Trib. Roma, sentenza 23/01/2024, n. 792

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Roma, sentenza 23/01/2024, n. 792
Giurisdizione : Trib. Roma
Numero : 792
Data del deposito : 23 gennaio 2024

Testo completo


REPUBBLICA ITALIANA TRIBUNALE DI ROMA SEZIONE IV LAVORO IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il dott. Cesare Russo, in funzione di giudice del lavoro, udita la discussione orale e le conclusioni delle parti, visto l'art. 429 c.p.c., dà lettura della seguente sentenza nella controversia iscritta al n. 19360/2022 R.G.
tra
, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Rosaria Lidia Porzio per Parte_1 procura allegata al ricorso,

- ricorrente -

contro
in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e CP_1 difesi dall'avv. Gloria Di Gregorio, dall'avv. Andrea Mollo e dall'avv. Lucia Bellocchi per procura allegata alla memoria di costituzione,
- resistente -
OGGETTO: lavoro subordinato, differenze retributive, risarcimento del danno. CONCLUSIONI: per le parti, come nei rispettivi atti difensivi e nel verbale di udienza del 23 gennaio 2024.
FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE



1. svolgimento del processo.
Con ricorso depositato in forma telematica il 10 giugno 2022 la ricorrente in epigrafe ha convenuto in giudizio l , in persona del legale rappresentante CP_1 pro-tempore, esponendo:
- di avere stipulato con la resistente un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, con assegnazione presso il reparto di diagnostica clinica UOC radiologia ospedaliera come tecnico radiologo, dapprima dal 2010 al mese di aprile 2011;

1
- che il contratto è stato di volta in volta prorogato senza soluzione di continuità sino al 16 ottobre 2019;

- di essere stato assunto da questa data a tempo determinato fino al 15 ottobre 2020 e, poi, a tempo indeterminato dal 15 ottobre 2021, a seguito della procedura di stabilizzazione ex art. 20 della legge n. 75/2017;

- di avere continuativamente prestato la propria attività in modalità rivelatrici della subordinazione, sebbene formalmente inquadrato come prestatore di lavoro autonomo;

- di essere stato illegittimamente inquadrato nella fascia retributiva D0, con anzianità dalla sottoscrizione del contratto a tempo determinato, dal 2019, senza che siano stati considerati i nove anni precedenti.
Alla stregua di queste premesse il ricorrente, previo accertamento dell'illegittimità dei contratti di collaborazione stipulati e della natura subordinata del rapporto, ha chiesto la condanna della parte datoriale al pagamento delle differenze retributive tra il trattamento relativo all'inquadramento di tecnico di radiologia (categoria D), previste dalla contrattazione collettiva di comparto, e le somme effettivamente percepite, per un ammontare pari ad € 96.38,85, oltre interessi legali e rivalutazione, nonché al versamento della somma di € 31.434,00 a titolo di indennità risarcitoria ex art. 32, comma 5, della legge n. 183/2010;
inoltre, ha postulato la condanna dell'amministrazione alla ricostruzione della carriera e alla progressione economica e stipendiale in posizione D1, nonché il pagamento di una somma pari alla retribuzione persa per le progressioni economiche o quantificata in via equitativa a titolo risarcitorio per discriminazione e a titolo di perdita di chance, oltre interessi e rivalutazione. Ritualmente instaurato il contraddittorio, si è costituita in giudizio l'
[...]
resistente, eccependo, in via preliminare, la prescrizione dei crediti CP_2 antecedenti il quinquennio dal primo atto interruttivo e contestando, nel merito, la fondatezza delle domande attoree. Fallito il tentativo di conciliazione, la controversia è stata istruita mediante l'acquisizione dei documenti prodotti e con c.t.u. contabile. Assegnato termine per il deposito di note scritte, sulle conclusioni rassegnate dalle parti nei rispettivi atti difensivi e nel verbale di udienza del 23 gennaio 2024 la controversia è stata decisa.



