Trib. Trieste, sentenza 16/07/2024, n. 679
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI TRIESTE
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE, PROTEZIONE INTERNAZIONALE E
LIBERA CIRCOLAZIONE DEI CITTADINI DELL'UNIONE EUROPEA
N.R.G. 5011/2023
Il Tribunale, nella seguente composizione collegiale dott.ssa C Grida Presidente dott.ssa F P Giudice dott.ssa M B Giudice relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa proposta da
, nato in Bangladesh, in data 28 luglio 2004, C.F. Parte_1
, rappresentato e difeso dall'Avv.to C B del Foro C.F._1 di Trieste
ricorrente contro
, C.F. in persona del Ministro pro Controparte_1 P.IVA_1 tempore, difeso ex lege dall'Avvocatura dello Stato di Trieste
Controparte_2 resistente
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 23 novembre 2023, ha Parte_1 impugnato il decreto del Questore della Provincia di Trieste, emanato il 16 agosto
2023 e notificato l'8 novembre 2023, con cui è stata dichiarata rigettata la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale presentata dal ricorrente.
Nell'atto introduttivo, il ricorrente ha dedotto di essere cittadino bengalese, fuggito dal Paese di origine per timori di ritorsioni da parte dello zio, contrario alla relazione che il nipote aveva con la figlia;egli ha lasciato il Bangladesh da minorenne, grazie ad un prestito usuraio stipulato dalla madre, ed è giunto in Italia il 27 gennaio 2022, ottenendo un permesso di soggiorno per minore età, venendo preso in carico dalla Cooperativa Sociale Angela Merici, a Trieste, e venendo affidato dal Tribunale per i Minorenni al Comune di Trieste, con onere di predisposizione di un progetto educativo e formativo;il ricorrente, al raggiungimento della maggiore età, non è tuttavia stato informato della possibilità di presentare domanda di protezione internazionale e di chiedere il c.d. prosieguo amministrativo al Tribunale per i Minorenni né della possibilità di conversione del permesso di soggiorno in altro titolo per studio, attesa occupazione o attività lavorativa;solo nell'agosto 2022 egli ha dunque presentato domanda di protezione internazionale e, successivamente, per il rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione;infine, il 13 settembre 2022, ha presentato domanda per il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale;nel periodo trascorso in Italia, egli si è impegnato nell'apprendere la lingua italiana, conseguendo una certificazione di livello A2, ha frequentato un corso di formazione lavorativa che
l'ha portato, ad aprile 2023, a stipulare un contratto di lavoro a tempo indeterminato con la ditta Bar alla Tramvia di Mattera Marco;raggiunta la stabilità economica, egli ha reperito altresì un'autonoma soluzione abitativa;la
Commissione territoriale, nel parere negativo che ha portato la Questura al rigetto dell'istanza di protezione speciale, ha rilevato la sussistenza di elementi che potrebbero portare al riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione
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sussidiaria, invitando la Questura ad informare l'istante della possibilità di richiedere la protezione internazionale.
Alla luce di tali circostanze, comprovate dai documenti depositati in allegato al ricorso, nonché del rischio in caso di rimpatrio per il debito contratto dalla madre e per la situazione ambientale del Bangladesh, ha chiesto, in via cautelare, la sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato;in via principale, l'accertamento e la dichiarazione di illegittimità del provvedimento impugnato e il riconoscimento del diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale di cui all'art. 19, comma 1.1, del D.Lgs. 286/1998 e, in via subordinata, il riconoscimento del diritto del ricorrente all'asilo ai sensi dell'art.
10, comma 3, Cost., con vittoria di spese.
A seguito della definizione della fase cautelare, con memoria depositata il
17 giugno 2024 si è costituito il , facendo presente che le Controparte_1 mancanze nella presa in carico del ricorrente, quando era minore, non sono riconducibili all'Amministrazione;richiamato il parere negativo della Commissione territoriale, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso, con vittoria di spese.
