Trib. Castrovillari, sentenza 01/10/2024, n. 1636
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI CASTROVILLARI - SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Matteo Prato, ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile, in secondo grado, iscritta al n. 2656 del R.G.A.C. 2022, promossa da:
POSTE ITALIANE S.p.A. (c.f. 97103880585), rappresentato e difeso dall'avv. Giancarlo De
Santis;
- società appellante - contro
RA IC (c.f. [...]), rappresentata e difesa dall'avv. Vincenzo
Gallerano;
- appellata -
Oggetto: appello avverso la sentenza n. 807/2022, resa dal Giudice di Pace di Trebisacce il
29.7.2022, depositata in pari data e notificata il 14.10.2022.
Conclusioni: come in atti, qui da intendersi integralmente riportate e trascritte.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione in primo grado ritualmente notificato AN ON evocava in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Trebisacce PO TA S.p.A. (d'ora innanzi, anche solo “PO”) assumendo di aver sottoscritto in data 8.7.1986 presso l'Ufficio Postale di Trebisacce i seguenti tre buoni postali fruttiferi: 1) buono postale fruttifero di £ 100.000, serie Q/P n. 000196;
2) buono postale fruttifero di £ 500.000, serie Q/P n. 000266;
3) buono postale fruttifero di £ 250.000, serie
Q/P n. 000216. Lamentava, quindi, che - recatasi in data 14.7.2017 presso l'ufficio postale per conseguire il rimborso dei titoli de quibus - PO le aveva corrisposto importi inferiori rispetto a quelli che a suo dire le sarebbero dovuti, così ritenendo di vantare un ulteriore credito pari ad €
1.472,69. Concludeva, dunque, invocando la condanna della società convenuta al pagamento della predetta somma, con vittoria di spese e competenze di lite.
Con comparsa di costituzione e risposta si costituiva in giudizio PO TA S.p.A., rilevando che quanto già incamerato da controparte corrispondeva a quanto alla medesima effettivamente spettante, sicché alcuna ulteriore somma era dovuta.
Con sentenza n. 807/2022, resa il 29.7.2022 e depositata in pari data, il Giudice di Pace di
Trebisacce accoglieva la domanda, condannando “PO TA s.p.a, in p.l.r.p.t., al pagamento, in favore di AN ON, della somma di €. 2.820,53, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo effettivo;
- condanna, altresì, la società convenuta, come sopra, al pagamento delle spese e competenze di giudizio, che liquida in complessivi €. 925,00, di cui €. 125,00 per esborsi ed €.
800,00 per compenso di avvocato, oltre rimborso spese generali, CPA ed Iva come per legge;
-
Pone, infine, definitivamente a carico della società convenuta anche il costo della CTU, per come liquidato con separato provvedimento”.
Tanto premesso, con il presente gravame la società appellante in epigrafe ha assunto l'erroneità della sentenza appellata - di cui ha invocato l'integrale riforma, con vittoria di spese e competenze di lite relative al doppio grado di giudizio e restituzione di quanto versato a controparte in esecuzione della gravata sentenza - reiterando le eccezioni, deduzioni e conclusioni già rassegnate in primo grado e rilevando come il Giudice di prime cure avrebbe violato le disposizioni normative disciplinanti la materia in esame.
Con comparsa di costituzione e risposta depositata telematicamente il 29.5.2023 si è costituita nel presente grado di giudizio AN ON la quale, preliminarmente, ha eccepito l'inammissibilità del gravame ex art. 342 c.p.c.;
quanto al merito, ha richiamato le difese già illustrate in primo grado concludendo per il rigetto della proposta impugnazione perché infondata in fatto ed in diritto, con il favore delle competenze di lite del presente grado di giudizio.
Il giudizio veniva istruito a mezzo produzione documentale ed acquisizione del fascicolo di primo grado;
all'udienza “cartolare” del 7.6.2024 la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni dei procuratori delle parti, come in atti rassegnate, con concessione dei termini di cui all'art. 190
c.p.c. per il deposito di scritti difensivi conclusionali.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, osserva questo Tribunale come risulti infondata l'eccezione, proposta dall'appellata, di inammissibilità del gravame per violazione dell'art. 342 c.p.c., dovendosi di contro registrare come l'impugnazione proposta dall'appellante consenta di intendere agevolmente le ragioni di dissenso rispetto alla motivazione e al dispositivo della gravata sentenza, recando specifiche censure all'ordito motivazionale sostenuto dal primo giudice e le consequenziali modifiche richieste, in linea con il costante insegnamento della Suprema Corte, secondo cui “Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del
2012, vanno interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata” (in tal senso, ex multis, Cass. Civ., ordinanza n. 13535 del 30.5.2018).
2. Giova, poi, osservare come il giudizio di appello, rientrando nel novero delle impugnazioni cd. sostitutive e parzialmente devolutive, comporti che il giudice del gravame - nei limiti dei capi sottoposti a censura attraverso l'enunciazione di specifici motivi di appello - non sia astretto alla motivazione espressa dal giudice di prime cure ma, essendo investito dell'esame della fondatezza della domanda, sulla scorta degli elementi di prova già acquisiti nel giudizio di primo grado, può pervenire alla riforma ovvero alla conferma (totale o parziale) della sentenza impugnata, anche in virtù di argomentazioni del tutto difformi rispetto a quelle poste a fondamento della pronuncia sottoposta a gravame, ovvero enunciando le motivazioni della decisione, laddove il giudice di prime cure non le abbia indicate.
3. Secondo quanto disposto dall'art. 173, comma 1 del D.P.R. 156/1973 (come modificato dall'art.
1 d.l. 460/1974, conv. con legge n. 588/1974, ratione temporis applicabile al caso di specie), “le variazioni del saggio d'interesse dei buoni postali fruttiferi sono disposte con decreto del Ministro per il tesoro, di concerto con il Ministro per le poste e le telecomunicazioni, da pubblicarsi nella
Gazzetta Ufficiale;
esse hanno effetto per i buoni di nuova serie, emessi dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, e possono essere estese ad una o più delle precedenti serie”.
Tale disciplina risulta pienamente applicabile al caso di specie, nonostante l'avvenuta abrogazione ad opera dell'art. 7, comma 3, d. lgs. 284/1999, avendo tale ultima novella normativa previsto che
“sono abrogate, a decorrere dalla data di entrata in vigore dei decreti che stabiliscono nuove caratteristiche dei libretti di risparmio postale e dei buoni fruttiferi postali, le disposizioni recate dai capi V e VI, titolo I, libro III del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156
e relative norme di esecuzione. I rapporti già in essere alla data di entrata in vigore dei medesimi decreti continuano ad essere regolati dalle norme anteriori. Detti decreti possono disciplinare le modalità di applicazione delle nuove norme ai rapporti già in essere, al fine di consentire una disciplina dei rapporti più favorevole ai risparmiatori”.
Pertanto, essendo la sottoscrizione dei buoni oggetto del presente giudizio avvenuta nel luglio 1986
(e, dunque, in epoca antecedente rispetto all'entrata in vigore dell'art. 7, comma 3, d. lgs. 284/1999
e dei successivi decreti attuativi), logico corollario è che deve ritenersi applicabile alla fattispecie in esame la disciplina di cui all'art. 173 del “testo unico delle disposizioni legislative in materia
postale, di bancoposta e di telecomunicazioni”, che consentiva al Ministero del Tesoro di modificare il tasso di interesse relativo ai buoni già emessi, con decreto ministeriale da pubblicarsi in Gazzetta Ufficiale. I buoni soggetti alla variazione del tasso di interesse dovevano considerarsi rimborsati con gli interessi al tasso originariamente fissato e convertiti nei titoli della nuova serie con il relativo tasso di interesse. A fronte della variazione del tasso di interesse era, quindi, consentita al risparmiatore la scelta di chiedere la
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI CASTROVILLARI - SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Matteo Prato, ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile, in secondo grado, iscritta al n. 2656 del R.G.A.C. 2022, promossa da:
POSTE ITALIANE S.p.A. (c.f. 97103880585), rappresentato e difeso dall'avv. Giancarlo De
Santis;
- società appellante - contro
RA IC (c.f. [...]), rappresentata e difesa dall'avv. Vincenzo
Gallerano;
- appellata -
Oggetto: appello avverso la sentenza n. 807/2022, resa dal Giudice di Pace di Trebisacce il
29.7.2022, depositata in pari data e notificata il 14.10.2022.
Conclusioni: come in atti, qui da intendersi integralmente riportate e trascritte.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione in primo grado ritualmente notificato AN ON evocava in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Trebisacce PO TA S.p.A. (d'ora innanzi, anche solo “PO”) assumendo di aver sottoscritto in data 8.7.1986 presso l'Ufficio Postale di Trebisacce i seguenti tre buoni postali fruttiferi: 1) buono postale fruttifero di £ 100.000, serie Q/P n. 000196;
2) buono postale fruttifero di £ 500.000, serie Q/P n. 000266;
3) buono postale fruttifero di £ 250.000, serie
Q/P n. 000216. Lamentava, quindi, che - recatasi in data 14.7.2017 presso l'ufficio postale per conseguire il rimborso dei titoli de quibus - PO le aveva corrisposto importi inferiori rispetto a quelli che a suo dire le sarebbero dovuti, così ritenendo di vantare un ulteriore credito pari ad €
1.472,69. Concludeva, dunque, invocando la condanna della società convenuta al pagamento della predetta somma, con vittoria di spese e competenze di lite.
Con comparsa di costituzione e risposta si costituiva in giudizio PO TA S.p.A., rilevando che quanto già incamerato da controparte corrispondeva a quanto alla medesima effettivamente spettante, sicché alcuna ulteriore somma era dovuta.
Con sentenza n. 807/2022, resa il 29.7.2022 e depositata in pari data, il Giudice di Pace di
Trebisacce accoglieva la domanda, condannando “PO TA s.p.a, in p.l.r.p.t., al pagamento, in favore di AN ON, della somma di €. 2.820,53, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo effettivo;
- condanna, altresì, la società convenuta, come sopra, al pagamento delle spese e competenze di giudizio, che liquida in complessivi €. 925,00, di cui €. 125,00 per esborsi ed €.
800,00 per compenso di avvocato, oltre rimborso spese generali, CPA ed Iva come per legge;
-
Pone, infine, definitivamente a carico della società convenuta anche il costo della CTU, per come liquidato con separato provvedimento”.
Tanto premesso, con il presente gravame la società appellante in epigrafe ha assunto l'erroneità della sentenza appellata - di cui ha invocato l'integrale riforma, con vittoria di spese e competenze di lite relative al doppio grado di giudizio e restituzione di quanto versato a controparte in esecuzione della gravata sentenza - reiterando le eccezioni, deduzioni e conclusioni già rassegnate in primo grado e rilevando come il Giudice di prime cure avrebbe violato le disposizioni normative disciplinanti la materia in esame.
Con comparsa di costituzione e risposta depositata telematicamente il 29.5.2023 si è costituita nel presente grado di giudizio AN ON la quale, preliminarmente, ha eccepito l'inammissibilità del gravame ex art. 342 c.p.c.;
quanto al merito, ha richiamato le difese già illustrate in primo grado concludendo per il rigetto della proposta impugnazione perché infondata in fatto ed in diritto, con il favore delle competenze di lite del presente grado di giudizio.
Il giudizio veniva istruito a mezzo produzione documentale ed acquisizione del fascicolo di primo grado;
all'udienza “cartolare” del 7.6.2024 la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni dei procuratori delle parti, come in atti rassegnate, con concessione dei termini di cui all'art. 190
c.p.c. per il deposito di scritti difensivi conclusionali.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, osserva questo Tribunale come risulti infondata l'eccezione, proposta dall'appellata, di inammissibilità del gravame per violazione dell'art. 342 c.p.c., dovendosi di contro registrare come l'impugnazione proposta dall'appellante consenta di intendere agevolmente le ragioni di dissenso rispetto alla motivazione e al dispositivo della gravata sentenza, recando specifiche censure all'ordito motivazionale sostenuto dal primo giudice e le consequenziali modifiche richieste, in linea con il costante insegnamento della Suprema Corte, secondo cui “Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del
2012, vanno interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata” (in tal senso, ex multis, Cass. Civ., ordinanza n. 13535 del 30.5.2018).
2. Giova, poi, osservare come il giudizio di appello, rientrando nel novero delle impugnazioni cd. sostitutive e parzialmente devolutive, comporti che il giudice del gravame - nei limiti dei capi sottoposti a censura attraverso l'enunciazione di specifici motivi di appello - non sia astretto alla motivazione espressa dal giudice di prime cure ma, essendo investito dell'esame della fondatezza della domanda, sulla scorta degli elementi di prova già acquisiti nel giudizio di primo grado, può pervenire alla riforma ovvero alla conferma (totale o parziale) della sentenza impugnata, anche in virtù di argomentazioni del tutto difformi rispetto a quelle poste a fondamento della pronuncia sottoposta a gravame, ovvero enunciando le motivazioni della decisione, laddove il giudice di prime cure non le abbia indicate.
3. Secondo quanto disposto dall'art. 173, comma 1 del D.P.R. 156/1973 (come modificato dall'art.
1 d.l. 460/1974, conv. con legge n. 588/1974, ratione temporis applicabile al caso di specie), “le variazioni del saggio d'interesse dei buoni postali fruttiferi sono disposte con decreto del Ministro per il tesoro, di concerto con il Ministro per le poste e le telecomunicazioni, da pubblicarsi nella
Gazzetta Ufficiale;
esse hanno effetto per i buoni di nuova serie, emessi dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, e possono essere estese ad una o più delle precedenti serie”.
Tale disciplina risulta pienamente applicabile al caso di specie, nonostante l'avvenuta abrogazione ad opera dell'art. 7, comma 3, d. lgs. 284/1999, avendo tale ultima novella normativa previsto che
“sono abrogate, a decorrere dalla data di entrata in vigore dei decreti che stabiliscono nuove caratteristiche dei libretti di risparmio postale e dei buoni fruttiferi postali, le disposizioni recate dai capi V e VI, titolo I, libro III del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156
e relative norme di esecuzione. I rapporti già in essere alla data di entrata in vigore dei medesimi decreti continuano ad essere regolati dalle norme anteriori. Detti decreti possono disciplinare le modalità di applicazione delle nuove norme ai rapporti già in essere, al fine di consentire una disciplina dei rapporti più favorevole ai risparmiatori”.
Pertanto, essendo la sottoscrizione dei buoni oggetto del presente giudizio avvenuta nel luglio 1986
(e, dunque, in epoca antecedente rispetto all'entrata in vigore dell'art. 7, comma 3, d. lgs. 284/1999
e dei successivi decreti attuativi), logico corollario è che deve ritenersi applicabile alla fattispecie in esame la disciplina di cui all'art. 173 del “testo unico delle disposizioni legislative in materia
postale, di bancoposta e di telecomunicazioni”, che consentiva al Ministero del Tesoro di modificare il tasso di interesse relativo ai buoni già emessi, con decreto ministeriale da pubblicarsi in Gazzetta Ufficiale. I buoni soggetti alla variazione del tasso di interesse dovevano considerarsi rimborsati con gli interessi al tasso originariamente fissato e convertiti nei titoli della nuova serie con il relativo tasso di interesse. A fronte della variazione del tasso di interesse era, quindi, consentita al risparmiatore la scelta di chiedere la
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi