Trib. Arezzo, sentenza 23/09/2024, n. 768
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Testo completo
N. R.G. 406/2024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di AREZZO
SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott.ssa L F Presidente dott.ssa A C Giudice relatore ed estensore dott.ssa C C Giudice onorario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 406/2024
promossa da:
), con il patrocinio dell'avv. GIANMARCO NEGRI ed Parte_1 C.F._1
elettivamente domiciliata presso il suo studio sito in via Dante, 33 Tromello (PV)
PARTE RICORRENTE
Con l'intervento del Pubblico Ministero
Oggetto: mutamento di sesso
CONCLUSIONI
La parte ricorrente ha concluso nel modo seguente: “disporre con sentenza il diritto di Parte_1
ad essere autorizzata a sottoporsi a tutti i trattamenti medico-chirurgici che riterrà necessari per adeguare i propri caratteri ed organi sessuali, primari e secondari, da femminili a maschili;- ordinare all'Ufficiale dello Stato civile del Comune di Signa (FI) di rettificare l'atto di nascita di Parte_1
(atto n. 8, parte 1, Serie A, anno 2005), facendo constare, per mezzo di annotazioni, che il sesso ed il prenome della persona cui l'atto si riferisce devono leggersi ed intendersi, rispettivamente, come
“maschile” e come “ ” e non altrimenti, di darne comunicazione al Comune di Persona_1
pagina 1 di 7 residenza e di provvedere a tutti gli adempimenti successivi;- ordinare all'Ufficio Sentenze del
Tribunale di Arezzo di comunicare l'emananda Sentenza, decorso il termine per il suo passaggio in giudicato, al Comune di Signa (FI), affinché l'Ufficiale dello Stato civile provveda alle rettifiche come da dispositivo;- con vittoria di spese diritti ed onorari.”.
Il P.M. ha espresso parere favorevole.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con atto di citazione depositato in data 21.02.2024, senza coniuge né figli, adiva il Parte_1
Tribunale di Arezzo per sentire accogliere le seguenti conclusioni: “disporre con sentenza il diritto di
ad essere autorizzata a sottoporsi a tutti i trattamenti medico-chirurgici che riterrà Parte_1
necessari per adeguare i propri caratteri ed organi sessuali, primari e secondari, da femminili a maschili;- ordinare all'Ufficiale dello Stato civile del Comune di Signa (FI) di rettificare l'atto di nascita di (atto n. 8, parte 1, Serie A, anno 2005), facendo constare, per mezzo di Parte_1 annotazioni, che il sesso ed il prenome della persona cui l'atto si riferisce devono leggersi ed intendersi, rispettivamente, come “maschile” e come “ ” e non altrimenti, di darne Persona_1
comunicazione al Comune di residenza e di provvedere a tutti gli adempimenti successivi;- ordinare all'Ufficio Sentenze del Tribunale di Arezzo di comunicare l'emananda Sentenza, decorso il termine per il suo passaggio in giudicato, al Comune di Signa (FI), affinché l'Ufficiale dello Stato civile provveda alle rettifiche come da dispositivo;- con vittoria di spese diritti ed onorari.”.
In primo luogo, in rito, deve essere rilevato che ha introdotto il presente giudizio con la Parte_1 forma dell'atto di citazione, anziché con le forme del ricorso, nonostante l'oggetto della materia del presente giudizio sia compresa nell'ambito di applicazione delle norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie, di cui al titolo IV bis, libro II, artt. 473-bis e ss. c.p.c.
In ogni caso, tenuto conto della materia oggetto del giudizio, nonché del principio di conservazione degli atti processuali - il quale, com'è noto, consente la salvezza degli atti o anche di alcuni dei loro effetti in ragione del raggiungimento dello scopo degli stessi - l'atto introduttivo depositato quale atto di citazione deve essere considerato produttivo dei medesimi effetti di un ricorso introdotto ai sensi degli artt. 473-bis e ss. c.p.c., contenendo tutti gli elementi utili ai fini della qualificazione della domanda e della determinazione del petitum e della causa petendi e pertanto va considerato ammissibile.
pagina 2 di 7
Ciò posto, parte ricorrente ha rappresentato di aver manifestato sin dall'infanzia disturbi di disforia di genere per le proprie parti del corpo connotate in senso femminile “provando da sempre un profondo disagio per il genere assegnatole alla nascita”.
