Trib. Salerno, sentenza 14/02/2024, n. 287
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI SALERNO
SEZIONE LAVORO
Il Giudice dott. ssa C P ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 1513/2021 reg.gen.sez.lavoro, e vertente
TRA
, rappresentato e difeso dall' avv. to ROSSOMANDO Parte_1
GIOVANNI, giusta mandato in calce al ricorso introduttivo
Ricorrente
E
rgentati Controparte_1
Contumace
Motivi in fatto e in diritto della decisione
Con ricorso depositato in data 20.03.2021 il ricorrente esponeva di aver prestato la sua attività lavorativa come agente di commercio per
[...]
avendo come zona di competenza la città di Salerno e la sua CP_1
provincia. Assumeva che il rapporto aveva avuto inizio in data 01.07.2011 e si era risolto per recesso -asseritamente illegittimo- della società datrice di lavoro in data 01.06.2020, a seguito della ricezione di lettera raccomandata
a/r nella quale gli veniva comunicato che la società a far data dal
31.12.2019 non svolgeva più “l'attività di commercializzazione di prodotti ma solo di produzione per conto terzi”. Rappresentava di aver provveduto ad impugnare il recesso a mezzo pec del 24.06.2020, invitando contestualmente la società, ma senza esito, a dirimere la questione ovvero
a versare tutte le somme dovute e non corrisposte, in particolare € 281,60 a titolo di provvigioni maturate accertate e non corrisposte, € 2.127,70 per
l'indennità di mancato preavviso, € 447,74 a titolo di indennità di cessazione del rapporto, per un totale di € 2.857,04, come da conteggi allegati. Per i su esposti motivi il ricorrente, impugnando e contestando ogni atto di rinuncia eventualmente sottoscritto, adiva il Tribunale di Salerno in funzione di giudice del lavoro, per sentire accogliere le seguenti conclusioni: “ - preliminarmente, accertare e dichiarare l'illegittimità del recesso subito dal ricorrente con ogni conseguenza;- accertare e dichiarare, altresì, il diritto del Signor a vedersi riconosciute Parte_1
tutte le provvigioni maturate e maturande fino alla data di risoluzione del rapporto di lavoro nonché l'indennità di mancato preavviso, indennità di clientela ed il FIRR e per l'effetto - condannare la convenuta al pagamento delle stesse voci e per un totale di euro 2.857,04, oltre alla quota di
Enasarco, da calcolarsi all'esito del presente giudizio secondo parametri di legge, e da versarsi, a titolo di indennità, direttamente al nonché gli, Pt_1
ulteriori, accessori di legge;- in via subordinata, dichiarare, in ogni caso, il diritto del ricorrente a percepire l'indennità di scioglimento del rapporto salvo che la stessa sia stata già versata presso l'Enasarco e, diversamente, ordinare alla società di provvedere a versare al ricorrente tale somma, eventualmente, accantonata;- condannare, in ogni caso, la convenuta al pagamento delle spese, diritti ed onorari di causa”.
La società convenuta non si costituiva in giudizio. Pertanto, occorre dichiararne la contumacia.
Espletata attività istruttoria, autorizzato il deposito di note difensive, il
Giudice, sulle conclusioni del procuratore di parte attrice richiamate nelle note di trattazione scritta ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c. sostitutive dell'udienza del 14.02.2024, decideva come da sentenza.
Il ricorso va accolto per le ragioni di seguito illustrate.
Preliminarmente occorre evidenziare che, per costante giurisprudenza, la contumacia del convenuto, di per sé sola considerata, non assume alcun significato probatorio in favore della domanda dell'attore, ma può soltanto concorrere, insieme ad altri elementi, a formare il convincimento del giudice
(cfr Cass. n. 7739/2007;Cass. n. 10947/2003;Cass. n. 21251/2010).
La mancata costituzione di una parte, infatti, non equivale ad ammissione della esistenza dei fatti dedotti dall'attore a fondamento della propria domanda e non esclude il potere-dovere del giudice di accertare se da parte dell'attore sia stata data dimostrazione probatoria dei fatti costitutivi e giustificativi della pretesa. La contumacia, infatti, integra un comportamento neutrale cui non può essere attribuita valenza confessoria, e comunque non contestativa dei fatti allegati dalla controparte, che resta onerata della relativa prova.
La contumacia del convenuto, in particolare, non vale a rendere non contestati i fatti allegati dall'altra parte né tantomeno esclude che l'attore debba fornire la prova dei fatti costitutivi del diritto dedotto in giudizio (Cass.
SS. UU. 2951/2016;Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 3765 del 12/02/2021).
Ciò premesso, come evidenziato nella parte narrativa della decisione, il ricorrente agisce in giudizio per rivendicare in primo luogo il pagamento delle provvigioni maturate all'atto della cessazione del rapporto di agenzia,
l'indennità suppletiva di clientela, il FIRR, l'indennità di mancato preavviso sul presupposto che il detto rapporto fosse stato risolto in assenza di giusta causa.
Agli atti di causa abbiamo il contratto di agenzia sottoscritto tra il ricorrente
e la convenuta, avente decorrenza 01.07.2011, la lettera di recesso senza
preavviso da parte della società mandante del 01.06.2020 con la motivazione del mancato svolgimento, da parte della detta società, a far data dal 31.12.2019, dell'attività di commercializzazione di prodotti, le fatture emesse in relazione all'intero rapporto lavorativo.
SUL SALDO PROVVIGIONALE
Il n primo luogo ha chiesto il pagamento delle provvigioni maturate in Pt_1 relazione agli affari conclusi per il IV trimestre dell'anno 2019 per un totale di euro 281,60, per come risultante dalla stessa fattura n. 6 del 10.02.2020.
Ciò premesso, per quanto qui rileva, l'art. 1748, comma 1 c.c. stabilisce che <provvigione quando l'operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento>>.
Con riferimento al diritto delle c.d. provvigioni postume il comma 3 della stessa disposizione prevede che <sugli affari conclusi dopo la data scioglimento del contratto se la proposta è pervenuta al preponente o all'agente in data antecedente o gli affari sono conclusi entro un termine ragionevole dalla data di scioglimento del contratto e la conclusione è da ricondurre prevalentemente all'attività da lui svolta>>.
L'art. 1749 c.c. (rubricato “obblighi del preponente”) prevede che “Il preponente consegna all'agente un estratto conto delle provvigioni dovute al più tardi l'ultimo giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale esse sono maturate. L'estratto conto indica gli elementi essenziali in base ai quali è stato effettuato il calcolo delle provvigioni. Entro il medesimo termine le provvigioni liquidate devono essere effettivamente pagate all'agente (comma 2). L'agente ha diritto di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni necessarie per verificare l'importo delle provvigioni liquidate ed in particolare un estratto dei libri contabili (comma 3). È nullo ogni patto contrario alle disposizioni del presente articolo (comma 4).
Il contratto di agenzia stipulato tra le parti, all'art. 5, prevedeva che il pagamento sarebbe stato effettuato il 15 del mese successivo alla presentazione della fattura.
In punto di diritto, è orientamento ormai consolidato in giurisprudenza che nel contratto d'agenzia, in effetti, il diritto alla provvigione sorge, salvo che
non sia diversamente stabilito dalle parti, solo quando l'affare sia andato a buon fine o la mancata esecuzione del contratto sia imputabile al preponente (cfr Cass. Sez. 2 - , Sentenza n. 17575 del 31/05/2022;Cass.
n. 25544 del 2018;Cass. n. 25023 del 2013;Cass. n. 14978 del 2011;
Cass. n. 10821 del 2011;Cass. n. 12838 del 2003) sicché, nel giudizio avente ad oggetto l'accertamento di tale diritto, l'agente ha l'onere di provare che gli affari da lui promossi sono andati a buon fine o che il mancato pagamento sia dovuto a fatto imputabile al preponente, essendo il buon fine dell'affare un fatto costitutivo del diritto alla provvigione (Cass. n.
25023 del 2013;Cass. n. 12838 del 2003;Cass. n. 17762 del 2003). In particolare, secondo la giurisprudenza di legittimità, i fatti che l'agente ha
l'onere di provare sono: la promozione del contratto tra preponente e cliente da parte dell'agente, la conclusione di tale contratto ed il c. d. “buon fine” (se, ovviamente, previsto) consistente nella regolare esecuzione del suddetto contratto da parte sia del preponente che del cliente (Cass. 2 maggio 2000, n. 5467), indicando, con elementi sufficienti a consentirne
l'identificazione, i contratti che l'agente assume siano stati conclusi per suo tramite, non potendosi considerare assolto l'onere probatorio dalla mera produzione degli ordini raccolti (Cass. n. 10821/2011).
