Trib. Catania, sentenza 29/03/2024, n. 1658
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CATANIA- I SEZIONE CIVILE
Il Tribunale di Catania I sezione Civile composto dai signori Magistrati
Dott. E M Presidente
Dott.ssa V C Giudice est.
Dott. D C Giudice ha emesso la seguente
SENTENZA nella causa iscritta al n. 14262 / 2017 R.G., promossa
DA
nato a CATANIA (CT) il 07/03/1968 C.F. Parte_1
rappresentato e difeso dall'avv. A S, giusta C.F._1
procura in atti
- RICORRENTE -
CONTRO
, nata a CATANIA (CT) il 10/06/1963 C.F. Controparte_1 rappresentata e difesa dall'avv. M A giusta C.F._2
procura in atti
- RESISTENTE -
Con l'intervento del Pubblico Ministero
Oggetto: scioglimento del matrimonio
Rimessa al collegio per la decisione all'esito dell'udienza del 13/11/2023 sulle conclusioni precisate come in atti, con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA
DECISIONE
(ART. 132 C.P.C.)
Con ricorso depositato in data 7/8/2017 adiva questo Tribunale Parte_1
chiedendo la pronunzia di scioglimento del matrimonio contratto in data 11/07/2002
a Catania con (Atto n. 223, Parte 1, Anno 2002). Controparte_1
1
Esponeva che dalla loro unione era nata la figlia (il 22.1.2004), oggi Per_1
maggiorenne ma non economicamente autosufficiente;che il Tribunale di Catania con decreto n. 2753/13 del 29.11.2013 aveva omologato la separazione personale dei coniugi alle condizioni enunciate nel ricorso e confermate in seno al verbale dell'udienza presidenziale;che la figlia, al tempo minorenne, era stata affidata congiuntamente ad entrambi i genitori e collocata presso la madre, la quale si era trasferita in un'abitazione diversa dalla casa familiare, rimasta nella disponibilità del ricorrente, unico proprietario;che il padre avrebbe versato un contributo per il mantenimento della figlia pari ad euro 300,00 mensili, oltre al 50% delle spese straordinarie, mentre nessun contributo era stato richiesto per il proprio mantenimento da parte dei coniugi, entrambi economicamente autonomi.
Chiedeva che le condizioni della separazione venissero confermate, con il versamento diretto alla figlia della somma di euro 300 mensili, oltre al 50% Per_1
delle spese straordinarie, quale contributo al mantenimento.
Instauratosi il contraddittorio, si costituiva , che non si Controparte_1
opponeva allo scioglimento del matrimonio, chiedendo l'aumento ad euro 500,00 dell'assegno di mantenimento per le figlia con lei convivente;l'assegnazione della casa coniugale e, tenuto conto del peggioramento della propria condizione economica, il riconoscimento di un assegno divorzile pari ad euro 250,00 mensili, con il riconoscimento del diritto a percepire una quota del TFS del ricorrente da parte della società o dell'ente che lo erogherà al momento della maturazione. Chiedeva inoltre che il Tribunale fissasse in termine ex art. 468 c.c. e 749 c.p.c. entro il quale il ricorrente dichiarasse la propria intenzione di accettare l'eredità del padre deceduto.
La causa veniva istruita mediante l'acquisizione della documentazione prodotta dalle parti, l'escussione del teste e l'interrogatorio formale della Testimone_1
resistente.
Con ordinanza dell'11.2.2019, su istanza della resistente, la somma dovuta dallo
a titolo di contributo per il mantenimento della figlia veniva incrementata ad CP_2
euro 400,00 mensili (oltre il 50% delle spese straordinarie).
_________________
La domanda di scioglimento del matrimonio è fondata e merita accoglimento.
Con decreto n. 2753/13 del 29.11.201 il Tribunale di Catania ha omologato la separazione dei coniugi.
La separazione si è protratta ininterrottamente dalla comparizione dei coniugi dinanzi al Presidente del Tribunale per un tempo superiore a sei mesi (art. 3, n.2, lettera b)
2
legge 898/1970), risultando impossibile, a causa del tempo trascorso la ricostruzione della comunione materiale e spirituale tra i coniugi.
Come è noto, ai sensi dell'art. 2, l. I dicembre 1970, n. 898 e succ. modif., la pronuncia di scioglimento del matrimonio è operata dal giudice quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione, egli accerti che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita per l'esistenza di una delle cause previste dall'art. 3 della stessa legge.
L'art. 3 L 898/70, come modificato da ultimo dalla legge 6 maggio 2015 n. 55, prevede che lo scioglimento del matrimonio può essere domandato “da uno dei coniugi: […] 2) nei casi in cui: […] b) è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale ... . /In tutti i predetti casi, per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno dodici mesi dall'avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale e da sei mesi nel caso di separazione consensuale, anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale”.
Nel caso in specie, lo stato di separazione sussistente tra i coniugi per il prescritto periodo risulta dimostrato dalla prodotta copia del provvedimento che pronuncia la separazione dei medesimi.
L'impossibilità della ricostruzione della comunione spirituale e materiale tra le parti si desume proprio dall'ampiezza del periodo di separazione trascorso nonchè dalle ragioni addotte a sostegno della domanda oggi in esame, elementi sintomatici della definitiva e irreversibile frattura del consorzio coniugale.
Sussistono pertanto le condizioni previste dagli articoli 2 e 3 n.2 lett b della legge
898/1970 per la pronuncia di scioglimento del matrimonio contratto in data
11/07/2002 a Catania e trascritto nei registri di detto Comune al N. 223, Parte 1,
Anno 2002.
Con riguardo alle ulteriori statuizioni, nulla va disposto in ordine all'affidamento e collocamento della figlia ormai maggiorenne. Per_1
Non può trovare accoglimento la richiesta di assegnazione della casa familiare, avanzata da , convivente con la figlia maggiorenne non Controparte_1
economicamente autosufficiente.
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E' consolidato il principio secondo cui la casa familiare deve essere assegnata tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli minorenni e dei figli maggiorenni non autosufficienti a permanere nell'ambiente domestico in cui sono cresciuti, per garantire il mantenimento delle loro consuetudini di vita e delle relazioni sociali che in tale ambiente si sono radicate (Cass., n. 32151/2023).
Nel caso di specie, la figlia ha lasciato la casa familiare nell'anno 2013, per Per_1
trasferirsi insieme alla madre in altra abitazione nella disponibilità di quest'ultima
(fatto incontestato, che costituiva clausola dell'accordo trasfuso nel decreto di omologa della separazione personale dei coniugi);non può quindi ritenersi che
l'abitazione sita in Catania, via Galati 101, costituisca “habitat familiare” per la figlia
che ha già reciso da tempo le consuetudini di vita radicate in quel luogo. Per_1
Deve porsi a carico di l'obbligo di contribuire al mantenimento della CP_3
figlia, convivente con la madre.
Con riguardo alla quantificazione dell'importo, ritiene il Collegio di porre a carico dello un assegno mensile di Euro 450,00, oltre al 50% delle spese CP_2
straordinarie.
Tale somma appare congrua in considerazione delle accresciute esigenze della figlia
e della capacità reddituale del ricorrente (dalla documentazione in atti emerge che per l'anno 2018 ha percepito un reddito lordo di 19.751,14 euro, CP_3
mentre non sono state depositate le dichiarazioni dei redditi aggiornate;il ricorrente è inoltre proprietario dell'immobile già adibito a casa familiare, rimasto nella sua disponibilità).
Al riguardo non risulta provato che il ricorrente percepisca o abbia percepito ulteriori emolumenti per l'attività svolta quale amministratore della società Org_1
, dovendosi prestare fede alla dichiarazione sottoscritta dal liquidatore
[...]
giudiziale, che esclude tale circostanza.
Non può disporsi che il contributo al mantenimento della figlia maggiorenne non autosufficiente venga versato direttamente a quest' ultima, in mancanza di espressa domanda a riceverlo da parte della figlia stessa, permanendo, in caso di convivenza con l'altro genitore, la legittimazione sul punto in capo a tale genitore.
Inammissibile è, inoltre, la richiesta della resistente di fissazione di un termine ex art. 468 c.c. e 749 c.p.c. entro il quale il ricorrente dichiari la propria intenzione di accettare l'eredità del padre, essendo esclusa la possibilità del "simultaneus processus", nell'ambito del giudizio di separazione o di divorzio, soggetto a rito speciale, con quella relativa alle questioni dare\avere (e quindi di restituzione e\o
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pagamento di somme di divisione mobiliare e\o immobiliare ecc.), o altro genere di domande tra le parti (come la domanda di risarcimento danno) che per loro natura non richiedano di essere avanzate nel procedimento speciale diretto alla separazione
o allo scioglimento del vincolo matrimoniale, perché trattasi di domande che non legate dal vincolo di connessione, ma in tutto autonome e distinte dalla domanda di separazione e\o divorzio e come tali sono soggette al rito ordinario (Cass. 15 maggio
2001 n. 6660;nello stesso senso, Cass. 12 gennaio 2000 n. 266;Sez. I, sent. n. 4367 del 25-03-2003).
Occorre a questo punto esaminare la domanda di assegno divorzile.
Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass., s.u. n. 18287 dell'11/07/2018), “il riconoscimento dell'assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L.
n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equi-ordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno. Il giudice deve quantificare
l'assegno rapportandolo non al pregresso tenore di vita familiare, ma in misura adeguata innanzitutto a garantire, in funzione assistenziale, l'indipendenza o autosufficienza economica dell'ex coniuge, intesa in una accezione non circoscritta alla pura sopravvivenza ma ancorata ad un criterio di normalità, avuto riguardo alla concreta situazione del coniuge richiedente nel contesto in cui egli vive (Cass.,
07/12/2021, n. 38928;Cass., 08/09/2021, n. 24250).
La differenza reddituale, coessenziale alla ricostruzione del tenore di vita matrimoniale, è oramai irrilevante ai fini della determinazione dell'assegno perché
l'entità del reddito dell'altro ex coniuge non giustifica, di per sé, la corresponsione di un assegno in proporzione delle sue sostanze (Cass. 09/08/2019, n. 21234).
In primo luogo occorre pertanto valutare la finalità assistenziale dell'assegno che resta imprescindibile, in ragione dei principi solidaristici di derivazione costituzionale che informano i modelli relazionali familiari e potrebbe anche essere considerata prevalente sulle altre (in arg. Cass. n. 21926 del 30/08/2019;Cass. n.
5055 del 24/02/2021).
Nella specie non sussistono i presupposti per il riconoscimento dell'assegno divorzile per finalità assistenziale in quanto non risulta dimostrato che la ricorrente si trovi
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nell'impossibilità di reperire una attività lavorativa, avuto riguardo alla mancata allegazione di cause ostative allo svolgimento di attività lavorativa.
In merito alla situazione economico – patrimoniale della ricorrente va rilevato come la stessa sia titolare del diritto di nuda proprietà sull'immobile sito in Catania, via
Galatioto n. 178, in cui attualmente vive, con il consenso della madre, titolare del diritto di usufrutto.
Neppure sussistono i presupposti per il riconoscimento dell'assegno divorzile in funzione perequativo- compensativa.
È principio costantemente affermato in giurisprudenza quello secondo cui (Cass.
24250/2021) “sciolto il vincolo coniugale, in linea di principio ciascun ex coniuge deve provvedere al proprio mantenimento, tuttavia tale principio è derogato, in base alla disciplina sull'assegno divorzile, oltre che nell'ipotesi di non autosufficienza di uno degli ex coniugi, anche nel caso in cui il matrimonio sia stato causa di uno spostamento patrimoniale dall'uno all'altro coniuge, "ex post" divenuto ingiustificato, spostamento patrimoniale che in tal caso deve essere corretto attraverso l'attribuzione di un assegno, in funzione compensativo-perequativa.
Pertanto, ove ne ricorrano i presupposti e vi sia una specifica prospettazione in tal senso, l'assegno deve essere adeguato a compensare il coniuge economicamente più debole, in funzione perequativo-compensativa, del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali - che il coniuge richiedente l'assegno ha l'onere di dimostrare nel giudizio - al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, rimanendo, in tal caso, assorbito l'eventuale profilo assistenziale" (cfr. anche Cass. 23583/2022).
Condizione per l'attribuzione dell'assegno divorzile in funzione compensativa non è il fatto in sé che uno dei coniugi si sia dedicato prevalentemente alle cure domestiche
e dei figli, né di per sé il divario o lo squilibrio reddituale tra gli ex coniugi - che vale
"unicamente come precondizione fattuale per l'applicazione dei parametri di cui alla
L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, prima parte" (cfr. Cass. n. 32398 del 2019) - o
l'elevata capacità economica di uno dei due Cass. n. 22738 del 2021, n. 21234 del
2019).
Nel caso di specie la ricorrente ha svolto attività lavorativa, sia in costanza di matrimonio che successivamente, quantomeno fino al mese di marzo 2018 (come emerso dalle dichiarazioni del , incaricato dal ricorrente di Testimone_1
svolgere attività di osservazione, dichiarazioni della cui genuinità non vi è ragione di
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dubitare), per cui non può ritenersi che abbia sacrificato le Controparte_1
proprie aspettative di carriera lavorativa nell'interesse della famiglia.
Da tanto discende il rigetto della domanda di assegno divorzile e della domanda di assegnazione di una quota di TFR percepita dall'ex coniuge, diritto che spetta, a determinate condizioni, solo in caso di riconoscimento dell'assegno divorzile.
Avuto riguardo alla natura della controversia e alla reciproca soccombenza le spese processuali vanno integralmente compensate.