Trib. Roma, sentenza 10/12/2024, n. 12625
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI ROMA
I SEZIONE LAVORO
Il Giudice, Dott.ssa Elisabetta Capaccioli all'udienza del 10/12/2024 ha pronunciato la seguente sentenza nella causa iscritta al n. R.G. 4973/2024, vertente: tra
Parte 1 Parte_2 Parte_3
(avv.ti F. Bruschi e M. Parpaglioni) RICORRENTI
e
Controparte_1 (avv. to N. Corbo)
RESISTENTE
FATTO E DIRITTO
Con ricorso ritualmente notificato i ricorrenti in epigrafe, premesso di aver svolto con decorrenza dalla data di assunzione indicata per ciascuno in ricorso attività lavorativa alle dipendenze della convenuta con qualifica di Capo Treno/Capo Servizi Treno (Gilardi) e di IN ( Pt_1 e Pt 3 ), deducevano di aver percepito durante il periodo di ferie un trattamento economico notevolmente inferiore alla retribuzione ordinaria erogata per le mansioni proprie del profilo professionale rivestito. In particolare lamentavano che durante i giorni di ferie avevano percepito il trattamento retributivo che non includeva nella relativa base di computo né la indennità per assenza dalla residenza, corrisposta mensilmente e prevista dall'art. 77, punto 2.4 del CCNL Mobilità, Area Attività Ferroviarie, né la indennità di utilizzazione professionale variabile, prevista dagli artt. 24 e 31 del Contratto Integrativo Aziendale del 2016, sostituita dall'importo forfettario fisso di € 12.80 giornaliere per i NI ed € 4,50 per il personale di bordo .Evidenziavano che tali due indennità rappresentavano emolumenti intrinsecamente collegati alla prestazione di lavoro tant'è che erano previste e dovute in maniera continuativa .Pertanto la mancata integrale inclusione di tali indennità nella base di computo della retribuzione feriale era in contrasto con il diritto eurounitario ed, in particolare, con l'art. 31, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e con l'art. 7 della direttiva 2003/88/Ce, come interpretato dalla Corte di Giustizia UE, la quale aveva infatti, ripetutamente affermato che l'espressione «ferie annuali retribuite», utilizzata dall'art. 7 cit, doveva essere interpretata nel senso che, per la durata delle ferie annuali ai sensi di tale direttiva, la retribuzione doveva essere mantenuta e il lavoratore doveva percepire, per tale periodo di riposo, la retribuzione ordinaria», in quanto l'obbligo di monetizzare le ferie era volto a mettere il lavoratore, in occasione della fruizione delle stesse, in una situazione che, a livello retributivo, fosse paragonabile>> ai periodi di lavoro, precisando che la retribuzione delle ferie annuali doveva essere calcolata, in linea di principio, in modo tale da coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore, e che, ove determinata ad un livello appena sufficiente ad evitare un serio rischio che il lavoratore non godesse delle sue ferie, non soddisfaceva la prescrizione del diritto dell'Unione. Deducevano di aver interrotto la prescrizione con lettere di diffida allegate al ricorso e rivendicavano differenze retributive anche per i cinque anni antecedenti l'entrata in vigore della L 92/2012 cd legge Fornero. 66Concludevano chiedendo :
1.Previo, se del caso, annullamento/disapplicazione, per una interpretazione conforme al diritto Comunitario (art. 7 Direttiva 2003/88 CE) come sopra richiamato, del combinato disposto degli artt. 34 punto 8, punto 4 del ccnl 2003 e artt. 31.5 e 31.6 del ccal 2012 e 2016 nella parte in cui limitano l'indennità di utilizzazione professionale da
corrispondere per i giorni di assenza per ferie alla sola indennità forfettaria di € 12,80 per i CH e € 4,50 per i Parte 4 ;
nonché dell'art. 72.2 del ccnl 2003 e degli artt. 77.2.2.4 ccnl 2012 e 2016, nella parte in cui escludono l'indennità di condotta ed il compenso per l'Assenza dalla Residenza dalla retribuzione spettante per i giorni di ferie;
2. accertare e dichiarare il diritto di ciascun ricorrente all'inserimento nel calcolo della retribuzione percepita durante le ferie annuali negli anni a partire dal 1 luglio 2007 o in subordine e, comunque, dalla data iniziale indicata nei conteggi per ciascun ricorrente e sino alla data di posizione della sentenza, delle indennità di utilizzazione professionale di cui agli artt. sopra citati, in quanto rientranti nella normale retribuzione percepita nelle giornate di presenza in servizio e intrinsecamente collegate all'esecuzione dei compiti incombenti agli stessi ricorrenti in base al contratto di lavoro;
3
condannare, per l'effetto, la parte convenuta al pagamento, in favore di ciascuno dei ricorrenti, delle differenze retributive, per i titoli indicati, maturate dal 01.07.2007, pari alle seguenti somme lorde risultanti dai conteggi facenti parte integrante del presente atto e allegati: Cognome Nome DOVUTO
€13.210,68 Parte 1
€ 10.024,49 Parte 2
11.303,24 Parte 3
o della somma maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione come per legge, ai sensi degli artt. 421 c.p.c. e 150 disp. attuaz. c.p.c.;
salve le successive ulteriori somme maturate e maturande agli stessi titoli, in ipotesi di mancato spontaneo adempimento all'esito dell'accertamento in questa sede richiesto e azionato;
4.con vittoria di spese, competenze ed onorari del giudizio;
5.dichiarare l'emananda sentenza provvisoriamente esecutiva, come per legge". Nelle note autorizzate veniva richiesta la distrazione delle spese in favore dei procuratori antistatari dei ricorrenti. Si costituiva CP 1 contestando diffusamente il ricorso. In particolare argomentava in ordine alla inapplicabilità dei principi di cui alle sentenze della Corte di Giustizia in materia di retribuzione delle ferie nell'ordinamento italiano, atteso che nel nostro ordinamento le ferie rappresentavano un diritto costituzionalmente garantito e irrinunciabile da parte dei lavoratori né poteva ipotizzarsi l'effettivo dissuasivo che la CP 2 assegnava alla retribuzione feriale.
