Trib. Roma, sentenza 09/07/2024, n. 8162
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA – III SEZ. LAVORO -
Il Giudice dr. Francesco Rigato, in funzione di giudice del lavoro, all'esito dell'udienza del
9/7/2024 ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa iscritta al n°10424/2022 del ruolo generale lavoro e vertente
TRA
PE AN, rappresentato e difeso sia congiuntamente che disgiuntamente, come da delega in atti, dagli Avv.ti Giovanni Imperi e Federico Iacomelli ed elettivamente domiciliato presso lo studio legale del primo in Roma, Piazza Euclide n. 2, giusta delega in calce al presente atto,
Ricorrente
E
ROMA CAPITALE (C.F. 02438750586), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. Federica Graglia, come da procura generale alle liti depositata in atti, e presso la stessa domiciliata negli uffici dell'Avvocatura Capitolina siti in
Roma, via del Tempio di Giove, n. 21;
Resistente
E
INPS - ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA SOCIALE, con sede in Roma, Via Ciro il Grande n. 21, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avv. IA Francesca Granata unitamente alla quale è elettivamente domiciliato in Roma, Via Cesare Beccaria n. 29 presso l'Avvocatura dell'Inps.
Terzo chiamato
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OGGETTO: impugnazione del licenziamento e pagamento contributi previdenziali omessi nel periodo di sospensione cautelativa dal servizio
MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato il 28/3/2022 il ricorrente esponeva di essere è stato assunto dalla resistente l'1.12.1981 e di aver lavorato per Roma Capitale sino all'1.12.2018 allorché era stato collocato in quiescenza. Ultimo inquadramento era quello di funzionario con posizione economica D6 del CCNL comparto Regioni ed Enti Locali.
Il 23.3.2012 il GIP del Tribunale di Roma nell'ambito del p.p. n. 35894/11 applicava al ricorrente la misura cautelare della custodia in carcere, cui era data esecuzione il
27.3.2012 in relazione ai reati di truffa aggravata, falsità ideologica e corruzione.
Con nota GB/27286 del 29.3.2012 Roma Capitale, ai sensi dell'art. 5 co. 1 CCNL
2006/2009 comunicava al LP la sospensione cautelare dal servizio a decorrere dalla data della applicazione della misura e quindi dal 27.3.2012. Con nota GB/28915 del
4.4.2012 il Dipartimento Organizzazione e Risorse Umane della convenuta comunicava
l'apertura di procedimento disciplinare nei confronti del LP con contestuale sospensione dal servizio ai sensi dell'art. 55 ter D.lgs 165/2001 in attesa della definizione del procedimento penale.
Con Ordinanza del 14.9.2012 il Gip aveva in seguito revocato la misura degli arresti domiciliari, applicati il 16.6.2012 in sostituzione della custodia in carcere applicata con ordinanza del 23.3.2012, eseguita il 27.3.2012. Vista la revoca della misura cautelare, il ricorrente con nota del 15.10.2012 assunta a protocollo con n. 78530 aveva quindi richiesto la riammissione in servizio.
Tuttavia, con Deliberazione Dirigenziale n. 2511 del 23.10.2012, la resistente, disattendendo la richiesta del LP, confermava la sospensione cautelare del ricorrente, disposta con nota GB/27286 del 29.3.2012, in attesa della definizione del riferito procedimento penale ai sensi dell'art. 5 comma 3, del CCNL 2006/2009 (Cfr. doc. n. 3).
L'Amministrazione con la predetta determina prot. 2511, pur prendendo atto della intervenuta revoca della misura cautelare in sede penale, rilevava tuttavia la necessità di mantenere il dipendente nello stato di sospensione cautelare in ragione della gravità dei reati attributi, direttamente attinenti al rapporto di lavoro, per cui risultava indagato.
L'amministrazione rilevava inoltre che qualora fossero stati accertati i reati contestati in sede penale, sarebbe certamente seguita la sanzione disciplinare del licenziamento.
2
Esponeva inoltre il ricorrente che dal 29.03.2012 e sino al collocamento in pensione (Cfr. doc. n. 4), avvenuto l'1.12.2018, non aveva più ripreso servizio, persistendo per tutto il relativo periodo, lo stato di sospensione cautelare disposta dalla resistente.
Osservava poi che nel periodo di sospensione (dal 29.3.2012 all'1.2.2018), in luogo della retribuzione mensile aveva percepito un assegno alimentare in misura del 50% della retribuzione mensile spettante. La ricorrente inoltre per tutto il periodo sopra indicato aveva omesso il versamento dei contributi previdenziali relativi agli importi corrisposti al ricorrente a titolo di assegno alimentare. Ciò in palese contrasto con la CIRCOLARE INPS
n. 6 del 16.1.2014, che dispone che l'assegno alimentare corrisposto ai dipendenti sospesi in via cautelare dal servizio e per i quali pende giudizio innanzi all'autorità giudiziaria, costituisce reddito da lavoro dipendente e come tale è assoggettato alla relativa tassazione, sicché esso è anche assoggettato alla imponibilità ai sensi dell'art. 6 D.Lgs
314/97.