E' noto altresì che "nel processo del lavoro, le parti concorrono a delineare la materia controversa, di talché la mancata contestazione del fatto costitutivo del diritto rende inutile provare il fatto stesso perché lo rende incontroverso, mentre la mancata contestazione dei fatti dedotti in esclusiva funzione probatoria opera unicamente sulla formulazione del convincimento del giudice. Tuttavia, intanto la mancata contestazione da parte del convenuto può avere le conseguenze ora specificate, in quanto i dati fattuali, interessanti sotto diversi profili la domanda attrice, siano tutti esplicitati in modo esaustivo in ricorso (o perché fondativi del diritto fatto valere in giudizio o perché rivolti a introdurre nel giudizio stesso circostanze di mera rilevanza istruttoria), non potendo, il convenuto, contestare ciò che non è stato detto, anche perché il rito del lavoro si caratterizza per una circolarità tra oneri di allegazione, oneri di contestazione ed oneri di prova, donde l'impossibilità di contestare o richiedere prova - oltre i termini preclusivi stabiliti dal codice di rito - su fatti non allegati nonché su
circostanze che, pur configurandosi come presupposti o elementi condizionanti il diritto azionato, non siano state esplicitate in modo espresso e specifico nel ricorso introduttivo" (Cass., S.U. n. 11353 del
2004;v. anche Cass. n. 1878 del 2012;n. 24158 del 2017).
Si ricorda al riguardo il regime di circolarità delle contestazioni che grava sia sul ricorrente che sul convenuto, nell'ambito dei rispettivi oneri probatori.
(Cfr.: Cass Sez. Un., n. 11353 del 17/06/2004). Tale regime impone che anche l'attore, ovvero il ricorrente in opposizione, prenda specifica posizione nei confronti delle circostanze esposte dal convenuto ovvero dall'opposto in sede di costituzione (Cfr.: Cass Sez. Lav., n. 12636 del
13/06/2005), dal momento che nel rito del lavoro le parti concorrono a delineare la materia controversa.
Orbene, in questo quadro complessivo deve valutarsi la fondatezza della domanda attorea.
Ebbene, a fronte della specifica allegazione dei fatti costitutivi del diritto vantato, del deposito della fattura del febbraio del 2020, in assenza della costituzione della convenuta, e, dunque, di eventuali eccezioni di pagamento, può ritenersi pienamente provata la sussistenza del credito.
Pertanto, parte attrice avrà diritto alla somma pari a euro 281,60 a titolo saldo provvigionale, oltre accessori di legge.
SULL'INDENNITA' DI MANCATO PREAVVISO
L'art. 1750 (rubricato “Durata del contratto o recesso”) testualmente prevede:
[I]. Il contratto di agenzia a tempo determinato che continui ad essere eseguito dalle parti successivamente alla scadenza del termine si trasforma in contratto a tempo indeterminato.
[II]. Se il contratto di agenzia è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto stesso dandone preavviso all'altra entro un termine stabilito.
[III]. Il termine di preavviso non può comunque essere inferiore ad un mese per il primo anno di durata del contratto, a due mesi per il secondo anno iniziato, a tre mesi per il terzo anno iniziato, a quattro mesi per il quarto anno, a cinque mesi per il quinto anno e a sei mesi per il sesto anno e per tutti gli anni successivi.
[IV]. Le parti possono concordare termini di preavviso di maggiore durata, ma il preponente non può osservare un termine inferiore a quello posto a carico dell'agente.
[V]. Salvo diverso accordo tra le parti, la scadenza del termine di preavviso deve coincidere con l'ultimo giorno del mese di calendario.