All'udienza del 25 giugno 2024 si è svolto l'interrogatorio libero del ricorrente, reso in lingua italiana;la difesa, nella medesima data, ha depositato ulteriore documentazione, non ancora visibile a fascicolo, e il Ministero ha chiesto termine per il deposito di una eventuale nota conclusiva di replica;entrambe le difese hanno comunque insistito per l'accoglimento delle rispettive conclusioni, rinunciando alla discussione dinanzi al Collegio;il Giudice, autorizzato il deposito della documentazione e di una nota di replica per il , ha poi riservato la CP_1 decisione al Collegio.
Nel termine assegnato, il non ha depositato alcuna nota di replica CP_1 rispetto alla documentazione depositata dal ricorrente.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va premesso che sono privi di rilievo i dedotti vizi di legittimità della decisone amministrativa, posto che il giudizio introdotto non è un giudizio sull'atto amministrativo che contiene la decisione impugnata (il diniego di protezione
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speciale), né sulla regolarità di quel procedimento, bensì sulla effettiva sussistenza del diritto (soggettivo) ad ottenere la protezione invocata;in questo senso, qualsiasi carenza procedimentale o istruttoria in quella sede, così come il vizio dell'omessa omessa motivazione del provvedimento in lingua conosciuta dal richiedente, sono, quindi, ininfluenti per ciò che attiene la decisione cui il Tribunale deve pervenire, perché l'eventuale nullità del provvedimento amministrativo non esonera il giudice dal valutare la spettanza del diritto alla protezione richiesta (cfr. in tal senso Cass. 17318/2019;Cass. 7385/2017 e successive conformi, sul giudizio di riconoscimento della protezione internazionale, con principi applicabili anche al caso di specie in cui si tratta di protezione speciale).
Nel merito, ricorso deve essere accolto.
Al riguardo, si deve dare atto che la c.d. protezione speciale, così come oggi prevista, è stata introdotta dal D.L. n. 130/2020, convertito con modifiche nella legge 18 dicembre 2020, n. 173, che, per quanto qui di rilievo, nel confermare la scelta della “tipizzazione” rispetto alla fattispecie di protezione complementare a catalogo aperto, ha modificato il testo dell'art. 5 comma 6 del Testo Unico
Immigrazione, ripristinando il principio del rispetto degli obblighi costituzionali e internazionali originariamente espresso e poi eliminato dal D.L. 4 ottobre 2018, n.
113, convertito con modifiche nella legge 1 dicembre 2018, n. 132.
Più in generale, la novella legislativa:
- ha previsto la convertibilità in permessi di soggiorno per motivi di lavoro di vari titoli di permesso, tra i quali il permesso di soggiorno per protezione speciale rilasciato a seguito di decisione della Commissione Territoriale ai sensi dell'art. 32, comma 3, D. Lgs. 25/2008;
- ha modificato l'art. 19 D. Lgs. 286/1998 estendendo espressamente
l'ambito di applicazione del divieto di espulsione ai casi in cui il cittadino straniero rischi di essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti;
- ha previsto il divieto di espulsione dello straniero e correlativamente il rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale (di durata biennale e non più annuale) anche nell'ipotesi in cui l'allontanamento dal territorio nazionale
Pag. 4 di 8
possa comportare la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare della persona, salvo ragioni di sicurezza nazionale ovvero di ordine e sicurezza pubblica, con espressa indicazione degli indici da considerare.
Non deve, invece, trovare applicazione la successiva riforma dell'art. 19 del
D.Lgs. 286/1998 ad opera del D.L. 20/2023 conv. in L. 50/2023, dato che, ai sensi dell'art. 7 del testo normativo, la novella non si applica alle domande di protezione speciale in relazione alle quali l'istante avesse già ricevuto l'appuntamento per la formalizzazione prima della sua entrata in vigore, come nel caso di specie.
Peraltro, va sottolineato che, ai sensi dell'art. 7, comma 3, “resta ferma la facoltà di conversione del titolo di soggiorno in permesso di soggiorno per motivi di lavoro se ne ricorrono i presupposti”.
Appare quindi opportuno premettere alcune considerazioni di carattere generale relative ai presupposti per il riconoscimento della protezione in casi speciali di cui all'art. 19, comma 1.1, D.Lgs. 286/1998, come modificato dal D.L.
130/2020.
In particolare, la norma prevede il divieto di refoulement laddove “esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o qualora ricorrano gli obblighi di cui all'art. 5, comma 6”, ovvero degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano,
o laddove “esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare”, riconosciuti anche dall'art. 8 Cedu, “a meno che esso sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica, nonché di protezione della salute nel rispetto della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a
Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, e della
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea”.
Il legislatore ha poi specificato i criteri sulla base dei quali valutare il rischio di violazione dei diritti di cui all'art. 8 Cedu, prevedendo che, a tal fine, debba tenersi conto:
a) della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato;
Pag. 5 di 8
b) del suo effettivo inserimento sociale in Italia;
c) della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale;
d) dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese
d'origine.
Ciò premesso, nel caso in esame, il Collegio ritiene che sussistano i presupposti di tale fattispecie.
Chiarito dunque che la versione normativa applicabile al caso di cui trattasi
è quella vigente dopo il D.L. 130/2020 e prima del D.L. 20/2023, il ricorrente, a sostegno della propria domanda, ha depositato la seguente documentazione:
- permesso di soggiorno per minore età di ;Parte_1
- certificato di nascita del ricorrente;
- Tribunale per i minorenni di Trieste, provvedimento assunto ai sensi dell'art. 19 c. 5 d.lgs 142/2015 con ratifica misure accoglienza e affidamento al
Comune;
- richiesta di protezione internazionale;
- richiesta rilascio permesso di soggiorno per attesa occupazione;
- attestati frequenza e certificazione lingua italiana;
- corso professionale Enfap;
- contratto di lavoro a tempo indeterminato e aumento di livello;
- buste paga;
- attestazioni pagamento National Exchange Company;
- dichiarazione di ospitalità;
- Contratto di locazione e idoneità abitativa;
- CUD 2024;
- copia del passaporto.
Il ricorrente, dunque, risulta presente in Italia dal 2022, quando era ancora minore d'età;sul territorio egli ha compiuto un fruttuoso percorso di integrazione, studiando l'italiano e reperendo un'attività lavorativa, sempre presso il medesimo esercizio commerciale, che ha da ultimo convertito il contratto di lavoro a tempo indeterminato, a dimostrazione dell'affidabilità del ricorrente.
Pag. 6 di 8
Egli ha inoltre reperito un'autonoma abitazione e ha dimostrato una buona conoscenza della lingua italiana.
Al di là dei motivi dell'espatrio e del rischio in caso di rimpatrio, egli risulta ormai del tutto inserito nel tessuto sociale italiano, ove ha trascorso tutta la sua vita adulta, diversamente che dal Paese di provenienza, lasciato da adolescente.
Alla luce degli elementi presentati dalla difesa, il Collegio ritiene che, sulla base dei criteri indicati dall'art. 19, comma 1.1, D.Lgs. 286/1998, tenuto conto della sussistenza di un certo inserimento sociale in Italia del ricorrente, dalla continuativa attività lavorativa, della durata del suo soggiorno in Italia e dei deboli legami familiari, culturali e sociale con il suo Paese d'origine, l'eventuale ritorno dell'istante nel Paese di origine costituirebbe una lesione del suo diritto al rispetto della propria vita privata.
Non sono poi allegate né sono altrimenti emerse ragioni di sicurezza nazionale ovvero di ordine e sicurezza pubblica ostative idonee a giustificare il respingimento o l'espulsione del ricorrente.
Le circostanze di cui sopra, globalmente considerate, concretizzano una situazione che - valutata unitamente alla condotta regolare tenuta dal richiedente in Italia - dà diritto ad ottenere il permesso di soggiorno per protezione speciale.
