Trib. Firenze, sentenza 09/01/2025, n. 29

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Firenze, sentenza 09/01/2025, n. 29
Giurisdizione : Trib. Firenze
Numero : 29
Data del deposito : 9 gennaio 2025

Testo completo

Reg. gen. Sez. Lav. N. 1523/2024
Repubblica Italiana In nome del popolo italiano

in persona del dott. Carlo Chiriaco, in funzione di Giudice monocratico del lavoro, il giorno 09/01/2025, ha pronunciato mediante lettura del dispositivo e di contestuale motivazione, ex art. 429 c.p.c. la seguente
nella controversia in materia di lavoro in primo grado iscritta al n. 1523 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno 2024 vertente
TRA
(c.f. ) rappresentato e difeso come in atti dall'Avv. Parte_1 C.F._1
RE I LORENZO, con domicilio eletto VIALE SPARTACO LAVAGNINI 13 - FIRENZE
RICORRENTE
E
NEL FUTURO DELLA FABBRICA ( c.f. CP_1 Controparte_2
), rappresentata e difesa come in atti dall'Avv. MANNUCCI LUIGI e dall'Avv. P.IVA_1
ABATI MANLIO con domicilio eletto in VIA GERMANICO 203 - ROMA
RESISTENTE

Oggetto: rapporto di lavoro privato – diritto alla retribuzione – Conclusioni: COME IN ATTI

Tribunale di Firenze

___________________
1. - Con ricorso depositato in data 03/05/2024 , assunto con Parte_1 contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato e inquadramento nel livello C2 CCNL Metalmeccanici, ha chiesto all'intestato Tribunale la condanna della società datrice al pagamento della somma di € 8.087,12 ( rectius € 6.065,34)quali retribuzioni maturate da gennaio a marzo 2024 oltre le ulteriori retribuzioni maturate in corso di giudizio e rivalutazione monetaria ed interessi.
Dopo un'ampia premessa riguardante il recente passato aziendale – in cui accadeva che la società datrice dava avvio ad una procedura di licenziamento collettivo il 18 ottobre 2023, mentre i dipendenti usufruivano della Cassa Integrazione Straordinaria (CIGS) fino al 31 dicembre 2023, procedura successivamente dichiarata illegittima dal Tribunale e poi revocata e che a fronte della diffida al pagamento delle retribuzioni da gennaio 2024 l'azienda aveva opposto il proprio rifiuto, sostenendo che la fabbrica fosse occupata, rendendo impossibile l'attività produttiva - il ricorrente, lamentava di non avere ricevuto le retribuzioni di gennaio, febbraio, marzo 2024, né i cedolini paga. maturando un credito complessivo – tenuto conto di una retribuzione mensile base di € 2.021,78 mensili (voci: minimo contrattuale, scatti, superminimo, rend.inc. terzo elemento) - pari ad € 6.065,34 ( rectius per i primi tre mesi del 2024) oltre a quanto ulteriormente maturato nel corso del giudizio.
In punto di fatto, ha richiamato la posizione del sindacato FI secondo cui, nel dedurre la pretestuosità dello stato di occupazione della fabbrica, rimarcava la circostanza che la società datrice avesse deciso unilateralmente di mettere in liquidazione la società a febbraio 2023 manifestando chiara l'intenzione di non pagare le retribuzioni per liquidare il patrimonio aziendale, tanto da costringere numerosi dipendenti a dimettersi, a tal fine offrendo un incentivo all'esodo di € 5.000,00, inferiore al costo delle retribuzioni maturate.
Ha dedotto altresì che l'addotto stato di occupazione non aveva trovato riscontro negli atti di causa relativi a precedenti e giudizi posto che la società aveva mantenuto il pieno controllo della fabbrica e che i dipendenti avevano lavorato a rotazione. La stessa domanda di CIGS presentata da QF nel gennaio 2023 confermava che l'azienda svolgeva attività e che quindi la fabbrica era agibile;
mentre, d'altro canto, l'attività produttiva non era cessata per la condizione di supposta occupazione ma per una precisa scelta aziendale atteso che nonostante gli accordi del 19 gennaio 2022, la società non aveva realizzato alcuna reindustrializzazione.
Ha evidenziato altresì la circostanza che a fronte dei reiterati inadempimenti della datrice, l' aveva inviato oltre 100 diffide accertative per le Controparte_3 retribuzioni maturate da dicembre 2022 a marzo 2023, periodo in cui i dipendenti erano in CIG a rotazione. La società non aveva opposto tali diffide, pagando successivamente circa 200.000 euro. Inserendo di relativi LUL ore lavorate a dimostrazione che i dipendenti non fossero in autogestione.
Pertanto, in sintesi, l'impossibilità di
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