Trib. Bari, sentenza 18/11/2024, n. 4454

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Bari, sentenza 18/11/2024, n. 4454
Giurisdizione : Trib. Bari
Numero : 4454
Data del deposito : 18 novembre 2024

Testo completo

Tribunale di Bari
Sezione Lavoro
N.R.G. 10009/2023
Il Giudice Salvatore Franco Santoro, all'udienza del 18/11/2024 ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa promossa da
AN OL, rappresentata e difesa dall'Avv.to LORUSSO
ADALGISA
ricorrente contro
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, rappresentato e difeso dall'Avv.to PATARNELLO ANDREA resistente
OGGETTO: ricorso in opposizione a richiesta restitutoria di indebito assistenziale per revoca della prestazione.
CONCLUSIONI: come da note a verbale di udienza del 18.11.2024
RAGIONI della DECISIONE
Con l'atto introduttivo del presente giudizio, la parte ricorrente, rappresentando di essere stata percettrice dal 1° novembre 2019 della prestazione assistenziale della pensione di inabilità, maggiorata ex art. 38 L. n. 448/2001 da luglio 2020, ed in seguito alla visita di revisione del 25.11.2020 che aveva riconosciuto un'invalidità civile nella misura del 75% di aver percepito la diversa prestazione dell'assegno mensile di invalidità nell'importo erogato fino al 2022, quando l'Inps, con tre provvedimenti, due del 21.03.2022 di riliquidazione della prestazione e di accertamento dell'indebito di €


6.749,24, e l'altro del 10.10.2022, comunicava il recupero dell'indebito tramite n. 120 trattenute mensili, proponeva opposizione alle richieste restitutorie dell'Inps delle somme erogate durante il periodo dall'01.12.2020 al 30.04.2022, per genericità delle richieste, per irripetibilità, trattandosi di errore imputabile esclusivamente all'Inps per aver erogato d'ufficio la maggiorazione sociale ingenerando un affidamento incolpevole sull'esatta determinazione del rateo mensile della prestazione in godimento dopo la revisione, per mancanza di dolo e per buona fede del percettore, non potendo configurarsi il verbale sanitario di revisione alla stregua di un provvedimento formale di revoca, provvedimento intervenuto dopo anni in violazione dei tempi stabiliti dal comma 8 dell'art. 37 L. n.
448/1998, e domandava la declaratoria di illegittimità ed inefficacia e
l'annullamento della richiesta restitutoria e la restituzione delle somme eventualmente trattenute dall'Inps oltre interessi e rivalutazione ed in via subordinata, in caso di ritenuta ripetibilità dell'indebito, la tutela risarcitoria dei danni subiti pari alle somme ritenute indebite oltre interessi e rivalutazione, con il favore delle spese di lite da distrarre. Allegava documentazione.
Si costituiva la parte resistente per domandare il rigetto per infondatezza del promosso ricorso attesa l'inoperatività nella fattispecie in esame della disciplina invocata dalla parte ricorrente e
l'inconferenza dei precedenti richiamati, non ravvisandosi alcuna esigenza di tutela dell'affidamento dal momento della piena conoscenza del verbale sanitario di revisione, con il favore delle spese di lite. Allegava documentazione.
Ebbene, il ricorso è fondato e merita integrale accoglimento.
Pag. 2 di 20
Preliminarmente, occorre premettere che alla luce delle allegazioni delle parti e della produzione documentale acquisita al processo, nel caso in esame deve ravvisarsi una tipica ipotesi di indebito assistenziale, atteso che le somme in esame sono state erogate dall'Inps a titolo di maggiorazione sociale ex art. 38 L. n. 448/2001.
Secondo quanto rappresentato dalla Suprema Corte di Cassazione, infatti, l'incremento per la maggiorazione in esame è un istituto di natura assistenziale in quanto non attinge ad alcuna provvista contributiva e grava sulla fiscalità generale.
In ogni caso, nella fattispecie in esame, accedendo la maggiorazione ad una prestazione tipicamente assistenziale non può che averne la medesima natura1.
Ciò posto, trattandosi indebito assistenziale, la disciplina particolare sulla ripetibilità delle prestazioni indebitamente erogate va ricercata nella normativa appositamente dettata in materia, non potendo trovare applicazione in via analogica - ma neppure estensiva stante il carattere derogatorio dell'art. 2033 c.c., di disposizioni di questo genere - le regole dettate con riferimento alle pensioni o ad altri trattamenti previdenziali.
A tal proposito occorre dare continuità ai seguenti principi di diritto affermati dalla Suprema Corte di Cassazione proprio sulla natura dell'indebito in esame e sulla disciplina applicabile: “…(omissis)… La formulazione del motivo si incentra sulla natura assistenziale e non previdenziale della prestazione indebita che è, come si è detto, la maggiorazione sociale prevista dalla L. n. 448 del
2001, art. 38
sull'assegno sociale erogato ai sensi della L. n. 118 del
1971, art. 19
.
Pag. 3 di 20
In sostanza, per il ricorrente, se l'indebito è riferito ad una prestazione assistenziale, al di fuori delle ipotesi qui non ricorrenti espressamente regolate dalla legge, l'unica disciplina applicabile sarebbe l'art. 2033 c.c. che non subordina l'obbligo di restituzione a particolari stati soggettivi dell'accipiens, tranne che per la decorrenza degli interessi.

