Trib. Venezia, sentenza 03/06/2024, n. 1738

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Venezia, sentenza 03/06/2024, n. 1738
Giurisdizione : Trib. Venezia
Numero : 1738
Data del deposito : 3 giugno 2024

Testo completo

n. 5081/2018 R.G.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI VENEZIA
SECONDA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
Dott.ssa T VETTORE Presidente
Dott. ALESSANDRO CABIANCA Giudice
Dott. MATTEO DEL VESCO Giudice rel. ed est. ha pronunciato la seguente
SENTENZA

nella causa iscritta al n. 5081/2018 R.G. promossa da
(C.F. ), rappresentato e difeso dall'avv. Elisabetta Parte_1 C.F._1
G, elettivamente domiciliato presso lo studio della stessa in Venezia-Mestre, viale San
Marco 49/C;

RICORRENTE contro
(C.F. ), rappresentata e difesa dall'avv. F CP_1 C.F._2
T, elettivamente domiciliata presso lo studio della stessa in Noale, via U. Bregolini 4;


RESISTENTE

con l'intervento del PUBBLICO MINISTERO, in persona del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Venezia;


OGGETTO: separazione giudiziale.

1 CONCLUSIONI
Il Procuratore del ricorrente ha così concluso: “si riporta alle conclusioni già rassegnate con ricorso introduttivo, ad eccezione delle conclusioni relative al contributo al mantenimento del figlio che Per_1 dovrà ridursi ad € 150,00 e corrispondentemente l'assegno di mantenimento della moglie, visto l'attuale stato di disoccupazione del sig. Pt_1
In via istruttoria…”
Il Procuratore della resistente ha così concluso:
“1) Pronunciarsi la separazione dei coniugi, ordinandone la trascrizione al competente Ufficiale di stato civile, con addebito al signor Parte_1
3) Assegnarsi la casa già coniugale alla moglie, dalla quale comunque il marito si è allontanato da tempo
e nella quale la signora , comproprietaria , ospita il figlio attualmente al terzo anno della CP_1 facoltà di Economia e Commercio presso l'università di Padova
4) Porre a carico del signor un contributo al mantenimento della moglie pari ad almeno Parte_1 euro 800,00,
Adottarsi ogni altro provvedimento opportuno e necessario.
Con vittoria di spese e compensi professionali oltre accessori, diversamente compensati.
IN VIA ISTRUTTORIA
Qualora controparte contesti la circostanza dell'esistenza attuale di un contratto di lavoro con si CP_2 insiste per l'ammissione delle istanze istruttorie formulate a verbale d'udienza del 16.02.2023;
inoltre si chiede che il Giudice voglia ordinare la produzione dell'attuale contratto di lavoro con parte ricorrente e nonché le ultime tre dichiarazioni dei redditi di , comprensive dell'eventuale CP_2 Parte_1

TFR percepito, e le buste paga dell'ultimo anno, oltre che degli estratti conto dei depositi in conto nonché degli investimenti bancari ed assicurativi, oltre che eventuali polizze vita o altri rapporti anche di investimento intestati o cointestati a o sui quali quest'ultimo risulti avere delega, nonché delle carte di Parte_1 credito di cui dispone, e delle polizze assicurative, degli ultimi 5 anni.;
qualora non Parte_1 provveda alla predetta produzione, si chiede che il Tribunale voglia ordinare, anche a mezzo GdF o Polizia

