Trib. Udine, sentenza 08/10/2024, n. 317
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Udine, in persona del Giudice Unico del Lavoro dott.ssa I C, ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa di primo grado iscritta in data 09/09/2022 al n. 600 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi Civili – Controversie in materia di Lavoro e di Previdenza o
Assistenza Obbligatorie per l'anno 2022, discussa all'udienza del giorno 08/10/2024
PROMOSSA DA
, con l'avv. E C Parte_1
RICORRENTE
CONTRO in persona del suo legale rappresentante pro tempore, Controparte_1 con l'avv. T P
RESISTENTE
E CONTRO
, con gli avv.ti Controparte_2
G M M, F M F, P B e L I
RESISTENTE
OGGETTO: “retribuzione”
CONCLUSIONI
Per la parte ricorrente: “A) per tutti i motivi esposti in ricorso, accertata l'assenza di qualsivoglia trasferta nel corso dell'intero periodo lavorato, nonché la permanenza della ricorrente sempre nel medesimo luogo di lavoro corrispondente alla sede dell'unità operativa della società resistente e, conseguentemente, accertata
l'insussistenza dei presupposti di legge per il riconoscimento del regime contributivo del trasfertista di cui al comma 6 dell'art. 51 del , per l'effetto, condannarsi parte CP_3 convenuta datrice di lavoro alla regolarizzazione previdenziale, versando all' CP_2
quanto indicato in narrativa e portato dai conteggi prodotti o altra diversa maggiore o minore somma che risulterà provata all'esito del giudizio anche eventualmente a seguito di espletanda ctu contabile;
B) condannarsi parte convenuta datrice di lavoro
a corrispondere alla ricorrente le differenze di tfr per l'effetto dell'accoglimento della domanda sub A), per la misura indicata nella narrativa e portata dai conteggi prodotti
o altra diversa maggiore o minore somma che risulterà provata all'esito del giudizio anche eventualmente a seguito di espletanda ctu contabile. In ogni caso: - condannarsi parte convenuta datrice di lavoro a corrispondere sugli importi comunque risultanti dovuti la rivalutazione monetaria e gli interessi di legge dalla maturazione di ogni singolo credito e fino al saldo effettivo ex artt. 429 c.p.c. e 150 disp. att. c.p.c. ovvero a risarcire il maggior danno ex art. 1224, comma 2, c.c.
(quantificabile nella rivalutazione monetaria e negli interessi), tenuto conto del fatto notorio della svalutazione monetaria;
- condannare parte convenuta al pagamento delle spese e dei compensi del presente giudizio”.
Per la parte resistente e “Nel merito: Piaccia al Tribunale: 1) CP_1 CP_1
respingere tutte le domande proposte dalla ricorrente in quanto inammissibili e/o infondate ovvero ridurle al minimo di giustizia;
2) spese di causa rifuse”.
Per la parte terza chiamata : “L'Istituto previdenziale aderisce alla richiesta, CP_2
avanzata dalla ricorrente , di condanna della parte convenuta, Parte_1 CP_4 ll'adeguamento della posizione assicurativa previdenziale della stessa ricorrente
[...]
alla misura retributiva in corso di accertamento giudiziario, mediante il pagamento, nei limiti prescrizionali di legge, della contribuzione previdenziale, per la parte in cui sia accertato in corso di causa l'omesso versamento, con le relative sanzioni civili, riservandosi espressamente di quantificare l'esatto ammontare dei contributi eventualmente omessi, nei limiti dovuti, e delle relative sanzioni civili, nel corso e/o all'esito del presente giudizio. Con vittoria di spese e compensi del giudizio nei confronti della parte soccombente”.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con ricorso depositato in data 09/09/2022 esponeva di aver Parte_1
prestato attività lavorativa di natura subordinata alle dipendenze della società
( per brevità solo , inforza di un contratto di lavoro Controparte_1 CP_4
subordinato a tempo indeterminato sottoscritto il 2.9.2019.
Il rapporto di lavoro era regolato dal CCNL Meccanica Piccola e Media Industria e la ricorrente era inquadrata come impiegata di 8° livello, con mansioni di Managing
Director con attribuzione di responsabilità di direzione aziendale, affiancando la proprietà nella gestione della società ed in particolare nel governo e coordinamento delle aree vendita, acquisti, sviluppo, logistica, personale, amministrazione e finanza.
