Trib. Roma, sentenza 02/01/2025, n. 16

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Roma, sentenza 02/01/2025, n. 16
Giurisdizione : Trib. Roma
Numero : 16
Data del deposito : 2 gennaio 2025

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
PRIMA SEZIONE CIVILE composto dai magistrati:
dr.ssa Marta Ienzi Presidente
dr.ssa Cecilia Pratesi Giudice
dr.ssa Simona Rossi Giudice relatore
riunito in camera di consiglio, ha emesso la seguente
S E N T E N Z A
nella causa di primo grado iscritta al numero 6660 del ruolo generale degli affari contenziosi civili dell'anno 2020, vertente
TRA
, nato a [...] il [...], ed elettivamente domiciliato in Parte_1
Roma, viale Mazzini, 88, presso lo studio dell'avv. Carla Anastasio giusta procura in calce all'atto introduttivo Attore

E
1
, nato a [...], l'[...], rappresentato e Controparte_1
difeso dagli Avv. Violetta Dosi e Giorgia Loreti, presso il cui studio in Roma, via
Nomentana 257, elettivamente domicilia, giusta procura in atti Convenuto
Con l'intervento di
, nata a [...] il [...], elettivamente domiciliata CP_2
in Roma, viale Mazzini, 88, presso lo studio dell'avv. Carla Anastasio giusta procura in calce all'atto di intervento Terza intervenuta