Tributaria, l'acquisizione della predetta documentazione. Si insiste inoltre per l'ammissione dei capitoli di prova formulati nelle memorie ex art. 183 VI co c.p.c. previa revoca dell'ordinanza datata 1.2.2021 per quanto non ammesso sulle istanza di parte resistente.
Con vittoria di spese ed onorari.”
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso ritualmente notificato conveniva in giudizio, avanti il Tribunale di Parte_1
Venezia, , esponendo: che in data 12.05.1990 egli aveva contratto matrimonio in Mira CP_1
(VE) con la resistente;
che dall'unione non erano nati figli;
che i coniugi però avevano adottato il figlio nato a Shashemene (Etipia) il 05.01.2002;
che la comunione materiale e spirituale si Per_2
era deteriorata a causa soprattutto dei comportamenti di gelosia della resistente;
che di comune accordo con la moglie aveva lasciato la casa coniugale andando a vivere dapprima in hotel e, a decorrere dal 01.06.2017, in un appartamento in locazione sito in Dolo;
che vani erano risultati i tentativi di riconciliarsi con la sig.ra ;
che, inoltre, egli aveva un ottimo rapporto con il figlio CP_1
che, invece, non andava d'accordo con la madre, con la quale aveva difficoltà comunicative Per_2
2
e relazionali;
che, infine, nonostante egli fosse stato costretto a lasciare la casa familiare, aveva sempre continuato a garantire alla moglie e al figlio il sostentamento economico necessario.
Tutto ciò premesso, il ricorrente concludeva chiedendo fosse pronunciata la separazione dei coniugi;
domandava inoltre: l'affidamento congiunto del figlio minore ad entrambi i genitori con collocamento prevalente presso il padre e la previsione del diritto della madre di vederlo e tenerlo con sé ogni qual volta lo desideri;
l'assegnazione della casa coniugale al padre;
la previsione di un assegno a carico della sig.ra a titolo di concorso nel mantenimento del figlio, oltre all'obbligo di pagamento CP_1
delle spese straordinarie nella misura del 50%. Chiedeva, infine, l'addebito della separazione a carico della moglie per le ragioni che si riservava di meglio articolare con le memorie difensive.
In via subordinata, invece, il ricorrente domandava, in ipotesi di collocamento del figlio presso la madre, la previsione a suo carico dell'obbligo di corrispondere, a titolo di contributo al mantenimento dello stesso, un assegno mensile nella misura di euro 600,00.
La resistente, si costituiva in giudizio, evidenziando anzitutto che: a seguito del CP_1
matrimonio e dell'adozione del minore ella aveva lasciato il proprio lavoro per dedicarsi Per_2
interamente al nucleo familiare;
che circa a distanza di un anno dall'arrivo di in famiglia, il Per_2
sig. aveva incominciato ad isolarsi dal contesto familiare assumendo un comportamento Pt_1
distaccato;
che successivamente aveva scoperto che il ricorrente, di fatto, intratteneva una relazione extraconiugale con un'altra donna, tale che aveva scoperto alcuni messaggi nel Persona_3
computer ed Ipad del marito che confermavano come il sig. frequentasse tale donna in Pt_1
costanza di matrimonio;
che il ricorrente aveva abbandonato la casa coniugale andando a convivere con l'amante;
che a quel punto ella si era trovata a provvedere da sola alle esigenze del figlio;
che tuttavia, a far data dalla fine del mese di giugno 2018, il minore aveva deciso di trasferirsi Per_2 presso l'abitazione del padre;
che da quel momento il figlio aveva iniziato a rivolgersi a lei con arroganza e con modi anche violenti;
che il comportamento scontroso del figlio era fonte per lei di grande sofferenza.
Tutto ciò premesso, la resistente aderiva alla richiesta di separazione, ma domandava fosse pronunciato l'addebito a carico del ricorrente, in ragione dell'abbandono della casa familiare e della relazione extraconiugale intrattenuta con la sig.ra Domandava poi l'affidamento congiunto Per_3
del minore, con collocazione prevalente presso la madre e regolamentazione del diritto di visita del padre, tenendo conto del primario interesse della prole;
l'assegnazione in suo favore della casa familiare;
la previsione di un assegno di mantenimento in suo favore nella misura di euro 800,00 mensili, a fronte della disparità delle condizioni economico-patrimoniali dei coniugi.
All'udienza del 13.12.2018 i coniugi comparivano innanzi al Presidente delegato del Tribunale.
Esperito negativamente il tentativo di conciliazione, il Presidente f.f. con ordinanza del
3
27.12.2018: a) autorizzava i coniugi a vivere separati;
b) affidava il figlio minore ad entrambi i genitori con residenza e collocamento prevalente presso la madre alla quale veniva anche assegnata la casa familiare;
c) regolamentava i tempi di permanenza con ciascun genitore;
d) poneva a carico del il pagamento, a titolo di mantenimento della moglie, della somma Pt_1
Org_ di euro 350,00 mensili, rivalutabili annualmente su base e) prevedeva inoltre, sempre a carico del ricorrente, l'obbligo di contribuire al mantenimento del figlio mediante il versamento mensile della somma di euro 250,00;
f) ripartiva, da ultimo, le spese straordinarie nell'interesse della prole per la quota del 70% a carico del padre e del 30% a carico della madre.
Le parti venivano, quindi, rimesse davanti al giudice istruttore per l'ulteriore trattazione del procedimento.
Il Giudice delegato, istruita la causa mediante l'assunzione di prove orali e l'acquisizione di prove documentali, all'udienza del 28.09.2023, sulle conclusioni trascritte in epigrafe, si riservava di riferire al Collegio per la decisione della controversia, previa assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.
****
La domanda di separazione personale dei coniugi e è fondata e Parte_1 CP_1
deve pertanto trovare accoglimento.
L'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, derivante dalla crisi del rapporto coniugale, emerge con chiarezza dalla determinazione espressa dalle parti di addivenire all'odierna pronuncia nonché dalla circostanza, pacifica agli atti, che alcuni mesi prima del deposito del ricorso introduttivo del giudizio il ha lasciato la casa coniugale. Pt_1
Sussistendo pertanto i requisiti previsti dall'art. 152, comma 1°, c.c., va pronunciata la separazione personale dei coniugi.
In ordine alla reciproca domanda di addebito formulata dalle parti, giova anzitutto rammentare che, sul piano generale, ai fini dell'accoglimento della domanda di addebito la comprovata violazione degli obblighi nascenti dal matrimonio costituisce presupposto necessario ma non sufficiente, in quanto il coniuge richiedente è sempre onerato di provare che una simile condotta è stata altresì concretamente idonea a produrre l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza coniugale: in altri termini, la dichiarazione di addebito implica la prova che la irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi, ovverosia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell'intollerabilità della ulteriore convivenza (Cfr. Cass. n. 32837/2022;
Cass. n. 25843/2013);
ne consegue che, in caso di mancato raggiungimento della prova in relazione al fatto che il comportamento contrario ai predetti doveri tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa efficiente del fallimento della convivenza,
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ovvero qualora la crisi matrimoniale sia antecedente rispetto alla predetta violazione o sia comunque intervenuta semplicemente ad aggravare o a rendere definitiva una crisi già in atto (cfr. Cass. n.
9074/2011 e Cass. n. 2059/2012), legittimamente viene pronunciata la separazione senza addebito.
Non ci si può poi esimere dall'osservare che costituisce orientamento consolidato in materia quello per cui, in tema di separazione personale dei coniugi, “l'abbandono della casa familiare, di per sé, costituisce violazione di un obbligo matrimoniale, non essendo decisiva la prova della asserita esistenza di una relazione extraconiugale in costanza di matrimonio. Ne discende che il volontario abbandono del domicilio coniugale è causa di per sé sufficiente di addebito della separazione, in quanto porta all'impossibilità della convivenza, salvo che si provi – e l'onere incombe a chi ha posto in essere l'abbandono – che esso è stato determinato dal comportamento dell'altro coniuge, ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata, ed in conseguenza di tale fatto” (Cass. n.10719/2013;
Cass. n.
25663/2014;
Cass. n. 12241/2020;
Cass. n. 17056/2007).
Sulla scorta dei principi che precedono, è appena sufficiente osservare che, nel caso di specie, costituisce circostanza incontestata, in quanto pacificamente ammessa dalle parti (e confermata in sede di prove testimoniali e prova per interpello del ricorrente) che il bbia volontariamente Pt_1
lasciato la casa coniugale nel mese di marzo 2017.