Il contratto di assunzione prevedeva espressamente che in considerazione del suo inquadramento, della continua mobilità e spostamenti costanti in sedi variabili, costituenti il contenuto ordinario della prestazione lavorativa, la ricorrente fosse considerata lavoratrice trasfertista, priva di un luogo fisso di lavoro e che, a questo titolo, le fosse riconosciuta una indennità lorda trasfertisti pari a € 4.650,00 lordi per dodici mensilità.
L'orario di lavoro settimanale era stabilito in 40 ore settimanali dal lunedì al venerdì
e il trattamento economico retributivo lordo era pari ad € 2.282,03 per tredici mensilità, oltre ad un'indennità di funzione pari ad € 80,00 lordi per tredici mensilità ed oltre all'indennità di trasfertismo pari ad € 4.650,00 lordi mensili.
Il rapporto tra le parti era cessato il 28.2.2022, a seguito di recesso datoriale per licenziamento per giustificato motivo oggettivo, in ragione della contrazione del fatturato aziendale e della necessità di sopprimere la mansione di Managing Director.
Contestualmente alla consegna della lettera di risoluzione del rapporto di lavoro del
28.2.2022, fra le parti era stato firmato anche un accordo transattivo, non in sede protetta, con il quale la ricorrente: 1) accettava il licenziamento e rinunciava alla sua impugnazione ed alla relativa indennità sostitutiva del preavviso non lavorato pari a due mensilità;
2) rinunciava, altresì, ad ogni diritto di precedenza;
3) accettava un importo a titolo transattivo pari ad € 10.000,00 netti;
4) acconsentiva che il pagamento dell'importo transattivo, del trattamento di fine rapporto e delle competenze terminative avvenisse mediante il pagamento di acconti mensili di € 3.000,00 netti fino al saldo.
Secondo la tesi della difesa attorea la ricorrente, per tutta la durata dell'intero periodo lavorato (2.9.2019 – 28.2.2022), contrariamente a quanto previsto nel contratto di assunzione, non aveva mai effettuato alcuna trasferta per conto della società datrice di lavoro ed aveva sempre prestato la propria attività presso la sede legale della società resistente.
L'assoggettamento a contribuzione dell'indennità di trasferta per solo il 50% era dunque avvenuto in difetto dei presupposti di legge ed era, perciò, scorretto.
La ricorrente chiedeva, quindi, che fosse accertato il suo diritto ad assoggettare a contribuzione previdenziale l'intera somma che costituiva reddito imponibile, con ricalcolo anche del trattamento di fine rapporto ed a tal fine evocava in giudizio sia la società datrice di lavoro sia l' . CP_2 2. Si costituiva in giudizio la società replicando che la Controparte_1 Pt_1
era stata assunta per svolgere mansioni che implicavano un continuo spostamento all'estero, con una qualifica che, quindi, le permetteva di programmare e gestire in autonomia la propria prestazione e che l'emergenza COVID-19, con il conseguente annullamento delle fiere e il divieto degli spostamenti, aveva rappresentato un fatto sopravvenuto, che la parte datoriale aveva dovuto affrontare tenendo conto anche del blocco dei licenziamenti.
Secondo la tesi di parte resistente, era stata proprio la a chiedere l'erogazione Pt_1
di una indennità per trasfertismo come condizione per la sua assunzione.
La presunta e contestata permanenza presso la sede non le era stata imposta o richiesta dal datore di lavoro ed era anzi ascrivibile ad un inadempimento della lavoratrice.
L'indennità di trasfertismo era stata riproporzionata in ragione dei periodi di sospensione del rapporto, dopo che i presupposti e le condizioni presenti all'atto dell'assunzione erano venuti meno con la pandemia.
L'accordo intervenuto tra la società datrice di lavoro e la aveva i requisiti di Pt_1
validità per il trasfertismo, in quanto il contratto di assunzione non prevedeva una sede di lavoro, le mansioni e l'incarico attribuito alla ricorrente richiedevano ontologicamente continui spostamenti, la lavoratrice era stata dotata di attrezzature informatiche per lo svolgimento della sua attività al di fuori dei locali aziendali e le era stata riconosciuta una indennità in misura fissa, non collegata alla effettuazione di singole trasferte.