Nonché
il P.M. in persona del Procuratore della Repubblica - interventore ex lege –
OGGETTO: accertamento giudiziale di paternità
CONCLUSIONI: come da note di trattazione scritta per l'udienza cartolare del
26.6.24
Ragioni di fatto e diritto della decisione
Con atto di citazione ritualmente notificato alla parte convenuta, Parte_1
chiedeva che fosse accertato e dichiarato che era suo padre per Controparte_1
essere nato dalla relazione more uxorio con con acquisizione del CP_2
cognome paterno in aggiunta a quello materno ordinando, per l'effetto, che
l'ufficiale di stato civile del di Roma effettuasse la relativa annotazione Pt_2
nei registri di stato civile, con condanna del convenuto al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali subiti.
Deduceva al riguardo che la relazione tra la madre ed il era cessata alla CP_1
rivelazione dello stato di gravidanza;
che successivamente era stato falsamente
2
riconosciuto da altro uomo, pur essendo curato e mantenuto, tra molte difficoltà, dalla sola madre;
che soltanto nell'anno 2006 apprendeva dalla madre le vere generalità del padre;
che contattato il questi si era dapprima dichiarato CP_1
contento di ritrovarlo, inserendolo nel proprio contesto familiare ed amicale;
che, inopinatamente, nell'anno 2011, il padre interrompeva ogni contatto;
che con sentenza del 10.4.18, passata in giudicato, il Tribunale di Roma effettuava il disconoscimento di paternità da così lui riassumendo il Controparte_3
cognome che a nulla erano valse le richieste stragiudiziali rivolte al Pt_1
convenuto per essere riconosciuto;
che dal mancato riconoscimento e dalla perdita
e del rapporto parentale gli erano derivate grandi sofferenze, con danno biologico
e morale.
Instauratosi il contraddittorio si costituiva in giudizio che, Controparte_1
premesso di aver avuto sporadici rapporti sessuali con e di non aver CP_2
mai saputo del di lei stato di gravidanza e di aver appreso della paternità solo nell'anno 2006 dall'attore;
che, pur nutrendo forti dubbi, aveva cercato di aiutarlo, ma di essere stato poi costretto ad allontanarlo per i pressanti atteggiamenti di quello, chiaramente affetto da problemi psichiatrici, come pure documentato in atti. Chiedeva, pertanto, il rigetto della domanda, compresa quella risarcitoria, erroneamente formulata, non sussistendone i presupposti giuridici.
Concessi i termini ex art.183, VI co. c.p.c., ammessa ed espletata consulenza tecnica d'ufficio, all'udienza del 18.10.21 l'attore chiedeva emettersi sentenza parziale sullo status ed il G.I. riservava la decisione al Collegio, con termini ex art.190 c.p.c. di giorni 20+20.
Con sentenza non definitiva del 27.12.21 era dichiarata la paternità di Pt_1
in capo a , con aggiunta al cognome della madre di quello
[...] Controparte_1
del padre, come richiesto e remissione della causa in istruttoria, con separata ordinanza con riguardo alle ulteriori domande di risarcimento danni formulate dall'attore.
Ammesse le prove orali articolate dalle parti, in data 28.6.22 si costituiva, ex art.105 c.p.c. che previa autorizzazione a spiegare intervento, CP_2
chiedeva di accogliersi la domanda attorea e tutte le conseguenti richieste
3
connesse e conseguenti, istando per la condanna del convenuto al rimborso in suo favore della quota parte delle spese sostenute per il mantenimento del figlio, dalla nascita e fino al raggiungimento dell'indipendenza economica, da determinarsi in complessivi Euro 143.425,04, oltre interessi a decorrere dalla domanda e fino al saldo effettivo, ovvero nella maggiore o minore somma determinata o, in ogni caso, da determinarsi in via equitativa.
Ammesse ed espletate le prove orali (ad eccezione del deferito interpello del resistente, per sopravvenuta rinuncia del ricorrente), disposta ed espletata consulenza tecnica d'ufficio, ritenuta la causa matura per la decisione, era rinviata, per precisazione delle conclusioni, al 26.6.24.
A detta udienza, trattata cartolarmente ex art.127ter c.p.c., sulle conclusioni delle parti, la causa era deferita al Collegio per la decisione, con termini ex art.l90 c.p.c.
Preliminarmente, relativamente all'eccezione di inammissibilità dell'intervento adesivo autonomo svolto da svolta dal convenuto, la stessa non è CP_2
meritevole di accoglimento.
Il Tribunale ritiene condivisibile, al riguardo, l'orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità a tenore del quale chi interviene volontariamente in un processo ha sempre la facoltà di formulare domande nei confronti delle altre parti, quand'anche sia spirato il termine di cui all'art. 183 per la fissazione del
"thema decidendum", dal momento che tale interpretazione dell'art. 268 c.p.c. non viola il principio di ragionevole durata del processo od il diritto di difesa delle parti originarie del giudizio, poiché l'interveniente, dovendo accettare il processo nello stato in cui si trova, non può dedurre, ove sia già intervenuta la relativa preclusione, nuove prove e, di conseguenza non vi è né il rischio di riapertura dell'istruzione, né quello che la causa possa essere decisa sulla base di fonti di prova che le parti originarie non abbiano potuto debitamente contrastare (cfr., in termini, Cass. n. 31939/2019;
Cass. n. 25798/2015).
Né per il terzo intervenuto può configurarsi una violazione del diritto di difesa, come pure chiarito dalla Corte di legittimità ritenendo manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 268, comma 2, in riferimento
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agli artt. 3, 24 e 111 Cost., dal momento che la necessità per il terzo, che intervenga in un processo già iniziato, di parteciparvi "rebus sic stantibus" senza poter incidere sullo sviluppo delle fasi processuali, non costituisce ostacolo alla tutela effettiva del suo diritto, essendogli consentito di far valere le proprie ragioni, in condizione di piena eguaglianza con le altre parti, mediante la proposizione di un autonomo giudizio o dell'opposizione ex art. 404 (cfr. Cass. n.
24529/2018).
Nel merito, quanto alle richieste risarcitorie formulate da , occorre Parte_1
premettere che l'attore ha posto a fondamento dell'istanza l'assenza della figura paterna sin dal momento della nascita, in quanto non si sarebbe Controparte_1
mai curato di far parte della sua vita, così, per un verso, facendogli mancare – anche successivamente al riavvicinamento, a far data dal 2006, poi seguito da allontanamento definitivo qualche tempo dopo– il necessario apporto parentale, dall'altro ponendo tutto il peso della sua cura ed educazione sulla madre, di non elevate possibilità economiche, così anche privandolo della possibilità di una diversa (e migliore) prospettiva di realizzazione professionale e personale, subendo, al riguardo, non soltanto un danno non patrimoniale da illecito endo- parentale, ma anche un rilevante danno biologico, oltre che di natura patrimoniale.
Ciò premesso, deve in linea generale osservarsi che l'obbligo dei genitori di provvedere a mantenere, istruire ed educare la prole discende dal fatto stesso della procreazione ed è giuridicamente cristallizzato nell'art. 30 della Costituzione e nel codice civile, che nel testo vigente all'epoca dei fatti prevedeva all'art. 147 c.c. tali obblighi a carico dei genitori e all'articolo 148 c.c. l'obbligo di adempiere al dovere di mantenere, istruire ed educare la prole in proporzione delle rispettive sostanze e secondo le capacità di lavoro professionale e casalingo. Pur in presenza di numerose discriminazioni a carico dei figli nati fuori del matrimonio, superate solo con la riforma della l. 219/2012 e n.154/2013, sia il dettato costituzionale sia il codice civile riconoscevano l'esistenza di tali doveri anche nel caso di accertamento giudiziale che ha gli stessi effetti del riconoscimento, in quanto
l'art. 261 c.c. disponeva che il riconoscimento comportasse per il genitore che
l'aveva compiuto “l'assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi”, doveri e diritti enucleati nei richiamati artt. 147 e 148
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c.c.
. A completamento della disciplina codicistica, l'art. 155 (nel testo novellato dalla l.n. 54/2006 ora trasfuso nell'art. 337 ter c.c.) prevedeva, anche in caso di dissoluzione del vincolo affettivo tra i genitori (stante l'applicabilità della norma ai figli nati fuori del matrimonio ai sensi dell'art. 4 l.n. 54/20069), il diritto del figlio minore di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori e di “ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi, nonché il dovere in capo ai genitori di provvedere al mantenimento del figlio in misura proporzionale al proprio reddito, obbligo destinato a protrarsi anche oltre la minore età del figlio fino al raggiungimento dell'indipendenza economica (art.
155 quinquies ora trasfuso nell'art. 337 septies). Gli obblighi genitoriali oltre ad essere puntualmente definiti dalle norme interne trovano disciplina anche nelle norme
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