarebbe invalida in quanto il suo consenso sarebbe stato viziato da violenza.
Orbene nel ricorso introduttivo il ricorrente ha fondato la propria domanda sull'asserita mancanza del consenso scritto dello stesso alla riduzione dell'orario di lavoro (cfr. pag n.5 e 6 del ricorso) e ha dedotto di non aver firmato la riduzione dell'orario di lavoro. Ne consegue, quindi, che le deduzioni contenute in sede di note conclusive in cui si deduce il vizio del consenso sono inammissibili e, comunque,
parte ricorrente avrebbe dovuto proporre domanda di annullamento che non è stata
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proposta nel ricorso introduttivo.
Risultando, quindi, provata per iscritto la riduzione dell'orario di lavoro sottoscritta da entrambe le parti la stessa risulta legittima in quanto concordata e ciò
conformemente a quanto previsto sia dal dlgs n. 61/2000 (artt 2- 5- 8) pro tempore
vigente sia poi dal successivo dlgs n. 81/2015 con la conseguenza che la domanda del
ricorrente di pagamento delle differenze retributive per illegittimità della riduzione dell'orario di lavoro risulta infondata.
Per quanto attiene alla domanda di risarcimento del danno biologico per asserite
condotte illecite di parte resistente si osserva quanto segue.
Dalla documentazione prodotta dalle parti ed in particolare dal documento n.6 di
parte resistente non risulta che il trasferimento sia stato accettato dal ricorrente
risultando la relativa lettera firmata solo per ricevuta.
Si rileva, però, che parte ricorrente non ha impugnato il trasferimento nel presente
giudizio, impugnazione da cui sarebbe, comunque, decaduta come eccepito da parte
resistente ex art. 32 comma 3 lette c) legge n. 183/2010 che nella versione pro tempore vigente prevedeva che: “ 3. Le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano inoltre… c) al trasferimento ai sensi dell'articolo 2103 del codice civile, con termine decorrente dalla data di ricezione della comunicazione di trasferimento”.
Si osserva, poi, che parte ricorrente si è limitata a dedurre che parte resistente ha mutato le sue mansioni di barista in quelle di operatore presso l'isola ecologica di
Ramiseto, indicandole genericamente come peggiorative, ma senza descriverle in
alcun modo e senza argomentare in maniera specifica sul punto.
Né parte ricorrente ha dedotto specificamente che le nuove mansioni che, peraltro, secondo parte resistente sarebbero quelle di responsabile presso l'isola ecologica, non
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rientrino nella sua qualifica di operaio di livello B1 di cui al CCNL Org_1
né ciò emerge dagli atti e dai documenti di causa.
[...]
Del resto parte ricorrente non ha nemmeno proposto domanda di riassegnazione alle
precedenti mansioni e domanda specifica di risarcimento dei danni da
demansionamento, ma ha proposto generica domanda di risarcimento del danno
biologico per illeciti asseritamente perpetrati dalla società ai suoi danni.
Orbene si ritiene che detta domanda di risarcimento dei danni sia infondata.
Innanzitutto la riduzione d'orario dalla documentazione in atti risulta concordata e,
quindi, non può essere posta alla base della domanda risarcitoria.
Si osserva, inoltre, che in relazione a tale aspetto non vi è, comunque, alcun
comportamento mobbizzante da parte della società che, come risulta dalla documentazione e dall'istruttoria svolta (cfr. deposizione teste , ha più Tes_1
volte proposto al ricorrente di ampliare l'orario di lavoro.
Per quanto attiene al mutamento delle mansioni e al trasferimento si rileva che dalla
documentazione in atti e dalla deposizione dei testi non risulta provato alcun intento
persecutorio nei confronti del lavoratore.
E' vero che il mutamento di mansioni e il trasferimento sono stati disposti dopo un procedimento disciplinare conclusosi con la sospensione di tre giorni in cui sono stati
contestati al ricorrente comportamenti non congrui tenuti nello svolgimento delle sue
mansioni di barista, tuttavia si osserva che non solo la sanzione non è mai stata
impugnata dal ricorrente e la contestazione all'esito dell'istruttoria non è, comunque,
risultata pretestuosa, ma che tali atti non sono inscrivibili in un disegno persecutorio
perpetrato ai danni del ricorrente elemento indispensabile per configurare il mobbing.
Come affermato dalla Suprema Corte, infatti, ( Cass. lav.n.10992/2020) “Ai fini della
configurabilità di una ipotesi di "mobbing", non è condizione sufficiente l'accertata
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esistenza di una dequalificazione o di plurime condotte datoriali illegittime, essendo a
tal fine necessario che il lavoratore alleghi e provi, con ulteriori e concreti elementi,
che i comportamenti datoriali siano il frutto di un disegno persecutorio unificante, preordinato alla prevaricazione.”
Si evidenzia, inoltre, che anche ove si voglia interpretare la domanda risarcitoria come una generica domanda per violazione dell'art. 2087 c.c la stessa non risulta fondata in quanto nel caso di specie sono state nè indicate né provate specifiche
condotte stressogene tali da comportare la violazione dell'art. 2087 c.c.
Ne consegue, quindi, che la domanda di risarcimento dei danni risulta infondata e
deve essere rigettata.
Stante la controvertibilità anche giuridica della fattispecie vanno compensate le spese
giudiziali tra le parti
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