Trib. Roma, sentenza 19/02/2024, n. 2032

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Roma, sentenza 19/02/2024, n. 2032
Giurisdizione : Trib. Roma
Numero : 2032
Data del deposito : 19 febbraio 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI ROMA
II SEZIONE LAVORO
nella persona del Giudice dott. O P ha pronunciato la seguente

SENTENZA
nella causa di primo grado iscritta al n. 2280 del ruolo generale per l'anno 2021 trattenuta in decisione all'udienza del 19 febbraio 2024 e vertente
TRA

, elettivamente domiciliato in Frascati (RM), Parte_1
Galleria Vittorio Emanuele II n. 21, presso lo studio dell'avv. L L, che lo assiste e rappresenta, in forza di procura in calce al ricorso introduttivo
RICORRENTE
E

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente CP_1
domiciliata in Catanzaro Lido, via Otranto, presso lo studio dell'avv. Stefania
R (PEC che la rappresenta e difende, in Email_1
virtù di procura posta in calce alla memoria di costituzione e risposta
RESISTENTE


1 NONCHÉ

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente CP_2
domiciliata in Catanzaro, via Citriniti n. 5, presso lo studio dell'avv. Giuseppe
M (PEC che la Email_2
rappresenta e difende, in virtù di procura posta in calce alla memoria di costituzione e risposta
RESISTENTE

OGGETTO: differenze retributive e regolarizzazione contributiva del rapporto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 1° febbraio 2021 e successivamente notificato,
conveniva in giudizio la società e la società Parte_1 CP_1
rappresentando di aver prestato la propria attività lavorativa alle CP_2
dipendenze della convenuta (già , con sede CP_1 Controparte_3
legale in Roma, Circonvallazione Orientale n. 4719/B, dal 1° giugno 2018 al 20 novembre 2019, presso il punto vendita sito in Roma, Org_1
Circonvallazione Orientale n. 4719/4721;
che dal 21 novembre 2019 al 23 gennaio
2020, il rapporto era proseguito con la convenuta con sede legale in CP_2
Genzano di Roma, Piazza Tommaso Frasconi n. 6, presso il medesimo punto vendita sito in Roma, Circonvallazione Orientale n. 4719/4721;
che Org_1
durante l'anzidetto rapporto lavorativo svoltosi in modo continuativo, nel periodo che va dal 1° giugno 2018 al 31 gennaio 2019 il ricorrente non era regolarizzato e contrattualmente inquadrato;
che durante tale periodo lavorativo, il ricorrente svolgeva le mansioni di tappezziere e montatore di mobili;
che, a far data dall'11
2
febbraio 2019 e sino al 9 agosto 2019, il ricorrente era stato regolarizzato con contratto di lavoro a tempo determinato, con mansioni di operaio al livello V del
C.C.N.L. per i dipendenti delle aziende del terziario confcommercio;
che ai sensi dell'art. 113 del C.C.N.L., corrispondono a tale livello “i lavoratori che eseguono lavori qualificati per la cui esecuzione sono richieste normali conoscenze e adeguate capacità tecnico pratiche, comunque conseguite”;
che tuttavia anche in quest'ultimo periodo, il ricorrente continuava a svolgere mansioni di tappezziere e montatore di mobili;
che successivamente, dal 10 agosto 2019 sino al 20 novembre 2019, il ricorrente continuava a prestare la medesima attività lavorativa per la anche al di fuori della , senza essere più CP_1 Org_2
inquadrato contrattualmente;
che anche per la nel periodo dal 21 CP_2
novembre 2019 al 23 gennaio 2020, il ricorrente continuava a svolgere le stesse mansioni, presso il medesimo punto vendita, senza essere inquadrato contrattualmente;
che quindi durante l'intero periodo lavorativo dedotto, dall'1.06.2018 al 23 gennaio 2020, il ricorrente aveva sempre svolto le medesime mansioni di tappezziere e montatore di mobili, gestendo i medesimi strumenti di lavoro;
che l'orario di lavoro, era articolato come segue: dalle ore 8.00 alle ore
13.00 e dalle 14.00 alle 17.00, dal lunedì al sabato, per un totale di 48 ore settimanali, superando peraltro il limite delle 40 ore settimanali previsto dal
C.C.N.L. Commercio;
che per l'intero periodo del rapporto/i di lavoro (dal 1° giugno 2018 al 31 gennaio 2019, dal 12 febbraio 2019 al 9 agosto 2019, dal 10 agosto 2019 al 20 novembre 2019 e dal 21 novembre 2019 al 23 gennaio 2020) il ricorrente era inserito nell'organizzazione aziendale delle società resistenti, assoggettato al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro;
che in particolare: - era tenuto a ad osservare il suddetto orario di lavoro, predeterminato da parte datoriale;
- riceveva ordini, direttive e disposizioni in merito ai compiti affidatigli ed alle modalità di espletamento dell'attività da svolgere dal datore di lavoro;
- chiedeva l'autorizzazione per la fruizione di permessi, congedi ed eventuali sospensioni dal servizio o periodi di ferie;
giustificava le assenze di cui 3
era tenuto a dare tempestiva e preventiva comunicazione;
- subiva provvedimenti disciplinari quali il biasimo ed il rimprovero;
- percepiva, quale controprestazione per la messa a disposizione della resistente delle sue energie lavorative, un compenso fisso e predeterminato, il cui pagamento non era condizionato al raggiungimento degli obiettivi lavorativi dell'impresa;
- che nello svolgimento delle mansioni affidategli utilizzava esclusivamente mezzi di proprietà delle resistenti;
che il rapporto di lavoro di tipo contrattuale si interrompeva in data 9 agosto 2019, come da comunicazione Unilav (doc. n. 3 allegato al ricorso), salvo poi proseguire senza inquadramento contrattuale sino al 23 gennaio 2020
(dapprima con e poi con e che il rapporto cessava CP_1 CP_2
perché il ricorrente non percepiva il pagamento della retribuzione dovutagli. Il ricorrente proseguiva rappresentando inoltre che, in virtù delle mansioni svolte
(tipiche dell'operaio specializzato), avrebbe dovuto essere inquadrato al IV livello retributivo del C.C.N.L. per i dipendenti del terziario confcommercio;
che pertanto con lettera di diffida e messa in mora del 21 dicembre 2020, contestava
l'illegittima qualificazione del rapporto di lavoro e richiedeva il pagamento di quanto dovutogli;
che ad oggi, per l'attività lavorativa svolta, è creditore della somma lorda di euro 26.853,87. Infine, concludeva per l'accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato di 40 ore settimanali fra il sig.
