Trib. Bari, sentenza 10/12/2024, n. 4901

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Bari, sentenza 10/12/2024, n. 4901
Giurisdizione : Trib. Bari
Numero : 4901
Data del deposito : 10 dicembre 2024

Testo completo


TRIBUNALE DI BARI REPUBBLICA ITALIANA In nome del popolo italiano
Il giudice dott.ssa Claudia Tanzarella,
verificata la rituale comunicazione a cura della cancelleria del provvedimento con cui si è disposto, ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., che l'udienza di discussione sia sostituita dal deposito telematico e dallo scambio di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, dà preliminarmente atto della predetta modalità di comparizione delle parti e, viste le conclusioni rassegnate dalle parti, adotta ex art. 127 ter c.p.c. la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 13394/2022 del Registro Generale e promossa da
, con il procuratore avv. GOFFREDO LEONARDO Parte_1
Ricorrente
nei confronti di in Controparte_1 persona del legale rappresentante pro tempore, con il procuratore avv. ZUPA ELENA
Resistente
Oggetto: illegittimità CISOA;

***
MOTIVI DELLA DECISIONE Con ricorso del 09.12.2022, l'istante in epigrafe indicato, premesso di essere dipendente dell' con contratto a tempo indeterminato e inquadrato nel CCNL di matrice privatistica CP_1 vigente gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria, lamentava l'illegittimità della collocazione in C.I.S.O.A. (Cassa integrazione straordinaria operai agricoli) in relazione all'emergenza epidemiologica da Covid-19, a decorrere dal 20 marzo 2020 e, con successive proroghe, sino al 24 aprile 2020, con riduzione della propria retribuzione complessiva di
€ 859,15, secondo i conteggi analitici allegati al ricorso.
1
Si doleva dell'illegittimità del collocamento in CISOA relativamente al periodo dal 20.03.2020 al 24.04.2020, in quanto disposto senza la preventiva convocazione/concertazione con le OO.SS. maggiormente rappresentative, per la discussione dei criteri di individuazione degli operai da collocare in CISOA, nonché in violazione di qualsivoglia criterio di rotazione nella scelta del personale da collocare in CISOA ovvero da esentare dalla prestazione dell'attività lavorativa. Pertanto, previo accertamento dell'illegittimità del collocamento in CISOA relativamente al periodo dal 20.03.2020 al 24.04.2020, chiedeva la corresponsione della somma di € 859,15 pari alla decurtazione della retribuzione globale di fatto illegittimamente subita, con il favore delle spese processuali, da distrarsi.
Si costituiva parte resistente, che, contestando gli avversi assunti, preliminarmente, segnalava come nella previsione normativa di cui all'art. 8 della L. 457 del 1972 - applicabile anche alle pubbliche amministrazioni che gestiscono aziende agricole o eseguono lavori di forestazione, limitatamente al personale operaio con contratto di diritto privato - rientrasse a pieno titolo la sospensione dell'attività lavorativa dovuta all'emergenza epidemiologica in atto, di talché al personale operaio con contratto di diritto privato dell'ARIF Puglia risultava applicabile la disciplina dell'istituto CISOA. Evidenziava, poi, l'osservanza dei canoni di correttezza e buona fede, obiettando pure come difettasse prova documentale da cui evincersi la denunziata violazione del principio di rotazione ed il consequenziale comportamento discriminatorio.
Inoltre, precisava come l'art. 87, comma 3, del D.L. n. 18/2020 prevedesse l'esonero dal servizio in termini di mera facoltà da parte del singolo datore di lavoro pubblico, non sussistendo alcun obbligo di applicare la medesima disposizione normativa a tutto il personale impiegato presso l' CP_1 resistente, attesa, peraltro, l'esistenza di differenti presupposti legittimanti il ricorso all'istituto della CISOA, rispetto a quelli contemplanti l'esenzione dal servizio di cui all'art. 87, comma 3, del medesimo d.l. 17 marzo 2020 n.18, convertito dalla L. 24 aprile 2020 n. 27. Concludeva, dunque, per l'integrale rigetto del ricorso.
