Trib. Roma, sentenza 26/09/2024, n. 9404
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
TRIBUNALE DI ROMA
Sezione II controversie di lavoro
Il giudice designato, dott. O P, all'udienza del 26 settembre 2024 ha pronunciato la seguente sentenza contestuale ai sensi dell'art. 429, primo comma, c.p.c. nella causa iscritta al R.G.L. n. 17518/2021 a cui è stata riunita la causa 13014/2023 promossa da:
, elettivamente domiciliato in Tivoli (Roma), Piazza del Parte_1
Comune n. 7, presso lo Studio dell'avv. Mario Giacomo Proietti Martini, che lo rappresenta e difende giusto mandato allegato in calce al ricorso;
RICORRENTE e OPPOSTO
E
in persona del legale rappresentante pro Controparte_1
tempore elettivamente domiciliata in Roma via Savoia n. 84, presso lo studio dell'avv.
S F, che la rappresenta e difende giusta procura in calce alla memoria di costituzione e risposta;
RESISTENTE e OPPONENTE
NONCHÈ
- in Controparte_2
persona del suo Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliato in Roma presso
l' dell , sito in Roma, via Cesare Beccaria n. 29, Organizzazione_1 CP_2
rappresentato e difeso dall'avv. M P T in virtù di procura generale alle liti rep n.
37590 rogito 7131 del 23 gennaio 2023 per atto notaio di Roma. Persona_1
RESISTENTE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 25 giugno 2021 e rubricato con R.G. n. 17518/2021 Parte_1
conveniva in giudizio la società la esponendo che
[...] Controparte_1
era stato assunto il 15 settembre 1995 dalla Società resistente con un contratto indeterminato a tempo pieno, con la qualifica di operaio, IV livello e mansioni di cameriere;
che sin da subito esso ricorrente, diversamente da quanto stabilito nel
contratto, era stato impiegato con le mansioni di pizzaiolo e per il C.C.N.L. dipendenti aziende settore pubblici esercizi, ristorazione collettiva e commerciale e turismo, per cui avrebbe dovuto essere inquadrato nella qualifica di operaio di III livello e retribuito per lo stesso (e non IV);
che dalla lettura delle buste paga si rilevava il cambio di livello da parte del datore di lavoro dal IV al III dal mese di gennaio 2003, come da busta paga allegata;
che esso lavoratore dalla data dell'assunzione, 15 settembre 1995 sino al giorno 11 marzo 2020, data in cui era stata decretata la chiusura degli esercizi di ristorazione per la pandemia da Covid 2029, aveva prestato la propria opera come pizzaiolo dal lunedì al sabato dalle ore 16,30 alle ore 24,30, per 48 ore settimanali anziché 40 come da che l'attività dell'esercizio commerciale era stata sospesa Org_2
il 12 marzo 2020 per il decreto pandemia, e riaperta sabato 6 giugno 2020 con la ripresa del lavoro da parte di esso ricorrente con gli stessi orari nei giorni seguenti: mese di giugno: giovedì 11, venerdì 12, sabato 13, mercoledì 17, giovedì 18, venerdì 19, sabato
20, mercoledì 24, giovedì 25, venerdì 26, sabato 27 e martedì 30, lavorando per complessivi 13 giorni pari a 117 ore di lavoro;
che nel mese di luglio 2020 aveva lavorato dal giorno di mercoledì 1 al sabato 4, nelle 3 settimane successive dal martedì al sabato e l'ultima dal martedì a venerdì 30, per complessivi 22 giorni pari a 198 ore di lavoro;
che nel mese di agosto 2020 aveva lavorato sabato 1, da martedì 4 a sabato 8;
che successivamente l'attività aveva chiuso per ferie fino al 15 agosto 2020, riprendendo dal 18 al 22 e dal 25 al 29 per un totale di 16 giorni pari a 144 ore di lavoro;
che nel mese di settembre 2020 aveva lavorato dal giorno martedì 1 a sabato 5, poi da lunedì 7 a sabato 12, da lunedì 14 a sabato 19, da martedì 22 a sabato 26 martedì
29 e mercoledì 30, per complessivi 24 giorni pari a 216 ore di lavoro;
che nel mese di ottobre 2020 aveva lavorato da giovedì 1 a sabato 3 (dal giorno 6 al 18 esso ricorrente era in malattia), da mercoledì 21 sino a sabato 24 per complessivi 7 giorni (oltre 13 giorni di malattia) pari a 63 ore di lavoro;
che in data 26 ottobre 2020, a seguito dell'emissione di un ulteriore decreto anticovid, l'esercizio chiudeva ed esso ricorrente
era stato posto in cassa integrazione;
che il datore di lavoro nel mese di luglio 2020, gli aveva comunicato oralmente la trasformazione del contratto da full-time, 40 ore settimanali, a part-time orizzontale, riducendo le ore di lavoro settimanali;
che, tuttavia, esso dipendente aveva continuato a svolgere il lavoro, dalle ore 16,40 alle 24,30, nei giorni in cui era stato impiegato come sopra illustrato;
che dalla lettura delle buste paga dell'anno 2020, risultava in quella del mese di giugno (e non luglio come comunicato), che esso lavoratore era stato impiegato al lavoro con orario part time al 52,50%;
mese di luglio, agosto e settembre all'83,33%;
ottobre, novembre e dicembre al 50,00%;
che esso lavoratore a causa della trasformazione del contratto di lavoro da full-time a part- time (che non aveva mai sottoscritto e tanto meno condiviso come avvenuto per gli altri dipendenti della Società) in data 3 febbraio 2021 si era dimesso con effetto dal 4 febbraio 2021;
che con pec del 28 febbraio 2021 esso ricorrente aveva sollecitato la
Società datrice di lavoro al pagamento del trattamento di fine rapporto e delle differenze retributive non corrisposte;
che con pec del 10 marzo 2021, aveva diffidato e messo in mora il datore di lavoro al pagamento in suo favore del trattamento di fine rapporto, delle differenze retributive del mese di dicembre 2020, dei salari mesi di gennaio e febbraio 2021 e della consegna relative buste paga e di tutto quanto dovutogli;
che era stato depositato presso il Tribunale Civile di Roma – Sezione Lavoro, ricorso per decreto ingiuntivo per la somma di euro 43.174,02 a titolo di TFR maturato, come riportato nella busta paga del mese di dicembre 2020, e non corrisposto;
che sulla scorta delle buste paga e del lavoro eseguito esso ricorrente era creditore nei confronti della
[...]
delle seguenti differenze retributive (esclusa la somma di Organizzazione_3
43.174,02 € del TFR oggetto del ricorso per D.I.): 1) salario euro 11.419,50, 2) tredicesima euro 1.526,55, 3) quattordicesima euro 2.599,23, 4) indennità festività euro
353,77, 5) permessi non goduti euro 8.244,22, 6) straordinario diurno euro 12.374,49, 7)
TFR lordo euro 4.956,73, per la somma complessiva di euro 41.474,49;
che esso lavoratore era stato assunto con un contratto di lavoro con indicato un livello inferiore
(IV) rispetto a quello previsto dal C.C.N.L. del settore per chi espletava le mansioni di
“pizzaiolo” a cui era stato adibito sin dal primo giorno di lavoro per 48 ore settimanali per sei giorni a settimana anziché 40 come da C.C.N.L. della categoria;
che, inoltre il datore di lavoro, arbitrariamente, nel 2020 aveva trasformato il contratto dal full-time in part-time orizzontale per 32 ore settimanali dal martedì al sabato, ma esso dipendente aveva continuato a prestare la propria opera per lo stesso tempo oltre le 40 ore settimanali, dal martedì al sabato, e così per tutto il tempo del rapporto di lavoro sino alle sue dimissioni, salvo quanto specificato a seguito dell'emergenza pandemica;
che il datore di lavoro poteva proporre, non imporre, una modifica delle condizioni contrattuali al lavoratore subordinato trasformando il rapporto di lavoro da tempo pieno
a tempo parziale;
che tale facoltà era riconosciuta dall'art. 8, comma 2 del D. Lgs. n.
