Trib. Trieste, sentenza 14/10/2024, n. 861
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI TRIESTE
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE, PROTEZIONE INTERNAZIONALE E
LIBERA CIRCOLAZIONE DEI CITTADINI DELL'UNIONE EUROPEA
Nella causa N.R.G. 2172/2023
Il Tribunale, nella seguente composizione collegiale dott.ssa Francesca Ajello Presidente dott.ssa Filomena Piccirillo Giudice dott.ssa Michela Bortolami Giudice relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa proposta da
, nato in [...] il [...], , Parte_1 C.F._1 rappresentato e difeso dall'Avv.to Giovanni Migliorati del Foro di Brescia
ricorrente contro
, C.F. in persona del Ministro pro Controparte_1 P.IVA_1 tempore, difeso ex lege dall'Avvocatura dello Stato di Trieste
Controparte_2 resistente
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 26 maggio 2023, ha Parte_1 impugnato il decreto del Questore della Provincia di Trieste, emanato il 10 maggio
2023 e notificato il 12 maggio 2023, con cui è stata dichiarata inammissibile la
domanda di rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale presentata dal ricorrente.
Nell'atto introduttivo, il ricorrente ha dedotto di essere cittadino kosovaro;
di aver fatto ingresso in Italia nel 2019, presentando domanda di protezione internazionale, che veniva rigettata;
di aver poi reiterato la domanda di protezione internazionale, interpretata dalla Questura come domanda di protezione speciale, che veniva dichiarata inammissibile dalla Questura, data l'entrata in vigore del D.L.
20/2023;
che, tuttavia, tale norma non ha abrogato la protezione speciale, che continua a prevedere la possibilità di concedere il permesso di soggiorno nei casi di cui all'art. 5, comma 6, del D.Lgs. 286/1998, che fa riferimento al doveroso rispetto degli obblighi costituzionali e internazionali, tra cui rientrano le previsioni di cui all'art. 8 Cedu e 2 e 10 Cost.;
che il ricorrente è in Italia dal 2019 ed ha sempre prestato attività lavorativa, ha un'idonea soluzione abitativa in forza di regolare contratto di locazione ed ha mantenuto una condotta rispettosa delle leggi italiane.
Alla luce di tali circostanze, comprovate dai documenti depositati in allegato al ricorso, il ricorrente ha concluso chiedendo:
“Nel merito: voglia l'Ill.mo Tribunale adito, accertata e dichiarata
l'illegittimità dell'impugnato provvedimento di rigetto della richiesta di protezione internazionale e speciale emesso dalla Questura di Trieste, dichiararsi il diritto del CP_ ricorrente all Costituzionale sul territorio nazionale ai sensi e agli effetti dell'art. 10 comma 3 della Costituzione della Repubblica.
In subordine: accertato e dichiarato che il rientro in patria potrebbe esporre il ricorrente ad un grave pregiudizio per la propria dignità personale, voglia il
Tribunale adito, accertata e dichiarata la sussistenza dei requisiti per l'ottenimento della “protezione speciale ” o “sussidiaria”, ordinare alla competente Questura di rilasciare un permesso di soggiorno in capo alla ricorrente per motivi di “protezione speciale ” o “umanitaria”.
Pag. 2 di 16
A seguito della rinnovazione della notifica all'Amministrazione resistente, disposta all'udienza del 17 ottobre 2023, alla successiva udienza del 1° febbraio
2024 è stata dichiarata la contumacia del , non comparso. Controparte_1
A tale udienza il Giudice ha sollevato la questione della proponibilità della domanda di protezione speciale direttamente in Questura successivamente all'entrata in vigore del D.L. 20/2023;
la difesa ha chiesto termine per il deposito di una nota scritta sul punto e il Giudice, autorizzato il deposito, ha rinviato la causa ad una successiva udienza.