Considerando che la decisione è stata assunta anche sulla base di documentazione che non era stata fornita all'Amministrazione, sussistono gravi motivi per la compensazione delle spese di lite.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI TRIESTE
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE, PROTEZIONE INTERNAZIONALE E
LIBERA CIRCOLAZIONE DEI CITTADINI DELL'UNIONE EUROPEA
N.R.G. 5011/2023
Il Tribunale, nella seguente composizione collegiale dott.ssa C Grida Presidente dott.ssa F P Giudice dott.ssa M B Giudice relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa proposta da
, nato in Bangladesh, in data 28 luglio 2004, C.F. Parte_1
, rappresentato e difeso dall'Avv.to C B del Foro C.F._1 di Trieste
ricorrente contro
, C.F. in persona del Ministro pro Controparte_1 P.IVA_1 tempore, difeso ex lege dall'Avvocatura dello Stato di Trieste
Controparte_2 resistente
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 23 novembre 2023, ha Parte_1 impugnato il decreto del Questore della Provincia di Trieste, emanato il 16 agosto
2023 e notificato l'8 novembre 2023, con cui è stata dichiarata rigettata la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale presentata dal ricorrente.
Nell'atto introduttivo, il ricorrente ha dedotto di essere cittadino bengalese, fuggito dal Paese di origine per timori di ritorsioni da parte dello zio, contrario alla relazione che il nipote aveva con la figlia;egli ha lasciato il Bangladesh da minorenne, grazie ad un prestito usuraio stipulato dalla madre, ed è giunto in Italia il 27 gennaio 2022, ottenendo un permesso di soggiorno per minore età, venendo preso in carico dalla Cooperativa Sociale Angela Merici, a Trieste, e venendo affidato dal Tribunale per i Minorenni al Comune di Trieste, con onere di predisposizione di un progetto educativo e formativo;il ricorrente, al raggiungimento della maggiore età, non è tuttavia stato informato della possibilità di presentare domanda di protezione internazionale e di chiedere il c.d. prosieguo amministrativo al Tribunale per i Minorenni né della possibilità di conversione del permesso di soggiorno in altro titolo per studio, attesa occupazione o attività lavorativa;solo nell'agosto 2022 egli ha dunque presentato domanda di protezione internazionale e, successivamente, per il rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione;infine, il 13 settembre 2022, ha presentato domanda per il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale;nel periodo trascorso in Italia, egli si è impegnato nell'apprendere la lingua italiana, conseguendo una certificazione di livello A2, ha frequentato un corso di formazione lavorativa che
l'ha portato, ad aprile 2023, a stipulare un contratto di lavoro a tempo indeterminato con la ditta Bar alla Tramvia di Mattera Marco;raggiunta la stabilità economica, egli ha reperito altresì un'autonoma soluzione abitativa;la
Commissione territoriale, nel parere negativo che ha portato la Questura al rigetto dell'istanza di protezione speciale, ha rilevato la sussistenza di elementi che potrebbero portare al riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione
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sussidiaria, invitando la Questura ad informare l'istante della possibilità di richiedere la protezione internazionale.
Alla luce di tali circostanze, comprovate dai documenti depositati in allegato al ricorso, nonché del rischio in caso di rimpatrio per il debito contratto dalla madre e per la situazione ambientale del Bangladesh, ha chiesto, in via cautelare, la sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato;in via principale, l'accertamento e la dichiarazione di illegittimità del provvedimento impugnato e il riconoscimento del diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale di cui all'art. 19, comma 1.1, del D.Lgs. 286/1998 e, in via subordinata, il riconoscimento del diritto del ricorrente all'asilo ai sensi dell'art.
10, comma 3, Cost., con vittoria di spese.
A seguito della definizione della fase cautelare, con memoria depositata il
17 giugno 2024 si è costituito il , facendo presente che le Controparte_1 mancanze nella presa in carico del ricorrente, quando era minore, non sono riconducibili all'Amministrazione;richiamato il parere negativo della Commissione territoriale, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso, con vittoria di spese.