e la (già C.F.: Parte_1 CP_1 Controparte_3
, per il periodo 1° giugno 2018 – 20 novembre 2019;
per P.IVA_1
l'accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato 40 ore settimanali fra il Sig. e la C.F.: , Parte_1 CP_2 P.IVA_2
per il periodo 21 novembre 2019 – 23 gennaio 2020;
per la declaratoria del suo diritto ad essere inquadrato e retribuito al livello IV del C.C.N.L. per i dipendenti del terziario confcommercio per l'intero periodo dal 1 giugno 2018 al 23 gennaio
2020;
e previo accertamento della cessione occulta di azienda, per la condanna in solido della (già e della al CP_1 Controparte_3 CP_2
pagamento in suo favore della somma lorda di euro 26.853,87 (come risultante dai 4
conteggi allegati al ricorso) o di quell'altra somma, maggiore o minore, risultante come dovuta in corso di causa, con interessi e rivalutazione monetaria dalla data di maturazione del diritto a quella dell'effettivo saldo;
con vittoria di spese e compenso del presente giudizio, oltre accessori di legge.
Si costituiva la chiedendo di accertare che nessuna cessione occulta CP_1
di azienda vi era stata tra essa società e la società che il CP_1 CP_2
ricorrente aveva prestato la sua attività di lavoratore subordinato solo dal 12 febbraio/9 agosto 2019;
che nei diversi periodi 1° giugno 2018/31 gennaio 2019 e dal 10 agosto 2019 al 23 gennaio 2020, aveva svolto per la resistente solo attività occasionale e sganciata dal vincolo della subordinazione;
e che lo stesso aveva sempre svolto mansioni equipollenti a quelle previste per il V livello retributivo;
che il ricorrente aveva sempre svolto mansioni equipollenti a quelle previste per il
V livello retributivo;
che aveva sempre svolto 40 ore settimanali (8 ore al giorno per 5 giorni);
che il ricorrente aveva ricevuto tutto quanto spettantegli per il pregresso rapporto di lavoro con la ;
e in via gradata chiedeva la congrua CP_1
riduzione delle somme richieste;
con vittoria di spese e competenze da distrarsi a favore del procuratore antistatario.
Si costituiva, altresì, la società chiedendo di accertare e dichiarare che CP_2
nessuna cessione occulta di azienda vi era stata tra la società e la società CP_1
che il ricorrente non aveva mai prestato attività lavorativa per la CP_2 CP_2
per l'effetto, accertare e dichiarare la estraneità della società
[...] CP_2
nella vicenda oggetto di causa e la assoluta carenza di legittimazione di quest'ultima;
l'immediata estromissione dal presente giudizio della società CP_2
rigettare le prove richieste da controparte e nell'ipotesi in cui sia ritenuto
[...]
necessario, ammettere le richieste istruttorie richieste;
in via del tutto gradata chiedeva la congrua riduzione delle somme richieste;
con vittoria di spese e competenze da distrarsi in favore del procuratore antistatario.
Istruita la causa attraverso l'audizione di testimoni, la stessa viene decisa con sentenza contestuale di cui viene data lettura. 5 MOTIVI DELLA DECISIONE
Osserva il giudicante che il ricorso è solo parzialmente fondato e pertanto deve essere accolto per quanto di ragione.
In primo luogo, e con riferimento alla dedotta natura subordinata del rapporto si osserva che, alla luce dell'art. 2697 c.c. e dei principi affermati in merito dalla giurisprudenza di legittimità, chi faccia valere diritti derivanti da un rapporto di lavoro subordinato ha l'onere di dimostrarne gli elementi costitutivi e, in particolare, il requisito della subordinazione inteso come vincolo di soggezione del lavoratore al potere organizzativo e disciplinare del datore di lavoro. In proposito si rileva che a norma dell'art. 2094 c.c. è prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale e manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, l'elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo è l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia ed inserimento nell'organizzazione aziendale. In definitiva, essenziale è
l'elemento di eterodirezione, ossia di organizzazione del lavoro attraverso disposizioni o direttive tali da tradursi in un'attività di direzione costante e cogente atta a privare il lavoratore della autonomia (Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza n.
26986 del 22 dicembre 2009, Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza n. 10235 del 18 maggio 2016, Cass. civ., Sez. Lavoro, Ordinanza n. 15922 del 24 luglio 2020,
Cass. civ., Sez. Lavoro, Ordinanza n. 37541 del 30 novembre 2021). Il vincolo di soggezione del lavoratore al potere organizzativo e disciplinare del datore di lavoro deve estrinsecarsi nell'emanazione di ordini specifici, oltre che nell'esercizio di un'attività di vigilanza e controllo nell'esecuzione delle prestazioni lavorative e può essere provato facendo eventualmente ricorso, solo ove lo stesso non sia
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agevolmente apprezzabile a causa del concreto atteggiarsi del rapporto, ad altri criteri, complementari e sussidiari. Ed invero, secondo il costante insegnamento della S.C. di Cassazione “requisito fondamentale del rapporto di lavoro subordinato - ai fini della sua distinzione dal rapporto di lavoro autonomo - è il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale discende dall'emanazione di ordini specifici, oltre che dall'esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo dell'esecuzione delle prestazioni lavorative. L'esistenza di tale vincolo va concretamente apprezzata con riguardo alla specificità dell'incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione, fermo restando che ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di rapporto di lavoro autonomo” (cfr. tra le molte Cass. civ. Sez. lavoro, Sentenza n. 25224 del 30 novembre 2009;
Cass. civ. Sez. lavoro, Sentenza
n. 5712 del 10 marzo 2011;
Cass. civ. Sez. lavoro, Sentenza n. 11775 del 12 luglio
2012;
Cass. civ. Sez. lavoro, Sentenza n. 20599 del 22 novembre 2012;
Cass. civ.
