Trib. Bologna, sentenza 19/02/2024, n. 553

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Bologna, sentenza 19/02/2024, n. 553
Giurisdizione : Trib. Bologna
Numero : 553
Data del deposito : 19 febbraio 2024

Testo completo

N. R.G. 9681/2023
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA
Sezione Specializzata in materia di Immigrazione, Protezione internazionale e Libera circolazione cittadini UE
Il Tribunale in composizione collegiale nelle persone dei seguenti Magistrati:
Dott. M C B Presidente rel.
Dott. E R G
Dott. R V S G
nel procedimento iscritto al N. R.G. 9681/2023, promosso da:
, nato in TUNISIA il giorno 8.8.1984 Parte_1
con il patrocinio dell'Avv. F L, elettivamente domiciliato in BOLOGNA
(BO), Via Ermete Zacconi n. 3/A, presso il Difensore
RICORRENTE
contro
con il patrocinio dell'Avvocatura di Stato, Controparte_1
QUESTURA DI BOLOGNA
RESISTENTE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA ex artt. 281 terdecies c.p.c. e 19 ter del D.Lgs. n. 150/2011 sulle seguenti conclusioni delle parti: la parte ricorrente concludeva in ultimo come da note conclusionali del 29.1.2024;
la parte convenuta concludeva come da comparsa di costituzione e risposta del 10.11.2023.
* * *
Con ricorso tempestivamente proposto in data 20.7.2023 nell'interesse del ricorrente Signor Parte
, , cittadino della Tunisia, nato in Tunisia in data Parte_1 C.F._1
8.8.1984, avverso il provvedimento del Questore di BOLOGNA emesso in data 27.12.2022, notificato il giorno 29.6.2023, con il quale veniva rigettata la richiesta di rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale ex art.19, comma 1.2, parte seconda, TUI presentata in data 29.4.2022, l'istante chiedeva di annullare il provvedimento impugnato previa sospensiva della sua efficacia esecutiva e, per l'effetto, accertare e dichiarare il diritto del ricorrente all'ottenimento di un permesso di soggiorno per protezione speciale ex art. 19, comma 1.1, TUI, come novellato dal D.L. 130/2020.
Nel provvedimento di rifiuto della Questura si legge che la di Organizzazione_1
Bologna in data 7.12.2022 formulava parere negativo al rilascio del richiesto permesso di soggiorno per protezione speciale, che il parere della CT risultava vincolante, che non vi era necessità di assegnazione del termine ex art.10 bis L.n. 241/1990, che non vi erano cause di inespellibilità, con conseguente rifiuto del suddetto permesso di soggiorno per protezione speciale ex art.19, comma 1.2, TUI.
Il ricorrente deduceva l'illegittimità del provvedimento del Questore, rilevando di non avere mai potuto esaminare il parere negativo emesso dalla CT in quanto mai consegnatogli, chiedendo il riconoscimento di un permesso di soggiorno per protezione speciale ex art.19, Testi comma 1.1., affermando di essere giunto in Italia nell'anno 2009, di parlare italiano, di vivere in autonomia con la moglie regolarmente soggiornante, e la figlia nata a Per_1
Bologna in data 15.1.2013, di non avere avuto il rinnovo del permesso di soggiorno ex art.31
TUI rilasciatogli in data 5.10.2017 che era in scadenza al 6.10.2019, e di avere sempre lavorato, e dal 2023 con un contratto a tempo indeterminato.
Con decreto del 21.7.2023 veniva sospesa inaudita altera parte l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato con fissazione di udienza di discussione sulla sospensiva unitamente al merito.
L'Amministrazione resistente, regolarmente notificata, si costituiva in giudizio a mezzo
Avvocatura distrettuale dello Stato con comparsa di costituzione e risposta depositata telematicamente in data 10.11.2023, chiedendo la reiezione dell'istanza per accertata carenza dei presupposti costitutivi.
All'udienza del 29.11.2023, fissata sia per il merito, che per la discussione sulla sospensiva, il ricorrente compariva personalmente e veniva sentito dal Giudice, e confermava le circostanze di cui al ricorso (comprovate dalla produzione documentale), offrendo altresì dimostrazione di parlare e comprendere perfettamente la lingua italiana, senza necessità di avvalersi di un interprete.
Nessuno compariva per l'Amministrazione resistente all'udienza citata.
Con nota conclusiva del 29.1.2024, autorizzata ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., in luogo d'udienza, il procuratore di parte ricorrente confermava le circostanze di cui al ricorso.
Nessuna attività difensiva veniva svolta dall'Amministrazione resistente costituita, che pertanto nulla aggiungeva alle proprie argomentazioni.
Pertanto, con ordinanza del 31.1.2024, la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione.
* * *
Oggetto del ricorso è il provvedimento del Questore di BOLOGNA emesso in data
27.12.2022, notificato il giorno 29.6.2023, con il quale veniva negato al ricorrente il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale ex art.19, comma 1.1., TUI.
La controversia è riconducibile all'art. 3, comma 1, lett. d) del D.L. 13/2017, convertito in legge, come modificato dal D.L. 113/2018 (controversia “in materia di rifiuto di rilascio, diniego di rinnovo e di revoca del permesso di soggiorno per protezione speciale nei casi di cui all'art. 32, comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25”, come modificato dal D.L. 113/2018) e si procede con il rito di cui agli artt. 281 decies e ss c.p.c. e 19 ter D.lgs
150/2011.
Il ricorrente chiedeva il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale ex art.19, comma 1.1, TUI, come modificato dal D.L. 130/2020.
Tale normativa risulta applicabile anche ex art.7, comma 2, DL n.20/2023 convertito con
L.n.50/2023, essendo la domanda del ricorrente del 29.4.2022 precedente rispetto alla data di entrata in vigore della nuova disciplina normativa.
Ritiene il Collegio che debba ritenersi accertato il diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale, sussistendo le condizioni di cui alla seconda parte del comma 1.1. dell'art.19 TUI (“[…] Non sono altresì ammessi il respingimento o l'espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che
l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, a meno che esso sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica nonché di protezione della salute nel rispetto della
Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Ai fini della valutazione del rischio di violazione di cui al periodo precedente, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese
d'origine”).
In merito, la recente sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 24413/21 ha chiarito che «il decreto legge n. 130/2020 ha ancorato il divieto di respingimento od espulsione non più soltanto all'art. 3, ma anche all'art. 8, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, declinando la disposizione di detto articolo 8 in termini di tutela del "radicamento" del migrante nel territorio nazionale e qualificando tale radicamento come limite del potere statale di allontanamento dal territorio nazionale, superabile esclusivamente per ragioni, come si è visto, “di sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica nonché di protezione della salute” (...) La protezione offerta dall'art. 8 CEDU concerne dunque l'intera rete di relazioni che il richiedente si è costruito in Italia (...) le quali pure concorrono a comporre la “vita privata” di una persona, rendendola irripetibile nella molteplicità dei suoi aspetti
“sia come singolo sia nelle formazioni sociali dove svolge la sua personalità”». Ciò posto, non può dubitarsi che la disposizione de qua riconosca, dunque, il diritto soggettivo al
rilascio del detto permesso di soggiorno per protezione speciale nell'ipotesi in cui sia accertato il rischio che l'allontanamento della persona possa determinare una violazione del suo diritto alla vita privata e familiare, affermando la necessità di verificare se il subitaneo sradicamento comporti il pericolo di una grave deprivazione dei suoi diritti umani, intesa in termini di diritto alla vita privata e familiare e alla stessa identità e dignità personale.
Venendo al caso di specie, per quanto riguarda l'integrazione del ricorrente sul territorio italiano, si rileva come non sia contestato che il ricorrente viva in Italia dal 2005, dunque da
19 anni, con autonomia abitativa, vivendo assieme alla moglie e alla figlia minore presso un immobile sito in Bologna, e condotto in virtù di regolare contratto di locazione intestato alla moglie e risalente all'anno 2019 (cfr. verbale di udienza del 29.11.2023;
copia contratto di locazione;
copia permessi di soggiorno per lungo-soggiornanti relativi alla moglie e alla figlia minore del ricorrente;
copia certificato di nascita figlia minore del ricorrente;
copia certificazione scolastica figlia minore ricorrente).