All'udienza del 25 giugno 2024 si è svolto l'interrogatorio libero del ricorrente, reso in lingua italiana;la difesa, nella medesima data, ha depositato ulteriore documentazione, non ancora visibile a fascicolo, e il Ministero ha chiesto termine per il deposito di una eventuale nota conclusiva di replica;entrambe le difese hanno comunque insistito per l'accoglimento delle rispettive conclusioni, rinunciando alla discussione dinanzi al Collegio;il Giudice, autorizzato il deposito della documentazione e di una nota di replica per il , ha poi riservato la CP_1 decisione al Collegio.
Nel termine assegnato, il non ha depositato alcuna nota di replica CP_1 rispetto alla documentazione depositata dal ricorrente.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va premesso che sono privi di rilievo i dedotti vizi di legittimità della decisone amministrativa, posto che il giudizio introdotto non è un giudizio sull'atto amministrativo che contiene la decisione impugnata (il diniego di protezione
Pag. 3 di 8
speciale), né sulla regolarità di quel procedimento, bensì sulla effettiva sussistenza del diritto (soggettivo) ad ottenere la protezione invocata;in questo senso, qualsiasi carenza procedimentale o istruttoria in quella sede, così come il vizio dell'omessa omessa motivazione del provvedimento in lingua conosciuta dal richiedente, sono, quindi, ininfluenti per ciò che attiene la decisione cui il Tribunale deve pervenire, perché l'eventuale nullità del provvedimento amministrativo non esonera il giudice dal valutare la spettanza del diritto alla protezione richiesta (cfr. in tal senso Cass. 17318/2019;Cass. 7385/2017 e successive conformi, sul giudizio di riconoscimento della protezione internazionale, con principi applicabili anche al caso di specie in cui si tratta di protezione speciale).
Nel merito, ricorso deve essere accolto.
Al riguardo, si deve dare atto che la c.d. protezione speciale, così come oggi prevista, è stata introdotta dal D.L. n. 130/2020, convertito con modifiche nella legge 18 dicembre 2020, n. 173, che, per quanto qui di rilievo, nel confermare la scelta della “tipizzazione” rispetto alla fattispecie di protezione complementare a catalogo aperto, ha modificato il testo dell'art. 5 comma 6 del Testo Unico
Immigrazione, ripristinando il principio del rispetto degli obblighi costituzionali e internazionali originariamente espresso e poi eliminato dal D.L. 4 ottobre 2018, n.
113, convertito con modifiche nella legge 1 dicembre 2018, n. 132.
Più in generale, la novella legislativa:
- ha previsto la convertibilità in permessi di soggiorno per motivi di lavoro di vari titoli di permesso, tra i quali il permesso di soggiorno per protezione speciale rilasciato a seguito di decisione della Commissione Territoriale ai sensi dell'art. 32, comma 3, D. Lgs. 25/2008;
- ha modificato l'art. 19 D. Lgs. 286/1998 estendendo espressamente
l'ambito di applicazione del divieto di espulsione ai casi in cui il cittadino straniero rischi di essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti;
- ha previsto il divieto di espulsione dello straniero e correlativamente il rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale (di durata biennale e non più annuale) anche nell'ipotesi in cui l'allontanamento dal territorio nazionale
Pag. 4 di 8
possa comportare la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare della persona, salvo ragioni di sicurezza nazionale ovvero di ordine e sicurezza pubblica, con espressa indicazione degli indici da considerare.
Non deve, invece, trovare applicazione la successiva riforma dell'art. 19 del
D.Lgs. 286/1998 ad opera del D.L. 20/2023 conv. in L. 50/2023, dato che, ai sensi dell'art. 7 del testo normativo, la novella non si applica alle domande di protezione speciale in relazione alle quali l'istante avesse già ricevuto l'appuntamento per la formalizzazione prima della sua entrata in vigore, come nel caso di specie.
Peraltro, va sottolineato che, ai sensi dell'art. 7, comma 3, “resta ferma la facoltà di conversione del titolo di soggiorno in permesso di soggiorno per motivi di lavoro se ne ricorrono i presupposti”.