Sez. lavoro, Sentenza n. 21074 del 16 settembre 2013;
Cass. civ. Sez. lavoro,
Sentenza n. 17127 del 17 agosto 2016;
Cass. civ. Sez. lavoro, Sentenza n. 24193 del 13 ottobre 2017;
Cass. civ. Sez. lavoro, Sentenza n. 280 del 9 gennaio 2018;

Cass. civ. Sez. lavoro, Ordinanza n. 2439 del 29 gennaio 2019). Tale requisito, il quale deve estrinsecarsi nell'emanazione di ordini specifici, oltre che nell'esercizio di un'attività di vigilanza e controllo nell'esecuzione delle prestazioni lavorative, può essere provato facendo eventualmente riferimento, solo ove lo stesso non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiarità delle mansioni (e, in particolare, della loro natura intellettuale o professionale) e/o a causa del concreto atteggiarsi del rapporto, ad altri criteri, complementari e sussidiari come l'assenza di rischio, la continuità della prestazione, la localizzazione della prestazione,
l'osservanza di un orario predeterminato, il versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita e fissa, il coordinamento dell'attività all'assetto organizzativo dato all'impresa dal datore di lavoro, l'assenza in capo al lavoratore
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di una sia pur minima struttura imprenditoriale, elementi che, benché privi di valore decisivo se individualmente considerati, ben possono essere valutati globalmente come indizi probatori della subordinazione (in tal senso tra le molte,
Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza n. 3745 del 29 marzo 1995, Cass. civ., Sez.
Lavoro, Sentenza n. 2370 del 4 marzo 1998 e Cass. civ., SS.UU., Sentenza n. 379 del 30 giugno 1999, Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza n. 3674 del 27 marzo 2000,
Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza n. 11936 dell'11 settembre 2000;
Cass. civ., Sez.
Lavoro, Sentenza n. 14071 del 28 settembre 2002, Cass. civ., Sez. Lavoro,
Sentenza n. 6224 del 29 marzo 2004, Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza n. 2767 del
11 febbraio 2005, Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza n. 3858 del 22 febbraio 2006,
Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza n. 4500 del 27 febbraio 2007, Cass. civ., Sez.
Lavoro, Sentenza n.4406 del 24 febbraio 2009, Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza n.
9256 del 17 aprile 2009, Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza n. 9252 del 19 aprile
2010, Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza n. 28982 del 27 dicembre 2011, Cass. civ.,
Sez. Lavoro, Sentenza n. 11930 del 16 maggio 2013, Cass. civ., Sez. Lavoro,
Sentenza n. 23021 del 29 ottobre 2014, Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza n. 14434 del 10 luglio 2015, Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza n. 10004 del 16 maggio 2016,
Cass. civ., Sez. Lavoro, Ordinanza n. 11572 dell'11 maggio 2017, Cass. civ., Sez.
Lavoro, Ordinanza n. 1511 del 21 gennaio 2019, Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza
n. 2537 del 27 gennaio 2022).
A tal riguardo, è stato altresì precisato che i c.d. criteri sussidiari non costituiscono in sé stessi requisiti del rapporto di lavoro subordinato, ma possono assumere a seconda delle circostanze il valore sintomatico della situazione di subordinazione, non essendo sempre necessaria la presenza di tutti gli elementi c.d. sintomatici della subordinazione (cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., Sentenza n. 3975 del 20 marzo
2001). Peraltro, la difficoltà nell'apprezzare in maniera diretta la sussistenza della natura subordinata di un rapporto, a causa della peculiarità delle mansioni che incidono sull'atteggiarsi dello stesso, è stata ravvisata non solo nell'ipotesi di prestazioni a contenuto intellettuale, ma anche in caso di prestazioni elementari,
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ripetitive e predeterminate nelle modalità di esecuzione, con la conseguente necessità di dover fare ricorso in tali casi ai predetti criteri sussidiari, i quali lungi dal rappresentare elementi costitutivi del rapporto di lavoro subordinato, possono tuttavia assumere una valenza indiziaria essendo indici sintomatici della situazione di subordinazione (cfr. Cass. civ., Sez. Lavoro, Ordinanza n. 16013 del 18 maggio
2022, Cass. civ., Sez. Lavoro, Ordinanza n. 19144 del 6 luglio 2021, Cass. civ.,
Sez. Lavoro, Ordinanza n. 27076 del 26 novembre 2020, Cass. civ., Sez. Lavoro,
Ordinanza n. 17384 del 27 giugno 2019, Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza n.
23846 dell'11 ottobre 2017, Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza n. 20367 del 26 settembre 2014, Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza n. 9251 del 19 aprile 2010 e
Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza n. 8569 del 5 maggio 2004). Peraltro, secondo la
Suprema Corte in relazione a mansioni particolarmente semplici e d elementari
(come quelle oggetto di causa di segretaria di uno studio legale) si determina una vera e propria presunzione con inversione dell'onere probatorio: “La prestazione di attività lavorativa onerosa all'interno dei locali dell'azienda, con materiali ed attrezzatura proprie della stessa e con modalità tipologiche proprie di un lavoratore subordinato, in relazione alle caratteristiche delle mansioni svolte
(nella specie, commesso addetto alla vendita), comporta una presunzione di subordinazione, che è onere del datore di lavoro vincere” (cfr. Cass. civ., Sez.
Lavoro, Sentenza n. 186 del 6 settembre 2007 e nello stesso senso Cass. civ., Sez.
Lavoro, Sentenza n. 28982 del 27 dicembre 2011, Cass. civ., Sez. Lavoro,
Sentenza n. 21515 del 19 settembre 2013, Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza n.
1318 del 22 gennaio 2014, Cass. civ., Sez. Lavoro, Ordinanza n. 1809 del 20 gennaio 2022| e Cass. civ., Sez. Lavoro, Ordinanza n. 23371 del 26 luglio 2022).