A fronte dunque dell'allontanamento dalla residenza familiare attuato dal coniuge, era onere del ricorrente dimostrare che l'abbandono sia dipeso da una giusta causa e, in particolare, dal venir meno di quella comunione di intenti e sentimenti tra i coniugi tale da rendere intollerabile il rapporto di convivenza nell'habitat familiare, ovvero da un comportamento determinato dall'altro coniuge;
senonché una siffatta prova non è stata in alcun modo offerta dal ricorrente, essendo rimasta a mera asserzione di parte (indimostrata) l'assunto secondo cui il rapporto si sarebbe incrinato a causa “dei continui litigi scatenati dai comportamenti morbosi e della patologica gelosia della moglie”.
Per tale ragione, la domanda di addebito formulata dalla resistente merita accoglimento, risultando ultroneo, per quanto esposto, ogni altro profilo in ordine alla causale dell'allontanamento coniugale ed alla prova dell'affermata relazione extraconiugale intrattenuta dal ricorrente. Per conseguenza, la domanda di addebito a sua volta promossa dal anche per quanto poc'anzi detto in merito Pt_1 alla assenza di elementi di prova circa la riconducibilità dell'intollerabilità della convivenza a comportamenti ascrivibili alla , va respinta. CP_1
Rileva poi il Collegio che, con riguardo alla prole, il figlio adottivo è divenuto maggiorenne Per_2
nelle more del giudizio e, pertanto, non si rende più necessaria una pronuncia sugli aspetti relativi all'affidamento, collocamento prevalente e diritto di visita del genitore non collocatario.
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In ordine alla domanda di assegnazione della casa coniugale, formulata da entrambe le parti, ritiene questo Collegio che entrambe le istanze debbano essere respinte.
Giova rammentare che, in tema di assegnazione della casa familiare, la Corte di Cassazione ha affermato che, tanto ai sensi del previgente art. 155-quater c.c., quanto ai sensi dell'attuale art. 337- sexies c.c., tale provvedimento dev'essere adottato tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli minorenni e dei figli maggiorenni non autosufficienti a permanere nell'ambiente domestico in cui sono cresciuti, in modo da garantire il mantenimento delle loro consuetudini di vita e delle relazioni sociali che in tale ambiente si sono radicate così da non far gravare sui figli l'ulteriore trauma dello sradicamento dal luogo in cui svolgeva la loro esistenza (cfr. Cass. n. 25604/2018;
Cass. n.
21334/2013;
Cass. n. 3015/2018).
È stato altresì chiarito che non si può ricorrere all'assegnazione della casa allorquando, per qualsiasi ragione, al momento della separazione dei coniugi la casa familiare, secondo il concetto sopra chiarito, non esista più, e la prole si sia già irrimediabilmente sradicata dall'originario luogo in cui si svolgeva la loro esistenza.
A questa stregua, se a seguito della separazione (anche di fatto) dei coniugi, il figlio minore o maggiorenne ma non autosufficiente, si è trasferito con un genitore in altra residenza, diversa da quella in cui è situato l'immobile già adibito a casa familiare, v'è da presumere che il centro dei suoi interessi e della sua vita di relazione risulti attualmente collocato nel nuovo luogo di residenza. Ed invero, l'assegnazione della casa familiare non può assolvere alla sua funzione di preservare le abitudini e delle relazioni domestiche dei figli nell'ambiente nel quale durante il matrimonio esse si sviluppavano in ogni caso in cui a seguito del venir meno della comunione materiale e spirituale dei coniugi la casa familiare abbia cessato di essere tale.
Tenuto conto di tanto, mette conto osservare che è incontestato che il figlio sin dal 2019, è Per_2 andato a vivere con il padre presso l'immobile nel quale quest'ultimo si era trasferito a seguito dell'allontanamento dalla casa familiare. Parimenti pacifico – e documentalmente dimostrato – è il fatto che presso tale immobile il ha posto la sua residenza (doc.11 ricorrente), così come Per_2 non contestata è l'ulteriore circostanza che il predetto abbia ivi trasferito e posto il centro delle proprie attività ed interessi.
È indubbio pertanto che il i sia ormai (definitivamente) sradicato dal luogo in cui si è svolta Per_2 la sua vita quando i genitori erano ancora insieme e conviventi e che, conseguentemente, l'originaria casa coniugale possa ancora rappresentarne l'habitat domestico e, di conseguenza, il centro dei suoi affetti. Donde l'insussistenza dei presupposti per l'accoglimento della domanda di assegnazione articolata dal ricorrente, che per quanto osservato si appalesa infondata.
6
