Trib. Foggia, sentenza 05/12/2024, n. 3353
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE DI FOGGIA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale, in funzione di Giudice del Lavoro, in composizione monocratica nella persona della dott.ssa Roberta Lucchetti, dopo l'udienza del giorno 05/12/2024, tenuta ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., ha pronunciato la seguente
Sentenza ai sensi dell'art. 429 c.p.c. nella controversia di lavoro iscritta al n. RG 3679/2022 promossa da
Parte_1
rappr. e dif. dall' avv. TEDESCHI FRANCESCO e TAMARA NATILLA contro
Controparte_1 rappr. e dif. dall'avv. CORDELLA VALERIO, GIOVANNI RONCONI E Parte_2
Fatto e diritto
Con ricorso del giorno 11.05.2022, il ricorrente in epigrafe indicato conveniva in giudizio la società e, premesso di essere dipendente della parte Controparte_1
convenuta dal 01.10.2005, inquadrato con il parametro B1 - Capo Treno del CCNL della Mobilità/ Area contrattuale Attività Ferroviarie e s.m.i., deduceva di percepire mensilmente con continuità ed in modo non occasionale i seguenti emolumenti: indennità di utilizzazione professionale (cd. IUP), indennità di assenza dalla residenza, indennità per lavoro domenicale e notturno, indennità di turno B e indennità per scorta vetture eccedenti. Aggiungeva che la società convenuta, allorquando versava la retribuzione nei periodi di ferie, non includeva nel relativo calcolo i suddetti emolumenti. Chiedeva che fosse accertato il suo diritto a vedere inclusi i predetti emolumenti nella retribuzione da percepire durante i periodi di ferie annuali, con conseguente condanna della società convenuta al relativo pagamento, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
In particolare, rassegnava le seguenti conclusioni: “A. Accertare e dichiarare il diritto del ricorrente all'inclusione nella retribuzione del periodo di ferie degli emolumenti richiamati in narrativa ed esclusi dall'Azienda dalla base di calcolo di detta retribuzione. Il tutto previo accertamento incidentale dell'inefficacia delle clausole di quegli accordi aziendali nella parte in cui essi abbiano previsto espressamente l'esclusione degli emolumenti da essi disciplinati dalla suddetta base di calcolo;
B. Conseguentemente, condannare l' convenuta all'inclusione degli CP_2
emolumenti illegittimamente omessi dalla base di calcolo della retribuzione feriale del ricorrente cos come istituiti e disciplinati dagli accordi aziendali richiamati in narrativa ed al pagamento degli arretrati maturati dal ricorrente a titolo di differenze retributive. Con interessi legali e rivalutazione monetaria, come per legge”, con il favore delle spese processuali, da distrarsi.
Tempestivamente costituitasi, la parte resistente contestava le avverse pretese ed eccepiva la prescrizione quinquennale, quantomeno parziale, dei crediti azionati;
concludeva per il rigetto della domanda.
La causa è stata fissata all'udienza del 5.12.2024 per la trattazione scritta si sensi e per gli effetti di cui all'art. 127 ter cpc.
Pertanto, verificata la regolare comunicazione del decreto di fissazione della trattazione scritta della causa ed acquisite brevi note di trattazione delle parti in luogo dell'udienza, la causa è stata decisa come da sentenza depositata telematicamente.
La domanda è parzialmente fondata e, pertanto, deve trovare accoglimento nei limiti di seguito indicati.
In via preliminare, come correttamente evidenziato dal Tribunale di Lecce in una fattispecie analoga, (Sentenza n. 10/2024 pubbl. il 10/01/2024) si deve rilevare che
“la richiesta di condanna è generica in quanto quelli che vengono definiti conteggi altro non sono che un'esemplificazione volta a provare la sussistenza di una differenza economica tale da determinare la dissuasività della percentuale di decremento stipendiale (ma cfr. infra circa la sua inidoneità). La condanna generica
è teoricamente ammissibile nel rito del lavoro (è ammissibile, anche nel rito del lavoro, una sentenza di condanna generica (non limitata alle ipotesi di sentenza non definitiva con rinvio della liquidazione del "quantum" alla prosecuzione del giudizio), ben potendo la domanda essere limitata fin dall'inizio all'accertamento
dell' an, con conseguente pronuncia di condanna generica, che definisce il giudizio,
e connesso onere della parte interessata di introdurre un autonomo giudizio per la liquidazione del "quantum";
Cass. n. 4587 del 26 febbraio 2014;
Cass. n. 8576 del 5 maggio 2004). Cfr. inoltre, sempre con riferimento alla Sezione Lavoro, Cass., n.
2262 del 16.2.2012;
Cass., n. 15154 del 5.7.2007. Parte resistente cita a favore della propria tesi Cass. 17984/2022. Tuttavia, tale impostazione – oltre ad apparire minoritaria ed in contrasto con la sopra esposta giurisprudenza – risulta successivamente ed espressamente contraddetta da SU 29862/2022 (cfr. anche SU
12103/1995)”.
La domanda è quindi ammissibile, ma deve essere intesa come domanda di condanna generica, posto che al punto A) delle conclusioni viene chiesto l'accertamento del diritto del ricorrente “all'inclusione nella retribuzione del periodo di ferie degli emolumenti richiamati in narrativa ed esclusi dall'Azienda dalla base di calcolo di detta retribuzione” e al punto B) viene chiesta la condanna della resistente a tale inclusione e al pagamento degli arretrati maturati a titolo di differenze retributive, senza quantificare gli importi dovuti.
Quanto all'eccezione di nullità, nel ricorso sono indicate in modo dettagliato le singole voci retributive di cui si chiede l'inclusione e il periodo di richiesta si deduce dalle buste paga prodotte.
Nel merito si osserva quanto segue.
Si deve preliminarmente rilevare che il ricorso, pur non essendo nullo, è molto generico, non solo perché non è indicato il periodo oggetto di domanda (che, come detto, si ricava solo dalle buste paga allegate e dai riferimenti ai contratti collettivi e aziendali richiamati in ricorso), ma anche perché nei riferimenti a tali voci retributive appaiono ravvisabili diversi profili di incertezza.
Ciò detto, si rammenta che la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22401/2020, dando continuità ai principi già espressi con la pronuncia n. 13425 del 17.5.2019, ha esaminato la questione della retribuzione feriale in relazione al quadro normativo e giurisprudenziale europeo, con particolare riferimento alla incidenza su di essa delle voci retributive variabili “il diritto del lavoratore a ferie retribuite trova una disciplina sia nel diritto interno (art. 36 Cost., comma 3: "Il lavoratore ha diritto... a ferie annuali retribuite";
art. 2109 c.c., comma 2: il prestatore di lavoro ha diritto
"ad un periodo annuale di ferie retribuite";
D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 10, ratione temporis applicabile: "... il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo... di ferie
retribuite non inferiore a quattro settimane"), sia in quello dell'Unione (art. 7
Direttiva n. 2003/88/CE). Con specifico riferimento alla disciplina Europea, l'art. 7 della citata Direttiva, intitolato "Ferie annuali", stabilisce quanto segue: "1. Gli
Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali...". Il diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite è peraltro espressamente sancito all'art. 31, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, cui l'art. 6, n. 1 TUE riconosce il medesimo valore giuridico dei trattati (sentenze dell'8 novembre 2012, Par He. e , C-229/11 e C-230/11, punto 22;
del 29 novembre 2017, Parte_3
C214/16, punto 33, nonché del 4 ottobre 2018, Di., C-12/17, punto 25). L'art. 31 della Carta, intitolato "Condizioni di lavoro giuste ed eque", per quanto qui maggiormente rileva, prevede che: "... 2. Ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro, a periodi di riposo giornalieri e settimanali e ferie annuali retribuite". Il diritto alle ferie retribuite di almeno quattro settimane, secondo giurisprudenza costante della Corte di Giustizia, deve essere considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale dell'Unione (sentenza del 20 luglio 2016, C-341/15, punto 25 e Per_1
giurisprudenza ivi citata);
ad esso non si può derogare e la sua attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla Direttiva 2003/88 (v. sentenza del 12 giugno 2014,
Bollacke, C-118/13, punto 15 e giurisprudenza ivi citata). Più specificamente, secondo la Direttiva n. 88 del 2003, il beneficio (id est: il diritto) alle ferie annuali e quello all'ottenimento di un pagamento a tale titolo rappresentano due aspetti (id est: le due componenti) dell'unico diritto "a ferie annuali retribuite" (sentenze del 20 gennaio 2009, Sc.-Ho. e altri, C-350/06 e C-520/06, punto 60;
del 15 settembre
Cont 2011, altri, C-155/10, punto 26;
del 13 dicembre 2018, causa To.He, C-385/17, punto 24). Peraltro, dalla formulazione dell'art. 1, paragrafo 1 ("La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime...") e paragrafo 2, lettera a) ("ai periodi minimi di... ferie annuali"), dell'art. 7, paragrafo 1, nonché dell'art. 15 della
Direttiva n. 88 del 2003, si ricava, anche, come quest'ultima si limiti a fissare prescrizioni minime di sicurezza e salute in materia di organizzazione dell'orario di lavoro, facendo salva la facoltà degli Stati membri di applicare disposizioni nazionali più favorevoli alla tutela dei lavoratori (sentenza cit. 13 dicembre 2018,
causa To.He, C- 385/17, punto 30 e punto 31). Per ciò che riguarda, in particolare,
"l'ottenimento di un pagamento" a titolo di ferie annuali, la Corte di Giustizia, sin dalla sentenza 16 marzo 2006, cause riunite C-131/04 e C-257/04, Ro.-St. e altri
(punto 50), ha avuto occasione di precisare che l'espressione "ferie annuali retribuite", di cui all'art. 7, n. 1 della Direttiva n. 88 del 2003, intende significare che, per la durata delle ferie annuali, "deve essere mantenuta" la retribuzione;
in altre