La qualificazione compiuta dalle parti al momento della stipulazione del contratto, inoltre, può essere rilevante in quanto espressione della reale e comune volontà dei contraenti ma, certamente, non può assumere carattere determinante, dovendosi guardare, piuttosto, al comportamento complessivo, anche posteriore, concretamente tenuto (cfr., tra le tante Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza n. 13884
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del 23 luglio 2004, Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza n. 17455 del 27 luglio 2009,
Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza n. 8845 del 18 aprile 2011, Cass. civ., Sez.
Lavoro, Sentenza n. 22289 del 21 ottobre 2014, Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza
n. 10235 del 18 maggio 2016, Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza n. 10583 del 28 aprile 2017). In definitiva la sussistenza di un contratto scritto tra le parti, in cui si attribuisca un determinato nomen iuris al rapporto che s'intende costituire, non è inoltre vincolante, qualora si dimostri che l'effettiva volontà dei contraenti sia stata, di fatto, diversamente orientata, stante la idoneità, nei rapporti di durata, del comportamento delle parti ad esprimere sia una diversa effettiva volontà contrattuale, sia una nuova diversa volontà (cfr. Cass. civ., Sez. Lavoro, Sentenza
n. 20669 del 25 ottobre 2004). In altri termini, qualora il comportamento concretamente osservato dalle parti stesse non sia conforme - e, anzi, sia contrario - agli intenti cristallizzati nel contratto scritto, è al predetto comportamento effettivo che bisogna attribuire valore prevalente, nel qualificare il rapporto instaurato, senza che possa ritenersi vincolante il nomen iuris indicato dai contraenti.
All'esito dell'esame delle rispettive deduzioni delle parti, dei documenti versati in atti e della prova testimoniale espletata, alla stregua dei principi esposti, deve ritenersi dimostrata la subordinazione nell'espletamento, da parte del ricorrente, dell'attività di tappezziere e addetto al montaggio dei mobili presso il punto vendita sito in Roma, Circonvallazione Orientale n. 4719/4721 gestito dalla società fino al novembre 2019. Per quanto riguarda il periodo successivo dal CP_1
21 novembre 2019 al 23 gennaio 2020 svolto secondo la prospettazione del ricorrente alle dipendenze della società non è stata dimostrata né CP_2
l'esistenza di un trasferimento d'azienda a norma dell'art. 2112 c.c. per cui il lavoratore avrebbe avuto diritto al mantenimento dei suoi diritti né la continuità del rapporto lavorativo né, la natura subordinata del rapporto. È, infatti, emerso lo svolgimento da parte del ricorrente dell'attività di tappezziere e addetto al montaggio dei mobili presso le abitazioni dei clienti del punto vendita dal 1°
10
giugno 2018 fino al novembre 2019, con modalità tali da configurare un rapporto di natura subordinata.
Nello specifico, per quanto riguarda la prova testimoniale, il teste Testimone_1
ha dichiarato quanto di seguito riportato:
[...]
So i fatti di causa perché anche io ho lavorato per la dalla fine del 2015 CP_1
al settembre 2019. Io ero montatore di mobili per la società resistente. Il ricorrente ha iniziato a lavorare per la resistente nel giugno 2018. Il ricorrente era tappezziere e si occupava di rifoderare le sedie i letti, foderava i divani, i cuscini e faceva le tende. Quando io ho terminato il rapporto di lavoro, il ricorrente ha continuato a lavorare per la società resistente. Il punto vendita dove lavorava il ricorrente era in Roma, Circonvallazione Orientale n. 4719. Il ricorrente lavorava dalle 8.00 alle 17.00 con un'ora di pausa per il pranzo, dal lunedì al sabato. Il ricorrente ha fatto degli straordinari quando è venuto a fare le consegne con me. Siamo andati anche in Calabria e Sardegna. Il ricorrente si occupava anche delle consegne, nonché di ritirare i mobili dai clienti. Si occupava anche del montaggio dei mobili nelle case dei clienti. Era Persona_1
che dava disposizioni al ricorrente sul lavoro da svolgere. Anche Controparte_4
dava disposizioni al ricorrente sull'attività da svolgere. Io abitavo e abito in
Roma, Circonvallazione Orientale 4719/B, proprio a fianco al punto vendita. La mia casa è separata da un muro dal negozio. Attualmente mi sono spostato di 10 metri. Ho visto che è cambiata l'insegna da Tale nome Controparte_5
era quello precedente prima che subentrasse . Io non sono più entrato nel CP_1
negozio dopo settembre 2019. Il ricorrente e altri mi hanno raccontato che sono stati spostati da un negozio all'altro. Io ho visto anche dopo il settembre 2019 il ricorrente che entrava e usciva dal lavoro. Tutti giorni vedevo andare al lavoro il ricorrente e tale . Il ricorrente entrava e usciva dal lavoro anche dopo il Per_2
settembre 2019 sia dal negozio che dal nuovo di CP_1 CP_2 [...]
e erano marito e moglie. Gli straordinari erano Persona_1 Controparte_4
segnati nei cartellini di entrata e uscita. Anche lì avevo straordinari non segnati
11 nelle cartelline di cui devo ricevere il pagamento. Da settembre 2019 sono andato in disoccupazione sino al febbraio 2020. Io ho iniziato a lavorare in regola per una cooperativa dal febbraio 2020. In questo periodo ho lavorato non regolarizzato per un paio di giorni. Per questo ho detto prima che ho lavorato.
Lavoravo solo il sabato e la domenica. Io ho introdotto un giudizio sia nei confronti di che di . CP_1 CP_2
Da parte sua la testimone ha riferito quanto di seguito trascritto: Testimone_2
So i fatti di causa perché lavoravo inizialmente per e nel Controparte_3
momento in cui sono andata via stava avvenendo il cambio di società da a CP_1
Io ho lavorato dal settembre 2017 al novembre 2018. Io svolgevo attività CP_2
di segreteria e mi occupavo della parte burocratica. Quando ho iniziato a lavorare nel 2017 il ricorrente già lavorava per la . Il ricorrente svolgeva attività di CP_1
tappezziere, si occupava dei montaggi, di trasportare i mobili con il furgone. In alcune occasioni andava anche a lavorare in trasferta, in particolare in Calabria.