Quanto alla richiesta formulata dalla resistente, invece, è appena il caso di sottolineare come ai fini dell'assegnazione della casa familiare occorra la concreta dimostrazione del collegamento stabile della prole con l'abitazione del genitore, unitamente al criterio della prevalenza temporale del figlio, in relazione ad una determinata unità di tempo, coniugato con il ritorno frequente dello stesso presso tale abitazione, mantenendovi il proprio centro d'interessi. La sola circostanza genericamente allegata dalla (peraltro contestata dalla controparte e non dimostrata in giudizio) per cui ella CP_1
continuerebbe ad offrire ospitalità al figlio è inidonea a fornire la concreta dimostrazione Per_2 del collegamento stabile della prole con l'originaria abitazione coniugale affidata in via provvisoria alla resistente nella fase presidenziale del presente giudizio.
D'altra parte è la stessa che con la terza memoria istruttoria (ex art. 183, sesto comma, c.p.c.) CP_1 ha ammesso e riconosciuto che “ l'habitat oramai stabile ed abituale di per scelta, non è da Per_4 tempo la casa coniugale sita in Dolo, Via Marzabotto, 26”, motivo per cui si impone il rigetto della domanda proposta dalla resistente.
Passando ora alla disamina dei profili relativi ai rapporti patrimoniali tra i coniugi ed in relazione al mantenimento della prole, in primo luogo è necessario osservare che in sede di precisazione delle conclusioni (come poi confermato dal tenore degli scritti finali ex art. 190 c.p.c.) non ha riproposto la domanda relativa alla previsione a carico del padre-ricorrente dell'obbligo di versamento di un assegno a titolo di contributo al mantenimento della prole, di talché tale richiesta deve intendersi rinunciata.
Quanto ai rapporti tra i coniugi, osserva il Collegio che la ha chiesto il riconoscimento in suo CP_1
favore di un assegno di mantenimento nella misura di euro 800,00, mentre il ha domandato Pt_1 che l'importo del suddetto sia contenuto entro il limite di euro 150,00 mensili.
In premessa, non è irrilevante rammentare che la separazione personale, a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicché i redditi adeguati cui va rapportato, ai sensi dell'articolo 156 del c.c.,
l'assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell'assegno di divorzio. Il diritto all'assegno di mantenimento è quindi fondato sulla persistenza del dovere di assistenza materiale;
il principio di parità richiede che tale sostegno sia reciproco, senza graduazioni o differenze, ma anche solidale, il che significa che chi ha maggiori risorse economiche deve condividerle con chi ne ha di meno (Cass. n. 34728/2023).
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Per quantificare l'assegno di mantenimento occorre procedere per passaggi logico-consequenziali, accertando in primo luogo il tenore di vita goduto dai coniugi in costanza di matrimonio, per poi verificare se i mezzi economici a disposizione del coniuge richiedente gli permettano di conservare tale tenore di vita, indipendentemente dalla percezione di detto assegno e, in caso di esito negativo, si deve procedere alla valutazione comparativa dei mezzi economici a disposizione di ciascun coniuge al momento della separazione;
con l'ulteriore precisazione che la valutazione delle condizioni economiche delle parti – che non richiede la determinazione dell'esatto importo dei redditi posseduti da ciascuno, essendo sufficiente un'attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali di ciascun coniuge – non può prescindere da una considerazione, oltre che dei redditi del coniuge obbligato, anche della sua globale capacità economica, dovendo altresì tenersi conto di tutti quei fattori che, ancorché diversi dal reddito, risultano idonea ad incidere sulle condizioni economiche delle parti (cfr. Cass. n. 605/2017;
con particolare riferimento alla necessità di considerare anche la capacità lavorativa del coniuge richiedente Cass. n. 5817/2018).
L'onere di dimostrare i presupposti per l'attribuzione dell'assegno grava – in base alle regole di ripartizione dell'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c. – sulla parte che chiede l'assegno (Cass. n.
4204/2006), la quale deve allegare e dimostrare la propria attuale condizione patrimoniale, il tenore di vita avuto in costanza di matrimonio e l'impossibilità di procurarsi mezzi adeguati per ragioni oggettive, quest'ultima da valutarsi in relazione alla situazione esistente nell'attualità e, in particolare, alla possibilità, per il richiedente, di svolgere un'attività lavorativa adeguata alla sua qualifica, posizione sociale e condizioni personali, d'età e di salute (Cass. n. 25781/2017).