81/2015 a condizione che la trasformazione avvenisse con specifica modalità di forma:
“Su accordo delle parti risultante da atto scritto è ammessa la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale”;
che in mancanza dell'accordo tra le parti la trasformazione non poteva avvenire per la sola volontà unilaterale del datore di lavoro (art. 5 del D.L. 726/84), ma era necessario il consenso scritto del lavoratore subordinato, forma scritta che per effetto dell'art. 1325 c.c. se mancava comportava la nullità del contratto;
che se anche il contratto a tempo parziale fosse stato valido, nel caso di specie non lo era, quando il ricorso al lavoro supplementare diventava una regola e, in particolare, quando veniva imposto un orario di lavoro superiore a quello contrattualmente pattuito, il lavoratore aveva diritto alla trasformazione del rapporto da tempo parziale in tempo pieno ed al pagamento delle differenze retributive, contributive e del TFR maturato ex artt. 2099 c.c. e 36 Cost.;
che ai sensi e per gli effetti degli artt. 2094 c.c., 2099 c.c. e 36 Cost., sulla base di quanto illustrato, esso dipendente aveva maturato le differenze retributive e il TFR per le somme sopra indicate;
che le dimissioni del ricorrente dovevano ritenersi rassegnate per giusta causa, determinate dal datore di lavoro per inadempimenti così gravi da non
consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro;
che il primo inadempimento era riconducibile alla mancata corresponsione delle differenze retributive dovute, inizialmente per le mansioni di livello superiore rispetto a quello per il quale era stato assunto esso lavoratore e il secondo, conseguenza del primo, per la mancata corresponsione del dovuto;
che, inoltre, per tutto il tempo del rapporto lavorativo esso dipendente aveva prestato ben oltre le 40 ore settimanali di lavoro effettuando 48 ore di lavoro e più, fatto non riconducibile a situazioni “eccezionali” e/o “imprevedibili”, ma scientemente programmato dal datore di lavoro che dirigeva e organizzava l'impresa;
che tale circostanza aveva determinato l'impiego di esso lavoratore per 6 giorni a settimana per 8 ore di lavoro giornaliere, quando del settore prevedeva che Org_2
doveva essere impiegato per 5 giorni a settimana con lo stesso orario o 6 con un orario inferiore alle 8 ore, il tutto compromettendo i tempi di recupero delle energie di esso lavoratore che aveva fruito di un solo giorno di riposo settimanale anziché due;
che a tale organizzazione e direzione esso lavoratore non poteva sottrarsi o sarebbe stato licenziato;
che di ciò costituiva prova la trasformazione del contratto di lavoro da parte del datore di lavoro che aveva costretto esso lavoratore a licenziarsi oppure
In nome del popolo italiano
TRIBUNALE DI ROMA
Sezione II controversie di lavoro
Il giudice designato, dott. O P, all'udienza del 26 settembre 2024 ha pronunciato la seguente sentenza contestuale ai sensi dell'art. 429, primo comma, c.p.c. nella causa iscritta al R.G.L. n. 17518/2021 a cui è stata riunita la causa 13014/2023 promossa da:
, elettivamente domiciliato in Tivoli (Roma), Piazza del Parte_1
Comune n. 7, presso lo Studio dell'avv. Mario Giacomo Proietti Martini, che lo rappresenta e difende giusto mandato allegato in calce al ricorso;
RICORRENTE e OPPOSTO
E
in persona del legale rappresentante pro Controparte_1
tempore elettivamente domiciliata in Roma via Savoia n. 84, presso lo studio dell'avv.
S F, che la rappresenta e difende giusta procura in calce alla memoria di costituzione e risposta;
RESISTENTE e OPPONENTE
NONCHÈ
- in Controparte_2
persona del suo Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliato in Roma presso
l' dell , sito in Roma, via Cesare Beccaria n. 29, Organizzazione_1 CP_2
rappresentato e difeso dall'avv. M P T in virtù di procura generale alle liti rep n.
37590 rogito 7131 del 23 gennaio 2023 per atto notaio di Roma. Persona_1
RESISTENTE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 25 giugno 2021 e rubricato con R.G. n. 17518/2021 Parte_1
conveniva in giudizio la società la esponendo che
[...] Controparte_1
era stato assunto il 15 settembre 1995 dalla Società resistente con un contratto indeterminato a tempo pieno, con la qualifica di operaio, IV livello e mansioni di cameriere;
che sin da subito esso ricorrente, diversamente da quanto stabilito nel
contratto, era stato impiegato con le mansioni di pizzaiolo e per il C.C.N.L. dipendenti aziende settore pubblici esercizi, ristorazione collettiva e commerciale e turismo, per cui avrebbe dovuto essere inquadrato nella qualifica di operaio di III livello e retribuito per lo stesso (e non IV);
che dalla lettura delle buste paga si rilevava il cambio di livello da parte del datore di lavoro dal IV al III dal mese di gennaio 2003, come da busta paga allegata;
che esso lavoratore dalla data dell'assunzione, 15 settembre 1995 sino al giorno 11 marzo 2020, data in cui era stata decretata la chiusura degli esercizi di ristorazione per la pandemia da Covid 2029, aveva prestato la propria opera come pizzaiolo dal lunedì al sabato dalle ore 16,30 alle ore 24,30, per 48 ore settimanali anziché 40 come da che l'attività dell'esercizio commerciale era stata sospesa Org_2
il 12 marzo 2020 per il decreto pandemia, e riaperta sabato 6 giugno 2020 con la ripresa del lavoro da parte di esso ricorrente con gli stessi orari nei giorni seguenti: mese di giugno: giovedì 11, venerdì 12, sabato 13, mercoledì 17, giovedì 18, venerdì 19, sabato
20, mercoledì 24, giovedì 25, venerdì 26, sabato 27 e martedì 30, lavorando per complessivi 13 giorni pari a 117 ore di lavoro;
che nel mese di luglio 2020 aveva lavorato dal giorno di mercoledì 1 al sabato 4, nelle 3 settimane successive dal martedì al sabato e l'ultima dal martedì a venerdì 30, per complessivi 22 giorni pari a 198 ore di lavoro;
che nel mese di agosto 2020 aveva lavorato sabato 1, da martedì 4 a sabato 8;
che successivamente l'attività aveva chiuso per ferie fino al 15 agosto 2020, riprendendo dal 18 al 22 e dal 25 al 29 per un totale di 16 giorni pari a 144 ore di lavoro;
che nel mese di settembre 2020 aveva lavorato dal giorno martedì 1 a sabato 5, poi da lunedì 7 a sabato 12, da lunedì 14 a sabato 19, da martedì 22 a sabato 26 martedì
29 e mercoledì 30, per complessivi 24 giorni pari a 216 ore di lavoro;
che nel mese di ottobre 2020 aveva lavorato da giovedì 1 a sabato 3 (dal giorno 6 al 18 esso ricorrente era in malattia), da mercoledì 21 sino a sabato 24 per complessivi 7 giorni (oltre 13 giorni di malattia) pari a 63 ore di lavoro;
che in data 26 ottobre 2020, a seguito dell'emissione di un ulteriore decreto anticovid, l'esercizio chiudeva ed esso ricorrente
era stato posto in cassa integrazione;
che il datore di lavoro nel mese di luglio 2020, gli aveva comunicato oralmente la trasformazione del contratto da full-time, 40 ore settimanali, a part-time orizzontale, riducendo le ore di lavoro settimanali;
che, tuttavia, esso dipendente aveva continuato a svolgere il lavoro, dalle ore 16,40 alle 24,30, nei giorni in cui era stato impiegato come sopra illustrato;
che dalla lettura delle buste paga dell'anno 2020, risultava in quella del mese di giugno (e non luglio come comunicato), che esso lavoratore era stato impiegato al lavoro con orario part time al 52,50%;
mese di luglio, agosto e settembre all'83,33%;
ottobre, novembre e dicembre al 50,00%;
che esso lavoratore a causa della trasformazione del contratto di lavoro da full-time a part- time (che non aveva mai sottoscritto e tanto meno condiviso come avvenuto per gli altri dipendenti della Società) in data 3 febbraio 2021 si era dimesso con effetto dal 4 febbraio 2021;
che con pec del 28 febbraio 2021 esso ricorrente aveva sollecitato la
Società datrice di lavoro al pagamento del trattamento di fine rapporto e delle differenze retributive non corrisposte;
che con pec del 10 marzo 2021, aveva diffidato e messo in mora il datore di lavoro al pagamento in suo favore del trattamento di fine rapporto, delle differenze retributive del mese di dicembre 2020, dei salari mesi di gennaio e febbraio 2021 e della consegna relative buste paga e di tutto quanto dovutogli;
che era stato depositato presso il Tribunale Civile di Roma – Sezione Lavoro, ricorso per decreto ingiuntivo per la somma di euro 43.174,02 a titolo di TFR maturato, come riportato nella busta paga del mese di dicembre 2020, e non corrisposto;
che sulla scorta delle buste paga e del lavoro eseguito esso ricorrente era creditore nei confronti della
[...]