Il ricorrente, come me, lavorava presso il punto vendita sito in Roma,
Circonvallazione Orientale 4719/4721. Io iniziavo a lavorare alle 9.00 e terminavo alle 18.00. il ricorrente alcune volte alle 9.00 era già presente, altre volte iniziava alle 9.00 e la sera alcune volte andava via alle 18.00 altre volte più tardi. Io avevo una pausa pranzo dalle 13.00 alle 15.00. Non so se il ricorrente avesse una pausa pranzo. Io lavoravo dal lunedì al venerdì e in tali giorni era presente anche il ricorrente. Non so se lavorasse il sabato. Io preparavo le stampe vuote dei turni di servizio però non ne conosco il contenuto. Posso però dire che un documento che mi viene esibito, doc. n. 9 del ricorso, era da me predisposto in bianco. Ho una causa in corso nei confronti della per differenze CP_1
retributive. Il ricorrente riceveva disposizioni sulle mansioni da svolgere da
ed . Io a novembre 2018 sono andata via e Persona_1 Controparte_4
ho solo sentito dire da che voleva ingrandire la società. Persona_1
Null'altro so del passaggio da a Preciso che io ho iniziato a CP_1 CP_2
lavorare il 4 settembre 2017 e ho terminato il 6 novembre 2018” 12
Inoltre, la testimone ha dichiarato quanto di seguito Testimone_3
riportato:
So i fatti di causa perché ho iniziato a lavorare per la società il 14 CP_1
settembre 2019 come impiegata e ho lavorato fino giugno 2020. Successivamente in data ottobre 2020 ho sottoscritto in sede sindacale un verbale di conciliazione con la società datrice di lavoro. Quando ho iniziato a lavorare per la CP_1
il ricorrente già lavorava nel negozio di arredamento sito in circonvallazione
[...]
orientale nei pressi del raccordo. Il ricorrente si occupava di effettuare le consegne dei mobili insieme ad un altro operaio. Io arrivavo la mattina intorno alle ore 9.30 e lo trovavo già al lavoro e lavorava fino alle 17.00 circa se c'era lavoro, delle volte fino alle 16.00 e delle volte fino alle 18.00. Dopo circa un mese
e mezzo ha cominciato a venire non tutti i giorni. Veniva, parlava con il titolare e poi andava via. Una volta il ricorrente con l'altro collega sono andati in Sardegna in trasferta. Il ricorrente è venuto a lavorare fino a maggio 2020. Delle volte veniva, parlava con il titolare, aiutava il collega in tappezzeria e a fare delle consegne. Il ricorrente diceva che se veniva non veniva per ma per CP_1
aiutare il collega . Il ricorrente aiutava a fare le sedie, i letti e i Per_2 Per_2
divani come tappezziere. In particolare, tappezzavano sedie, letti e divani. Io non andavo a lavorare di sabato mi sembra però che il ricorrente qualche volta andasse di sabato. Il ricorrente normalmente lavorava dal lunedì al venerdì. Io mi occupavo di dare le consegne sulle attività da svolgere a . era il Per_2 CP_2
negozio che la società aveva preso accanto a quello precedentemente utilizzato, io non so nulla perché non vi ho lavorato e a giugno 2020 era ancora in allestimento.
Io non ho visto il ricorrente lavorare per ho solo visto che andava nel CP_2
negozio di per parlare. Il ricorrente prendeva la merce da un piccolo CP_2
magazzino di che si trovava in mezzo ai due negozi. I primi tempi il CP_1
ricorrente veniva pagato da credo fino a gennaio febbraio 2020 CP_1
successivamente non so chi lo pagasse. Nulla so sulle ferie e sui permessi del ricorrente. Era che dava disposizioni e direttive al ricorrente. So che Per_2 Per_2
13 era dipendente di perché mi veniva detto da e dal ricorrente anche CP_1 Per_2
se io non ho mai visto buste paga o altro. Il ricorrente era messo in regola perché una volta si è fatto male a una mano ed è venuto a portare il certificato medico.
Era circa settembre o novembre. Io comunicavo le consegne da fare a e poi Per_2
quest'ultimo lo diceva al ricorrente e andavano insieme a fare le consegne. Per_2
era un cittadino straniero che si chiamava . Persona_3
Da tali deposizioni come dai documenti in atti si ricava la natura subordinata dal rapporto. Infatti, premesso che è incontestata tale natura del rapporto di lavoro intercorso tra le parti nel periodo dall'11 febbraio 2019 al 9 agosto 2019, periodo per il quale è stato stipulato tra il ricorrente e la un contratto di lavoro CP_1
a tempo determinato, con mansioni di operaio inquadrato al livello V del C.C.N.L. per i dipendenti delle aziende del terziario confcommercio, dalle predette deposizioni testimoniali si ricava la natura subordinata dal rapporto intercorso tra
e la Infatti, dal complesso della prova Parte_1 CP_1
testimoniale si ricava con sufficiente certezza la durata del rapporto di lavoro intercorso tra le parti dal 1° giugno 2018 fino al novembre 2019. Dall'istruttoria espletata è risultato lo svolgimento dell'attività di tappezziere e addetto al montaggio dei mobili presso il punto vendita sito in Roma, Circonvallazione
Orientale n. 4719/4721 gestito dalla società La natura subordinata del CP_1
rapporto emerge chiaramente sulla base di quanto riferito dai testimoni. In particolare, da quanto riferito dai testimoni il ricorrente svolgeva la propria attività nell'ambito del punto vendita, la sua prestazione era inserita nell'organizzazione aziendale, doveva osservare un preciso orario lavorativo, utilizzava strumenti di lavoro messi a disposizione dalla percepiva un compenso periodico CP_1
in assenza di rischio economico. Peraltro, nella fattispecie vi è la presenza della formalizzazione regolare del rapporto per una parte del periodo lavorativo oggetto di causa tramite assunzione a tempo determinato. Dall'espletata istruttoria sono emersi elementi di prova della sottoposizione del ricorrente al potere direttivo e di controllo della società Infatti, la testimone CP_1 Testimone_3
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ha riferito che dipendente della predetta società, dava Persona_3
disposizioni e direttive al ricorrente, il quale, peraltro, in caso di malattia doveva portare certificato medico. Al riguardo il testimone ha Testimone_1
spiegato che ed davano disposizioni al Persona_1 Controparte_4
ricorrente sul lavoro da svolgere. Anche la testimone ha Testimone_2
confermato che il ricorrente riceveva disposizioni sulle mansioni da svolgere da
ed . Alla stregua di tali circostanze deve Persona_1 Controparte_4
ritenersi sussistente per tutto il periodo dal 1° giugno 2018 fino al novembre 2019 un rapporto di lavoro subordinato tra il ricorrente e la società CP_1
caratterizzato dalla subordinazione. La data finale del predetto rapporto si desume anche dalla deposizione della testimone secondo la quale Testimone_3
dopo la sua assunzione il ricorrente ha proseguito a lavorare con continuità per circa un mese e mezzo. Alla fattispecie deve ritenersi applicabile il C.C.N.L. per i dipendenti delle aziende del terziario confcommercio, in considerazione del fatto che l'applicazione del suddetto C.C.N.L. è pacifica e non è contestata dalle parti.
