Trib. Roma, sentenza 15/03/2024, n. 3261

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Roma, sentenza 15/03/2024, n. 3261
Giurisdizione : Trib. Roma
Numero : 3261
Data del deposito : 15 marzo 2024

Testo completo


R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI ROMA Prima Sezione Lavoro
❖➢ in persona del giudice, dott. A M L all'esito dell'udienza del 14 marzo 2024, sostituita dal deposito di note scritte ex art. 127-ter c.p.c., ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A nella causa civile iscritta al n. 20250 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno 2023, vertente
T R A
nato a Roma il 26.10.1961, elettivamente domiciliato in Ro- Parte_1
ma, al viale Gorizia, n. 52, presso lo studio dell'avv. M T, che lo rappresenta e difende in forza di procura in calce al ricorso
RICORRENTE
E
, in persona del Ministro pro tempore, Controparte_1
elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso gli uffici dell'Avvocatura dello Stato da cui è rappresentato e difeso ex lege
CONVENUTO
N O N C H É
Controparte_2
CONVENUTO CONTUMACE
OGGETTO: pagamento mercedi ex art. 22 l. n. 354/1975
CONCLUSIONI DELLE PARTI:
L'avv. M. T, per il ricorrente: “(a) accertare e dichiarare il diritto del ricorrente - ai sensi degli artt. 36 Cost., 2099 cod. civ. e 22 L. 354/1975 –
1 a vedersi riconosciuto per i periodi lavorativi prestati (così come individuati nel presente ricorso, negli estratti mercedi e nei compiegati conteggi) il trat- tamento economico previsto dai contratti collettivi vigenti al momento di ese- cuzione della prestazione lavorativa, così come analiticamente individuati nei compiegati conteggi;
(b) conseguentemente, condannare il Controparte_1

, in persona del Ministro pro tempore, a corrispondere in favore del
[...] ricorrente l'importo di Euro 10.907,52 quale differenze retributive spettanti a titolo di retribuzione ordinaria e differita, rol, indennità di ferie e indennità sostitutiva delle ferie, maturate e non godute, nonché l'ulteriore importo di
Euro 766,93 a titolo di trattamento di fine rapporto;
e, così, complessivamente la somma di Euro 11.674,45 (undicimilaseicentosettantaquattro/45), così co- me risultante dai compiegati conteggi in relazione ai contratti collettivi succe- dutisi nel tempo ed analiticamente ivi indicati ovvero altra somma, maggiore