Trascorsi cinque anni dalla iniziale sospensione cautelare dal servizio, il ricorrente il
27.3.2017 trasmetteva nota alla convenuta significando che a mente dell'art. 10 del CCNL in caso di sospensione cautelare dal servizio per procedimento penale, essa conserva efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo comunque non superiore a 5 anni. Per tale ragione, tenuto conto che la sospensione dal servizio era stata disposta a decorrere dal 27.3.2012, decorsi i cinque anni, il LP ne aveva quindi chiesto la revoca. La richiesta del LP era tuttavia stata preceduta dalla nota n. 579 del 21.3.2017 con la quale la sospensione era stata prorogata "con revisione a cadenza biennale sino all'esito del procedimento penale ai sensi dell'art. 5 co. 10 del CCNL vigente" (doc. 7). Il ricorrente tuttavia cessava dal servizio l'1.12.2018 senza mai riprendere servizio.
Il ricorrente aggiungeva che il 7.7.2020 con sentenza n. 4958 il Tribunale di Roma aveva adottato sentenza di non doversi procedere, tra gli altri anche nei confronti del LP, per essere i reati contestati estinti per prescrizione. In tale giudizio Roma Capitale era costituita parte civile. La sentenza del Tribunale di Roma diveniva irrevocabile il
26.11.2020. La sentenza era giunta in possesso della convenuta il 5.1.2021
Con nota dell'11.3.2021 prot. GB20210018347 il competente dipartimento della resistente aveva poi riaperto il procedimento disciplinare facendo riferimento alla precedente nota del
4.4.2012 (GB/28915), con la quale era stato comunicato l'avvio del procedimento disciplinare. Con tale nota venivano riportati riferimenti alla avvenuta definizione del
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processo penale, compresi i capi di imputazione risultanti dalla formulazione contenuta nel decreto con il quale era stato disposto il giudizio. Detta nota era inoltrata anche al ricorrente ma senza le pagine di numero pari 2, 4, 6. Con tale nota la amministrazione resistente dava atto che pur essendo stati dichiarati estinti per prescrizione i reati contestati in sede penale, le condotte contestate mantenevano comunque la loro rilevanza dal punto di vista disciplinare. Il ricorrente era quindi convocato per il 20.4.2021 per essere sentito in contraddittorio circa le sue difese. Tuttavia, la missiva dell'11.3.2021 era stata spedita solo il 16.4.2021 ed era stata consegnata al ricorrente solo il 22.4.2021. Pertanto, non essendo il LP comparso in data 20.4.2021, il procedimento disciplinare si era concluso con la determina dirigenziale n. 1015 del 2.7.2021, senza che egli fosse sentito, con applicazione della sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso ai sensi di quanto disposto dall'art. 3 co. 1, lettere a), b), c), d), f) e co. 8 lettera f) del CCNL
2006/2009 e dell'art., 59 comma 1. lettere a), b), c), d), f) e co. 9 n. 2, lettera f) del CCNL
2016/2018 a decorrere dal giorno successivo alla notifica della determina stessa.
Il 29.9.2021 il ricorrente aveva quindi impugnato in via stragiudiziale il licenziamento negando di aver posto in essere atti che potessero aver beneficiato due persone nominate nella sentenza del Tribunale di Roma n. 4958/2020.
Il processo penale concluso con sentenza di non doversi procedere per estinzione di tutti i reati per prescrizione degli stessi, aveva visto la costituzione del Comune di Roma quale parte civile. Il procedimento disciplinare nei confronti del LP era stato sospeso ex art.
55 ter co. 1 del D.Lgs 165/2001 in attesa della definizione del processo penale. Quanto alla la disciplina collettiva applicabile , essa va rinvenuta nel CCNL personale non dirigente delle Regioni e Enti Locali (Cfr. doc. 13 e seguenti).
Osservava inoltre il ricorrente che la nota prot. 18347 dell'11.3.2021, recante la comunicazione della riapertura del procedimento disciplinare, era spedita al ricorrente il
16.4.2021 ed era ricevuta dal LP il 22.4.2021. Da tale nota si apprende che la sentenza del Tribunale di Roma resa in sede di dibattimento penale, irrevocabile dal 22.11.2020, era stata trasmessa alla convenuta il 5.1.2021.
Il ricorrente rilevava quindi che, come previsto dall'art. 154 disp. Att. Cpp, la cancelleria del giudice penale che ha emesso la sentenza, comunica all'amministrazione il dispositivo della sentenza e, su richiesta dell'amministrazione, anche la motivazione, entro 30 giorni dalla data del deposito (non si tratta di termine perentorio e dalla sua inosservanza non derivano conseguenze, sicché appare piuttosto termine ordinatorio). L'art. 55 ter D.Lgs
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165/2001 con riferimento ai casi di particolare complessità nell'accertamento del fatto addebitato al dipendente, prevede la possibilità di sospendere il procedimento disciplinare fino al termine del processo penale. Il quarto comma dell'art. 55 ter dispone poi che nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3 il procedimento disciplinare è ripreso o riaperto mediante rinnovo della contestazione dell'addebito entro sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza da parte della cancelleria del giudice all'amministrazione di appartenenza del dipendente ovvero dal ricevimento dell'istanza di riapertura. Il procedimento si
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