2. prescrizione.
Così ricostruito l'iter procedimentale, deve essere esaminata, in via preliminare, l'eccezione di prescrizione, che secondo la prospettazione attorea non sarebbe decorsa in costanza dei rapporti di collaborazione in quanto non rivestenti, sul piano formale, la veste del lavoro subordinato. Si tratta di un principio generale e, in linea astratta condivisibile, ma che non si attaglia alla fattispecie controversa.
Invero, in fattispecie peraltro analoga a quella oggetto di controversia, relativa alla stipulazione di plurimi – asseritamente illegittimi – successivi contratti di collaborazione da parte di un medico con una struttura sanitaria pubblica, la Suprema
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Corte ha affermato i seguenti principi di diritto, condivisi dal decidente: “44. La inapplicabilità del regime di sospensione della prescrizione risultante della sentenza della Corte Costituzionale nr. 63/1966 nei rapporti di lavoro pubblico privatizzato è stata già affermata da questa Corte, nelle sentenze nn.rr. 10219 e 10220/2020, 11379/2020, 12443/2020, 12503/2020 e 15352/2020, con riguardo all'ipotesi di contratti di lavoro subordinato a termine affetti da nullità. Si è ivi osservato che, essendo impedita per legge la conversione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato, non è riscontrabile la condizione, valorizzata dalla Corte Costituzionale ai fini della parziale dichiarazione di incostituzionalità, del timore del licenziamento, che spinge o può spingere il lavoratore sulla via della rinunzia ad una parte dei propri diritti. 45. In questa sede il principio del decorso della prescrizione in costanza del rapporto di lavoro va ulteriormente esteso all'ipotesi, qui ricorrente, di contratto di lavoro stipulato con la pubblica amministrazione con la veste formale di lavoro autonomo, di cui sia in seguito accertata la reale natura subordinata, ricorrendo le medesime ragioni in generale evidenziate per il settore del lavoro pubblico privatizzato a termine, concernenti la mancanza di ogni aspettativa del lavoratore alla stabilità dell'impiego e la conseguente inconfigurabilità di un metus in ordine alla mancata continuazione del rapporto suscettibile di tutela” (Cass., sez. lav., n. 35676 del 19 novembre 2021). Detto indirizzo interpretativo è stato poi più di recente richiamato, in termini adesivi, fornendogli un definitivo avallo ermeneutico, anche dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 36197 del 28 dicembre 2023, con la quale, nel ribadire la distinzione tra rapporto di lavoro privato e di pubblico impiego contrattualizzato e nel ricordare che “la privatizzazione non ha comportato una totale identificazione tra lavoro pubblico privatizzato e lavoro privato” e che “In particolare, permangono nel lavoro pubblico privatizzato quelle peculiarità individuate dalla Corte Costituzionale, in relazione al previgente regime dell'impiego pubblico, come giustificative di un differente regime della prescrizione”, ha confermato anche con riguardo ai rapporti formalmente autonomi l'assenza di un metus che possa legittimamente giustificare la sospensione del decorso della prescrizione estintiva quinquennale dei crediti retributivi, ex art. 2948 c.c.
Alla stregua di questi principi, pertanto, vanno dichiarate prescritte le pretese economiche azionate sino al 20 luglio 2017, ossia quelle antecedenti un quinquennio dal compimento del primo atto interruttivo, consistente nella notifica del ricorso introduttivo del giudizio, con il quale sono state richiesti per la prima volta gli emolumenti oggetto di controversia.


3. art. 2126 c.c.
Nel merito, la giurisprudenza di legittimità è pacifica nel ritenere applicabile alle prestazioni di fatto rese in favore della pubblica amministrazione la disposizione di cui all'articolo 2126 c.c., con conseguente diritto del prestatore di lavoro di ricevere la retribuzione (v., tra le tante, Cass. n. 17101/2017 e n. 3384/2017).
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In particolare, sulla base della consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, “il rapporto di lavoro subordinato instaurato da un ente pubblico non economico, affetto da nullità perché non assistito da regolare atto di nomina o addirittura vietato da norma imperativa, rientra nella sfera di applicazione dell'art. 2126 c.c., con conseguente diritto del lavoratore al trattamento retributivo per il tempo in cui il rapporto stesso ha avuto materiale esecuzione” (Cass. 2016 n. 23645;
Cass. 2016 n. 991;
Cass. 2008 n. 12749). In fattispecie assimilabile a quella in esame, in cui ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto la natura subordinata del rapporto di lavoro “in quanto l'oggetto della prestazione non corrispondeva a obiettivi e progetti specifici e determinati, il lavoratore era stato adibito a compiti istituzionali della P.A., né vi era l'impossibilità oggettiva per la stessa di utilizzare risorse umane già presenti all'interno della propria organizzazione per lo svolgimento delle medesime attività", la Suprema Corte ha ritenuto, in particolare, applicabili le previsioni di cui all'articolo 2126 c.c., osservando che “la stipulazione di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa con una P.A., al di fuori dei presupposti di legge, non può mai determinare la conversione del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, potendo il lavoratore conseguire tutela nei limiti dell'articolo 2126 c.c., qualora il contratto di collaborazione abbia la sostanza di rapporto di lavoro subordinato, con conseguente diritto anche alla ricostruzione della posizione contributiva previdenziale” (cfr. Cass., sez. lav., n. 9591 del 18 aprile 2018). Le domande attore, pertanto, possono essere accolte soltanto in questi termini, avendo l'istruzione svolta dimostrato lo svolgimento di un rapporto lavorativo caratterizzato dagli indici sintomatici della subordinazione.


4. subordinazione
È pacifico in atti e incontestato tra le parti che l'odierno ricorrente abbia prestato attività lavorativa in favore dell' resistente per tutto il periodo da aprile 2010 CP_2 al 16 ottobre 2019, in virtù di una serie di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, per lo svolgimento delle mansioni di tecnico radiologo. Sono in atti i contratti stipulati tra le parti, con le relative proroghe, specificamente elencati in
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