Dalla documentazione versata in atti risulta che il ricorrente ha lavorato con una certa continuità sin dal 1.4.2009, avendo potuto contare su guadagni pari ad euro 4.204,20 circa per quell'anno, euro 5.463,75 nell'anno 2010, euro 3.494,00 nell'anno 2018, euro 1.925,00 nell'anno 2019, euro 9.165,00 nell'anno 2020, euro 18.510,00 nell'anno 2021, euro 20.954,00 nell'anno 2022, euro 6.251,00 nell'anno 2023 (fino al 30/4) (cfr. copia estratto contributivo in atti), e che, lavorando in provincia di Bologna come operaio per una CP_2 società di somministrazione lavoro (ossia per l'impresa cliente utilizzatrice) fin dal 1.3.2022, ha in essere un contratto di lavoro subordinato in somministrazione a tempo pieno e indeterminato dal 1.1.2023, con retribuzione media mensile netta pari a Euro 1.400,00 (cfr. copie di documenti inerenti all'impiego attuale).
Nondimeno occorre valutare il fatto che il ricorrente parla e comprende senza alcun problema la lingua italiana, come ha potuto dimostrare all'udienza cui è comparso personalmente, e che vive in autonomia in immobile condotto in locazione.
Occorre altresì valutare positivamente l'esistenza di strettissimi legami familiari sul territorio, come comprovati.
Il parere negativo della si basava sulla asserita mancanza di un Organizzazione_1 percorso di integrazione socio-lavorativa sul territorio.
La Questura, dal canto suo, aveva richiamato fatti di rilevanza penale. Ed è stato infatti possibile appurare, al termine dell'istruttoria orale e documentale, che il ricorrente sia gravato da un unico precedente giudiziario, relativo ad un reato di furto aggravato commesso in data 30.4.2009, e punito con la pena della reclusione a mesi 9 e giorni 10, unitamente alla multa per importo pari ad euro 80,00, pena sospesa;
non è emersa invece la presenza di alcun carico pendente (cfr. copie certificati penali risalenti a gennaio 2024).
Occorre d'altro canto valutare che la data del commesso delitto è molto risalente nel tempo
(anno 2009, quindici anni or sono);
che nel 2010 il Procuratore della Repubblica, con proprio decreto, aveva disposto la sospensione dell'esecuzione della pena ex art. 656 c.p.;
e che il ricorrente si è astenuto negli anni a seguire dal commettere ulteriori azioni antigiuridiche;

che attualmente non risulta indagato per alcun reato. Ciò conduce ad una valutazione di attuale non pericolosità sociale del ricorrente.
Risulta, quindi, che la conseguita autonomia economica del ricorrente in un percorso di integrazione in costante miglioramento anche dal punto di vista economico e lavorativo, la raggiunta autonomia abitativa, la presenza in Italia dei più stretti legami familiari (moglie e figlia), la rete di rapporti sociali sviluppatasi negli oltre 19 anni di permanenza in Italia, la buona conoscenza della lingua italiana integrano una consolidata vita privata in Italia, la cui lesione non è consentita ai sensi dell'art. 8 CEDU e dell'art. 19, comma 1.1, TUI in mancanza di pericoli per l'ordine e la sicurezza pubblica secondo la valutazione sopra riportata.
Le superiori considerazioni consentono di ritenere che il rimpatrio del ricorrente determinerebbe la violazione del diritto al rispetto della vita privata che costituisce principio fondamentale affermato dall'art.8 della Convenzione Edu.
Il ricorso deve, quindi, trovare accoglimento.
Si aggiunge che il permesso di soggiorno per protezione speciale qui accordato è rinnovabile, ha durata biennale ed è convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, come da giurisprudenza di questo Tribunale e secondo le condivisibili conclusioni raggiunte da TAR
Veneto, Sezione Terza, Sentenza n.1812 del 23.11.2022 e secondo il disposto di cui all'art.7
D.L. n.20/2023 convertito con L.n.50/2023.
In considerazione della natura delle questioni affrontate, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.
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