Trib. Messina, sentenza 29/07/2024, n. 1559
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE CIVILE DI MESSINA
Controversie lavoro e previdenza
Il Giudice designato, dott.ssa R R, in funzione di giudice del lavoro, a scioglimento della riserva assunta in esito al deposito di note scritte in sostituzione dell'udienza del 2 luglio 2024, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento avente n. r.g. 5551/2017,
TRA
, in persona del legale rappresentante pro-tempore, C.F. , Parte_1 P.IVA_1
con sede in Messina, Via S. Ermanno n. 1, elettivamente domiciliata ai fini del presente giudizio in Messina, via dei Mille , 243 is. 101, presso lo studio dell'avv. F P che la rappresenta e difende, giusta procura in atti
Opponente
CONTRO
nata a Messina il 05.01.1975, CF: , ivi Controparte_1 C.F._1
residente in Via Stagno n.10, Vill. Contesse, elettivamente domiciliata in Messina, Via
Caldara Polidoro n. 4, presso lo studio dell'avv. F C, dal quale è rappresentata e difesa, giusta procura in atti
Opposta
con sede in Milano Piazza Fidia 1, C.F. e P.I. Controparte_2
quale società subentrata nei rapporti giuridici della già P.IVA_2 Controparte_3
a seguito conferimento dell'azienda per atto del Notaio di Milano del Persona_1
10.12.13 rep. 10.556, in persona del legale rappresentante Dr. Controparte_4 rappresentata e difesa dall'avv. Santo Spagnolo ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'Avv. Pierfranco De Luca Manaò, sito in Messina, Via Università 8, giusta procura in atti
Terza chiamata in causa
Ragioni di fatto e di diritto della decisione
1 – ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA
Con ricorso depositato in data 30/11/2017 la società proponeva opposizione Parte_1
avverso il decreto ingiuntivo n. 612/2017, reso inter partes da questo Tribunale nel procedimento n.4497/2017, col quale veniva ingiunto alla società opponente di pagare in favore della sig.ra a titolo di TFR, “…la somma di € 3.337,68 Controparte_1
(tremilatrecentotrentasette/68) oltre gli interessi come da domanda, nonché le spese di questa procedura di ingiunzione liquidate in € 450,00 per compensi ed in € 49,00 per spese, oltre IVA e CPA ed oltre alle successive occorrende”.
Premetteva la società opponente che la aveva prestato la propria attività lavorativa CP_1 dal 26.04.2011 al 26.07.2016, con qualifica d'impiegata e che, in data 12.10.2011, aveva sottoscritto apposito modulo per la destinazione del trattamento di fine rapporto ad una forma pensionistica complementare (Alleata Previdenza) gestita dall'
[...]
CP_2
In ragione di ciò la società articolava un unico motivo di opposizione Parte_1 consistente nell'eccezione di carenza di legittimazione passiva.
Assumeva, infatti, che la non potesse agire in via diretta nei suoi confronti per CP_1 ottenere il versamento delle pretese quote di TFR stante l'esistenza di un rapporto obbligatorio intercorrente tra la società datrice di lavoro ed il fondo pensionistico al quale andavano versate le contribuzioni.
Chiedeva, pertanto, la revoca del decreto opposto e la condanna della al CP_1
risarcimento dei danni a titolo di responsabilità aggravata.
Nulla deduceva parte opponente in ordine al pagamento di quanto richiesto dalla CP_1
Si costituiva in giudizio la contestando le avverse difese e chiedendo il rigetto CP_1 dell'opposizione.
Chiedeva, inoltre, in ragione di quanto articolato da parte opponente nel ricorso introduttivo, di essere autorizzata alla chiamata in causa del terzo in quanto Controparte_2
gestore del fondo complementare.
Autorizzata la chiamata in causa del terzo questi si costituiva rilevando che nessuna domanda era stata avanzata nei suoi confronti.
Chiedeva, pertanto, l'estromissione dal giudizio.
Dichiarava, comunque, che alla data del 2.03.18, fatti salvi eventuali aggiornamenti, il valore della posizione individuale della risultava pari ad euro 336,20. CP_1
In corso di causa venivano prodotti in giudizio da ulteriori estratti conto CP_2 riguardanti la posizione della nell'ambito del fondo complementare sottoscritto. CP_1
Parte opponente, con le note depositate in data 10/6/2022, integrava i propri motivi di opposizione lamentando l'inammissibilità delle domande della in quanto la stessa CP_1
avrebbe mutato il petitum rispetto a quanto chiesto col ricorso per decreto ingiuntivo.
Acquisti i documenti utili alla decisione la causa veniva trattenuta in riserva previo scambio di note scritte.
2 – ESAME DEI MOTIVI DI OPPOSIZIONE
Preliminarmente occorre rilevare che parte opponente, nell'atto introduttivo del giudizio, non eccepisce l'avvenuto pagamento di quanto richiesto dalla lavoratrice ma, con unico motivo di impugnazione, si limita a dedurre la nullità del decreto ingiuntivo opposto per presunta carenza di legittimazione passiva.
Infatti, a dire della società , la avrebbe dovuto proporre il ricorso per Parte_1 CP_1
decreto ingiuntivo anche nei confronti di (cfr. atto di opposizione Controparte_2
pagg. 1-2 - E difatti, il decreto ingiuntivo contro cui si propone opposizione veniva proposto solamente nei confronti della società . Parte_1
Deduce ulteriormente la che “La ricorrente, tuttavia, omette di riferire che in Parte_1
data 12.10.2011, sottoscriveva apposito modulo per la destinazione del trattamento di fine rapporto col quale dichiarava che il proprio TFR venisse integralmente conferito ad una forma pensionistica complementare “Alleata Previdenza” gestita dall'
[...]
(v. all.). CP_2
Tanto basta per corroborare il difetto di legittimazione passiva della opponente.
Difatti, costituisce jus receptum che, per ottenere la condanna del datore di lavoro alla corresponsione del TFR è necessario che il Fondo pensionistico sia parte del giudizio.”.
Le difese dell'opponente sono prive di pregio.
Posto che quanto sopra esposto configurerebbe, al più, un difetto di integrità del contraddittorio, l'eccezione è comunque infondata.
Risulta documentalmente dai CUD depositati in giudizio e non contestati, che Parte_1 non aveva provveduto a versare quote di TFR pari ad € 212,92 in favore della lavoratrice ed
€ 3.124,76 in favore del fondo pensionistico.
Pertanto, legittimamente, la attivava la procedura monitoria. CP_1
Sulla base dell'estratto conto depositato da in data 25/01/2023, risulta che il debito CP_2 della società opponente per quote di TFR non versate ammonta ad: € 212,92 per TFR trattenuto in azienda, maturato a far data dal 26.04.2011 al 12.10.2011 e non versato alla dipendente;€ 1.944,56 a titolo di quote per TFR non versate al fondo di previdenza complementare.
Pertanto, è stato documentalmente accertato il debito della ditta opponente.
Tali dati sono stati solo labialmente contestati da parte opponente che, anzi, ha manifestato grave incertezza su quanto presuntivamente versato, imputando come propri i versamenti
effettuati dal nuovo datore di lavoro della senza produrre idonea documentazione CP_1
attestante i propri pretesi pagamenti e rifacendosi esclusivamente agli estratti conto depositati dal fondo.
Detto ciò, venendo al preteso difetto di legittimazione passiva dell'opponente, sulla scorta di un recente arresto giurisprudenziale del Tribunale di Torino (sent. 68/2023), che si richiama anche ai sensi dell'art. 118 disp.att.c.p.c., può affermarsi sia la legittimità della lavoratrice ad agire in giudizio per ottenere il pagamento delle quote di TFR non versate al fondo;sia la legittimazione passiva della società datrice di lavoro;sia il diritto della lavoratrice ad ottenere il versamento a mani proprie delle suddette quote.
Nella citata sentenza n. 68/2023, si tiene conto delle particolarità dei fondi pensioni aperti,
l'adesione ai quali (configurando una delegazione di pagamento) legittima il lavoratore ad esigere a mani proprie il versamento (da parte del proprio datore) delle quote di TFR che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare al fondo pensione, senza necessità che il gestore del fondo sia convenuto in giudizio.
Sul punto così si esprime il Tribunale di Torino: «scegliendo un Fondo previdenziale aperto, [il lavoratore] costituiva un rapporto esclusivamente bilaterale, come descritto dal
“Regolamento del Fondo Pensione Aperto …”, disponendo una semplice delegazione di pagamento ai sensi dell'art. 8, comma 7, d.lgs. n. 252/2005 a favore di quest'ultimo senza determinare una effettiva cessione del credito in ordine alle quote di TFR destinate alla previdenza complementare». E, dunque, «a causa dell'inesistenza di effetti obbligatori derivanti della dichiarazione resa dal lavoratore al datore sulla destinazione delle somme in oggetto, non si realizzava alcuna attribuzione al Fondo di esigerle in caso di mancato versamento da parte dell'impresa convenuta».
In forza del rapporto obbligatorio di fonte contrattuale tra lavoratore e datore di lavoro, «nel caso in cui il datore di lavoro si sia reso inadempiente, è il lavoratore il solo titolare del diritto di richiedere il pagamento a proprie mani delle somme non versate al Fondo
Pensione prescelto», sussistendo così in capo al lavoratore, quale titolare del diritto di credito nei confronti del proprio datore di lavoro, l'esclusiva legittimazione ad agire in giudizio per ottenere la soddisfazione del proprio diritto.
Come nella questione che ci occupa (cfr. art. 8 Regolamento Alleata Previdenza), il
Tribunale di Torino ha pure precisato che, secondo quanto disposto dal regolamento del fondo pensione aperto cui aveva aderito il lavoratore, «neppure vi è un obbligo del lavoratore a contribuire al Fondo».
Inoltre, «nel caso in cui si attribuisse al Fondo il diritto a conseguire direttamente dal datore di lavoro le somme non versate a titolo di contribuzione complementare, questo sarebbe onerato anche della procedura di esecuzione derivante dal mancato adempimento del precetto di condanna» e «il costo dell'esecuzione della sentenza sarebbe a carico di tutti
i soggetti che hanno aderito al fondo», mentre «per sua natura e per il rapporto con i soggetti aderenti, non richiedendo alcun versamento per la gestione delle spese legali e giudiziarie e permettendo un'adesione tendenzialmente libera, il Fondo non può essere onerato della riscossione dei crediti maturati dal lavoratore, ma dallo stesso non conseguiti per causa imputabile al datore».
Pertanto, in forza dell'avvenuta delegazione di pagamento, è possibile affermare che il datore di lavoro (odierno opponente) è l'unico legittimato passivamente rispetto all'azione intrapresa dalla lavoratrice (odierna opposta) col procedimento monitorio.
Del tutto infondata è anche l'eccezione rassegnata da parte opponente in ordine al preteso e inammissibile mutamento del petitum da parte della CP_1
Sul punto Cassazione civile, sez. III , 27/11/2023 , n. 32933:
«Il convenuto opposto può proporre con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata una domanda nuova, diversa da quella posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo”, e ciò persino “nel caso in cui l'opponente non abbia proposto una domanda o un'eccezione riconvenzionale e si sia limitato a proporre eccezioni chiedendo la revoca del decreto opposto”, sempre che, tuttavia, “tale domanda si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, attenga allo stesso sostanziale bene della vita e sia connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta, ciò rispondendo a finalità di economia processuale e di ragionevole durata del processo e dovendosi riconoscere all'opposto, quale attore in senso sostanziale, di avvalersi delle stesse facoltà di modifica della domanda riconosciute, nel giudizio ordinario, all'attore formale e sostanziale dall' art. 183 cod. proc. civ. ».
Nel caso di specie nessun mutamento è stato apportato al petitum se non la legittima integrazione e modificazione delle domande in ragione delle eccezioni formulate dall'opponente.
Sulla scorta di quanto sopra argomentato l'opposizione va rigettata.
Deve, comunque, prendersi atto dei pagamenti parziali intervenuti in corso di causa, per cui le somme dovute alla lavoratrice vanno rideterminate come sopra evidenziato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono quantificate ai sensi del D.M. 147/22 come da dispositivo.
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