L'art. 11 ( rubricato “Preavviso”) dell'AEC Commercio prevede che “in caso di risoluzione di un rapporto a tempo indeterminato da parte della casa mandante, la stessa dovrà darne comunicazione scritta all'agente o rappresentante di commercio, con un preavviso della seguente misura:
Agente o rappresentante operante in forma di plurimandatario: - tre mesi per i primi tre anni di durata del rapporto;- quattro mesi nel quarto anno di durata del rapporto;- cinque mesi nel quinto anno di durata del rapporto;- sei mesi di preavviso, dal sesto anno in poi. Agente o rappresentante operante in forma di monomandatario: - cinque mesi per i primi cinque anni di durata del rapporto;- sei mesi per gli anni dal sesto all'ottavo anno;- otto mesi dal nono anno di durata del rapporto in poi”. “Ove la parte recedente, in qualsiasi momento, intenda porre fine, con effetto immediato al rapporto, essa dovrà corrispondere all'altra parte, in sostituzione del preavviso, una somma a titolo di risarcimento pari a tanti dodicesimi delle provvigioni di competenza dell'anno civile (1° gennaio - 31 dicembre) precedente quanti sono i mesi di preavviso dovuti”.
Tanto rilevato, nell'esaminare la sussistenza della giusta causa di recesso, funzionale alla fondatezza o meno della ulteriore domanda azionata dalla parte ricorrente (ovvero indennità sostitutiva di preavviso) , deve preliminarmente richiamarsi il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui all'istituto del recesso per giusta causa, previsto dall'art. 2119, primo comma, cod. civ. in relazione al contratto di lavoro subordinato, è pacificamente applicabile anche al contratto di agenzia, con la precisazione tuttavia di dover tener conto, per la valutazione della gravità della condotta, che in quest'ultimo ambito il rapporto di fiducia - in corrispondenza della maggiore autonomia di gestione dell'attività per luoghi, tempi, modalità e mezzi, in funzione del conseguimento delle finalità aziendali - assume maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato. Ne consegue che, ai fini della legittimità
del recesso, è sufficiente un fatto di minore consistenza, secondo una valutazione rimessa al giudice di merito insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivata (cfr Cass. Sez. L, Sentenza n.
11728 del 26/05/2014;Cass. Sez. L, Sentenza n. 22285 del 30/10/2015;
Cass. 29290/2019) .
Ebbene, nel caso di specie, la giusta causa indicata nella lettera di recesso consiste nel mancato svolgimento da parte della convenuta dell'attività di commercializzazione dei prodotti a far data dal 31.12.2019.
Sul punto, l'agente, odierno ricorrente, sostiene che la società mandante abbia sciolto il rapporto perché sollecitata al versamento delle somme da accantonarsi all' , avendo egli continuato a trasmettere ordini alla Org_1
società sino a marzo 2020.
Alla luce delle regole in ordine al riparto degli oneri probatori, in assenza di prova, da parte della convenuta, della giusta causa del recesso, parte attrice avrà diritto alla relativa indennità sostitutiva di preavviso per un importo pari ad euro 2.127,70, tenuto conto dei mesi di preavviso pari a sei.
Per completezza motivazionale, giova evidenziare la inverosimiglianza della ragione posta alla base del recesso, ossia il mancato svolgimento dell'attività di commercializzazione a partire da dicembre 2019, in quanto non si spiega come, a fronte di tale data, soltanto dopo sei mesi, la mandante abbia deciso di notiziare l'agente di un aspetto non poco rilevante per la prosecuzione del rapporto.
SULL'INDENNITA' SUPPLETIVA DI CLIENTELA E FIRR
Il ricorrente invoca l'indennità suppletiva di clientela prevista dall'AEC
(sebbene poi nei conteggi la denomini “FIRR”) in quanto il rapporto si sarebbe risolto per causa a lui non imputabile, e il FIRR (denominato nei conteggi come “quota di ”) sul presupposto del mancato Org_1
accantonamento delle somme presso la . Organizzazione_2
Giova preliminarmente richiamare la normativa che rileva nella fattispecie che ci occupa e gli approdi giurisprudenziali sulla medesima formatisi.
La versione attuale dell'art. 1751 c.c., così modificato dal d.lgs 1999 n. 65, attuativo della direttiva 86/853/CEE, dispone che: “all'atto della cessazione
del rapporto, il preponente è tenuto a corrispondere all'agente un'indennità se ricorrono le seguenti condizioni:
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