Trib. Teramo, sentenza 28/05/2024, n. 568
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Teramo, in composizione collegiale, nelle persone dei seguenti Magistrati:
Dott.ssa A D G Presidente
Dott.ssa E C P Giudice
Dott.ssa M L P Giudice relatore ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 2327 del Ruolo generale degli affari contenziosi civili dell'anno 2023
e promossa da nato a San Diego (Colombia) il 7.02.1972 e residente in Silvi, Via Parte_1
Napoli n. 3, rappresentato e difeso, giusta procura allegata al ricorso introduttivo, dall'Avv. Sia
M B, elettivamente domiciliato in Ripa Teatina, Via N. Marcone n. 34
Attore
Con l'intervento obbligatorio del Pubblico Ministero-sede
OGGETTO: Procedimento di rettifica anagrafica e di stato della persona
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso ex art. 1 l. n. 164/1982 e art. 31 d.lgs. n. 150/2011 chiedeva Parte_1 che l'intestato Tribunale ordinasse all'Ufficiale di Stato civile di effettuare la rettificazione nel relativo registro assumendo il prenome di . Per_1
Con provvedimento del 29.09.2023 il Giudice precedente assegnatario del fascicolo, rilevato che il procedimento era stato introdotto con ricorso, disponeva il mutamento del rito ex art. 4 d.lgs. n.
150/2011 in considerazione del disposto dell'art. l'art 31 d.lgs. 150/2011 – secondo cui «Le controversie aventi ad oggetto la rettificazione di attribuzione di sesso ai sensi dell'articolo 1 della legge 14 aprile 1982, n. 164, sono regolate dal rito ordinario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo» - e dell'art. 473bis c.p.c. secondo cui «le disposizioni del presente titolo si applicano ai procedimenti relativi allo stato delle persone…salvo che la legge disponga diversamente».
Acquisita la documentazione prodotta e sentita la parte all'udienza del 12.03.2024, il procedimento veniva assegnato allo scrivente Magistrato in data 9.04.2024 e, all'udienza del
9.05.2024, tenutasi mediante scambio di note ex art. 127ter c.p.c., la causa veniva rimessa per la decisione al Collegio.
Dalla documentazione in atti emerge che è affetto da Disturbo dell'Identità Parte_1 pagina 1 di 4
di Genere (vd. relazione psicologica redatta dalla Dott.ssa doc. 2 allegato Persona_2 all'atto introduttivo) ed ha iniziato la terapia ormonale per l'assegnazione del sesso femminile (vd. doc. 2 allegato all'atto introduttivo).
Ciò posto, la Corte Costituzionale con sentenza interpretativa di rigetto n. 221 del 2015 ha ammesso la rettificazione dell'attribuzione anagrafica di sesso anche in assenza del previo trattamento chirurgico.
In particolare, la Corte Costituzionale ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 comma 1 della legge n. 164 del 1982, sollevata con riferimento agli artt. 2,
3, 32, 117 primo comma della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 8 della Convenzione
Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, “in quanto, stabilendo che la rettificazione dell'attribuzione anagrafica di sesso si fa in forza di sentenza del tribunale passata in giudicato che attribuisca ad una persona sesso diverso da quello enunciato nell'atto di nascita a seguito di intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali, subordinerebbe irragionevolmente l'esercizio del fondamentale diritto all'identità di genere a trattamenti sanitari pericolosi per la salute. Tale disposizione costituisce l'approdo di un'evoluzione culturale ed ordinamentale volta al riconoscimento del diritto all'identità di genere quale elemento costitutivo del diritto all'identità personale, rientrante a pieno titolo nell'ambito dei diritti fondamentali della persona. Interpretata alla luce dei diritti della persona, la mancanza di un riferimento testuale alle modalità attraverso le quali si realizza la modificazione porta ad escludere la necessità, ai fini dell'accesso al percorso giudiziale di rettificazione anagrafica, del trattamento chirurgico, il quale costituisce solo una delle possibili tecniche per effettuare l'adeguamento dei caratteri sessuali. Tale esclusione appare, peraltro, il corollario di un'impostazione che, in coerenza con i supremi valori costituzionali, rimette al singolo la scelta delle modalità attraverso le quali realizzare, con