Deduceva che se pur le sentenze della Corte di Giustizia rivestono una speciale efficacia vincolante quando interpretano la normativa comunitaria, tuttavia doveva considerarsi che in assenza di una norma unionale che equipari le strutture retributive di tutti gli stati membri, una decisione emessa in relazione ad un elemento della retribuzione erogata in un altro stato membro, non è in grado di far stato nel sistema nazionale se non quale "principio generale" o meglio, regola tendenziale, dovendo essere conciliata con le caratteristiche del sistema. Evidenziava che,stante la natura indennitaria, doveva escludersi l'inclusione dell'indennità per assenza dalla residenza nel calcolo della retribuzione per ferie e che l'indennità utilizzazione professionale nella parte variabile non remunerava affatto la professionalità ma solo in particolare ed occasionale modo della prestazione Sosteneva l'inapplicabilità della direttiva 2003/88/CE come interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia ai rapporti già costituiti ed eccepiva la prescrizione quinquennale esprimendo perplessità in ordine alla motivazione della sentenza della SC. 26246/2022. Contestava i conteggi di parte ricorrente sostenendo che al fine di ottenere un importo presunto ( media matematica ) relativo alle competenze accessorie, eventualmente spettante anche nelle giornate di ferie,il totale delle indennità percepite doveva essere diviso per i consueti 26esimi sui quali è strutturata contrattualmente la retribuzione mensile ;
evidenziava che il conteggio di controparte era sviluppato considerando un numero di ferie errato, in quanto i principi invocati dai ricorrenti potevano trovare applicazione solo per le quattro settimane di calendario "protette" dalla Direttiva 2003/88/CE quale periodo annuale di ferie minimo garantito, corrispondente a venti giorni lavorativi.
Concludeva chiedendo : “1) In via principale, rigettare il ricorso ex adverso proposto in quanto infondato in fatto ed in diritto;
2) In subordine, rigettare comunque le domande avversarie in considerazione della inapplicabilità della interpretazione dell'articolo 10 della direttiva 2003/88/CE di cui alla sentenza Per 1 ai rapporti giuridici già costituiti alla data della sua emanazione;
3) In ogni caso, ritenuta la rilevanza e non manifesta infondatezza dell'eccezione di legittimità costituzionale dell'articolo 10 del D.lgs 66/2003 e dell'art. 2 della L. 2 agosto 2008 numero 130, che ordina l'esecuzione del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, Come modificato dall'articolo due del trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 (TFUE), nella parte in cui impone di applicare la direttiva 2003/88/CE e la Direttiva 2000/79/CE, nell'interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia e quindi, nel caso concreto, con la sentenza 15 settembre 2001 nella causa C-155/10 per violazione degli articoli 3, 36, 39 e 41 della Costituzione, sospensione del presente giudizio, rimetta gli atti alla Corte Costituzionale adottando tutti i necessari provvedimenti ordinatori.4) in subordine, nella denegata ipotesi di accoglimento del ricorso, accertare e dichiarare, ai sensi dell'art. 2948 c.c., l'intervenuta prescrizione estintiva quinquennale delle pretese economiche articolate in giudizio;
5) in ogni caso, limitare il presunto diritto al ricalcolo della retribuzione percepita durante il periodo di ferie, alle sole quattro settimane di calendario protette' dalla Direttiva quale periodo annuale di ferie minime garantite, corrispondente a 20 giorni lavorativi, ed in relazione alle ferie effettivamente spettanti, emendati gli errori di calcolo dedotti in giudizio. 6) Sempre in ogni caso, ma in via logicamente subordinata, ove ritenga di dover rigettare allo stato degli atti l'eccezione di prescrizione, ritenuta la rilevanza e non manifesta infondatezza della prospettata questione di illegittimità Cost. dell'art. 2948 n. 4 c.c. 2955 n. 2 e 2956 n. 1 come interpretati dalla Corte Costituzionale con le sentenze 63/1966,
143/1969 e 174/1972, in relazione all'art. 18 L. 300/1972 ed all'art. L. 92/2012, per violazione degli art. 3, 4 e 36