Sulla base degli insegnamenti richiamati, nel caso in esame, occorre ricostruire le rispettive condizioni patrimoniali e reddituali delle parti.
Quanto al ricorrente emerge dalla documentazione di causa che al momento dell'introduzione del giudizio di separazione il predetto svolgeva attività lavorativa presso la Organizzazione_2
di Spinea, dalla quale ritraeva una retribuzione netta mensile di ammontare circa pari
[...]
ad euro 3.100,00. Risulta poi che il è stato licenziato nel mese di luglio 2019 e che per i Pt_1 successivi due anni ha percepito l'indennità di disoccupazione ( , precisamente sino al mese Org_3
Org_ di novembre 2021 (cfr. estratto contributivo dimesso in giudizio).
A far data poi dal mese di febbraio 2023 è stato assunto alle dipendente della società CP_2
con contratto a tempo determinato con scadenza, salvo proroghe, prevista al 05.02.2024. Dalla suddetta occupazione lavorativa egli ritrae un reddito lordo mensile di ammontare pari a complessivi euro 2.335,00 (cfr. doc. 29 ricorrente).
Il ricorrente, inoltre, è comproprietario assieme alla moglie sia dell'originaria casa familiare (oltre a connesso garage), sia dell'immobile sito in S. Stefano di Cadore (BL) in ragione della quota del 50%,
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nonché proprietario esclusivo dell'immobile abitativo ove vive con il figlio sito in Dolo, via Pastore
n. 6.
Deve infine ritenersi comprovato che, alla data del 31.01.2017, il disponeva di un saldo Pt_1
attivo in conto corrente di euro 110.386,63 e che egli, per effetto di operazione in giroconto in suo favore, ha prelevato la complessiva somma di euro 100.000,00 (cfr. movimentazione del conto corrente prodotto sub. doc. 3 dalla resistente). Org_5
Per quanto riguarda la situazione della resistente è incontestato il fatto che ella abbia smesso di lavorare nel 2008 quando fu adottato e che dal quel momento non abbia più intrapreso Per_2
l'esercizio di nuove attività lavorative retribuite. È inoltre documentato che la non ha alcuna CP_1
professionalità specifica, e non gode di un buono stato di salute, essendo affetta da una cardiopatia per la quale è stata riconosciuta invalida al lavoro se non per mansioni selezionate attraverso il collocamento mirato (doc.1 – resistente). La stessa, infine, è comproprietaria assieme al marito dell'immobile vacanze sito in S. Stefano di Cadore, della casa familiare sita in Dolo, via Marzabotto
26, del garage di Dolo situato in via Presicci n. 24, nonché proprietaria esclusiva dell'appartamento sito anch'esso in Dolo, alla via Presicci 24.
A fronte di tali risultanze, considerata la complessiva condizione economica delle parti, in particolare la piena capacità lavorativa del ricorrente (desunta anche dalle pregresse esperienze lavorative) e
l'assenza di una seria attitudine al lavoro proficuo della resistente, avuto riguardo anche al contesto nel quale si è sviluppata la vita matrimoniale, sussiste una disparità di posizione economiche tra le parti che giustifica la previsione di un assegno di mantenimento in favore della , che va CP_1
quantificato, nella misura di euro 350,00, oltre alla rivalutazione annuale secondo gli indici Istat.
Per quanto concerne il regolamento delle spese di lite, le stesse vanno compensate per la quota di 2/3, tenuto conto della convergente volontà di addivenire alla pronuncia di separazione e della reciproca soccombenza delle parti rispetto alla domanda di assegnazione della casa familiare nonché al quantum domandato in relazione all'assegno di mantenimento in favore del coniuge debole. La restante quota va addossata al ricorrente a fronte della sua soccombenza rispetto alla domanda di addebito.
Le spese vanno liquidate come da dispositivo, sulla base dei parametri ministeriali vigenti previsti per le controversie di valore indeterminato-complessità bassa (scaglione da euro 26.001 ad euro
52.000), facendo applicazione di valori medi intermedi tra i medi e minimi tariffari, tenuto conto delle questioni affrontate, della non elevata difficoltà della causa, e del pregio dell'attività difensiva in concreto svolta.
La condanna del al pagamento della quota di 1/3 delle spese processuali va pronunciata in Pt_1
favore dell'Erario, tenuto conto dell'ammissione della resistente al gratuito patrocinio come documentato in atti.
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