Pertanto, la parte ricorrente ha dedotto di essersi rivolta, nel mese di maggio 2023, al centro del servizio sanitario pubblico dell'Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, Dipartimento DAI materno-infantile sessualità/andrologia, e di aver intrapreso un percorso di terapia mascolinizzante, percorso che sta tuttora seguendo.
La parte ricorrente ha altresì rappresentato di avere condotto un'esistenza sempre più serena a seguito dell'inizio della terapia, considerato anche che da tempo veniva già generalmente identificata con il prenome . La parte ricorrente ha altresì rappresentato di aver provato Persona_1
costantemente imbarazzo e difficoltà a doversi presentare “con documentazione anagrafica divergente
e nel rapporto con i connotati femminili del proprio corpo”.
Ha quindi chiesto che venisse rettificato il proprio sesso anagrafico e di poter dunque procedere all'intervento chirurgico demolitivo e ricostruttivo, affermando di essere consapevole della inequivocabilità, definitività ed irreversibilità della propria intenzione di procedere a tale rettificazione.
Infine, la parte ricorrente ha chiesto che venisse disposta la rettificazione degli atti anagrafici con il mutamento del nome da a , nonché che venisse autorizzata a sottoporsi al Pt_1 Persona_1
trattamento chirurgico necessario alla riassegnazione dal genere da femminile a maschile.
All'udienza del 11.09.2024, la parte ricorrente compariva personalmente in aspetto e abiti maschili, confermando quanto indicato nel ricorso, nonché la volontà di procedere alla rettificazione dell'attribuzione di sesso e all'intervento.
Alla medesima udienza, la causa, sulle conclusioni delle parti come in epigrafe trascritte, veniva trattenuta in decisione, previa acquisizione del parere del P.M.
La domanda, alla luce della documentazione medica in atti, proveniente da una struttura sanitaria pubblica (Centro di Coordinamento Regionale per le problematiche sanitarie relative all'identità di genere (CRIG) - SOD andrologia, endocrinologia femminile e incongruenza di genere dipartimento materno infantile presso l'Azienda Ospedaliero Universitaria di Careggi di Firenze), appare fondata.
Occorre ricordare che, come affermato dalla Suprema Corte con sentenza n. 15138 del 2015 “deve escludersi, anche in sede di interpretazione logica, che l'esame integrato degli artt. 1 e 3 della L. n.
164/1982 conduca univocamente a ritenere necessaria la preventiva demolizione (totale o parziale) dei carattere sessuali anatomici primari”, risulta piuttosto necessario basarsi su di “un giudizio interpretativo fondato sul bilanciamento degli interessi in gioco”, secondo cui “il diritto al mutamento del sesso può essere riconosciuto soltanto se non determini ambiguità nella individuazione soggettiva
pagina 3 di 7 dei genere”, tenuto conto, tuttavia, che “l'interesse pubblico alla definizione certa dei generi (…) non richiede il sacrificio del diritto alla conservazione della propria identità psico-fisica sotto lo specifico profilo dell'obbligo dell'intervento chirurgico inteso come segmento non eludibile dell'avvicinamento del soma alla psiche”, in quanto “l'acquisizione di una nuova identità di genere può essere il frutto di un processo individuale che non ne postula la necessità, purché sia accertata la serietà e univocità del percorso scelto e la compiutezza dell'approdo finale”.
Tale interpretazione risulta avvalorata anche dalle pronunce n. 221/2015 e n. 180/2017 della Corte
Costituzionale, secondo cui “l'interpretazione costituzionalmente adeguata della legge n. 164 del 1982 consente di escludere il requisito dell'intervento chirurgico di normoconformazione”, in quanto
“l'aspirazione del singolo alla corrispondenza del sesso attribuitogli nei registri anagrafici, al momento della nascita, con quello soggettivamente percepito e vissuto costituisc(e) senz'altro espressione del diritto al riconoscimento all'identità di genere” ;d'altra parte, il ragionevole punto di equilibrio tra tale diritto individuale e l'esigenza pubblicistica di certezza delle relazioni giuridiche, sulle quali si fonda il rilievo dei registri anagrafici, è realizzato, nel sistema della L. 164/1982, appunto
“affidando al giudice, nella valutazione delle insopprimibili peculiarità di ciascun individuo, il compito di accertare la natura e l'entità delle intervenute modificazioni dei caratteri sessuali, che concorrono a determinare l'identità personale e di genere.” (C. Cost. sentenza n. 180/2017).