Peraltro, nella memoria di costituzione la ha costantemente fatto CP_1
riferimento a tale contrattazione collettiva contestando piuttosto l'inquadramento.
Per quanto riguarda l'inquadramento del lavoratore è emerso dal complesso della prova testimoniale che lo stesso era tappezziere e si occupava di rifoderare le sedie
i letti, foderava i divani, i cuscini e faceva le tende nonché effettuava anche delle consegne e ritirava i mobili dai clienti, occupandosi anche del montaggio dei mobili nelle case dei clienti, come riferito dai testimoni escussi. Pertanto, le mansioni svolte dal ricorrente sulla base degli elementi in atti risultano rientrare nel quarto livello del C.C.N.L. per i dipendenti delle aziende del terziario confcommercio a cui appartengono “i lavoratori che eseguono compiti operativi anche di vendita e relative operazioni complementari, nonché i lavoratori adibiti ai lavori che richiedono specifiche conoscenze tecniche e particolari capacità tecnico-pratiche comunque acquisite”. Non appare corretto l'inquadramento operato dalla società nel breve periodo regolarizzato con contratto di CP_1
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lavoro a termine dall'11 febbraio 2019 e sino al 9 agosto 2019 nell'inferiore quinto livello del medesimo C.C.N.L. in cui rientrano “i lavoratori che eseguono lavori qualificati per la cui esecuzione sono richieste normali conoscenze e adeguate capacità tecnico pratiche, comunque conseguite”. Infatti, le mansioni di tappezziere e di montatore di mobili richiedono il possesso di specifiche conoscenze tecniche e di particolari capacità tecnico-pratiche superiori a quelle
normali”. Per quanto riguarda l'orario osservato conformemente a quanto indicato nel ricorso introduttivo il ricorrente lavorava dalle ore 8.00 alle ore 17.00 con un'ora di pausa per il pranzo come riferito dal testimone e Testimone_1
sostanzialmente confermato dalle testimoni e Testimone_2 Testimone_3
che non hanno potuto riferire con esattezza l'orario di inizio della
[...]
prestazione lavorativa del ricorrente, in quanto avevano un orario diverso per cui quando iniziavano a lavorare il ricorrente era già presente nel punto vendita al lavoro. Il ricorrente per come affermato dal testimone Testimone_1
lavorava dal lunedì al sabato. Sul punto le altre due testimoni nulla di certo hanno potuto riferire dal momento che lavoravano dal lunedì al venerdì. Pertanto, la prestazione lavorativa resa da era di 48 ore settimanali, per cui Parte_1
deve ritenersi provato il lavoro straordinario per come dedotto in ricorso. All'esito dell'istruttoria non hanno, invece, trovato riscontro con sufficiente certezza né
l'affermata attività lavorativa espletata nel periodo che dal 21 novembre 2019 al 23 gennaio 2020 alle dipendenze della né l'esistenza di un rapporto CP_2
lavorativo di natura subordinata tra l'odierno ricorrente e la stessa società CP_2
non essendo emerso alcun elemento idoneo a dimostrare che i dipendenti o i
[...]
preposti della predetta società impartissero ordini e direttive al che Parte_2
sussistessero almeno alcuni degli indici elaborati dalla giurisprudenza per ritenere configurabile nella fattispecie un rapporto di lavoro subordinato, né il dedotto trasferimento di azienda avvenuto ai sensi dell'art. 2112 c.c. tra la società CP_1
e la società Neppure è risultato con sicurezza lo svolgimento di
[...] CP_2
una attività lavorativa continuativa del ricorrente 21 novembre 2019 al 23 gennaio
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2020. Nemmeno è stato dimostrato alcunché in ordine all'esistenza di un trasferimento di azienda e tanto meno della sussistenza dei requisiti necessari per ritenere applicabile l'art. 2112 c.c. In proposito la Suprema Corte ha avuto occasione di chiarire che “La fattispecie del trasferimento di azienda regolata dall'art. 2112 cod. civ. ricorre tutte le volte che, rimanendo immutata
l'organizzazione aziendale, vi sia soltanto la sostituzione della persona del titolare, indipendentemente dallo strumento tecnico-giuridico adottato (nella specie, locazione e non affitto d'azienda) essendo sufficiente, ai fini dell'integrazione delle condizioni per l'operatività della tutela del lavoratore, il subentro nella gestione del complesso dei beni organizzati ai fini dell'esercizio dell'impresa, ossia la continuità nell'esercizio dell'attività imprenditoriale, restando immutati il complesso di beni organizzati dell'impresa e l'oggetto di quest'ultima, costituendo un indice probatorio di tale continuità l'impiego del medesimo personale e
l'utilizzo dei medesimi beni aziendali” (cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., Sentenza n.12771 del 23 luglio 2012 e nello stesso senso Cass. Civ., Sez. Lav., Sentenza n. 26808 del
23 ottobre 2018, nonché da ultimo Cass. Civ., Sez. Lav., Ordinanza n. 2709 del 28 gennaio 2022). Si ha trasferimento di azienda qualora il complesso organizzato dei beni dell'impresa - nella sua identità obiettiva - sia passato ad un diverso titolare in forza di una vicenda giuridica riconducibile al fenomeno della successione in senso ampio, dovendosi così prescindere da un rapporto contrattuale diretto tra
l'imprenditore uscente e quello che subentra nella gestione (cfr. Cass. Civ., Sez.
