Trib. Bari, sentenza 06/06/2024, n. 2360

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Bari, sentenza 06/06/2024, n. 2360
Giurisdizione : Trib. Bari
Numero : 2360
Data del deposito : 6 giugno 2024

Testo completo

Tribunale di Bari
Sezione Lavoro
N.R.G. 4691/2021
Il Giudice S F S, all'udienza del 06/06/2024 ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa promossa da
, rappresentato e difeso dall'Avv.to Parte_1
DONVITO GIACINT
ricorrente contro rappresentato e difeso Controparte_1 dall'Avv.to SABINA ANGELA MARIA resistente
OGGETTO: ricorso ex art. 414 c.p.c. per il riconoscimento del diritto all'indennità sostitutiva di n. 29 giorni di ferie non godute.
Conclusioni: come da note conclusionali depositate telematicamente.
RAGIONI della DECISIONE
Con l'atto introduttivo del presente giudizio, la parte ricorrente, rappresentando le seguenti circostanze: di essere stato alle dipendenze del resistente fino alla risoluzione del rapporto CP_1 per dimissioni del 25.06.2020 previo collocamento in aspettativa non retribuita dal 18.09.2019;
di aver maturato n. 10 giorni di ferie nell'anno 2018 e n. 19 giorni di ferie nell'anno 2019 giorni di ferie non goduti alla data di risoluzione del rapporto lavorativo;
di non aver beneficiato delle ferie maturate per fatti allo stesso non imputabili;
di