o minore, ritenuta di giustizia, quale quantificabile sulla scorta della docu- mentazione versata in atti;
(c) quanto precede oltre accessori come per legge dal dì del dovuto sino all'effettivo soddisfo;
(d) con ogni conseguenza prevista dalla legge in punto di regolarizzazione della posizione previdenziale ed assi- curativa;
(e) con vittoria di spese, competenze ed onorari (oltre IVA, CPA e rimborso forfetario 15%) da distrarsi a favore del sottoscritto difensore che si dichiara antistatario
”.
Il procuratore dello Stato, per il convenuto: “Voglia l'Ill.mo Tri- CP_3
bunale di Roma in funzione di Giudice del Lavoro: - ritenere e dichiarare la prescrizione quinquennale del diritto vantato dal ricorrente con riferimento alle prestazioni lavorative eseguite in epoca antecedente al quinquennio della notifica del ricorso introduttivo avvenuta in data 4.09.2023 (pertanto, ante
04.09.2023) o, eventualmente, dichiarare la prescrizione triennale, ai sensi dell'art. 2956 c.c.;
- rigettare comunque il ricorso siccome infondato in fatto e diritto. Con vittoria delle spese di lite
”.
2
ESPOSIZIONE DEI F ATTI
Con ricorso depositato il 16 giugno 2023, – premesso di Parte_1
essere stato detenuto dal 2009 al 2020 presso gli istituti penitenziari di Roma – ha esposto che ha lavorato per il dal mese di giugno Controparte_1
2009 sino al mese di marzo 2020, svolgendo le mansioni di spesino, scrivano, apprendista lavoratore di falegnameria, di aiuto falegname e di addetto alle pu- lizie;
che, in particolare, ha reso un determinato numero di ore di lavoro negli anni 2009, 2010, 2013, 2015, 2016 e 2017 (fino al mese di settembre);
che nei mesi indicati in ricorso di tali anni ha percepito compensi inferiori a quelli spettanti in base ai contratti collettivi applicati giusta quanto stabilito dall'Amministrazione;
che il 29 gennaio 2021, il 31 dicembre 2021 ed il 22 dicembre 2022 ha diffidato il a corrispondere il dovuto;
e che ha di- CP_1
ritto di percepire la somma complessiva di €11.674,45, quali differenze retri- butive corrisposte in meno rispetto a quelle dovute per legge, secondo i titoli specificati nei conteggi allegati all'atto introduttivo.
Il ricorrente ha pertanto rassegnato le conclusioni sopra trascritte.
Il Ministero della giustizia, costituitosi il 22 settembre 2023, ha rilevato che, a seguito dell'adeguamento delle mercedi con circolare n. 282390 del 6 settembre 2017, con riferimento alle prestazioni rese dal mese di ottobre 2017 non può essere avanzata alcuna pretesa;
che non sono specificate le ragioni poste a base della rivendicazione;
e che sono errati i conteggi.
Ha poi eccepito la prescrizione quinquennale dei crediti maturati prima del quinquennio antecedente la notificazione del ricorso (4 settembre 2023);
ha dedotto che non è stata notificata alcuna diffida;
che, peraltro, deve compu- tarsi la decorrenza del termine di prescrizione dalla fine di ciascun periodo di lavoro;
e che, in subordine, si è maturata la prescrizione triennale ex art. 2956
c.c.
L' , benché ritualmente citato, come da atti depositati il 4 settembre CP_2
2023, è rimasto contumace.
3
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. - Richiamato il disposto dell'art. 118, 1° comma, disp. att. c.p.c., secondo cui la motivazione della sentenza può essere esposta “anche con riferimento a precedenti conformi”, si riporta – nei limiti in cui rileva – quanto affermato da questo Tribunale nella sentenza r.g. 2639/2019 (est. Giovene di
Girasole):
«In tema di lavoro carcerario, il termine di prescrizione dei diritti del lavora- tore non decorre durante lo svolgimento del rapporto di lavoro, in sé privo di sta- bilità, poiché, nei confronti del prestatore, è configurabile una situazione di metus, che, pur non identificandosi necessariamente in un timore di rappresaglie da parte del datore di lavoro, è riconducibile alla circostanza che la configurazione sostan- ziale e la tutela giurisdizionale dei diritti nascenti dall'attività lavorativa del dete- nuto possono non coincidere con quelli che contrassegnano il lavoro libero attesa la necessità di preservare le modalità essenziali di esecuzione della pena e le corri- spondenti esigenze organizzative dell'amministrazione penitenziaria. In realtà la
S.C. è intervenuta (peraltro nel confermare i sovraesposti princìpi) ad affermare il principio di diritto per cui, in assenza di specifiche disposizioni, la sospensione del termine prescrizionale opererebbe non già fino al termine dello stato di deten- zione, ma fino alla cessazione del rapporto di lavoro (Cass. 2696/2015).
Il recepimento di tale principio di diritto non appare, peraltro, poter recare in- cidenza nella fattispecie, a prescindere dalla difficoltà teorica di individuare eventi estintivi del rapporto di lavoro carcerario, in ragione delle sue caratteristiche pecu- liari.
Il lavoro penitenziario, invero, intanto, per i condannati, è obbligatorio (art.
20, co. 4, legge n. 354/75 e s.m.). Come tale non si costituisce per contratto, ma mediante provvedimenti di “assegnazione al lavoro” (art. 20, co. 6 legge cit.;
art.
47 DPR n. 230/2000) che, stante il carattere limitato dei posti disponibili, dipen- dono dall'utile collocazione in una apposita graduatoria (art. 20, co. 7). Le stesse assegnazioni al lavoro sono del tutto precarie, e non danno luogo a rapporti stabili, come fatto palese dall'art. 47, co. 10, del DPR n. 230/2000, che prevede che “I posti di lavoro a disposizione della popolazione detenuta di ciascun istituto, sono
4 fissati in un'apposita tabella predisposta dalla direzione e distinta tra lavorazioni interne, lavorazioni esterne, servizi di istituto. Nella tabella sono, altresì, indicati
i posti di lavoro disponibili all'interno per il lavoro a domicilio, nonché i posti di lavoro disponibili all'esterno. La tabella è modificata secondo il variare della si- tuazione ed è approvata dal provveditore regionale”.
Nessuna disciplina risulta esistere quanto alla cessazione del “rapporto di la- voro” interno. Il lavoratore detenuto può essere “escluso dall'attività lavorativa” se manifesta un sostanziale rifiuto ad espletarla (art. 53 DPR), o escluso dalle atti- vità in comune per motivi disciplinari (art. 77, che peraltro non si riferisce specifi- camente al lavoro come tale).
Ne segue, con chiara evidenza, che il lavoro penitenziario non dà luogo ad un rapporto giuridico obbligatorio simile, per struttura, a quello delineato dall'art.
2094 c.c., nel quale una parte assume stabilmente l'obbligo di collaborare, l'altra quello di retribuire, e tali obblighi persistono
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