l'assistenza del medico e di altri specialisti, il proprio percorso di transizione, che deve comunque riguardare gli aspetti psicologici, comportamentali e fisici che concorrono a comporre l'identità di genere. Rimane così ineludibile un rigoroso accertamento giudiziale delle modalità attraverso le quali il cambiamento è avvenuto e del suo carattere definitivo. Rispetto ad esso il trattamento chirurgico costituisce uno strumento eventuale, di ausilio al fine di garantire, attraverso una tendenziale corrispondenza dei tratti somatici con quelli del sesso di appartenenza, il conseguimento di un pieno benessere psichico e fisico della persona. Il ricorso alla modificazione chirurgica risulta, quindi, autorizzabile in funzione di garanzia del diritto alla salute, laddove lo stesso sia volto a consentire alla persona di raggiungere uno stabile equilibrio psicofisico, in quei particolari casi nei quali la divergenza tra il sesso anatomico e la psicosessualità sia tale da determinare un atteggiamento conflittuale e di rifiuto della propria morfologia anatomica. In tal senso, quindi, il trattamento chirurgico non si configura come prerequisito necessario per accedere al procedimento di rettificazione, bensì come un possibile mezzo, funzionale al conseguimento di un pieno benessere psicofisico”).
Sul punto anche la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito la non obbligatorietà della preventiva
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esecuzione dell'intervento chirurgico modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari per la rettificazione dell'attribuzione di sesso (cfr. Cass. civ., sez. 1, 20 luglio 2015, n. 15138 secondo cui
“alla stregua di un'interpretazione costituzionalmente orientata, è conforme alla giurisprudenza della CEDU, dell'art. 1 della legge n. 164 del 1982, nonché del successivo articolo 3 della medesima legge, attualmente confluito nell'articolo 31 comma 4 del decreto legislativo n. 150 del
2011, per ottenere la rettificazione del sesso nei registri dello stato civile deve ritenersi non obbligatorio l'intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari. Invero, l'acquisizione di una nuova identità di genere può essere il frutto di un processo individuale che ne postula la necessità, purché la serietà ed univocità del percorso scelto e la compiutezza dell'approdo finale sia oggetto, ove necessario, di accertamento tecnico in sede giudiziale).
Nel caso di specie, dalla documentazione medica depositata in atti, proveniente dall'
[...]
, si legge che parte attrice è “riuscita a raggiungere un Organizzazione_1 soddisfacente livello di integrazione dei propri organi genitali con la propria immagine corporea, tale da poter vivere in modo soddisfacente sia a livello personale e sia nelle relazioni con gli altri”, avendo raggiunto un soddisfacente equilibrio anche nella vita sessuale “tanto che un intervento di
RCS risulterebbe inopportuno e rischioso rispetto alla soddisfazione raggiunta nell'area sessuoaffettiva”. Residuano, pertanto, “profonde difficoltà poste dal possedere documenti anagrafici al maschile” – specie in ambito lavorativo e nello svolgimento delle quotidiane pratiche amministrative – le quali limitano la libertà della persona, apparendo “necessario e urgente che (..) possa avere dei documenti al femminile senza essere obbligata a intervenire chirurgicamente con
l'asportazione degli organi per la riproduzione” (vd. doc. 2 allegato all'atto introduttivo).
Risulta, altresì, che a parte attrice è stato diagnosticato un disturbo dell'identità di genere (vd. doc.
2 allegato all'atto introduttivo).
Alla luce di quanto esposto ritiene il Collegio di poter autorizzare la rettificazione dei dati anagrafici al fine di assicurare la piena ed effettiva tutela della salute psicofisica di parte attrice, anche in assenza del trattamento medico-chirurgico di adeguamento dei caratteri sessuali da maschili a femminili, non essendo quest'ultimo necessario a garantirne l'equilibrio psico-fisico (cfr.
Tribunale Trapani, 6 luglio 2022, n. 6).
Le spese di lite devono essere dichiarate irripetibili atteso che la presente pronuncia consegue all'applicazione delle norme di legge, non comportando soccombenza ex art. 91 c.p.c.
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