aver richiesto invano il compenso sostitutivo previsto dall'art. 28, comma 18 CCNL Funzioni Locali 2016/2018 applicato al rapporto lavorativo, agiva in giudizio per il riconoscimento del diritto al compenso sostituivo delle ferie non godute espressamente richiesto con missiva formale calcolato nella complessiva somma di €
2.300,02, prendendo come parametro di calcolo la retribuzione percepita risultante dai prospetti-paga prodotti, e per la condanna della parte resistente della somma pretesa oltre accessori nonché per la condanna del resistente al risarcimento del danno da fatto CP_1 illecito nella misura di giustizia e comunque non inferiore ad €
2.000,00, con vittoria delle spese di lite da distrarre. Avanzava istanze istruttorie e produceva documentazione.
Si costituiva il resistente per affermare l'infondatezza delle CP_1 pretese avanzate richiamando la normativa nazionale a sostegno del divieto di monetizzazione, possibile solo in ipotesi del tutto eccezionali, e per domandare il rigetto del promosso ricorso, attesa
l'imputabilità del mancato godimento delle ferie alla parte ricorrente per aver richiesto ed ottenuto dal 18.09.2019 il collocamento in aspettativa ed essersi dimesso in data 25.06.2020, vinte le spese processuali. Si opponeva alle richieste istruttorie avanzate dalla parte ricorrente.
All'udienza di discussione, maturato il convincimento all'esito della camera di consiglio, il decidente pronunciava la decisione dando lettura della sentenza completa di motivazione.
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Ebbene il ricorso è parzialmente fondato e merita di essere accolto per quanto di ragione, tenuto conto dei più recenti arresti anche della
Suprema Corte di Cassazione intervenuti nella specifica materia1. 1 Da ultimo cfr. anche Cass. 17634/2023 che si riporta: “…(omissis)… Al riguardo, si osserva che, quando il rapporto di lavoro è cessato, la fruizione effettiva delle ferie annuali retribuite cui il lavoratore ha diritto non è più possibile.
Per evitare che, a causa di detta impossibilità, il lavoratore non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, neppure in forma pecuniaria, l'art. 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, riconosce al lavoratore il diritto a un'indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali non goduti (sentenza del 12 giugno 2014, , C-118/13, EU:C:2014:1755, punto 17 e giurisprudenza ivi citata). Per_1
L'art. 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 non assoggetta il diritto a un'indennità finanziaria ad alcuna condizione diversa da quella relativa, da un lato, alla cessazione del rapporto di lavoro e, dall'altro, al mancato godimento da parte del lavoratore di tutte le ferie annuali cui aveva diritto alla data in cui detto rapporto è cessato (sentenza del 20 luglio 2016, C-341/15, EU:C:2016:576, Per_2 punto 27 e giurisprudenza ivi citata).
A questo proposito, dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE emerge che la menzionata normativa osta a disposizioni o pratiche nazionali le quali prevedano che, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, non sia versata alcuna indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute al lavoratore che non sia stato in grado di fruire di tutti le ferie annuali cui aveva diritto prima della cessazione di tale rapporto di lavoro, in particolare perché era in congedo per malattia per l'intera durata o per una parte del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto (sentenze del 20 gennaio
2009, e a., C-350/06 e C-520/06, EU:C:2009:18, punto 62;
del 20 luglio 2016, C- Persona_3 Per_2 Per 341/15, EU:C:2016:576, punto 31, nonché del 29 novembre 2017, , C-214/16, EU:C:2017:914, punto
65).
La Corte di giustizia UE ha dichiarato, inoltre, che l'art. 7 della direttiva 2003/88 non può essere interpretato nel senso che il diritto alle ferie annuali retribuite e, pertanto, quello all'indennità finanziaria ex paragrafo 2 di detto articolo possano estinguersi a causa del decesso del lavoratore. Ha pure precisato che, se l'obbligo di pagamento di una simile indennità dovesse estinguersi a causa della fine del rapporto di lavoro dovuta a decesso del lavoratore, tale circostanza avrebbe la conseguenza che un avvenimento fortuito comporterebbe retroattivamente la perdita totale dello stesso diritto alle ferie annuali retribuite (sentenza del 12 giugno 2014, , C-118/13, EU:C:2014:1755, punti 25, Per_1 26 e 30).
Ciò perché l'estinzione del diritto maturato da un lavoratore alle ferie annuali retribuite o del suo correlato diritto al pagamento di un'indennità per le ferie non godute in caso di cessazione del rapporto di lavoro, senza che l'interessato abbia effettivamente avuto la possibilità di esercitare detto diritto alle ferie annuali retribuite, arrecherebbe pregiudizio alla sostanza stessa del diritto medesimo (sentenza del 19 settembre 2013, Riesame Commissione/Strack, C-579/12 RX-II, EU:C:2013:570, punto 32).
La Corte di giustizia UE ha ricordato, altresì, che il pagamento delle ferie prescritto al paragrafo 1 dell'art. 7 menzionato è volto a consentire al lavoratore di fruire effettivamente delle ferie cui ha diritto
(sentenza del 16 marzo 2006, e a., C-131/04 e C-257/04, EU:C:2006:177, punto 49). Persona_5
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Inoltre, secondo giurisprudenza costante della Corte di giustizia UE, il diritto alle ferie annuali, sancito dall'art. 7 della direttiva 2003/88, è volto a consentire al lavoratore, da un lato, di riposarsi rispetto all'esecuzione dei compiti attribuitigli in forza del suo contratto di lavoro e, dall'altro, di beneficiare di un periodo di relax e svago (sentenza del 20 luglio 2016, C-341/15, EU:C:2016:576, punto 34 e Per_2 giurisprudenza ivi citata). Del resto, prevedendo che il periodo minimo di ferie annuali retribuite non possa essere sostituito da un'indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro, l'art. 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 mira anche a garantire che il lavoratore possa beneficiare di un riposo effettivo, per assicurare una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute (sentenza del 16 marzo 2006, e a., C-131/04 e C-257/04, EU:C:2006:177, punto 60, e giurisprudenza ivi Persona_5 citata).
In particolare, la Corte di giustizia UE ha chiarito che l'art. 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale recante modalità di esercizio del diritto alle ferie annuali retribuite espressamente accordato da detta direttiva, che comprenda anche la perdita del diritto in questione allo scadere del periodo di riferimento o di un periodo di riporto, purché, però, il lavoratore che ha perso il diritto alle ferie annuali retribuite abbia effettivamente avuto la possibilità di esercitare questo diritto che tale direttiva gli conferisce (sentenza del 20 gennaio
2009, e a., C350/06 e C-520/06, EU:C:2009:18, punto 43). Persona_3
Peraltro, ha affermato che è necessario assicurarsi che l'applicazione di simili norme nazionali non possa comportare l'estinzione dei diritti alle ferie annuali retribuite maturati dal lavoratore, laddove quest'ultimo non abbia effettivamente avuto la possibilità di esercitare tali diritti.
Il lavoratore deve essere considerato, infatti, la parte debole nel rapporto di lavoro, sicché è necessario impedire al datore di lavoro di disporre della facoltà di imporgli una restrizione dei suoi diritti. Tenuto conto di tale situazione di debolezza, un simile lavoratore può essere dissuaso dal fare valere espressamente i suoi diritti nei confronti del suo datore di lavoro, dal momento, in particolare, che la loro rivendicazione potrebbe esporlo a misure adottate da quest'ultimo in grado di incidere sul Per rapporto di lavoro in danno di detto lavoratore (sentenza del 25 novembre 2010, , C-429/09,
EU:C:2010:717, punti 80 e 81, e giurisprudenza ivi citata).
Ne deriva che il datore di lavoro è tenuto, in considerazione del carattere imperativo del diritto alle ferie annuali retribuite e al fine di assicurare l'effetto utile dell'art. 7 della direttiva 2003/88, ad assicurarsi concretamente e in piena trasparenza che il lavoratore sia effettivamente in grado di fruire delle ferie annuali retribuite, invitandolo, se necessario formalmente, a farlo, e nel contempo informandolo - in modo accurato e in tempo utile a garantire che tali ferie siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo e il relax cui esse sono volte a contribuire - del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato.
Inoltre, l'onere della prova, in proposito, incombe al datore di lavoro e, ove quest'ultimo non sia in grado di dimostrare di avere esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore sia effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto, si deve ritenere che l'estinzione del diritto a tali ferie alla fine del periodo di
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