Trib. Santa Maria Capua Vetere, sentenza 12/09/2024, n. 2025
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in composizione monocratica e in funzione di giudice del lavoro, in persona della dott.ssa F I, all'esito della trattazione ex art. 127 ter c.p.c. ha emesso la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 2006 del Ruolo gen. affari lavoro dell'anno 2019 TRA
rapp.to e difeso dall'avv. R F con il quale elett.te Parte_1 domicilia come in atti
RICORRENTE in persona del legale rapp.te p.t., rapp.ta e difesa dall'avv. M S CP_1 con il quale domicilia come in atti RESISTENTE Motivi della decisione
Con ricorso depositato in data 25.2.2019, il ricorrente in epigrafe indicato deduceva di aver lavorato alle dipendenze della dal 18.7.2013 al 20.1.2014, svolgendo mansioni di Controparte_1 operaio muratore specializzato, presso il cantiere edile sito in Capua (CE), alla Piazza del Giudice, secondo le direttive che gli venivano impartite dal legale rappresentante della società
. Controparte_2
Rappresentava di aver lavorato osservando il seguente orario di lavoro: dal lunedì al venerdì, dalle ore 07:30 alle ore 17:30, con un'ora di pausa ed il sabato, dalle ore 07:30 alle ore 12:30, con una retribuzione giornaliera pari ad euro 60,00 (il sabato euro 40,00). Lamentava di non aver ricevuto la giusta retribuzione in relazione alla quantità e alla qualità de lavoro svolto, né il corretto inquadramento per le mansioni svolte riconducibili al livello III del CCNL di categoria, né l'indennità di cassa edile (se non per i mesi di novembre e dicembre 2013), né il TFR al momento della conclusione del rapporto lavorativo. Adiva, pertanto, questo giudice al fine di accertare la natura subordinata del rapporto dal 18.7.2013 al 20.1.2014 e, per l'effetto, condannare parte resistente al pagamento della somma complessiva di €. 6.091,81 per le ragioni di cui in ricorso, oltre interessi e rivalutazione;con vittoria di spese ed attribuzione (cfr. conclusioni del ricorso introduttivo). Instauratosi ritualmente il contraddittorio, si costituiva in giudizio l'azienda convenuta chiedendo il rigetto della domanda in quanto infondata in fatto e in diritto. Acquisita la documentazione prodotta, ammessa ed espletata la prova testimoniale, concesso il termine per il deposito di note in sostituzione dell'udienza ex art. 127 ter c.p.c., lette le note, acquisito ai sensi dell'art. 421 c.p.c. il fascicolo del procedimento r.g. n. 2005/2019, completo di
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tutti gli atti processuali, anche in quanto trattato congiuntamente al presente da questo giudice, la causa viene decisa mediante deposito della sentenza completa delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. Va rilevato che nelle more del giudizio, per parte resistente l'avv. P. Sticco rinunciava al mandato e al suo posto si costituiva l'avv. M. Stanislao.
***** Il ricorso è infondato e va rigettato. Va osservato che l'oggetto della presente causa attiene al riconoscimento della sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato per l'intero periodo indicato in epigrafe, nonché al riconoscimento delle relative differenze per tutti i titoli indicati in ricorso. Appare opportuno premettere, sul piano propriamente processuale che, secondo i principi generali in tema di distribuzione degli oneri probatori, spetta al lavoratore, il quale agisca in giudizio chiedendo il pagamento di differenze retributive, provare i fatti costitutivi dei diritti dei quali chiede riconoscimento (art.2697 c.c.). Ciò posto, pacifica la durata del rapporto, punti controversi sono le mansioni realmente svolte dal per le quali ha chiesto l'accertamento del proprio diritto all'inquadramento superiore Pt_1
e l'orario di lavoro effettuato. Quanto alle mansioni espletate, il ricorrente ha dedotto di aver svolto l'attività di operaio muratore specializzato addetto a tutte le operazioni necessarie alle operazioni di ristrutturazione tra le quali, ad esempio, la riparazione di parti del tetto e delle travi dei solai, nonché delle pareti dell'abitazione da riparare o da costruire rientranti nel Livello 3 del C.C.N.L. “Edilizia PMI”, benché sia stato inquadrato con la qualifica di manovale edile (cfr. modello C2 storico). Ebbene, secondo il granitico orientamento della Suprema Corte (cfr. Cass. n. 8025/2003) il lavoratore che agisca in giudizio per ottenere l'inquadramento in una qualifica superiore ha l'onere di allegare e di provare gli elementi posti a base della domanda e, in particolare, è tenuto ad indicare esplicitamente quali siano i profili caratterizzanti le mansioni di detta qualifica, raffrontandoli altresì espressamente con quelli concernenti le mansioni che egli deduce di avere concretamente svolto oltre che nel procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell'inquadramento di un lavoratore subordinato non può prescindersi da tre fasi successive, e cioè, dall'accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, dall'individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e dal raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda. L'accertamento della natura delle mansioni concretamente svolte dal dipendente, ai fini dell'inquadramento del medesimo in una determinata categoria di lavoratori, costituisce giudizio di fatto riservato al giudice del merito ed è insindacabile, in sede di legittimità, se sorretto da logica ed adeguata motivazione (cfr. ex multis e di recente Cass Sez. L n. 26234 del 30/10/2008, conformi Cass. 26233/08;Cass. 17896/07;3069/05). Inoltre, la giurisprudenza ormai consolidata (cfr. ex plurimis, Cass. nr. 18418/2013) ha stabilito che è sul lavoratore che agisce in giudizio per ottenere il riconoscimento del diritto alle differenze retributive derivanti dallo svolgimento di mansioni superiori che incombe l'onere di