Ebbene, nella fattispecie, nelle conclusioni di cui alla relazione a firma della dott.ssa Persona_2
psicologa psicoterapeuta, viene riportato che “In conclusione, (all'anagrafe ) Persona_1 Pt_1
presenta quadro di Incongruenza/Disforia di Genere, di cui è perfettamente consapevole. In Pt_1
relazione a quanto riportato dalla persona durante i colloqui clinici e considerato che Persona_1
vive stabilmente in un ruolo di genere maschile in tutti gli ambiti di vita, la richiesta di rettifica
[...]
anagrafica e di autorizzazione agli interventi chirurgici di affermazione di genere appaiono del tutto motivate e coerenti. Infatti, la possibilità di un riconoscimento anagrafico in linea con la propria identità di genere e ruolo di genere maschile e gli interventi chirurgici di affermazione di genere avrebbero un impatto positivo sulla vita quotidiana e permetterebbero l'acquisizione di un miglior equilibrio psicologico (anche alla luce della stabile identificazione maschile di ). Al Persona_1 contrario, il mancato riconoscimento della propria identità maschile e l'impossibilità di procedere con gli interventi chirurgici di affermazione di genere potrebbero risultare dannosi e comprometterne il funzionamento psicologico.” (si veda doc. 3 allegato all'atto di citazione, valutazione del Centro di
Careggi del 27.07.2023)”.
In particolare, nella suddetta relazione viene riportato che “ riporta disagio per le Persona_1
caratteristiche del corpo connotate in senso femminile, in particolare per il seno (indossa binder),
pagina 4 di 7 fianchi, voce e ciclo mestruale, associato a forte compromissione del funzionamento psicologico;riferisce, inoltre, intenso desiderio di essere riconosciuto al maschile e forte disagio per
l'incongruenza tra i documenti e la propria identità di genere maschile;” e che “A seguito dell'inizio della terapia ormonale di affermazione di genere, riporta sollievo e miglioramento Persona_1 del funzionamento psicologico in tutti gli ambiti di vita (“la terapia ormonale mi ha salvato la vita, mi sento in pace con me stesso”). In particolare, riferisce maggior autostima e più fiducia e sicurezza in se stesso. Tuttavia, riporta persistenza della disforia secondaria al fatto che i Persona_1 documenti non rispecchiano correttamente la propria identità di genere.” (cfr. doc. 3 allegato all'atto di citazione, valutazione del Centro di Careggi del 27.07.2023)
È altresì documentato che la parte ricorrente ha iniziato un percorso a base ormonale: in particolare assume una terapia ormonale con testosterone al fine di indurre lo sviluppo di caratteristiche fisiche congruenti con l'identità di genere maschile, programma la parte ricorrente segue oramai da agosto
2023. Tale cura è tutt'ora in corso e dovrà essere seguita dalla parte ricorrente.
Il percorso terapeutico sin qui seguito da parte ricorrente non lascia dubbi sulla radicalità della sua scelta di genere e, quindi, “sulla serietà ed univocità del percorso scelto e la compiutezza dell'approdo finale” (cfr. Cass. n. 15138/2015).
Ciò premesso, quanto alla richiesta di autorizzazione all'intervento chirurgico di adeguamento dei caratteri sessuali primari avanzata da parte ricorrente, deve essere rilevato che recentemente la Corte
Costituzionale, con la sentenza n. 143 del 23 luglio 2024, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 31, comma 4, del d.lgs. n. 150 del 2011, nella parte in cui prescrive l'autorizzazione del tribunale al trattamento medico-chirurgico, “anche qualora le modificazioni dei caratteri sessuali già intervenute siano ritenute dallo stesso tribunale sufficienti per l'accoglimento della domanda di rettificazione di attribuzione di sesso”.
La Corte ha infatti osservato, in ordine al trattamento medico-chirurgico, che “Potendo questo percorso compiersi già mediante trattamenti ormonali e sostegno psicologico-comportamentale, quindi anche senza un intervento di adeguamento chirurgico, la prescrizione indistinta dell'autorizzazione giudiziale denuncia una palese irragionevolezza: in tal caso, infatti, un eventuale intervento chirurgico avverrebbe comunque dopo la già disposta rettificazione” e che, pertanto, “la prescrizione dell'autorizzazione giudiziale di cui alla norma censurata denuncia una palese irragionevolezza, nella misura in cui sia relativa a un trattamento chirurgico che avverrebbe comunque dopo la già disposta rettificazione”.