La difesa di parte resistente sollevava poi l'eccezione di dolo generale, rimarcando che la dopo
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Udine, in persona del Giudice Unico del Lavoro dott.ssa I C, ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa di primo grado iscritta in data 09/09/2022 al n. 600 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi Civili – Controversie in materia di Lavoro e di Previdenza o
Assistenza Obbligatorie per l'anno 2022, discussa all'udienza del giorno 08/10/2024
PROMOSSA DA
, con l'avv. E C Parte_1
RICORRENTE
CONTRO in persona del suo legale rappresentante pro tempore, Controparte_1 con l'avv. T P
RESISTENTE
E CONTRO
, con gli avv.ti Controparte_2
G M M, F M F, P B e L I
RESISTENTE
OGGETTO: “retribuzione”
CONCLUSIONI
Per la parte ricorrente: “A) per tutti i motivi esposti in ricorso, accertata l'assenza di qualsivoglia trasferta nel corso dell'intero periodo lavorato, nonché la permanenza della ricorrente sempre nel medesimo luogo di lavoro corrispondente alla sede dell'unità operativa della società resistente e, conseguentemente, accertata
l'insussistenza dei presupposti di legge per il riconoscimento del regime contributivo del trasfertista di cui al comma 6 dell'art. 51 del , per l'effetto, condannarsi parte CP_3 convenuta datrice di lavoro alla regolarizzazione previdenziale, versando all' CP_2
quanto indicato in narrativa e portato dai conteggi prodotti o altra diversa maggiore o minore somma che risulterà provata all'esito del giudizio anche eventualmente a seguito di espletanda ctu contabile;
B) condannarsi parte convenuta datrice di lavoro
a corrispondere alla ricorrente le differenze di tfr per l'effetto dell'accoglimento della domanda sub A), per la misura indicata nella narrativa e portata dai conteggi prodotti
o altra diversa maggiore o minore somma che risulterà provata all'esito del giudizio anche eventualmente a seguito di espletanda ctu contabile. In ogni caso: - condannarsi parte convenuta datrice di lavoro a corrispondere sugli importi comunque risultanti dovuti la rivalutazione monetaria e gli interessi di legge dalla maturazione di ogni singolo credito e fino al saldo effettivo ex artt. 429 c.p.c. e 150 disp. att. c.p.c. ovvero a risarcire il maggior danno ex art. 1224, comma 2, c.c.
(quantificabile nella rivalutazione monetaria e negli interessi), tenuto conto del fatto notorio della svalutazione monetaria;
- condannare parte convenuta al pagamento delle spese e dei compensi del presente giudizio”.
Per la parte resistente e “Nel merito: Piaccia al Tribunale: 1) CP_1 CP_1
respingere tutte le domande proposte dalla ricorrente in quanto inammissibili e/o infondate ovvero ridurle al minimo di giustizia;
2) spese di causa rifuse”.
Per la parte terza chiamata : “L'Istituto previdenziale aderisce alla richiesta, CP_2
avanzata dalla ricorrente , di condanna della parte convenuta, Parte_1 CP_4 ll'adeguamento della posizione assicurativa previdenziale della stessa ricorrente
[...]
alla misura retributiva in corso di accertamento giudiziario, mediante il pagamento, nei limiti prescrizionali di legge, della contribuzione previdenziale, per la parte in cui sia accertato in corso di causa l'omesso versamento, con le relative sanzioni civili, riservandosi espressamente di quantificare l'esatto ammontare dei contributi eventualmente omessi, nei limiti dovuti, e delle relative sanzioni civili, nel corso e/o all'esito del presente giudizio. Con vittoria di spese e compensi del giudizio nei confronti della parte soccombente”.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con ricorso depositato in data 09/09/2022 esponeva di aver Parte_1
prestato attività lavorativa di natura subordinata alle dipendenze della società
( per brevità solo , inforza di un contratto di lavoro Controparte_1 CP_4
subordinato a tempo indeterminato sottoscritto il 2.9.2019.
Il rapporto di lavoro era regolato dal CCNL Meccanica Piccola e Media Industria e la ricorrente era inquadrata come impiegata di 8° livello, con mansioni di Managing
Director con attribuzione di responsabilità di direzione aziendale, affiancando la proprietà nella gestione della società ed in particolare nel governo e coordinamento delle aree vendita, acquisti, sviluppo, logistica, personale, amministrazione e finanza.