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allegare e provare gli elementi posti a fondamento della domanda, cioè di aver svolto, in via continuativa e prevalente, per il periodo previsto dalle norme collettive o dallo stesso art. 2103 c.c., mansioni riconducibili al superiore inquadramento rivendicato. Occorre insomma accertare quali sono state – in relazione al periodo dedotto in giudizio – le mansioni in concreto svolte con continuità e prevalenza sulla scorta delle emergenze processuali e, in esito, valutare la riconduzione delle stesse alle declaratorie indicate. Ebbene, deve ritenersi che le risultanze istruttorie non consentono di ritenere che il Pt_1 abbia svolto con continuità e prevalenza le mansioni di operaio specializzato tenuto conto, da una parte, che i testi escussi, pur essendo stati colleghi del ricorrente, hanno lavorato con lui solo per il breve periodo in cui lo stesso è stato dipendente della , periodo che non CP_3 inquadrano nemmeno con precisione e, dall'altra, del contrasto delle dichiarazioni dei testi sul punto: infatti, il testimone , inquadrato nel III livello, riferiva che il ricorrente svolgeva Tes_1 le stesse sue mansioni, mentre il teste afferma che il ricorrente svolgeva le mansioni Tes_2 di manovale aiutando talvolta il Caterino. La Cassazione in ordine al contrasto tra le dichiarazioni testimoniali ha affermato: “Qualora il giudice del merito ritenga sussistere un insanabile contrasto tra le deposizioni rese dai testimoni in ordine ai fatti costitutivi della domanda, fondando siffatto convincimento non sul rapporto strettamente numerico dei testi, bensì, come nella specie sul dato oggettivo di detto contrasto e sulla scarsa consistenza delle deposizioni, che ostano al raggiungimento della, certezza necessaria alla decisione, il suo apprezzamento di fatto può essere censurato solo sotto il profilo del vizio di motivazione, ma è ineccepibile in punto di diritto. Se il contrasto risulti non superabile sulla scorta delle ulteriori risultanze istruttorie, ritenute altresì inidonee a dimostrare la fondatezza della domanda, l'insufficienza della prova si riverbera in danno della parte sulla quale grava l'onere della prova, comportando, conseguentemente, il rigetto della domanda da questa proposta” (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3468 del 2010). Il teste dichiarava: “Conosco e in quanto io sono stato dipendente Testimone_3 Tes_4 Pt_1 della società per circa un anno, almeno 7/8 anni fa anche se non ricordo con precisione la data. Io ero CP_1 muratore e nell'anno in cui ho lavorato vi erano anche e Io ero muratore specializzato come Pt_1 Tes_4
D ed ero formalmente inquadrato nel III livello. era muratore come me e si occupava di Parte_1 fare la muratura, l'intonaco, mettere le soglie di marmo, montare e fissare i controtelai in legno. Non conosco la retribuzione del In quel periodo abbiamo lavorato insieme su due cantieri relativi ad abitazioni, Pt_1 appartamenti siti in Capua ma non ricordo il nome delle strade. Abbiamo lavorato insieme tutti i giorni. Noi lavoravamo dalle 7.30 alle 12.00 e poi dalle 13.00 alle 16.30, dal lunedì al venerdì. Io non lavoravo nei giorni festivi e avevo un regolare contratto. Il ricorrente è stato sempre presente anche se talvolta poteva Tes_4 capitare si assentasse, ma ciò è accaduto raramente. Io ricevevo il pagamento dell'indennità di cassa edile che mi veniva corrisposta direttamente dalla o tramite bonifico sul mio c/c o assegno recapitato a casa che Parte_2 poi io andavo ad incassare. Credo che anche per gli altri dipendenti fosse così ma non lo so direttamente. Le direttive ci venivano date dall'arch. che ogni mattina arrivava in Cantiere a darci le Controparte_2 indicazioni sul lavoro da svolgere. Non ricordo se e hanno iniziato a lavorare prima di me e Tes_4 Pt_1 hanno smesso dopo di me in quanto io poi sono andato a lavorare fuori. A domanda avv. Stanislao, ADR: preciso di non aver mai lavorato di sabato. I cantieri su cui h lavorato erano fermi di sabato poi non se altrove altri operai lavorassero anche di sabato. I cantieri che ho riferito prima erano contestualmente aperti per cui
3 nell'anno in cui ho lavorato ci alternavamo su entrambi. A domanda avv. Falco, ADR: è Controparte_2 mio cugino di I grado. Il teste dichiarava “ADR Non ho rapporti di parentela con il ricorrente ho Testimone_5 lavorato per circa 5 anni con la soc. resistente e non ho nessun contenzioso in corso . ADR: Conosco il Sig. in quanto abbiamo lavorato insieme presso la che è una impresa edile che si Parte_1 CP_1 occupa di ristrutturazioni. Io ho iniziato a lavorare nel 2008 e sono rimasto per 5 anni ovvero fino al 2013. Lui è arrivato dopo di me e quando me ne sono andato lui ha continuato a lavorarvi. ADR Anzi voglio rettificare e precisare che io e il Sig abbiamo lavorato insieme nel 2013 presso il cantiere di Capua del Pt_1
Prof. se non ricordo male. ADR I era un manovale e a volte aiutava i . CP_4 Pt_1 Pt_3
ADR Lavoravamo dal lunedì al venerdì dalle 7.00 alle 17,00, con un'ora di pausa pranzo . ADR : quasi mai è capitato che abbiamo lavorato di sabato. Io ero il capo cantiere ed ero sempre presente sul cantiere. Le direttive mi venivano impartite dall'Arch e poi io le davo agli operai”. Controparte_2