Inoltre, la Corte ha sottolineato, con la su citata sentenza, che “Tale mutato quadro normativo e giurisprudenziale, in cui l'autorizzazione prevista dalla disposizione oggi censurata mostra di aver
pagina 5 di 7 perduto ogni ragion d'essere al cospetto di un percorso di transizione già sufficientemente avanzato, è alla base dell'orientamento diffusosi presso la giurisprudenza di merito, che sovente autorizza
l'intervento chirurgico contestualmente alla sentenza di rettificazione, e non prima e in funzione della rettificazione stessa (tra molte, da ultimo, Tribunale ordinario di Padova, sezione prima civile, sentenza 17 giugno 2024, e Tribunale ordinario di Torino, sezione settima civile, sentenza 27 marzo
2024).”
In questi casi, dunque, il regime autorizzatorio, non essendo funzionale a determinare i presupposti della rettificazione, già verificatisi a prescindere dal trattamento chirurgico, secondo la Corte
Costituzionale, viola l'art. 3 Cost., in quanto «non corrisponde più alla ratio legis”, considerato anche che l'evoluzione giurisprudenziale “ha escluso che le modificazioni dei caratteri sessuali richieste agli effetti della rettificazione anagrafica debbano necessariamente includere un trattamento chirurgico di adeguamento, quest'ultimo essendo soltanto un «possibile mezzo, funzionale al conseguimento di un pieno benessere psicofisico” (cfr. Corte Cost. sentenza n. 221 del 2015 e Cass. civ. sentenza n. 15138 del 20 luglio 2015).
Ciò posto, considerata la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 31, comma 4, del d.lgs. n.
150 del 2011, nella parte in cui prescrive l'autorizzazione del Tribunale al trattamento medico- chirurgico, pronunciata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 143 del 23 luglio 2024, e considerato altresì che, com'è noto, le pronunce di accoglimento del giudice delle leggi - dichiarative di illegittimità costituzionale - eliminano la norma con effetto ex tunc, con la conseguenza che essa non è più applicabile, indipendentemente dalla circostanza che il giudizio sia stato incardinato anteriormente alla pubblicazione della decisione, perché l'illegittimità costituzionale ha per presupposto l'invalidità originaria della legge - sia essa di natura sostanziale, procedimentale o processuale - per contrasto con un precetto costituzionale (sempre fermo restando il principio che gli effetti dell'incostituzionalità non si estendono esclusivamente ai rapporti ormai esauriti in modo definitivo, per avvenuta formazione del giudicato o per essersi verificato altro evento cui l'ordinamento collega il consolidamento del rapporto medesimo, ovvero per essersi verificate preclusioni processuali, o decadenze e prescrizioni non direttamente investite, nei loro presupposti normativi, dalla pronuncia d'incostituzionalità), il Collegio nulla dispone sulla richiesta di autorizzazione all'intervento chirurgico di adeguamento dei caratteri sessuali primari avanzata da parte ricorrente, stante il venir meno dell'obbligo della suddetta autorizzazione.
Sussistono pertanto le condizioni di cui agli artt. 1 e 2 l. n. 164/82 per disporre la rettificazione dell'attribuzione di sesso, con conseguente ordine al competente Ufficiale dello Stato Civile di procedere alla suddetta rettificazione nell'atto di nascita.
pagina 6 di 7
In ordine alla domanda di mutamento del nome (con sostituzione del prenome da a Pt_1 Persona_1
, deve condividersi l'orientamento giurisprudenziale prevalente secondo cui, poiché non è
[...]
concepibile che alla rettificazione del sesso non corrisponda immediatamente il cambiamento del nome nello stesso senso, si deve pensare che anche il nuovo nome vada disposto con la stessa sentenza, mentre sarebbe illogico rimetterlo ad una procedura successiva ed eventuale;d'altra parte, poiché nulla
è detto circa un obbligo di trasposizione meccanica del nome originario nell'altro genere e poiché esistono nomi femminili non traducibili al maschile e viceversa, non emergono obiezioni al fatto che sia la stessa parte interessata, se lo voglia, ad indicare il nuovo nome prescelto: può, quindi, aderirsi alla richiesta della parte ricorrente di mutare il prenome da “ a ”. Pt_1 Persona_1
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di AREZZO
SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott.ssa L F Presidente dott.ssa A C Giudice relatore ed estensore dott.ssa C C Giudice onorario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 406/2024
promossa da:
), con il patrocinio dell'avv. GIANMARCO NEGRI ed Parte_1 C.F._1
elettivamente domiciliata presso il suo studio sito in via Dante, 33 Tromello (PV)
PARTE RICORRENTE
Con l'intervento del Pubblico Ministero
Oggetto: mutamento di sesso
CONCLUSIONI
La parte ricorrente ha concluso nel modo seguente: “disporre con sentenza il diritto di Parte_1
ad essere autorizzata a sottoporsi a tutti i trattamenti medico-chirurgici che riterrà necessari per adeguare i propri caratteri ed organi sessuali, primari e secondari, da femminili a maschili;- ordinare all'Ufficiale dello Stato civile del Comune di Signa (FI) di rettificare l'atto di nascita di Parte_1
(atto n. 8, parte 1, Serie A, anno 2005), facendo constare, per mezzo di annotazioni, che il sesso ed il prenome della persona cui l'atto si riferisce devono leggersi ed intendersi, rispettivamente, come
“maschile” e come “ ” e non altrimenti, di darne comunicazione al Comune di Persona_1
pagina 1 di 7 residenza e di provvedere a tutti gli adempimenti successivi;- ordinare all'Ufficio Sentenze del
Tribunale di Arezzo di comunicare l'emananda Sentenza, decorso il termine per il suo passaggio in giudicato, al Comune di Signa (FI), affinché l'Ufficiale dello Stato civile provveda alle rettifiche come da dispositivo;- con vittoria di spese diritti ed onorari.”.
Il P.M. ha espresso parere favorevole.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con atto di citazione depositato in data 21.02.2024, senza coniuge né figli, adiva il Parte_1
Tribunale di Arezzo per sentire accogliere le seguenti conclusioni: “disporre con sentenza il diritto di
ad essere autorizzata a sottoporsi a tutti i trattamenti medico-chirurgici che riterrà Parte_1
necessari per adeguare i propri caratteri ed organi sessuali, primari e secondari, da femminili a maschili;- ordinare all'Ufficiale dello Stato civile del Comune di Signa (FI) di rettificare l'atto di nascita di (atto n. 8, parte 1, Serie A, anno 2005), facendo constare, per mezzo di Parte_1 annotazioni, che il sesso ed il prenome della persona cui l'atto si riferisce devono leggersi ed intendersi, rispettivamente, come “maschile” e come “ ” e non altrimenti, di darne Persona_1
comunicazione al Comune di residenza e di provvedere a tutti gli adempimenti successivi;- ordinare all'Ufficio Sentenze del Tribunale di Arezzo di comunicare l'emananda Sentenza, decorso il termine per il suo passaggio in giudicato, al Comune di Signa (FI), affinché l'Ufficiale dello Stato civile provveda alle rettifiche come da dispositivo;- con vittoria di spese diritti ed onorari.”.
In primo luogo, in rito, deve essere rilevato che ha introdotto il presente giudizio con la Parte_1 forma dell'atto di citazione, anziché con le forme del ricorso, nonostante l'oggetto della materia del presente giudizio sia compresa nell'ambito di applicazione delle norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie, di cui al titolo IV bis, libro II, artt. 473-bis e ss. c.p.c.
In ogni caso, tenuto conto della materia oggetto del giudizio, nonché del principio di conservazione degli atti processuali - il quale, com'è noto, consente la salvezza degli atti o anche di alcuni dei loro effetti in ragione del raggiungimento dello scopo degli stessi - l'atto introduttivo depositato quale atto di citazione deve essere considerato produttivo dei medesimi effetti di un ricorso introdotto ai sensi degli artt. 473-bis e ss. c.p.c., contenendo tutti gli elementi utili ai fini della qualificazione della domanda e della determinazione del petitum e della causa petendi e pertanto va considerato ammissibile.
pagina 2 di 7
Ciò posto, parte ricorrente ha rappresentato di aver manifestato sin dall'infanzia disturbi di disforia di genere per le proprie parti del corpo connotate in senso femminile “provando da sempre un profondo disagio per il genere assegnatole alla nascita”.
Pertanto, la parte ricorrente ha dedotto di essersi rivolta, nel mese di maggio 2023, al centro del servizio sanitario pubblico dell'Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, Dipartimento DAI materno-infantile sessualità/andrologia, e di aver intrapreso un percorso di terapia mascolinizzante, percorso che sta tuttora seguendo.
La parte ricorrente ha altresì rappresentato di avere condotto un'esistenza sempre più serena a seguito dell'inizio della terapia, considerato anche che da tempo veniva già generalmente identificata con il prenome . La parte ricorrente ha altresì rappresentato di aver provato Persona_1
costantemente imbarazzo e difficoltà a doversi presentare “con documentazione anagrafica divergente
e nel rapporto con i connotati femminili del proprio corpo”.
Ha quindi chiesto che venisse rettificato il proprio sesso anagrafico e di poter dunque procedere all'intervento chirurgico demolitivo e ricostruttivo, affermando di essere consapevole della inequivocabilità, definitività ed irreversibilità della propria intenzione di procedere a tale rettificazione.
Infine, la parte ricorrente ha chiesto che venisse disposta la rettificazione degli atti anagrafici con il mutamento del nome da a , nonché che venisse autorizzata a sottoporsi al Pt_1 Persona_1
trattamento chirurgico necessario alla riassegnazione dal genere da femminile a maschile.
All'udienza del 11.09.2024, la parte ricorrente compariva personalmente in aspetto e abiti maschili, confermando quanto indicato nel ricorso, nonché la volontà di procedere alla rettificazione dell'attribuzione di sesso e all'intervento.
Alla medesima udienza, la causa, sulle conclusioni delle parti come in epigrafe trascritte, veniva trattenuta in decisione, previa acquisizione del parere del P.M.
La domanda, alla luce della documentazione medica in atti, proveniente da una struttura sanitaria pubblica (Centro di Coordinamento Regionale per le problematiche sanitarie relative all'identità di genere (CRIG) - SOD andrologia, endocrinologia femminile e incongruenza di genere dipartimento materno infantile presso l'Azienda Ospedaliero Universitaria di Careggi di Firenze), appare fondata.
Occorre ricordare che, come affermato dalla Suprema Corte con sentenza n. 15138 del 2015 “deve escludersi, anche in sede di interpretazione logica, che l'esame integrato degli artt. 1 e 3 della L. n.
164/1982 conduca univocamente a ritenere necessaria la preventiva demolizione (totale o parziale) dei carattere sessuali anatomici primari”, risulta piuttosto necessario basarsi su di “un giudizio interpretativo fondato sul bilanciamento degli interessi in gioco”, secondo cui “il diritto al mutamento del sesso può essere riconosciuto soltanto se non determini ambiguità nella individuazione soggettiva
pagina 3 di 7 dei genere”, tenuto conto, tuttavia, che “l'interesse pubblico alla definizione certa dei generi (…) non richiede il sacrificio del diritto alla conservazione della propria identità psico-fisica sotto lo specifico profilo dell'obbligo dell'intervento chirurgico inteso come segmento non eludibile dell'avvicinamento del soma alla psiche”, in quanto “l'acquisizione di una nuova identità di genere può essere il frutto di un processo individuale che non ne postula la necessità, purché sia accertata la serietà e univocità del percorso scelto e la compiutezza dell'approdo finale”.
Tale interpretazione risulta avvalorata anche dalle pronunce n. 221/2015 e n. 180/2017 della Corte
Costituzionale, secondo cui “l'interpretazione costituzionalmente adeguata della legge n. 164 del 1982 consente di escludere il requisito dell'intervento chirurgico di normoconformazione”, in quanto
“l'aspirazione del singolo alla corrispondenza del sesso attribuitogli nei registri anagrafici, al momento della nascita, con quello soggettivamente percepito e vissuto costituisc(e) senz'altro espressione del diritto al riconoscimento all'identità di genere” ;d'altra parte, il ragionevole punto di equilibrio tra tale diritto individuale e l'esigenza pubblicistica di certezza delle relazioni giuridiche, sulle quali si fonda il rilievo dei registri anagrafici, è realizzato, nel sistema della L. 164/1982, appunto
“affidando al giudice, nella valutazione delle insopprimibili peculiarità di ciascun individuo, il compito di accertare la natura e l'entità delle intervenute modificazioni dei caratteri sessuali, che concorrono a determinare l'identità personale e di genere.” (C. Cost. sentenza n. 180/2017).
