Trib. La Spezia, sentenza 15/04/2024, n. 82
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DELLA SPEZIA
Il Giudice monocratico in funzione di Giudice del lavoro dottor G P
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa iscritta al n. 649 del 2021 R.G.L., su ricorso depositato il 20 luglio 2021,
avente ad oggetto:
RETRIBUZIONE,
promossa da:
c.f. , res.te alla Spezia (SP), Parte_1 C.F._1 rappresentato e difeso dall'avv. C L (indirizzo p.e.c. ed Email_1
elettivamente domiciliato come in atti,
RICORRENTE
contro:
(p. I.V.A. ), con sede a Milano (MI), in Controparte_1 P.IVA_1
persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, dagli avv.ti S P e M T (indirizzi p.e.c.
e ed Email_2 Email_3
elettivamente domiciliata come in atti,
CONVENUTA
sulle seguenti conclusioni delle parti:
per ciascuna parte:
- come in atti.
FATTO E DIRITTO
1. Il ricorrente di cui in epigrafe conveniva in giudizio, avanti questo Tribunale-giudice del lavoro, la società sopra indicata, sua ex datrice di lavoro, formulando le seguenti conclusioni:
«…
1) Voglia, dichiarare che al signor per le effettive mansioni svolte e come precisate in Parte_1 premessa aveva il diritto di essere inquadrato e retribuito dal mese di maggio 2012 al termine come lavoratore appartenente al 3° livello del CCNL Commercio dalla Controparte_1
2) Voglia, accertare che il signor nella esecuzione delle proprie mansioni svolgeva Parte_1 attività di cassiere presso l'unità di vendita della con obbligo imposto dall'azienda Controparte_1 datrice di lavoro di ripianare di propria tasca somme mancanti e quindi conseguentemente dichiarare il diritto dello stesso a percepire l'indennità di cassa prevista dal CCNL Commercio;
3) Voglia conseguentemente, condannare la con sede in Milano via del Ceresio 7 Controparte_1 in persona del proprio rappresentante legale a pagare al signor a titolo di differenze Parte_1 salariali come rappresentate in premessa la complessiva somma di € 65.805,92 (o somma maggiore o minore che sarà ritenuta più giusta ed equa in applicazione anche dell'articolo 36 della Costituzione) oltre rivalutazione monetaria ed interessi come per legge;
4) Voglia infine condannare la in persona del legale rappresentante p.t., al Controparte_1 pagamento delle spese di giudizio ex DM 55/2014» (ric., pp. 11 ss., formato non orig.).
La convenuta si costituiva ed, in principalità, chiedeva il rigetto del ricorso per violazione dell'art. 414, c.p.c., indi poiché infondato in fatto e diritto;in subordine, eccepiva la prescrizione quinquennale fino all'8 maggio 2016 e chiedeva che le avversarie domande per come formulate fossero accolte, entro i superiori limiti temporali, sulla base di quanto provato in causa;sempre, col favore delle spese.
Radicatosi il contraddittorio, liberamente sentite le parti ed appurata l'impossibilità di pervenire a conciliazione, la causa era istruita come in atti;seguivano la discussione dei patroni e la decisione del giudice, come da separato dispositivo, letto e poi emesso per via telematica.
2. Il ricorrente è stato dipendente della convenuta [nota catena di vendita di calzature ed abbigliamento: v. doc. n. 4), ric.], dal 26 giugno 2002 al 22 maggio 2021, nel corso del tempo in due punti vendita ubicati alla Spezia;formula plurime domande:
a) chiede il riconoscimento del proprio diritto a superiore inquadramento al 3° livello
C.C.N.L. commercio [doc. n. 1), ric.], dal maggio 2012,
b) chiede il riconoscimento del diritto a percepire l'indennità di cassa, come prescritto dal ridetto C.C.N.L.,
c) chiede il riconoscimento del diritto a maggior compenso per il tempo impiegato nella vestizione e svestizione degli abiti di lavoro (quindici minuti prima della timbratura in entrata e quindici minuti dopo la timbratura in uscita),
d) chiede il riconoscimento del diritto al pagamento dello straordinario, in una media quantificata in ricorso,
con le conseguenti pronunzie condannatorie già viste supra.
Resiste la convenuta.
3.
Eccezioni preliminari
In primis, non vi è violazione dell'art. 414, c.p.c., per lamentata genericità del ricorso.
Tale vizio – che ridonda in nullità ove non siano specificate causa petendi e petitum
(v., per tutte, Cass. 15 mag. 1989, n. 2328) -, non sussiste perché il ricorrente ha cura di dettagliare le domande e le richieste, allegare e chiedere di provare il contenuto delle sue mansioni, dedurre per quali ragioni le stesse gli darebbero titolo a vedersi riconosciuto quanto rivendicato.
4. Anche l'eccezione di prescrizione quinquennale non è fondata.
La suprema Corte – al cui insegnamento si aderisce – ha sentenziato che, a seguito della riforma dell'art. 18, L. n. 300 del 1970, operata con la L. n. 92 del 2012, entrata in vigore il 18 luglio 2012, la prescrizione dei diritti del lavoratore non decorre più in costanza di rapporto (Cass. 6 set. 2022, n. 26246);pertanto, in ipotesi, non possono dirsi prescritti i crediti retributivi non antecedenti al quinquennio (v. art. 2948, c.c.) a ritroso dal 18 luglio
2012.
Nel caso di specie, i conteggi partono, per le differenze da superiore inquadramento, dal 2012 e, nel resto, dal gennaio 2007 [v. doc. n. 5), ric.];operando sui medesimi, per queste altre voci, è possibile quantificare le spettanze non prescritte dal luglio 2007 in avanti.
Su ciò si tornerà amplius infra.
Superate tali questioni, esaminiamo le singole domande.
5.
a) Superiore inquadramento
Il ricorrente rivendica dal maggio 2012 l'inquadramento al 3° livello, C.C.N.L. detto;a questa data, egli era qualificato (dal 1° gen. 2004) come commesso di 4° livello e gli veniva riconosciuta la qualifica professionale di shift leader, con attribuzione di una specifica indennità [v. buste paga, doc. n. 2), ric.;teste Tes_1
Il ricorrente sostiene invece che le nuove mansioni assegnategli rientravano nel piú elevato livello 3°, corrispondente, all'interno dell'azienda, alla figura dell'assistant manager, non previsto in organico nei punti vendita della Spezia (che al loro vertice avevano l'ancora superiore figura dello store manager), di fatto da lui incarnata.
In sostanza, egli non avrebbe fatto il coordinatore dei venditori ma l'assistente del capo negozio.
6. La domanda in esame si basa dunque, in diritto, sul disposto dell'art. 2103, c.c., nella formulazione antecedente alla novella del 2015 (come detto, il ricorrente assume di aver svolto le mansioni superiori dal maggio 2012).
Al riguardo, è noto che la corretta applicazione dell'art. 2103, c.c., passa attraverso la deduzione delle concrete mansioni espletate, la loro prova ed il confronto tra le declaratorie della categoria posseduta e di quella rivendicata, ai fini del giudizio di sussunzione delle provate mansioni nella declaratoria ritenuta piú corrispondente, ovvero, ove presenti, nei profili professionali piú corrispondenti (in senso assolutamente costante, v., p. es., Cass. 25 luglio 1998, n. 7313, Id. 28 apr. 2015, n. 8589, Id., ord. 22 nov. 2019, n. 30580).
Inoltre, dato il valore essenzialmente descrittivo ed esemplificativo dei profili professionali, in astratto non può essere negato il superiore inquadramento qualora le provate mansioni rientrino, per il contenuto professionale che esprimono, nella declaratoria della categoria rivendicata, ma non s'attaglino a nessuno dei profili in essa ricompresi.
In caso di espletamento di mansioni promiscue, la giurisprudenza ammette la decisività di quelle superiori qualora esse siano caratterizzanti.
Infatti la Cassazione non esime il giudice del merito da un complessivo esame, al fine di capire se quelle superiori debbano considerarsi non già quantitativamente prevalenti, ma, piuttosto, quelle tipizzanti la figura professionale, ossia quelle che, ripetendosi con normalità nel corso dell'attività lavorativa (e non, dunque, espressione di mere contingenze od occasionalità), abbiano (quantitativamente ma anche qualitativamente) una incidenza non trascurabile nel delineare i tratti salienti di detta figura. In altri termini, ciò che conta è che dette mansioni, oltre che continue, delineino la figura professionale concreta (cosí già Cass.
23 mar. 1999, n. 2744, poi, ex multis, Id. 22 nov. 2009, n. 26978, Id. 18 mar. 2011, n. 6803);in questi termini, del resto, la preferibile giurisprudenza della suprema Corte ha sviluppato il concetto della «mansione primaria e caratterizzante», che, fin dagli Anni Ottanta – cfr., p. es., Id. 12 mar. 1986, n. 1667;Id. 23 feb. 1981, n. 1103 -, la stessa Corte aveva individuato come il criterio discretivo per giudicare nelle ipotesi di svolgimento di mansioni promiscue.
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