*
Tali essendo le prospettazioni delle parti, il ricorso è infondato alla stregua delle motivazioni espresse in seno alle recenti pronunce rese in fattispecie analoghe dalla Corte di Appello di Bari,
Sez. Lavoro, (cfr., fra le altre, sentenza resa in R.G. n. 409/2023 del 17.10.2024) e di seguito integralmente riportate ex art. 118 disp. att c.p.c..
“11.1. Occorre innanzitutto premettere che l'accoglimento della domanda risarcitoria proposta dall'odierna appellata si basa sulla dedotta disparità di trattamento asseritamente subìta nei confronti di altri dipendenti che – pur essendo titolari di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato assoggettato a disciplina contrattuale di stampo privatistico – non sarebbero stati ammessi alla fruizione dell'ammortizzatore sociale ma avrebbero continuato a lavorare percependo la retribuzione dovuta in misura integrale. Il Tribunale di Bari, difatti, ha giustamente escluso che l'illegittimità della condotta dell' CP_1 potesse essere correlata all'asserita violazione degli obblighi derivanti dall'applicazione dell'art. 87, comma 3, del D.L. n. 18 del 2020 (decreto c.d. “ ”), convertito in L. n. 27 del 2020, Parte_2 vuoi perché l'esenzione del servizio era solo una facoltà e non un obbligo per la p.a., vuoi perché la lavoratrice era titolare di un rapporto di stampo privatistico e la possibilità di collocare tale tipologia di dipendenti in CISOA a causa dell'evento costituito dalla pandemia da Covid-19 era stata avallata dall' con il quale l' aveva prudenzialmente interloquito in via CP_2 CP_1 preventiva. È significativo sottolineare, peraltro, come nella nota del 17 aprile 2020 (indirizzata alle organizzazioni sindacali e, per conoscenza, anche all' lo stesso avesse rilevato CP_1 CP_2 che esenzione dal servizio ex art. 87 cit. e trattamento CISOA sono «… due misure distinte, alternative fra loro e per le quali non può parlarsi di maggiore correttezza dell'una o dell'altra».
2
11.2. Coglie poi nel segno la doglianza dell' sull'erroneità della statuizione di prime cure CP_1 in punto di onere assertivo e probatorio, essendo indubbiamente a carico del lavoratore l'onere di allegare e dimostrare la condotta discriminatoria a suo dire tenuta dal datore di lavoro e tradottasi nell'inosservanza dei principi generali di correttezza e buona fede cui deve conformarsi la selezione datoriale dei lavoratori da sospendere ai fini della fruizione degli ammortizzatori sociali. Quanto all'onere di allegazione - se è vero che secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità la domanda del lavoratore che, allegando l'illegittimità della sospensione del rapporto di lavoro per collocamento in Cassa Integrazione, chieda quale ristoro per detta illegittima sospensione la differenza tra la retribuzione ed il trattamento di integrazione salariale ha ad oggetto un credito al risarcimento del danno da inadempimento contrattuale (cfr. Cass. 10483/2019) e che in tema di inadempimento contrattuale il creditore che agisca per il risarcimento del danno può limitarsi alla mera allegazione dell'altrui inadempimento (principio affermato sin da Cass., S.U., n. 13533/2001 e da Cass. n. 25117/2024) - è altrettanto vero che è onere del creditore allegare specificamente in che cosa l'inadempimento è consistito (cfr. Cass. 6618/2018). Trasponendo i prefati principi al caso in esame, è del tutto evidente come l'odierna appellata, essendosi limitata a prospettare che «alcuni» tra gli operai al cui rapporto di lavoro si applica il CCNL di matrice privatistica sono stati chiamati ad effettuare prestazioni lavorative nel
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