Ebbene, nella fattispecie, nelle conclusioni di cui alla relazione a firma della dott.ssa Persona_2
psicologa psicoterapeuta, viene riportato che “In conclusione, (all'anagrafe ) Persona_1 Pt_1
presenta quadro di Incongruenza/Disforia di Genere, di cui è perfettamente consapevole. In Pt_1
relazione a quanto riportato dalla persona durante i colloqui clinici e considerato che Persona_1
vive stabilmente in un ruolo di genere maschile in tutti gli ambiti di vita, la richiesta di rettifica
[...]
anagrafica e di autorizzazione agli interventi chirurgici di affermazione di genere appaiono del tutto motivate e coerenti. Infatti, la possibilità di un riconoscimento anagrafico in linea con la propria identità di genere e ruolo di genere maschile e gli interventi chirurgici di affermazione di genere avrebbero un impatto positivo sulla vita quotidiana e permetterebbero l'acquisizione di un miglior equilibrio psicologico (anche alla luce della stabile identificazione maschile di ). Al Persona_1 contrario, il mancato riconoscimento della propria identità maschile e l'impossibilità di procedere con gli interventi chirurgici di affermazione di genere potrebbero risultare dannosi e comprometterne il funzionamento psicologico.” (si veda doc. 3 allegato all'atto di citazione, valutazione del Centro di
Careggi del 27.07.2023)”.
In particolare, nella suddetta relazione viene riportato che “ riporta disagio per le Persona_1
caratteristiche del corpo connotate in senso femminile, in particolare per il seno (indossa binder),
pagina 4 di 7 fianchi, voce e ciclo mestruale, associato a forte compromissione del funzionamento psicologico;riferisce, inoltre, intenso desiderio di essere riconosciuto al maschile e forte disagio per
l'incongruenza tra i documenti e la propria identità di genere maschile;” e che “A seguito dell'inizio della terapia ormonale di affermazione di genere, riporta sollievo e miglioramento Persona_1 del funzionamento psicologico in tutti gli ambiti di vita (“la terapia ormonale mi ha salvato la vita, mi sento in pace con me stesso”). In particolare, riferisce maggior autostima e più fiducia e sicurezza in se stesso. Tuttavia, riporta persistenza della disforia secondaria al fatto che i Persona_1 documenti non rispecchiano correttamente la propria identità di genere.” (cfr. doc. 3 allegato all'atto di citazione, valutazione del Centro di Careggi del 27.07.2023)
È altresì documentato che la parte ricorrente ha iniziato un percorso a base ormonale: in particolare assume una terapia ormonale con testosterone al fine di indurre lo sviluppo di caratteristiche fisiche congruenti con l'identità di genere maschile, programma la parte ricorrente segue oramai da agosto
2023. Tale cura è tutt'ora in corso e dovrà essere seguita dalla parte ricorrente.
Il percorso terapeutico sin qui seguito da parte ricorrente non lascia dubbi sulla radicalità della sua scelta di genere e, quindi, “sulla serietà ed univocità del percorso scelto e la compiutezza dell'approdo finale” (cfr. Cass. n. 15138/2015).
Ciò premesso, quanto alla richiesta di autorizzazione all'intervento chirurgico di adeguamento dei caratteri sessuali primari avanzata da parte ricorrente, deve essere rilevato che recentemente la Corte
Costituzionale, con la sentenza n. 143 del 23 luglio 2024, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 31, comma 4, del d.lgs. n. 150 del 2011, nella parte in cui prescrive l'autorizzazione del tribunale al trattamento medico-chirurgico, “anche qualora le modificazioni dei caratteri sessuali già intervenute siano ritenute dallo stesso tribunale sufficienti per l'accoglimento della domanda di rettificazione di attribuzione di sesso”.
La Corte ha infatti osservato, in ordine al trattamento medico-chirurgico, che “Potendo questo percorso compiersi già mediante trattamenti ormonali e sostegno psicologico-comportamentale, quindi anche senza un intervento di adeguamento chirurgico, la prescrizione indistinta dell'autorizzazione giudiziale denuncia una palese irragionevolezza: in tal caso, infatti, un eventuale intervento chirurgico avverrebbe comunque dopo la già disposta rettificazione” e che, pertanto, “la prescrizione dell'autorizzazione giudiziale di cui alla norma censurata denuncia una palese irragionevolezza, nella misura in cui sia relativa a un trattamento chirurgico che avverrebbe comunque dopo la già disposta rettificazione”.
