Trib. Torino, sentenza 11/11/2024, n. 2945

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Torino, sentenza 11/11/2024, n. 2945
Giurisdizione : Trib. Torino
Numero : 2945
Data del deposito : 11 novembre 2024

Testo completo

RGL n. 1085/2024

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO
SEZIONE LAVORO

in persona della Giudice dr.ssa L M ha pronunciato, a seguito di scambio di memorie contenenti le sole istanze e conclusioni ex art. 127 ter c.p.c. nel termine del 11/10/2024, la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 1085/2024 RGL, promossa da:
, c.f. , rappresentata e difesa Parte_1 C.F._1 dall'avv. CARLOTTA PERSICO per procura allegata al ricorso
PARTE RICORRENTE

contro

:
, c.f. , Controparte_1 P.IVA_1 rappresentato e difeso ex art. 417 bis c.p.c. dai dott. TECLA RIVERSO e ANGELO
MAURIZIO RAGUSA
PARTE CONVENUTA
Oggetto: retribuzione – risarcimento danni
Sommario
Il risarcimento del danno da abusiva reiterazione dei contratti a termine. ......................... 2
La progressione stipendiale .................................................................................................................... 6
La carta elettronica del docente ............................................................................................................ 9
1


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Il risarcimento del danno da abusiva reiterazione dei contratti a termine.

1. la ricorrente docente inserita nelle graduatore per le Parte_1 supplenze, afferma di essere stata assunta con reiterati contratti a tempo determinato per l'insegnamento nella scuola superiore, riepilogati al capo
2 del ricorso;
afferma in particolare che i contratti riguardanti gli anni scolastici dal 2016/17 in poi debbono ritenersi necessariamente riferiti a posti vacanti nell'organico di diritto, per i quali non risultano ragioni sostitutive di personale temporaneamente assente;
la ricorrente afferma di essere stata oggetto di abusiva reiterazione dei contratti a termine per una durata complessiva superiore a 36 mesi, e domanda l'accertamento dell'abuso e la condanna del al risarcimento dei danni CP_1 quantificato ai sensi dell'art. 28 comma 2 D.Lgs. 81/2015;

2. il convenuto si è costituito resistendo alla pretesa;
Controparte_1

3. nel sistema delineato dalla L. 107/2015, posto rimedio alla precarietà di un ampio contingente di docenti impiegati da anni – in contrasto con la clausola 5 dell'Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE – in forza di contratti di supplenza a tempo determinato mediante un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato (cfr. art. 1 comma 95 e ss.), la ingiustificata reiterazione dei contratti a termine con modalità contrastanti con il diritto dell'Unione Europea non avrebbe più dovuto realizzarsi: alla regolare indizione, con cadenza triennale, di concorsi nazionali su base regionale per la copertura dei posti vacanti e disponibili, si affiancava il disposto dell'art. 1 c. 131 L. 107/2015 secondo cui “a decorrere dal 1/9/2016, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili, non possono superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche se non continuativi”;
il comma 132 dell'art. 1 aveva introdotto inoltre nello stato di previsione del un fondo per i CP_2 pagamenti in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali aventi ad oggetto il risarcimento dei danni conseguenti alla reiterazione dei contratti a
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termine per una durata complessiva superiore a 36 mesi, anche non continuativi, su posti vacanti e disponibili;

4. la disposizione del comma 131 sopra riportato è stata abrogata dall'art. 4 bis DL 12/7/2018 n. 87 (c.d. Decreto dignità, conv. in L. 9/8/2018 n. 96);

5. l'art. 29 comma 2 D.Lgs. 15/6/2015 n. 81 (così come in precedenza il
D.Lgs. 368/2001) esclude espressamente i contratti a tempo determinato stipulati con il personale docente e ATA per il conferimento delle supplenze dalla applicazione dei limiti di durata dei contratti a tempo determinato posti dal capo III del medesimo decreto legislativo;

6. a fianco del nuovo sistema di reclutamento del personale scolastico delineato dal D.Lgs. 13/4/2017 n. 59 (il cui art. 17 detta la disciplina transitoria per le immissioni in ruolo in attesa della completa attuazione del nuovo regime), resta quindi la previsione di copertura delle cattedre effettivamente vacanti e disponibili mediante l'assegnazione di supplenze ai sensi dell'art. 4 comma 1 L. 3/5/1999 n. 124 senza limiti espressi di durata;
la disposizione tuttavia va interpretata nella sola lettura consentita
– per quanto riguarda la possibilità di reiterare l'assegnazione di supplenze
– a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 20/7/2016 n. 187, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 4 comma 1 L.
124/1999
nella parte in cui autorizza, in mancanza di limiti effettivi alla durata massima totale dei rapporti di lavoro successivi, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti, senza che ragioni obiettive lo giustifichino;

7. è sufficiente in questa sede richiamare – per quanto riguarda i concetti di illegittima reiterazione dei contratti a termine e di ragioni obiettive che possano giustificarla – la corposa giurisprudenza della CGUE in merito all'accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, compendiata e sintetizzata nella pronuncia della Corte Costituzionale sopra richiamata: in estrema sintesi, la non conformità della normativa nazionale al diritto dell'Unione consegue al fatto che la normativa, da un lato, non consente di definire criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di
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tali contratti risponda effettivamente ad un'esigenza reale, sia idoneo a conseguire l'obiettivo perseguito e sia necessario a tal fine, e, dall'altro, non prevede nessun'altra misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato;

8. in merito alla configurabilità dell'abuso, deve richiamarsi l'interpretazione nomofilattica compiuta dalla Corte di Cassazione con le sentenze del
7/11/2016 (cfr., tra le altre, la n. 22552), che ha limitato la considerazione alle sole supplenze su organico di diritto, prese in esame dalla Corte di
Giustizia e dalla Corte Costituzionale, salvo che non sia allegato e provato da parte del lavoratore che, nella concreta attribuzione delle supplenze su organico di fatto e delle supplenze temporanee, vi sia stato un uso improprio e distorto del potere di organizzazione del servizio scolastico;

9. l'illecito è stato ritenuto rilevante, in assenza di disposizioni di legge che espressamente individuassero il tempo in cui il rinnovo dei contratti a termine potesse integrare la illegittima ed abusiva reiterazione delle assunzioni a termine, con riferimento al parametro del termine triennale previsto – anche a seguito della L. 107/2015, che ha riformato l'art. 400
D.Lgs. 297/1994
– per l'indizione delle procedure concorsuali per i docenti;

10. quanto alle ricadute sanzionatorie dell'illecita reiterazione dei contratti a tempo determinato oltre il terzo contratto di durata annuale, fermo il divieto di conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato con la pubblica amministrazione, e fatta salva l'efficacia riparatoria per equivalente della sopravvenuta immissione in ruolo (a cui la Corte di
Cassazione equipara la certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego), deve ritenersi che una misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l'abuso ed a cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell'Unione, sia il risarcimento del danno;

11. per la quantificazione del danno risarcibile per l'abusiva reiterazione dei contratti a termine, fatta salva la possibilità per il lavoratore di provare il maggior pregiudizio subito, soccorrono i criteri dettati dalle SS.UU. della
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Corte di Cassazione nella sentenza 15/3/2016 n. 5072, che consentono il ricorso ai parametri dettati dall'art. 32 comma 5 L. 182/2010 per la quantificazione del danno comunitario con valenza sanzionatoria, determinato tra un minimo e un massimo;
a seguito dell'abrogazione del richiamato art. 32, il riferimento deve essere sostituito
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