Il contratto di assunzione prevedeva espressamente che in considerazione del suo inquadramento, della continua mobilità e spostamenti costanti in sedi variabili, costituenti il contenuto ordinario della prestazione lavorativa, la ricorrente fosse considerata lavoratrice trasfertista, priva di un luogo fisso di lavoro e che, a questo titolo, le fosse riconosciuta una indennità lorda trasfertisti pari a € 4.650,00 lordi per dodici mensilità.
L'orario di lavoro settimanale era stabilito in 40 ore settimanali dal lunedì al venerdì
e il trattamento economico retributivo lordo era pari ad € 2.282,03 per tredici mensilità, oltre ad un'indennità di funzione pari ad € 80,00 lordi per tredici mensilità ed oltre all'indennità di trasfertismo pari ad € 4.650,00 lordi mensili.
Il rapporto tra le parti era cessato il 28.2.2022, a seguito di recesso datoriale per licenziamento per giustificato motivo oggettivo, in ragione della contrazione del fatturato aziendale e della necessità di sopprimere la mansione di Managing Director.
Contestualmente alla consegna della lettera di risoluzione del rapporto di lavoro del
28.2.2022, fra le parti era stato firmato anche un accordo transattivo, non in sede protetta, con il quale la ricorrente: 1) accettava il licenziamento e rinunciava alla sua impugnazione ed alla relativa indennità sostitutiva del preavviso non lavorato pari a due mensilità;
2) rinunciava, altresì, ad ogni diritto di precedenza;
3) accettava un importo a titolo transattivo pari ad € 10.000,00 netti;
4) acconsentiva che il pagamento dell'importo transattivo, del trattamento di fine rapporto e delle competenze terminative avvenisse mediante il pagamento di acconti mensili di € 3.000,00 netti fino al saldo.
Secondo la tesi della difesa attorea la ricorrente, per tutta la durata dell'intero periodo lavorato (2.9.2019 – 28.2.2022), contrariamente a quanto previsto nel contratto di assunzione, non aveva mai effettuato alcuna trasferta per conto della società datrice di lavoro ed aveva sempre prestato la propria attività presso la sede legale della società resistente.
L'assoggettamento a contribuzione dell'indennità di trasferta per solo il 50% era dunque avvenuto in difetto dei presupposti di legge ed era, perciò, scorretto.
La ricorrente chiedeva, quindi, che fosse accertato il suo diritto ad assoggettare a contribuzione previdenziale l'intera somma che costituiva reddito imponibile, con ricalcolo anche del trattamento di fine rapporto ed a tal fine evocava in giudizio sia la società datrice di lavoro sia l' . CP_2 2. Si costituiva in giudizio la società replicando che la Controparte_1 Pt_1
era stata assunta per svolgere mansioni che implicavano un continuo spostamento all'estero, con una qualifica che, quindi, le permetteva di programmare e gestire in autonomia la propria prestazione e che l'emergenza COVID-19, con il conseguente annullamento delle fiere e il divieto degli spostamenti, aveva rappresentato un fatto sopravvenuto, che la parte datoriale aveva dovuto affrontare tenendo conto anche del blocco dei licenziamenti.
Secondo la tesi di parte resistente, era stata proprio la a chiedere l'erogazione Pt_1
di una indennità per trasfertismo come condizione per la sua assunzione.
La presunta e contestata permanenza presso la sede non le era stata imposta o richiesta dal datore di lavoro ed era anzi ascrivibile ad un inadempimento della lavoratrice.
L'indennità di trasfertismo era stata riproporzionata in ragione dei periodi di sospensione del rapporto, dopo che i presupposti e le condizioni presenti all'atto dell'assunzione erano venuti meno con la pandemia.
L'accordo intervenuto tra la società datrice di lavoro e la aveva i requisiti di Pt_1
validità per il trasfertismo, in quanto il contratto di assunzione non prevedeva una sede di lavoro, le mansioni e l'incarico attribuito alla ricorrente richiedevano ontologicamente continui spostamenti, la lavoratrice era stata dotata di attrezzature informatiche per lo svolgimento della sua attività al di fuori dei locali aziendali e le era stata riconosciuta una indennità in misura fissa, non collegata alla effettuazione di singole trasferte.
La difesa di parte resistente sollevava poi l'eccezione di dolo generale, rimarcando che la dopo
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