Inoltre, la Corte ha sottolineato, con la su citata sentenza, che “Tale mutato quadro normativo e giurisprudenziale, in cui l'autorizzazione prevista dalla disposizione oggi censurata mostra di aver
pagina 5 di 7 perduto ogni ragion d'essere al cospetto di un percorso di transizione già sufficientemente avanzato, è alla base dell'orientamento diffusosi presso la giurisprudenza di merito, che sovente autorizza
l'intervento chirurgico contestualmente alla sentenza di rettificazione, e non prima e in funzione della rettificazione stessa (tra molte, da ultimo, Tribunale ordinario di Padova, sezione prima civile, sentenza 17 giugno 2024, e Tribunale ordinario di Torino, sezione settima civile, sentenza 27 marzo
2024).”
In questi casi, dunque, il regime autorizzatorio, non essendo funzionale a determinare i presupposti della rettificazione, già verificatisi a prescindere dal trattamento chirurgico, secondo la Corte
Costituzionale, viola l'art. 3 Cost., in quanto «non corrisponde più alla ratio legis”, considerato anche che l'evoluzione giurisprudenziale “ha escluso che le modificazioni dei caratteri sessuali richieste agli effetti della rettificazione anagrafica debbano necessariamente includere un trattamento chirurgico di adeguamento, quest'ultimo essendo soltanto un «possibile mezzo, funzionale al conseguimento di un pieno benessere psicofisico” (cfr. Corte Cost. sentenza n. 221 del 2015 e Cass. civ. sentenza n. 15138 del 20 luglio 2015).
Ciò posto, considerata la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 31, comma 4, del d.lgs. n.
150 del 2011, nella parte in cui prescrive l'autorizzazione del Tribunale al trattamento medico- chirurgico, pronunciata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 143 del 23 luglio 2024, e considerato altresì che, com'è noto, le pronunce di accoglimento del giudice delle leggi - dichiarative di illegittimità costituzionale - eliminano la norma con effetto ex tunc, con la conseguenza che essa non è più applicabile, indipendentemente dalla circostanza che il giudizio sia stato incardinato anteriormente alla pubblicazione della decisione, perché l'illegittimità costituzionale ha per presupposto l'invalidità originaria della legge - sia essa di natura sostanziale, procedimentale o processuale - per contrasto con un precetto costituzionale (sempre fermo restando il principio che gli effetti dell'incostituzionalità non si estendono esclusivamente ai rapporti ormai esauriti in modo definitivo, per avvenuta formazione del giudicato o per essersi verificato altro evento cui l'ordinamento collega il consolidamento del rapporto medesimo, ovvero per essersi verificate preclusioni processuali, o decadenze e prescrizioni non direttamente investite, nei loro presupposti normativi, dalla pronuncia d'incostituzionalità), il Collegio nulla dispone sulla richiesta di autorizzazione all'intervento chirurgico di adeguamento dei caratteri sessuali primari avanzata da parte ricorrente, stante il venir meno dell'obbligo della suddetta autorizzazione.
Sussistono pertanto le condizioni di cui agli artt. 1 e 2 l. n. 164/82 per disporre la rettificazione dell'attribuzione di sesso, con conseguente ordine al competente Ufficiale dello Stato Civile di procedere alla suddetta rettificazione nell'atto di nascita.
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In ordine alla domanda di mutamento del nome (con sostituzione del prenome da a Pt_1 Persona_1
, deve condividersi l'orientamento giurisprudenziale prevalente secondo cui, poiché non è
[...]
concepibile che alla rettificazione del sesso non corrisponda immediatamente il cambiamento del nome nello stesso senso, si deve pensare che anche il nuovo nome vada disposto con la stessa sentenza, mentre sarebbe illogico rimetterlo ad una procedura successiva ed eventuale;d'altra parte, poiché nulla
è detto circa un obbligo di trasposizione meccanica del nome originario nell'altro genere e poiché esistono nomi femminili non traducibili al maschile e viceversa, non emergono obiezioni al fatto che sia la stessa parte interessata, se lo voglia, ad indicare il nuovo nome prescelto: può, quindi, aderirsi alla richiesta della parte ricorrente di mutare il prenome da “ a ”. Pt_1 Persona_1
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