Sul punto, peraltro non appaiono dirimenti le dichiarazioni rese dal teste che, in ogni Pt_3 caso, devono essere attentamente valutate avendo egli proposto analogo giudizio nei confronti della resistente, il quale dichiarava: “Conosco il ricorrente in quanto abbiamo lavorato insieme presso la
Ho causa in concorso con la società per analoghi motivi... “Io e il ricorrente abbiamo lavorato CP_1 insieme dalla metà del 2013 all'inizio del 2014 presso due cantieri siti in Capua, uno in via Roma e un altro al centro di Capua. Abbiamo lavorato sempre insieme su questi cantieri perché io ero il capo cantiere e poi io riferivo le direttive ricevute da a e Talvolta venivad aiutarci un altro ragazzo di nome CP_2 Pt_1 Tes_1
. Ogni sera verso le 18.15 mi recavo all'Ufficio di Fontana Vincenzo sito in Casapesenna ove egli mi Per_1 dava le direttive per il giorno seguente. A volte le direttive me le data telefonicamente. Io ho lavorato dal 2012 al 2015 ma sono stato inquadrato solo per i seguenti perioda: dal 2012 al marzo 2014 e poi dal luglio 2014 al 2015. Il mio rapporto è stato continuativo per cui ho lavorato a nero. Il ricorrente era muratore e si occupava di fare i forati, di mettere l'intonaco e di mettere le mattonelle. Si occupava delle ristrutturazioni. Tinteggiava anche. Conosco il signor. che lavorava con noi e faceva le stesse mansioni di e ha lavorato nello stesso Tes_1 Pt_1 periodo. Noi lavoravamo dalle 7.30 alle 12.00 e poi dalle 13.00 alle 17.30. Di solito lavoravamo dal lunedì al venerdì. A volte lavoravamo anche di sabato. In un mese poteva capitare anche due tre sabati. Ciò capitava quasi tutti i mesi. Il sabato lavoravamo dalle 7.30 alle 13.00. Nessuno ha ricevuto il TFR al momento della cessazione del rapporto. Ricordo che anche Cavaliere ha lavorato di sabato con noi. Non so se il ricorrente ha mai ricevuto il pagamento dell'indennità di cassa edile, né so quanto percepisse di retribuzione. Era a CP_2 darci le direttive anche se non era sempre presente in cantiere, veniva a giorni alterni”. Tra l'altro tale dichiarazione appare contrastanti anche con quella del teste atteso che Tes_1 entrambi riferiscono di aver avuto il ruolo di “capocantiere” nel periodo in cui hanno lavorato insieme anche al se ne deve dedurre che tale contrasto non consente di ritenere Pt_1 attendibile tale dichiarazione e di dare sostegno alla tesi attorea in assenza di ulteriori elementi probanti. In ogni caso e conclusivamente, va ulteriormente ribadito che anche rispetto a tali considerazioni e quand'anche non si condividessero è assorbente ai fini del rigetto, quanto si è già innanzi osservato: difetta ogni prova in ordine alla continuità e prevalenza delle mansioni
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svolte dal ricorrente quale vigilante interno e ed esterno da inquadrare prevalentemente nel livello III. Per le ragioni espresse, la domanda di superiore inquadramento va rigettata (v. infra con riferimento agli importi percepiti). Così come va rigettata la domanda avente a oggetto la condanna di parte convenuta al pagamento del lavoro straordinario, non essendovi prova dello svolgimento di un orario di lavoro oltre quello pattiziamente previsto: nel caso in questione, la documentazione in atti non è tale da fondare un giudizio di accertamento della quantità di lavoro straordinario, asseritamente prestato, mancando elementi precisi in base ai quali dimostrare lo svolgimento dell'attività lavorativa oltre le ore contrattualmente previste né l'espletamento della prestazione lavorativa al sabato in quanto nessuno dei testi escussi ha affermato di aver lavorato in tale giorno, atteso che per consolidato orientamento della Suprema Corte invero, la prova del lavoro straordinario è molto rigorosa e infatti la Cassazione, in materia afferma: “il lavoratore che agisca per ottenere compenso per lavoro straordinario ha l'onere di dimostrare di aver lavorato oltre l'orario normale di lavoro, e ove deduca una insufficienza della retribuzione è tenuto a provare il numero effettivo delle ore lavorate, senza che eventuali o non decisive circostanze siano idonee a determinare una inversione dell'onere della prova”(cfr. Cass. 3717/2009). Va peraltro rilevato che lo svolgimento di lavoro straordinario è smentito dallo stesso ricorrente che sotto vincolo di giuramento, durante l'esame testimoniale reso all'udienza del 7.4.2022 nel procedimento rg. n. 2005/2019 la cui testimonianza si acquisisce in questa sede ai sensi dell'art. 421 cp.c., dichiara di aver svolto un orario di lavoro perfettamente coincidente con quello di 40 ore settimanali (cfr. dichiarazioni di in r.g. 2005/2019: “Il ricorrente, come noi Parte_1 altri, lavorava dalle 7.30 alle 12.00 e poi dalle 13.00 alle 16.30. Noi lavoravamo dal lunedì al venerdì e mai di sabato. Io non ho mai sabato.”). Quanto alle altre spettanze pretese, parte ricorrente ha asserito di aver percepito la retribuzione insufficiente di 60,00 euro settimanali (euro 40,00 il sabato), di non aver ricevuto il TFR, e l'indennità di cassa edile, tranne per i mesi di novembre e dicembre 2013. Ebbene, una volta provata la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato e le modalità attraverso le quali esso si è svolto, spetta a parte convenuta, in virtù di un principio generale di presunzione di persistenza delle situazioni giuridiche, fornire piena dimostrazione dell'adempimento dell'obbligazione di pagamento di adeguata retribuzione. Infatti, in ordine alla distribuzione degli oneri probatori nell'ipotesi in cui una parte lamenta l'omesso adempimento di un'obbligazione contrattuale, quale quella retributiva - si rammenta che, secondo l'insegnamento della Suprema Corte a far data dalle SS.UU n. 13533 del 2001, “In tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell'onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si