Appare quindi opportuno premettere alcune considerazioni di carattere generale relative ai presupposti per il riconoscimento della protezione in casi speciali di cui all'art. 19, comma 1.1, D.Lgs. 286/1998, come modificato dal D.L.
130/2020.
In particolare, la norma prevede il divieto di refoulement laddove “esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o qualora ricorrano gli obblighi di cui all'art. 5, comma 6”, ovvero degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano,
o laddove “esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare”, riconosciuti anche dall'art. 8 Cedu, “a meno che esso sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica, nonché di protezione della salute nel rispetto della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a
Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, e della
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea”.
Il legislatore ha poi specificato i criteri sulla base dei quali valutare il rischio di violazione dei diritti di cui all'art. 8 Cedu, prevedendo che, a tal fine, debba tenersi conto:
a) della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato;
Pag. 5 di 8
b) del suo effettivo inserimento sociale in Italia;
c) della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale;
d) dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese
d'origine.
Ciò premesso, nel caso in esame, il Collegio ritiene che sussistano i presupposti di tale fattispecie.
Chiarito dunque che la versione normativa applicabile al caso di cui trattasi
è quella vigente dopo il D.L. 130/2020 e prima del D.L. 20/2023, il ricorrente, a sostegno della propria domanda, ha depositato la seguente documentazione:
- permesso di soggiorno per minore età di ;Parte_1
- certificato di nascita del ricorrente;
- Tribunale per i minorenni di Trieste, provvedimento assunto ai sensi dell'art. 19 c. 5 d.lgs 142/2015 con ratifica misure accoglienza e affidamento al
Comune;
- richiesta di protezione internazionale;
- richiesta rilascio permesso di soggiorno per attesa occupazione;
- attestati frequenza e certificazione lingua italiana;
- corso professionale Enfap;
- contratto di lavoro a tempo indeterminato e aumento di livello;
- buste paga;
- attestazioni pagamento National Exchange Company;
- dichiarazione di ospitalità;
- Contratto di locazione e idoneità abitativa;
- CUD 2024;
- copia del passaporto.
Il ricorrente, dunque, risulta presente in Italia dal 2022, quando era ancora minore d'età;sul territorio egli ha compiuto un fruttuoso percorso di integrazione, studiando l'italiano e reperendo un'attività lavorativa, sempre presso il medesimo esercizio commerciale, che ha da ultimo convertito il contratto di lavoro a tempo indeterminato, a dimostrazione dell'affidabilità del ricorrente.
Pag. 6 di 8
Egli ha inoltre reperito un'autonoma abitazione e ha dimostrato una buona conoscenza della lingua italiana.
Al di là dei motivi dell'espatrio e del rischio in caso di rimpatrio, egli risulta ormai del tutto inserito nel tessuto sociale italiano, ove ha trascorso tutta la sua vita adulta, diversamente che dal Paese di provenienza, lasciato da adolescente.
Alla luce degli elementi presentati dalla difesa, il Collegio ritiene che, sulla base dei criteri indicati dall'art. 19, comma 1.1, D.Lgs. 286/1998, tenuto conto della sussistenza di un certo inserimento sociale in Italia del ricorrente, dalla continuativa attività lavorativa, della durata del suo soggiorno in Italia e dei deboli legami familiari, culturali e sociale con il suo Paese d'origine, l'eventuale ritorno dell'istante nel Paese di origine costituirebbe una lesione del suo diritto al rispetto della propria vita privata.
Non sono poi allegate né sono altrimenti emerse ragioni di sicurezza nazionale ovvero di ordine e sicurezza pubblica ostative idonee a giustificare il respingimento o l'espulsione del ricorrente.
Le circostanze di cui sopra, globalmente considerate, concretizzano una situazione che - valutata unitamente alla condotta regolare tenuta dal richiedente in Italia - dà diritto ad ottenere il permesso di soggiorno per protezione speciale.
Considerando che la decisione è stata assunta anche sulla base di documentazione che non era stata fornita all'Amministrazione, sussistono gravi motivi per la compensazione delle spese di lite.
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