delle seguenti differenze retributive (esclusa la somma di Organizzazione_3
43.174,02 € del TFR oggetto del ricorso per D.I.): 1) salario euro 11.419,50, 2) tredicesima euro 1.526,55, 3) quattordicesima euro 2.599,23, 4) indennità festività euro
353,77, 5) permessi non goduti euro 8.244,22, 6) straordinario diurno euro 12.374,49, 7)
TFR lordo euro 4.956,73, per la somma complessiva di euro 41.474,49;
che esso lavoratore era stato assunto con un contratto di lavoro con indicato un livello inferiore
(IV) rispetto a quello previsto dal C.C.N.L. del settore per chi espletava le mansioni di
“pizzaiolo” a cui era stato adibito sin dal primo giorno di lavoro per 48 ore settimanali per sei giorni a settimana anziché 40 come da C.C.N.L. della categoria;
che, inoltre il datore di lavoro, arbitrariamente, nel 2020 aveva trasformato il contratto dal full-time in part-time orizzontale per 32 ore settimanali dal martedì al sabato, ma esso dipendente aveva continuato a prestare la propria opera per lo stesso tempo oltre le 40 ore settimanali, dal martedì al sabato, e così per tutto il tempo del rapporto di lavoro sino alle sue dimissioni, salvo quanto specificato a seguito dell'emergenza pandemica;
che il datore di lavoro poteva proporre, non imporre, una modifica delle condizioni contrattuali al lavoratore subordinato trasformando il rapporto di lavoro da tempo pieno
a tempo parziale;
che tale facoltà era riconosciuta dall'art. 8, comma 2 del D. Lgs. n.
81/2015 a condizione che la trasformazione avvenisse con specifica modalità di forma:
“Su accordo delle parti risultante da atto scritto è ammessa la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale”;
che in mancanza dell'accordo tra le parti la trasformazione non poteva avvenire per la sola volontà unilaterale del datore di lavoro (art. 5 del D.L. 726/84), ma era necessario il consenso scritto del lavoratore subordinato, forma scritta che per effetto dell'art. 1325 c.c. se mancava comportava la nullità del contratto;
che se anche il contratto a tempo parziale fosse stato valido, nel caso di specie non lo era, quando il ricorso al lavoro supplementare diventava una regola e, in particolare, quando veniva imposto un orario di lavoro superiore a quello contrattualmente pattuito, il lavoratore aveva diritto alla trasformazione del rapporto da tempo parziale in tempo pieno ed al pagamento delle differenze retributive, contributive e del TFR maturato ex artt. 2099 c.c. e 36 Cost.;
che ai sensi e per gli effetti degli artt. 2094 c.c., 2099 c.c. e 36 Cost., sulla base di quanto illustrato, esso dipendente aveva maturato le differenze retributive e il TFR per le somme sopra indicate;
che le dimissioni del ricorrente dovevano ritenersi rassegnate per giusta causa, determinate dal datore di lavoro per inadempimenti così gravi da non
consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro;
che il primo inadempimento era riconducibile alla mancata corresponsione delle differenze retributive dovute, inizialmente per le mansioni di livello superiore rispetto a quello per il quale era stato assunto esso lavoratore e il secondo, conseguenza del primo, per la mancata corresponsione del dovuto;
che, inoltre, per tutto il tempo del rapporto lavorativo esso dipendente aveva prestato ben oltre le 40 ore settimanali di lavoro effettuando 48 ore di lavoro e più, fatto non riconducibile a situazioni “eccezionali” e/o “imprevedibili”, ma scientemente programmato dal datore di lavoro che dirigeva e organizzava l'impresa;
che tale circostanza aveva determinato l'impiego di esso lavoratore per 6 giorni a settimana per 8 ore di lavoro giornaliere, quando del settore prevedeva che Org_2
doveva essere impiegato per 5 giorni a settimana con lo stesso orario o 6 con un orario inferiore alle 8 ore, il tutto compromettendo i tempi di recupero delle energie di esso lavoratore che aveva fruito di un solo giorno di riposo settimanale anziché due;
che a tale organizzazione e direzione esso lavoratore non poteva sottrarsi o sarebbe stato licenziato;
che di ciò costituiva prova la trasformazione del contratto di lavoro da parte del datore di lavoro che aveva costretto esso lavoratore a licenziarsi oppure
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