Il 28 marzo 2024 parte ricorrente ha depositato la nota autorizzata in cui ha rilevato che, all'atto della presentazione della domanda, o il sig. oveva Pt_1 essere avvisato che tale domanda non era più ammissibile e non doveva essere neppure accolta agli sportelli della Questura o la domanda doveva essere intesa come domanda di protezione internazionale reiterata;
in ogni caso, la domanda spiegata nel presente giudizio di riconoscimento della protezione speciale, essendo autonoma, può comunque essere valutata dal Giudice;
parte ricorrente, richiamata la normativa che tutela il rispetto della vita privata e familiare e il diritto ad una vita dignitosa, ha quindi concluso ribadendo le richieste già esposte nell'atto introduttivo, chiedendo altresì la sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato.
All'udienza del 9 aprile 2024, il Giudice, vista la nota depositata dalla difesa di parte ricorrente, che concludeva come in atti, ha dunque riservato la causa al
Collegio.
Il 25 luglio 2024 la parte ricorrente ha reiterato la richiesta di sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, accolta dal Tribunale con provvedimento del 26 luglio 2024.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il provvedimento impugnato consiste in un provvedimento della CP_2 di Trieste, dall'oggetto “inammissibilità dell'istanza di rilascio di permesso di soggiorno per “protezione speciale” presentata in data 10/05/2023 da Parte_1
nato il [...] in [...]”, che recita: “Ai sensi dell'art. 2, comma 1,
[...]
Pag. 3 di 16 della legge 7 agosto 1990 n.241, con il presente provvedimento redatto in forma semplificata, si dichiara inammissibile l'istanza di “protezione speciale” presentata presso gli sportelli di questo Ufficio Immigrazione, da in quanto Parte_2 priva, palesemente ed insanabilmente, dei requisiti minimi di valutabilità, in base alle specifiche condizioni necessarie per il riconoscimento della protezione speciale, così come previsto dalla Circolare della Commissione Nazione per il Diritto di Asilo del 19 luglio 2021 e da ultimo, dal Decreto Legge 10 marzo 2023”.
Tralasciando che pare essere un errore materiale dell'Amministrazione in ordine alle esatte generalità del ricorrente (riportate correttamente nell'oggetto ma non nel corpo del provvedimento), il ricorrente ha confermato di aver presentato istanza il 10 maggio 2023, ma sostiene che la domanda era, più in generale, di protezione internazionale;
in ogni caso, nel presente giudizio, insiste per il riconoscimento della protezione speciale, sottolineando però anche che, nel caso in cui questa sia inammissibile in quanto presentata dopo l'entrata in vigore del D.L. 20/2023, spetterebbe al ricorrente, quanto meno, il diritto alla formalizzazione della domanda di protezione internazionale.
La complessiva domanda giudiziale si articola in verità in due diverse domande, avente l'una ad oggetto il diritto di presentare – e di veder decisa dall'Amministrazione - la domanda di protezione speciale e l'altra avente ad oggetto l'accertamento in questa sede dei presupposti della detta protezione speciale.
Rispetto a tali due, diverse, domande giudiziali, si deve osservare quanto segue.
Va premesso che la Legge n. 50/2023, che ha convertito il D.L. 20/2023, non ha comportato l'abrogazione della fattispecie del permesso di soggiorno per protezione speciale, avendo la novella normativa abrogato la terza e la quarta parte dell'art. 19 comma 1.1. D. L.vo 25 luglio 1998, n. 286, che ora si milita a prevede che:
“in nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di
Pag. 4 di 16 orientamento sessuale, di identità di genere, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro
Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.
Non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o qualora ricorrano gli obblighi di cui all'articolo 5, comma 6. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell'esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani”
e non più anche:
“non sono altresì ammessi il respingimento o l'espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, a meno che esso sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica nonché' di protezione della salute nel rispetto della
Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
Ai fini della valutazione del rischio di violazione di cui al periodo precedente, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine”.
L'art. 5, comma 6, del D.Lgs. 286/1998, richiamato dal detto primo comma dell'art. 19 cit. prevede a sua volta che “il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, fatto salvo il rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano”.
Pag. 5 di 16
Dunque, non può dubitarsi
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI TRIESTE
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE, PROTEZIONE INTERNAZIONALE E
LIBERA CIRCOLAZIONE DEI CITTADINI DELL'UNIONE EUROPEA
Nella causa N.R.G. 2172/2023
Il Tribunale, nella seguente composizione collegiale dott.ssa Francesca Ajello Presidente dott.ssa Filomena Piccirillo Giudice dott.ssa Michela Bortolami Giudice relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa proposta da
, nato in [...] il [...], , Parte_1 C.F._1 rappresentato e difeso dall'Avv.to Giovanni Migliorati del Foro di Brescia
ricorrente contro
, C.F. in persona del Ministro pro Controparte_1 P.IVA_1 tempore, difeso ex lege dall'Avvocatura dello Stato di Trieste
Controparte_2 resistente
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 26 maggio 2023, ha Parte_1 impugnato il decreto del Questore della Provincia di Trieste, emanato il 10 maggio
2023 e notificato il 12 maggio 2023, con cui è stata dichiarata inammissibile la
domanda di rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale presentata dal ricorrente.
Nell'atto introduttivo, il ricorrente ha dedotto di essere cittadino kosovaro;
di aver fatto ingresso in Italia nel 2019, presentando domanda di protezione internazionale, che veniva rigettata;
di aver poi reiterato la domanda di protezione internazionale, interpretata dalla Questura come domanda di protezione speciale, che veniva dichiarata inammissibile dalla Questura, data l'entrata in vigore del D.L.
20/2023;
che, tuttavia, tale norma non ha abrogato la protezione speciale, che continua a prevedere la possibilità di concedere il permesso di soggiorno nei casi di cui all'art. 5, comma 6, del D.Lgs. 286/1998, che fa riferimento al doveroso rispetto degli obblighi costituzionali e internazionali, tra cui rientrano le previsioni di cui all'art. 8 Cedu e 2 e 10 Cost.;
che il ricorrente è in Italia dal 2019 ed ha sempre prestato attività lavorativa, ha un'idonea soluzione abitativa in forza di regolare contratto di locazione ed ha mantenuto una condotta rispettosa delle leggi italiane.
Alla luce di tali circostanze, comprovate dai documenti depositati in allegato al ricorso, il ricorrente ha concluso chiedendo:
“Nel merito: voglia l'Ill.mo Tribunale adito, accertata e dichiarata
l'illegittimità dell'impugnato provvedimento di rigetto della richiesta di protezione internazionale e speciale emesso dalla Questura di Trieste, dichiararsi il diritto del CP_ ricorrente all Costituzionale sul territorio nazionale ai sensi e agli effetti dell'art. 10 comma 3 della Costituzione della Repubblica.
In subordine: accertato e dichiarato che il rientro in patria potrebbe esporre il ricorrente ad un grave pregiudizio per la propria dignità personale, voglia il
Tribunale adito, accertata e dichiarata la sussistenza dei requisiti per l'ottenimento della “protezione speciale ” o “sussidiaria”, ordinare alla competente Questura di rilasciare un permesso di soggiorno in capo alla ricorrente per motivi di “protezione speciale ” o “umanitaria”.
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A seguito della rinnovazione della notifica all'Amministrazione resistente, disposta all'udienza del 17 ottobre 2023, alla successiva udienza del 1° febbraio
2024 è stata dichiarata la contumacia del , non comparso. Controparte_1
A tale udienza il Giudice ha sollevato la questione della proponibilità della domanda di protezione speciale direttamente in Questura successivamente all'entrata in vigore del D.L. 20/2023;
la difesa ha chiesto termine per il deposito di una nota scritta sul punto e il Giudice, autorizzato il deposito, ha rinviato la causa ad una successiva udienza.
Il 28 marzo 2024 parte ricorrente ha depositato la nota autorizzata in cui ha rilevato che, all'atto della presentazione della domanda, o il sig. oveva Pt_1 essere avvisato che tale domanda non era più ammissibile e non doveva essere neppure accolta agli sportelli della Questura o la domanda doveva essere intesa come domanda di protezione internazionale reiterata;
in ogni caso, la domanda spiegata nel presente giudizio di riconoscimento della protezione speciale, essendo autonoma, può comunque essere valutata dal Giudice;
parte ricorrente, richiamata la normativa che tutela il rispetto della vita privata e familiare e il diritto ad una vita dignitosa, ha quindi concluso ribadendo le richieste già esposte nell'atto introduttivo, chiedendo altresì la sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato.
All'udienza del 9 aprile 2024, il Giudice, vista la nota depositata dalla difesa di parte ricorrente, che concludeva come in atti, ha dunque riservato la causa al
Collegio.
Il 25 luglio 2024 la parte ricorrente ha reiterato la richiesta di sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, accolta dal Tribunale con provvedimento del 26 luglio 2024.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il provvedimento impugnato consiste in un provvedimento della CP_2 di Trieste, dall'oggetto “inammissibilità dell'istanza di rilascio di permesso di soggiorno per “protezione speciale” presentata in data 10/05/2023 da Parte_1
nato il [...] in [...]”, che recita: “Ai sensi dell'art. 2, comma 1,
[...]
Pag. 3 di 16 della legge 7 agosto 1990 n.241, con il presente provvedimento redatto in forma semplificata, si dichiara inammissibile l'istanza di “protezione speciale” presentata presso gli sportelli di questo Ufficio Immigrazione, da in quanto Parte_2 priva, palesemente ed insanabilmente, dei requisiti minimi di valutabilità, in base alle specifiche condizioni necessarie per il riconoscimento della protezione speciale, così come previsto dalla Circolare della Commissione Nazione per il Diritto di Asilo del 19 luglio 2021 e da ultimo, dal Decreto Legge 10 marzo 2023”.
Tralasciando che pare essere un errore materiale dell'Amministrazione in ordine alle esatte generalità del ricorrente (riportate correttamente nell'oggetto ma non nel corpo del provvedimento), il ricorrente ha confermato di aver presentato istanza il 10 maggio 2023, ma sostiene che la domanda era, più in generale, di protezione internazionale;
in ogni caso, nel presente giudizio, insiste per il riconoscimento della protezione speciale, sottolineando però anche che, nel caso in cui questa sia inammissibile in quanto presentata dopo l'entrata in vigore del D.L. 20/2023, spetterebbe al ricorrente, quanto meno, il diritto alla formalizzazione della domanda di protezione internazionale.
La complessiva domanda giudiziale si articola in verità in due diverse domande, avente l'una ad oggetto il diritto di presentare – e di veder decisa dall'Amministrazione - la domanda di protezione speciale e l'altra avente ad oggetto l'accertamento in questa sede dei presupposti della detta protezione speciale.
Rispetto a tali due, diverse, domande giudiziali, si deve osservare quanto segue.
Va premesso che la Legge n. 50/2023, che ha convertito il D.L. 20/2023, non ha comportato l'abrogazione della fattispecie del permesso di soggiorno per protezione speciale, avendo la novella normativa abrogato la terza e la quarta parte dell'art. 19 comma 1.1. D. L.vo 25 luglio 1998, n. 286, che ora si milita a prevede che:
“in nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di
Pag. 4 di 16 orientamento sessuale, di identità di genere, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro
Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.
Non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o qualora ricorrano gli obblighi di cui all'articolo 5, comma 6. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell'esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani”
e non più anche:
“non sono altresì ammessi il respingimento o l'espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, a meno che esso sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica nonché' di protezione della salute nel rispetto della
Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
Ai fini della valutazione del rischio di violazione di cui al periodo precedente, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine”.
L'art. 5, comma 6, del D.Lgs. 286/1998, richiamato dal detto primo comma dell'art. 19 cit. prevede a sua volta che “il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, fatto salvo il rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano”.
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