Lav., Sentenza n. 26215 del 7 dicembre 2006;
Cass. Civ., Sez. Lav., Sentenza n.
493 del 13 gennaio 2005, e Cass. Civ., Sez. Lav., Ordinanza n. 2709 del 28 gennaio 2022 cit.). Pertanto, costituisce trasferimento d'azienda, ai sensi dell'art. 2112 c.c., il passaggio in tutto o in parte del complesso organizzativo dei beni dell'impresa, accompagnato dal mantenimento della sua identità obiettiva, tra due soggetti, che esercitino entrambi attività economica a fine di lucro (cfr. Cass.
Civ., Sez. Lav., Sentenza n. 6388 del 19 aprile 2003). Non è sufficiente, ai fini della configurazione del trasferimento di azienda che si verifichi la sostituzione di
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una determinata attività commerciale ad un'altra operante nel medesimo settore merceologico, ma è necessario che tra i due soggetti si verifichi un fenomeno di cessione di beni dell'azienda. Inoltre, secondo la Suprema Corte, “Nel caso di cessione di azienda, il cessionario acquista gli obblighi gravanti sul cedente in favore del lavoratore, in forza del disposto dell'art. 2112, primo comma, cod. civ., rispondendo di tutti i debiti non ancora estinti per prescrizione” (così tra le tante
Cass. Civ., Sez. Lav., Sentenza n. 21565 del 13 ottobre 2014) ivi compreso il Tfr.
L'art. 2112 comma 2 c.c. dispone che “Il cedente ed il cessionario sono obbligati in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento”. In definitiva a norma dell'art. 2112 c.c. primo comma c.c. in caso di trasferimento di azienda il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che aveva in precedenza. Pertanto, il cessionario, subentrando in tutte le posizioni attive e passive facenti capo al cedente, è obbligato in solido con il cessionario per i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Ciò comporta che la cedente ex art. 2112 c.c. potrà essere chiamata a rispondere in via solidale per il mancato pagamento non solo delle retribuzioni ma anche delle quote di TFR maturate durante la vigenza del contratto con la cedente pur se le relative quote sono state trasferite alla cessionaria su cui potrà successivamente rivalersi per ottenere la restituzione di quanto pagato indebitamente. Il cessionario, quindi, stante il vincolo di solidarietà può essere chiamato anche per la quota maturata in capo al cedente. Tuttavia, nella fattispecie in esame non vi è prova di un trasferimento ai sensi dell'art. 2112 c.c., in quanto il lavoratore ha dedotto ma non provato che l'organizzazione aziendale è rimasta la stessa, la continuità nell'esercizio dell'attività imprenditoriale, la circostanza che i beni e lavoratori addetti nell'affermato passaggio dalla società alla società CP_1 CP_2
siano rimasti identici. Neppure è emerso che non vi sia stato interruzione del
[...]
rapporto lavorativo e che quest'ultimo si sia protratto con le medesime modalità del periodo anteriore al trasferimento. In tale situazione possono essere attribuite le differenze retributive spettanti al lavoratore soltanto con riferimento al periodo dal
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1° giugno 2018 fino al novembre 2019 alle dipendenze della mentre CP_1
nulla può essere riconosciuto al lavoratore nei confronti della società CP_2
la quale neppure può essere riconosciuta come responsabile solidale non trovando applicazione l'art. 2112 c.c.
Con riguardo alle differenze retributive rivendicate dal ricorrente si osserva in via generale che il lavoratore, il quale agisce in giudizio per conseguire le retribuzioni allo stesso spettanti, ha l'onere di provare l'esistenza del rapporto di lavoro quale fatto costitutivo del diritto azionato, mentre incombe sul datore di lavoro che eccepisce l'avvenuta corresponsione delle somme richieste, l'onere di fornire la prova dell'adempimento. Tale principio deve essere applicato sia per la retribuzione mensile, sia per la tredicesima mensilità (che costituisce una sorta di retribuzione differita), sia per la quattordicesima mensilità, sia per la corresponsione del trattamento di fine rapporto (che integra specie di accantonamento della retribuzione da parte del datore di lavoro), sia per il pagamento dei permessi e delle ferie non retribuite (dal momento che l'obbligo di corrispondere la retribuzione incombe anche nel periodo in cui il lavoratore usufruisce delle ferie, che costituiscono un diritto irrinunciabile costituzionalmente garantito ai sensi dell'art, 36 Cost., comma 3) (cfr. Cass. 22 dicembre 2009, n.
26985). In relazione alla richiesta di pagamento dell'indennità sostitutiva delle ferie e dei permessi si osserva che secondo la giurisprudenza il lavoratore che agisca in giudizio per chiedere la corresponsione della indennità sostitutiva delle ferie non godute ha l'onere di provare l'avvenuta prestazione di attività lavorativa nei giorni ad esse destinati, atteso che l'espletamento di attività lavorativa in eccedenza rispetto alla normale durata del periodo di effettivo lavoro annuale si pone come fatto costitutivo dell'indennità suddetta, risultando irrilevante la circostanza che il datore di lavoro abbia maggior facilità nel provare l'avvenuta fruizione delle ferie da parte del lavoratore. Infatti, l'indennità sostitutiva si configura come emolumento di natura retributiva, essendo posta in relazione al lavoro prestato con violazione di norme a tutela del lavoratore e per il quale il
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lavoratore ha in ogni caso diritto alla retribuzione e, secondo i criteri generali,
l'onere probatorio si ripartisce esclusivamente facendo riferimento alla posizione processuale, restando rispettivamente a carico di chi vuol far valere un diritto ovvero di chi ne contesti l'esistenza, la estinzione o la modifica (cfr. Cass. 22 dicembre 2009, n. 26985;
7 luglio 2008, n. 18584;
16 febbraio 2007, n. 3619;
3 dicembre 2004, n. 22751;
21 agosto 2003 n. 12311). Nella fattispecie non può ritenersi provata la circostanza relativa alla mancata fruizione delle ferie e dei permessi non avendo i testi escussi fornito alcuna indicazione in ordine al mancato godimento delle ferie e dei permessi. Né è risultato dimostrato il lavoro svolto nelle festività. Nella fattispecie, avendo il lavoratore provato lo svolgimento della prestazione lavorativa alle dipendenze della società dal 1° giugno CP_1
2018 fino al novembre 2019 secondo le modalità indicate in ricorso, era onere del datore di lavoro, ai sensi dell'art. 2697 c.c., provare di avere integralmente retribuito il dipendente e nello specifico di avere corrisposto le differenze retributive, i ratei di tredicesima e quattordicesima mensilità, il compenso per il lavoro straordinario prestato e del TFR calcolati sulla base del corretto inquadramento del ricorrente nel quarto livello del C.C.N.L. per i dipendenti delle aziende del terziario confcommercio, prova che nel caso in esame non è stata fornita. Pertanto, anche alla luce delle dichiarazioni testimoniali, della documentazione in atti e degli analitici conteggi depositati dal ricorrente, possono essere riconosciuti a le differenze retributive, la tredicesima e Parte_1
quattordicesima mensilità, il pagamento delle festività e dello straordinario e il trattamento di fine rapporto, relativi al periodo dal 1° giugno 2018 fino al novembre 2019 con le mansioni, gli orari e il livello indicati nel ricorso ed accertati in giudizio nei confronti della società CP_1
Per quanto attiene alla quantificazione delle richieste attoree, ritiene questo giudice di poter aderire ai conteggi da ultimo prodotti da parte ricorrente, in quanto non specificamente contestati dalla società resistente. Del resto “Nel rito CP_1
del lavoro, il convenuto ha l'onere della specifica contestazione dei conteggi
20 elaborati dall'attore, ai sensi degli artt. 167, primo comma, e 416, terzo comma cod. proc. civ., e tale onere opera anche quando il convenuto contesti in radice la sussistenza del credito, poiché la negazione del titolo degli emolumenti pretesi non implica necessariamente l'affermazione dell'erroneità della quantificazione, mentre la contestazione dell'esattezza del calcolo ha una sua funzione autonoma, sia pure subordinata, in relazione alle caratteristiche generali del rito del lavoro, fondato su un sistema di preclusioni diretto a consentire all'attore di conseguire rapidamente la pronuncia riguardo al bene della vita reclamato. Ne consegue che la mancata o generica contestazione in primo grado rende i conteggi accertati in via definitiva, vincolando in tal senso il giudice, e la contestazione successiva in grado di appello è tardiva ed inammissibile" (cfr. tra le molte Cass. civ. Sez.
Lavoro, Sentenza n. 4051 del 18 febbraio 2011 e nello stesso senso Cass. civ. Sez.
Lavoro, Sentenza n. 4104 del 2 marzo 2016;
Cass. civ. Sez. Lavoro, Sentenza n.
10116 del 18 maggio 2015;
Cass. civ. Sez. Lavoro, Sentenza n. 6332 del 19 marzo
2014;
Cass. civ. Sez. Lavoro, Sentenza n. 563 del 17 gennaio 2012;
Cass. civ. Sez.
Lavoro, Sentenza n. 18378 del 19 agosto 2009;
Cass. civ. Sez. Lavoro, Sentenza n.
945 del 19 gennaio 2006;
Cass. civ. Sez. Lavoro, Sentenza n. 9285 del 10 giugno
2003;
Cass. civ. Sez. Lavoro, Sentenza n. 7103 del 29 maggio 2000). In ordine alla quantificazione delle pretese ritenute meritevoli di accoglimento, sulla base dei conteggi predisposti dalla parte ricorrente, i quali in assenza di specifiche contestazioni possono essere condivisi corrispondendo a quanto indicato nel
C.C.N.L. di categoria e alle effettive modalità di svolgimento del rapporto come descritte dai testimoni, spetta in favore del lavoratore la somma di euro 17.524,91 di cui euro 9.953,86 per differenze paga, euro 2.458,92 per ratei tredicesima mensilità, euro 1.639,28 per quattordicesima mensilità, euro 136,61 per ratei quattordicesima mensilità, euro 908,92 per straordinario diurno ed euro 2.427,32 per TFR. Pertanto, la società deve corrispondere in favore del CP_1
lavoratore la somma di euro totale di euro 17.524,91 a titolo di differenze retributive, tredicesima mensilità, quattordicesima mensilità, ratei quattordicesima
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mensilità, straordinario diurno e trattamento di fine rapporto, oltre rivalutazione ed interessi. In definitiva la società deve essere condannata a CP_1
corrispondere al ricorrente la complessiva somma di euro 17.524,91, oltre gli interessi legali e la rivalutazione monetaria da ogni singola maturazione al saldo. Il datore di lavoro deve essere condannato al pagamento in favore del CP_1
lavoratore delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo. La reciproca soccombenza, determinata dall'accoglimento solo parziale della domanda, induce alla compensazione per un terzo delle spese di lite che per i restanti due terzi sono poste a carico della società resistente e sono liquidate come in dispositivo in parte in favore dello Stato e in parte del ricorrente, essendo venute meno in corso di causa le condizioni per il godimento del gratuito patrocinio da parte di
[...]
. In particolare, la società resistente deve essere condannata a rifondere Parte_1
tutte le spese allo Stato ad eccezione di quelle relative alla fase decisionale, in quanto solo nel mese di maggio 2023 sono venute meno le condizioni perché il
usufruisse del gratuito patrocinio, quando tutta l'attività defensionale era Parte_1
stata espletata e mancava solo la decisione della causa.

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