5 avvalga dell'eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ. (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l'altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell'obbligazione)”(cfr. ex ceteris Cass 3373/2010). Infatti, alla luce del costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, il lavoratore che agisca in giudizio per conseguire le retribuzioni spettantigli ha l'onere di provare l'esistenza del rapporto di lavoro quale fatto costitutivo del diritto azionato, mentre incombe al datore di lavoro che eccepisce l'avvenuta corresponsione delle somme richieste, l'onere di fornire la prova di siffatta corresponsione;e tale principio vale sia per la retribuzione mensile e la tredicesima, sia per la corresponsione del trattamento di fine rapporto (che integra parimenti una componente del trattamento economico costituendo in buona sostanza una sorta di accantonamento da parte del datore di lavoro). La società costituendosi in giudizio ha eccepito di aver corrisposto al ricorrente la CP_1 retribuzione mensile di cui alle buste paga versate in atti (cfr. all. 4 prod. resistente), producendo all'uopo la documentazione attestante i pagamenti effettuati mediante assegni bancari e circolari e bonifici (cfr.all 5,6 e 7 prod. resistente) nonché che il T.F.R. indicato di volta in volta nelle singole buste paga e, perciò, corrisposto unitamente alla retribuzione ordinaria e, quanto alla cassa edile di aver provveduto al relativo pagamento o direttamente ai lavoratori o alla cassa, all'uopo allegando anche una quietanza sottoscritta dal ricorrente solo genericamente contestata, riferita al periodo novembre 2013 gennaio 2014 (cfr. all. 12 prod. resistente). Ebbene, mediante tale documentazione il datore ha provato la sussistenza di fatti impeditivi all'accoglimento delle pretese dell'istante: infatti, raffrontando gli importi mensili di cui alle buste paga relative a ciascun rapporto di lavoro con i pagamenti effettuati mediante assegni bancari e circolari e bonifici, versati in atti, risulta che il ricorrente abbia percepito non solo le somme di cui alle buste paga (comprensive anche del TFR) – comunque corrispondenti ai minimi contrattuali (versati in atti dal ricorrente, all. 4 fasc. ricorrente) e anzi superiori sia agli importi di cui al livello di inquadramento che a quello superiore preteso (sicché sotto tale profilo il riconoscimento di un inquadramento superiore non avrebbe comportato la condanna al pagamento di differenze retributive)– ma anche somme complessivamente maggiori. Inoltre, nel caso di specie, dalle buste paga emerge che il datore di lavoro abbia effettuato la ritenuta per gli accantonamenti;pertanto, non sussiste il presupposto omissivo, costituivo del diritto del ad ottenere la condanna del datore di lavoro al pagamento diretto. Pt_3
Peraltro, provano la circostanza sia i testi che hanno dichiarato di aver sempre ricevuto il pagamento dell'indennità di cassa edile sia la sentenza emessa nel giudizio tra la società convenuta e la , prodotta da parte convenuta (cfr. sent. Trib. S.M.C.V. n. 3250/2018, Parte_2 all. 8 prod. resistente) che, pur non facendo stato nel presente giudizio, costituisce ad ogni modo un elemento valutabile ai sensi dell'art. 116 c.p.c. e soprattutto la dichiarazione testimoniale resa dallo stesso ricorrente sotto vincolo di giuramento all'udienza del 7.4.2022 nel procedimento rg. n. 2005/2019, acquisita in questa sede ai sensi dell'art. 421 cp.c., in cui egli dichiara “Penso che egli abbia percepito l'indennità di cassa edile in quanto io l'ho sempre percepita. Era la cassa a corrispondercela
6 direttamente. A me inviava una comunicazione presso il mio indirizzo, io mi recavo alle Poste con tale comunicazione, su cui c'era un codice e le Poste mi erogavano i contanti.”). Sul punto, occorre tener conto della specificità del settore edile, nel quale l'impresa è tenuta ad effettuare, a tale titolo, degli appositi accantonamenti presso la destinati al Parte_2 pagamento delle somme dovute per ferie, gratifiche natalizie e festività infrasettimanali. La giurisprudenza pone l'accento sul rapporto di delegazione titolata esistente tra , Parte_2 impresa, lavoratore e, quindi, la sussistenza dell'obbligo di erogazione in capo alla Pt_2 presuppone il previo versamento. Noto è l'orientamento secondo il quale le somme che il datore di lavoro ha l'obbligo di versare alla cassa edile quali accantonamenti destinati al pagamento di ferie, gratifiche natalizie e festività infrasettimanali costituiscono somme spettanti a titolo retributivo ai lavoratori, i quali, in mancanza di pagamento da parte del datore di lavoro alla cassa e quindi del sorgere dell'obbligazione di quest'ultima a titolo di delegazione, possono agire nei confronti del datore per il pagamento delle relative somme;in tali casi l'onere di provare l'avvenuto pagamento incombe sul datore di lavoro (cfr. Cass. sez. lavoro n. 16014 del 14/07/2006). Ne consegue il rigetto integrale del ricorso. Le spese di lite seguono la soccombenza a carico della parte ricorrente e sono liquidate nella misura di cui al dispositivo nella misura di cui al dispositivo tenuto conto della bassa complessità della lite.
rapp.to e difeso dall'avv. R F con il quale elett.te Parte_1 domicilia come in atti
RICORRENTE in persona del legale rapp.te p.t., rapp.ta e difesa dall'avv. M S CP_1 con il quale domicilia come in atti RESISTENTE Motivi della decisione
Con ricorso depositato in data 25.2.2019, il ricorrente in epigrafe indicato deduceva di aver lavorato alle dipendenze della dal 18.7.2013 al 20.1.2014, svolgendo mansioni di Controparte_1 operaio muratore specializzato, presso il cantiere edile sito in Capua (CE), alla Piazza del Giudice, secondo le direttive che gli venivano impartite dal legale rappresentante della società
. Controparte_2
Rappresentava di aver lavorato osservando il seguente orario di lavoro: dal lunedì al venerdì, dalle ore 07:30 alle ore 17:30, con un'ora di pausa ed il sabato, dalle ore 07:30 alle ore 12:30, con una retribuzione giornaliera pari ad euro 60,00 (il sabato euro 40,00). Lamentava di non aver ricevuto la giusta retribuzione in relazione alla quantità e alla qualità de lavoro svolto, né il corretto inquadramento per le mansioni svolte riconducibili al livello III del CCNL di categoria, né l'indennità di cassa edile (se non per i mesi di novembre e dicembre 2013), né il TFR al momento della conclusione del rapporto lavorativo. Adiva, pertanto, questo giudice al fine di accertare la natura subordinata del rapporto dal 18.7.2013 al 20.1.2014 e, per l'effetto, condannare parte resistente al pagamento della somma complessiva di €. 6.091,81 per le ragioni di cui in ricorso, oltre interessi e rivalutazione;con vittoria di spese ed attribuzione (cfr. conclusioni del ricorso introduttivo). Instauratosi ritualmente il contraddittorio, si costituiva in giudizio l'azienda convenuta chiedendo il rigetto della domanda in quanto infondata in fatto e in diritto. Acquisita la documentazione prodotta, ammessa ed espletata la prova testimoniale, concesso il termine per il deposito di note in sostituzione dell'udienza ex art. 127 ter c.p.c., lette le note, acquisito ai sensi dell'art. 421 c.p.c. il fascicolo del procedimento r.g. n. 2005/2019, completo di
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tutti gli atti processuali, anche in quanto trattato congiuntamente al presente da questo giudice, la causa viene decisa mediante deposito della sentenza completa delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. Va rilevato che nelle more del giudizio, per parte resistente l'avv. P. Sticco rinunciava al mandato e al suo posto si costituiva l'avv. M. Stanislao.
***** Il ricorso è infondato e va rigettato. Va osservato che l'oggetto della presente causa attiene al riconoscimento della sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato per l'intero periodo indicato in epigrafe, nonché al riconoscimento delle relative differenze per tutti i titoli indicati in ricorso. Appare opportuno premettere, sul piano propriamente processuale che, secondo i principi generali in tema di distribuzione degli oneri probatori, spetta al lavoratore, il quale agisca in giudizio chiedendo il pagamento di differenze retributive, provare i fatti costitutivi dei diritti dei quali chiede riconoscimento (art.2697 c.c.). Ciò posto, pacifica la durata del rapporto, punti controversi sono le mansioni realmente svolte dal per le quali ha chiesto l'accertamento del proprio diritto all'inquadramento superiore Pt_1
e l'orario di lavoro effettuato. Quanto alle mansioni espletate, il ricorrente ha dedotto di aver svolto l'attività di operaio muratore specializzato addetto a tutte le operazioni necessarie alle operazioni di ristrutturazione tra le quali, ad esempio, la riparazione di parti del tetto e delle travi dei solai, nonché delle pareti dell'abitazione da riparare o da costruire rientranti nel Livello 3 del C.C.N.L. “Edilizia PMI”, benché sia stato inquadrato con la qualifica di manovale edile (cfr. modello C2 storico). Ebbene, secondo il granitico orientamento della Suprema Corte (cfr. Cass. n. 8025/2003) il lavoratore che agisca in giudizio per ottenere l'inquadramento in una qualifica superiore ha l'onere di allegare e di provare gli elementi posti a base della domanda e, in particolare, è tenuto ad indicare esplicitamente quali siano i profili caratterizzanti le mansioni di detta qualifica, raffrontandoli altresì espressamente con quelli concernenti le mansioni che egli deduce di avere concretamente svolto oltre che nel procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell'inquadramento di un lavoratore subordinato non può prescindersi da tre fasi successive, e cioè, dall'accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, dall'individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e dal raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda. L'accertamento della natura delle mansioni concretamente svolte dal dipendente, ai fini dell'inquadramento del medesimo in una determinata categoria di lavoratori, costituisce giudizio di fatto riservato al giudice del merito ed è insindacabile, in sede di legittimità, se sorretto da logica ed adeguata motivazione (cfr. ex multis e di recente Cass Sez. L n. 26234 del 30/10/2008, conformi Cass. 26233/08;Cass. 17896/07;3069/05). Inoltre, la giurisprudenza ormai consolidata (cfr. ex plurimis, Cass. nr. 18418/2013) ha stabilito che è sul lavoratore che agisce in giudizio per ottenere il riconoscimento del diritto alle differenze retributive derivanti dallo svolgimento di mansioni superiori che incombe l'onere di
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allegare e provare gli elementi posti a fondamento della domanda, cioè di aver svolto, in via continuativa e prevalente, per il periodo previsto dalle norme collettive o dallo stesso art. 2103 c.c., mansioni riconducibili al superiore inquadramento rivendicato. Occorre insomma accertare quali sono state – in relazione al periodo dedotto in giudizio – le mansioni in concreto svolte con continuità e prevalenza sulla scorta delle emergenze processuali e, in esito, valutare la riconduzione delle stesse alle declaratorie indicate. Ebbene, deve ritenersi che le risultanze istruttorie non consentono di ritenere che il Pt_1 abbia svolto con continuità e prevalenza le mansioni di operaio specializzato tenuto conto, da una parte, che i testi escussi, pur essendo stati colleghi del ricorrente, hanno lavorato con lui solo per il breve periodo in cui lo stesso è stato dipendente della , periodo che non CP_3 inquadrano nemmeno con precisione e, dall'altra, del contrasto delle dichiarazioni dei testi sul punto: infatti, il testimone , inquadrato nel III livello, riferiva che il ricorrente svolgeva Tes_1 le stesse sue mansioni, mentre il teste afferma che il ricorrente svolgeva le mansioni Tes_2 di manovale aiutando talvolta il Caterino. La Cassazione in ordine al contrasto tra le dichiarazioni testimoniali ha affermato: “Qualora il giudice del merito ritenga sussistere un insanabile contrasto tra le deposizioni rese dai testimoni in ordine ai fatti costitutivi della domanda, fondando siffatto convincimento non sul rapporto strettamente numerico dei testi, bensì, come nella specie sul dato oggettivo di detto contrasto e sulla scarsa consistenza delle deposizioni, che ostano al raggiungimento della, certezza necessaria alla decisione, il suo apprezzamento di fatto può essere censurato solo sotto il profilo del vizio di motivazione, ma è ineccepibile in punto di diritto. Se il contrasto risulti non superabile sulla scorta delle ulteriori risultanze istruttorie, ritenute altresì inidonee a dimostrare la fondatezza della domanda, l'insufficienza della prova si riverbera in danno della parte sulla quale grava l'onere della prova, comportando, conseguentemente, il rigetto della domanda da questa proposta” (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3468 del 2010). Il teste dichiarava: “Conosco e in quanto io sono stato dipendente Testimone_3 Tes_4 Pt_1 della società per circa un anno, almeno 7/8 anni fa anche se non ricordo con precisione la data. Io ero CP_1 muratore e nell'anno in cui ho lavorato vi erano anche e Io ero muratore specializzato come Pt_1 Tes_4
D ed ero formalmente inquadrato nel III livello. era muratore come me e si occupava di Parte_1 fare la muratura, l'intonaco, mettere le soglie di marmo, montare e fissare i controtelai in legno. Non conosco la retribuzione del In quel periodo abbiamo lavorato insieme su due cantieri relativi ad abitazioni, Pt_1 appartamenti siti in Capua ma non ricordo il nome delle strade. Abbiamo lavorato insieme tutti i giorni. Noi lavoravamo dalle 7.30 alle 12.00 e poi dalle 13.00 alle 16.30, dal lunedì al venerdì. Io non lavoravo nei giorni festivi e avevo un regolare contratto. Il ricorrente è stato sempre presente anche se talvolta poteva Tes_4 capitare si assentasse, ma ciò è accaduto raramente. Io ricevevo il pagamento dell'indennità di cassa edile che mi veniva corrisposta direttamente dalla o tramite bonifico sul mio c/c o assegno recapitato a casa che Parte_2 poi io andavo ad incassare. Credo che anche per gli altri dipendenti fosse così ma non lo so direttamente. Le direttive ci venivano date dall'arch. che ogni mattina arrivava in Cantiere a darci le Controparte_2 indicazioni sul lavoro da svolgere. Non ricordo se e hanno iniziato a lavorare prima di me e Tes_4 Pt_1 hanno smesso dopo di me in quanto io poi sono andato a lavorare fuori. A domanda avv. Stanislao, ADR: preciso di non aver mai lavorato di sabato. I cantieri su cui h lavorato erano fermi di sabato poi non se altrove altri operai lavorassero anche di sabato. I cantieri che ho riferito prima erano contestualmente aperti per cui
3 nell'anno in cui ho lavorato ci alternavamo su entrambi. A domanda avv. Falco, ADR: è Controparte_2 mio cugino di I grado. Il teste dichiarava “ADR Non ho rapporti di parentela con il ricorrente ho Testimone_5 lavorato per circa 5 anni con la soc. resistente e non ho nessun contenzioso in corso . ADR: Conosco il Sig. in quanto abbiamo lavorato insieme presso la che è una impresa edile che si Parte_1 CP_1 occupa di ristrutturazioni. Io ho iniziato a lavorare nel 2008 e sono rimasto per 5 anni ovvero fino al 2013. Lui è arrivato dopo di me e quando me ne sono andato lui ha continuato a lavorarvi. ADR Anzi voglio rettificare e precisare che io e il Sig abbiamo lavorato insieme nel 2013 presso il cantiere di Capua del Pt_1
Prof. se non ricordo male. ADR I era un manovale e a volte aiutava i . CP_4 Pt_1 Pt_3
ADR Lavoravamo dal lunedì al venerdì dalle 7.00 alle 17,00, con un'ora di pausa pranzo . ADR : quasi mai è capitato che abbiamo lavorato di sabato. Io ero il capo cantiere ed ero sempre presente sul cantiere. Le direttive mi venivano impartite dall'Arch e poi io le davo agli operai”. Controparte_2
Sul punto, peraltro non appaiono dirimenti le dichiarazioni rese dal teste che, in ogni Pt_3 caso, devono essere attentamente valutate avendo egli proposto analogo giudizio nei confronti della resistente, il quale dichiarava: “Conosco il ricorrente in quanto abbiamo lavorato insieme presso la
Ho causa in concorso con la società per analoghi motivi... “Io e il ricorrente abbiamo lavorato CP_1 insieme dalla metà del 2013 all'inizio del 2014 presso due cantieri siti in Capua, uno in via Roma e un altro al centro di Capua. Abbiamo lavorato sempre insieme su questi cantieri perché io ero il capo cantiere e poi io riferivo le direttive ricevute da a e Talvolta venivad aiutarci un altro ragazzo di nome CP_2 Pt_1 Tes_1
. Ogni sera verso le 18.15 mi recavo all'Ufficio di Fontana Vincenzo sito in Casapesenna ove egli mi Per_1 dava le direttive per il giorno seguente. A volte le direttive me le data telefonicamente. Io ho lavorato dal 2012 al 2015 ma sono stato inquadrato solo per i seguenti perioda: dal 2012 al marzo 2014 e poi dal luglio 2014 al 2015. Il mio rapporto è stato continuativo per cui ho lavorato a nero. Il ricorrente era muratore e si occupava di fare i forati, di mettere l'intonaco e di mettere le mattonelle. Si occupava delle ristrutturazioni. Tinteggiava anche. Conosco il signor. che lavorava con noi e faceva le stesse mansioni di e ha lavorato nello stesso Tes_1 Pt_1 periodo. Noi lavoravamo dalle 7.30 alle 12.00 e poi dalle 13.00 alle 17.30. Di solito lavoravamo dal lunedì al venerdì. A volte lavoravamo anche di sabato. In un mese poteva capitare anche due tre sabati. Ciò capitava quasi tutti i mesi. Il sabato lavoravamo dalle 7.30 alle 13.00. Nessuno ha ricevuto il TFR al momento della cessazione del rapporto. Ricordo che anche Cavaliere ha lavorato di sabato con noi. Non so se il ricorrente ha mai ricevuto il pagamento dell'indennità di cassa edile, né so quanto percepisse di retribuzione. Era a CP_2 darci le direttive anche se non era sempre presente in cantiere, veniva a giorni alterni”. Tra l'altro tale dichiarazione appare contrastanti anche con quella del teste atteso che Tes_1 entrambi riferiscono di aver avuto il ruolo di “capocantiere” nel periodo in cui hanno lavorato insieme anche al se ne deve dedurre che tale contrasto non consente di ritenere Pt_1 attendibile tale dichiarazione e di dare sostegno alla tesi attorea in assenza di ulteriori elementi probanti. In ogni caso e conclusivamente, va ulteriormente ribadito che anche rispetto a tali considerazioni e quand'anche non si condividessero è assorbente ai fini del rigetto, quanto si è già innanzi osservato: difetta ogni prova in ordine alla continuità e prevalenza delle mansioni
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svolte dal ricorrente quale vigilante interno e ed esterno da inquadrare prevalentemente nel livello III. Per le ragioni espresse, la domanda di superiore inquadramento va rigettata (v. infra con riferimento agli importi percepiti). Così come va rigettata la domanda avente a oggetto la condanna di parte convenuta al pagamento del lavoro straordinario, non essendovi prova dello svolgimento di un orario di lavoro oltre quello pattiziamente previsto: nel caso in questione, la documentazione in atti non è tale da fondare un giudizio di accertamento della quantità di lavoro straordinario, asseritamente prestato, mancando elementi precisi in base ai quali dimostrare lo svolgimento dell'attività lavorativa oltre le ore contrattualmente previste né l'espletamento della prestazione lavorativa al sabato in quanto nessuno dei testi escussi ha affermato di aver lavorato in tale giorno, atteso che per consolidato orientamento della Suprema Corte invero, la prova del lavoro straordinario è molto rigorosa e infatti la Cassazione, in materia afferma: “il lavoratore che agisca per ottenere compenso per lavoro straordinario ha l'onere di dimostrare di aver lavorato oltre l'orario normale di lavoro, e ove deduca una insufficienza della retribuzione è tenuto a provare il numero effettivo delle ore lavorate, senza che eventuali o non decisive circostanze siano idonee a determinare una inversione dell'onere della prova”(cfr. Cass. 3717/2009). Va peraltro rilevato che lo svolgimento di lavoro straordinario è smentito dallo stesso ricorrente che sotto vincolo di giuramento, durante l'esame testimoniale reso all'udienza del 7.4.2022 nel procedimento rg. n. 2005/2019 la cui testimonianza si acquisisce in questa sede ai sensi dell'art. 421 cp.c., dichiara di aver svolto un orario di lavoro perfettamente coincidente con quello di 40 ore settimanali (cfr. dichiarazioni di in r.g. 2005/2019: “Il ricorrente, come noi Parte_1 altri, lavorava dalle 7.30 alle 12.00 e poi dalle 13.00 alle 16.30. Noi lavoravamo dal lunedì al venerdì e mai di sabato. Io non ho mai sabato.”). Quanto alle altre spettanze pretese, parte ricorrente ha asserito di aver percepito la retribuzione insufficiente di 60,00 euro settimanali (euro 40,00 il sabato), di non aver ricevuto il TFR, e l'indennità di cassa edile, tranne per i mesi di novembre e dicembre 2013. Ebbene, una volta provata la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato e le modalità attraverso le quali esso si è svolto, spetta a parte convenuta, in virtù di un principio generale di presunzione di persistenza delle situazioni giuridiche, fornire piena dimostrazione dell'adempimento dell'obbligazione di pagamento di adeguata retribuzione. Infatti, in ordine alla distribuzione degli oneri probatori nell'ipotesi in cui una parte lamenta l'omesso adempimento di un'obbligazione contrattuale, quale quella retributiva - si rammenta che, secondo l'insegnamento della Suprema Corte a far data dalle SS.UU n. 13533 del 2001, “In tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell'onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si
5 avvalga dell'eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ. (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l'altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell'obbligazione)”(cfr. ex ceteris Cass 3373/2010). Infatti, alla luce del costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, il lavoratore che agisca in giudizio per conseguire le retribuzioni spettantigli ha l'onere di provare l'esistenza del rapporto di lavoro quale fatto costitutivo del diritto azionato, mentre incombe al datore di lavoro che eccepisce l'avvenuta corresponsione delle somme richieste, l'onere di fornire la prova di siffatta corresponsione;e tale principio vale sia per la retribuzione mensile e la tredicesima, sia per la corresponsione del trattamento di fine rapporto (che integra parimenti una componente del trattamento economico costituendo in buona sostanza una sorta di accantonamento da parte del datore di lavoro). La società costituendosi in giudizio ha eccepito di aver corrisposto al ricorrente la CP_1 retribuzione mensile di cui alle buste paga versate in atti (cfr. all. 4 prod. resistente), producendo all'uopo la documentazione attestante i pagamenti effettuati mediante assegni bancari e circolari e bonifici (cfr.all 5,6 e 7 prod. resistente) nonché che il T.F.R. indicato di volta in volta nelle singole buste paga e, perciò, corrisposto unitamente alla retribuzione ordinaria e, quanto alla cassa edile di aver provveduto al relativo pagamento o direttamente ai lavoratori o alla cassa, all'uopo allegando anche una quietanza sottoscritta dal ricorrente solo genericamente contestata, riferita al periodo novembre 2013 gennaio 2014 (cfr. all. 12 prod. resistente). Ebbene, mediante tale documentazione il datore ha provato la sussistenza di fatti impeditivi all'accoglimento delle pretese dell'istante: infatti, raffrontando gli importi mensili di cui alle buste paga relative a ciascun rapporto di lavoro con i pagamenti effettuati mediante assegni bancari e circolari e bonifici, versati in atti, risulta che il ricorrente abbia percepito non solo le somme di cui alle buste paga (comprensive anche del TFR) – comunque corrispondenti ai minimi contrattuali (versati in atti dal ricorrente, all. 4 fasc. ricorrente) e anzi superiori sia agli importi di cui al livello di inquadramento che a quello superiore preteso (sicché sotto tale profilo il riconoscimento di un inquadramento superiore non avrebbe comportato la condanna al pagamento di differenze retributive)– ma anche somme complessivamente maggiori. Inoltre, nel caso di specie, dalle buste paga emerge che il datore di lavoro abbia effettuato la ritenuta per gli accantonamenti;pertanto, non sussiste il presupposto omissivo, costituivo del diritto del ad ottenere la condanna del datore di lavoro al pagamento diretto. Pt_3
Peraltro, provano la circostanza sia i testi che hanno dichiarato di aver sempre ricevuto il pagamento dell'indennità di cassa edile sia la sentenza emessa nel giudizio tra la società convenuta e la , prodotta da parte convenuta (cfr. sent. Trib. S.M.C.V. n. 3250/2018, Parte_2 all. 8 prod. resistente) che, pur non facendo stato nel presente giudizio, costituisce ad ogni modo un elemento valutabile ai sensi dell'art. 116 c.p.c. e soprattutto la dichiarazione testimoniale resa dallo stesso ricorrente sotto vincolo di giuramento all'udienza del 7.4.2022 nel procedimento rg. n. 2005/2019, acquisita in questa sede ai sensi dell'art. 421 cp.c., in cui egli dichiara “Penso che egli abbia percepito l'indennità di cassa edile in quanto io l'ho sempre percepita. Era la cassa a corrispondercela
6 direttamente. A me inviava una comunicazione presso il mio indirizzo, io mi recavo alle Poste con tale comunicazione, su cui c'era un codice e le Poste mi erogavano i contanti.”). Sul punto, occorre tener conto della specificità del settore edile, nel quale l'impresa è tenuta ad effettuare, a tale titolo, degli appositi accantonamenti presso la destinati al Parte_2 pagamento delle somme dovute per ferie, gratifiche natalizie e festività infrasettimanali. La giurisprudenza pone l'accento sul rapporto di delegazione titolata esistente tra , Parte_2 impresa, lavoratore e, quindi, la sussistenza dell'obbligo di erogazione in capo alla Pt_2 presuppone il previo versamento. Noto è l'orientamento secondo il quale le somme che il datore di lavoro ha l'obbligo di versare alla cassa edile quali accantonamenti destinati al pagamento di ferie, gratifiche natalizie e festività infrasettimanali costituiscono somme spettanti a titolo retributivo ai lavoratori, i quali, in mancanza di pagamento da parte del datore di lavoro alla cassa e quindi del sorgere dell'obbligazione di quest'ultima a titolo di delegazione, possono agire nei confronti del datore per il pagamento delle relative somme;in tali casi l'onere di provare l'avvenuto pagamento incombe sul datore di lavoro (cfr. Cass. sez. lavoro n. 16014 del 14/07/2006). Ne consegue il rigetto integrale del ricorso. Le spese di lite seguono la soccombenza a carico della parte ricorrente e sono liquidate nella misura di cui al dispositivo nella misura di cui al dispositivo tenuto conto della bassa complessità della lite.
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