7. In linea generale, può affermarsi che sono prestazioni assistenziali quelle riconducibili all'art. 38, comma 1, laddove è disposto che quanti siano privi dei mezzi necessari per vivere hanno diritto al mantenimento ed all'assistenza sociale. Inoltre, per il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, art. 128, richiamato dalla L. n. 328 del 2000, art. 1, le prestazioni sociali constano di interventi configurabili quali attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della vita.

8. All'interno di questo riferimento generale, che fornisce i parametri positivi di qualificazione delle prestazioni economiche pubbliche, va esaminata l'ipotesi di maggiorazione di cui si discute prevista dalla L.
n. 448 del 2001, art. 38.
La disposizione, intitolata "Incremento delle pensioni in favore di soggetti disagiati", prevede che, a decorrere dal 1 gennaio 2002 è incrementata, a favore dei soggetti di età pari o superiore a settanta anni e fino a garantire un reddito proprio pari a 516,46 Euro al mese per tredici mensilità, la misura delle maggiorazioni sociali dei trattamenti pensionistici di cui: a) alla L. 29 dicembre 1988, n. 544, art. 1, e successive modificazioni;
b) alla L. 23 dicembre 2000, n.
388, art. 70, comma 1
, con riferimento ai titolari dell'assegno sociale di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 6;
c) alla L. 29
Pag. 4 di 20
dicembre 1988, n. 544, art. 2, con riferimento ai titolari della pensione sociale di cui alla L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 26. 2. I medesimi benefici di cui al comma 1 in presenza dei requisiti anagrafici di cui al medesimo comma, sono corrisposti ai titolari dei trattamenti trasferiti all'INPS ai sensi della L. 26 maggio 1970, n.
381, art. 10
, e della L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 19, nonché ai ciechi civili titolari di pensione, tenendo conto dei medesimi criteri economici adottati per l'accesso e per il calcolo dei predetti benefici.
3. (...) 4. I benefici incrementativi di cui al comma 1 sono altresì concessi ai soggetti di età superiore a diciotto anni, che risultino invalidi civili totali o sordomuti o ciechi civili assoluti titolari di pensione o che siano titolari di pensione di inabilità di cui alla L. 12 giugno 1984, n. 222, art. 2. (...).

9. Si tratta, come emerge dal testo, di una misura che agisce in via trasversale riguardando sia prestazioni fondate su presupposti contributivi (come la pensione di inabilità di cui alla L. n. 222 del 1984, art. 2) che prestazioni che ne sono prive e che è chiaramente mirata a garantire che ciascuna delle prestazioni indicate non risulti inferiore all'importo di un milione di lire, oggi Euro 516,46.
10. Con riferimento, dunque, a tale finalità la maggiorazione in esame può ritenersi istituto di natura assistenziale, posto che non attinge ad alcuna provvista contributiva, gravando sulla fiscalità generale.
11. Se anche non si dovesse ritenere che la disciplina specifica di tale maggiorazione deponga per una autonoma qualificazione assistenziale, non vi è dubbio che tale natura si debba riconoscere alla prestazione a cui la maggiorazione accede (in tal senso vd. Cass. n. 17644 del 2020).
Pag. 5 di 20
Sulla persistente natura assistenziale del trattamento previsto dalla L.
n. 118 del 1971, art. 19 si è espressa la costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità (Cass., sez. un. 10972 del 2001, seguita da numerose altre: ex plurimis, Cass., sez. VI, n. 26050 del
2013;
Cass., sez. VI, n. 9740 del 2019), essendosi consolidato il principio secondo cui l'ammissione degli invalidi civili, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, alla pensione sociale a carico del fondo di cui alla L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 26 (vigente ratione temporis, posto che la D.V. ha beneficiato sino al 1992 dell'assegno di invalidità civile, poi trasformato in pensione sociale) erogata dall'INPS in sostituzione della pensione di invalidità (...) ha, in applicazione della L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 19, carattere automatico e prescinde pertanto dall'accertamento, da parte di detto Istituto, della rivalutazione della posizione patrimoniale dell'assistito, costituendo la titolarità della pensione di invalidità (recte: assegno di invalidità o pensione di inabilità) sufficiente presupposto per il conseguimento della pensione sociale alle condizioni di maggior favore già accertate.
12. Si è infatti sottolineata la necessità di applicare rigorosamente la L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 19, interpretato nel senso che gli invalidi civili, i quali già fruiscano della relativa pensione (o assegno mensile), ne ottengono
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi