Trib. Monza, sentenza 18/03/2024, n. 360

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Monza, sentenza 18/03/2024, n. 360
Giurisdizione : Trib. Monza
Numero : 360
Data del deposito : 18 marzo 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MONZA
Sezione Lavoro
La dott.ssa S S, in funzione di giudice del lavoro del Tribunale di Monza, ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa di I Grado iscritta al N. 1479/2022 R.G. promossa da:
(C.F. ), con il patrocinio dell'avv. D V e Parte_1 C.F._1
domicilio eletto presso il suo studio di Monza, via Mosè Bianchi, 14,
-ricorrente- contro
C.F. ), con il patrocinio dell'avv. A C e domicilio Controparte_1 P.IVA_1
eletto presso il suo studio di Milano, via Della Moscova, 3,
-resistente-
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il ricorso introduttivo del presente processo -richiamato il giudicato Parte_1 sull'impugnazione del recesso dallo stesso promossa nei confronti di mediante ricorso Controparte_1
ex art. 1, commi 48 e ss., l. 92/2012 e successive modificazioni a seguito della definitività della sentenza della Corte d'Appello di Milano, sezione lavoro, n. 1075/2021, recante il rigetto del reclamo avverso la sentenza della sezione lavoro del Tribunale di Monza n. 194/2021, che, a sua volta, aveva rigettato l'opposizione interposta dal medesimo avverso l'ordinanza emessa all'esito della fase Pt_1
sommaria- ha nuovamente convenuto innanzi a questo Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, la
e, sul presupposto sotteso a detto giudicato, dell'accertata natura autonoma del Controparte_1
rapporto lavorativo intercorso tra le parti dal 1.2.2005 al 5.6.2018, ha rassegnato le conclusioni di seguito trascritte:
nel merito


1. in via principale,
accertare e dichiarare la riconducibilità del rapporto di lavoro intercorso fra il

Sig.
pagina 1 di 13

ed dall'1.2.2005 al 5.6.2018 alla fattispecie di cui all'art. 2222 e segg. c.c.;
per Pt_1 CP_1

l'effetto, in ragione delle argomentazioni portate al paragrafo 3) e delle relative preclusioni a che, ex post, possa provvedersi a favore del Sig. a relativa regolarizzazione contributiva e previdenziale Pt_1
Org_ presso l' condannare in persona del legale rappresentante pro tempore, a risarcire in CP_1
favore del ricorrente, ex art. 2116 c.c., la somma di Euro 133.983,53 o la diversa somma maggiore o minore ritenuta di giustizia oltre rivalutazione ed interessi dal dovuto al saldo;
accertare e dichiarare, comunque, che il medesimo rapporto di lavoro si è risolto per fatto / colpa ascrivibili ad o CP_1 comunque per circostanze indipendenti dal Sig. e, per l'effetto, condannare la società, in Pt_1

persona del legale rappresentante pro tempore, a corrispondere in favore del ricorrente n° 6 mensilità di preavviso al tallone di un compenso medio mensile di Euro 4.400,00 (vd. media compensi Sig. riferita all'ultimo anno di lavoro) o la diversa somma maggiore o minore ritenuta di giustizia Pt_1
oltre rivalutazione ed interessi dal dovuto al saldo;



2. in via subordinata,
nella denegata ipotesi di mancato accoglimento delle rivendicazioni di cui al punto 1), accertare e dichiarare la riconducibilità del rapporto di lavoro intercorso fra il Sig. Pt_1 ed dall'1.2.2005 al 5.6.2018 alla fattispecie di cui all'art. 1742 e segg. c.c.;
per l'effetto, in CP_1

ragione delle argomentazioni portate al paragrafo 3) e delle relative preclusioni a che, ex post, possa provvedersi a favore del Sig. a relativa regolarizzazione presso l' , accertare e Pt_1 CP_2 dichiarare, nell'an, il diritto del ricorrente al corrispettivo risarcimento del danno ex art. 2116 c.c.;
accertare e dichiarare, comunque, che il medesimo rapporto di lavoro si è risolto per fatto/colpa ascrivibili ad o comunque per circostanze indipendenti dal Sig. e, per l'effetto, CP_1 Pt_1

condannare la società, in persona del legale rappresentante pro tempore, a corrispondere in favore del ricorrente n° 6 mensilità di preavviso al tallone di un compenso medio mensile di Euro 4.400,00;
il

FIRR nella misura dell'1 % per anno sui compensi / provvigioni corrisposti all'agente dall'inizio del rapporto sino alla sua conclusione e ciò per complessivi Euro 5.381,63;
l'indennità di cui all'art. 1751

c.c. nella misura di Euro 52.800,00 (Euro 4.400,00 x 12) o, in alternativa alle quantificazioni poc'anzi indicate, in quelle diverse somme, maggiori o minori, ritenute di giustizia.
Il tutto con riserva, nel prosieguo, di agire, presso gli enti competenti, per la regolarizzazione di quanto, ad oggi, non prescritto e, comunque, per la liquidazione del danno da mancati versamenti
.”. CP_2
A supporto delle proprie domande, il essendo stato accertato, nelle invocate pronunzie, che egli Pt_1 per tredici anni consecutivi aveva svolto, attraverso l'intervento esclusivo della sua persona, attività di lavoro autonomo con il ruolo di venditore, ha chiesto, in principalità di ricondurre la qualificazione della fattispecie allo schema contrattuale di cui all'art. 2222 e ss. c.c. per farne discendere
pagina 2 di 13
l'applicazione del trattamento contributivo e previdenziale di cui all'art. 2, commi 26 e ss., l. 335/1995
(c.d. “Gestione separata”) e, poiché la relativa contribuzione non era stata versata e, per il periodo precedente al luglio 2017, si era prescritta per decorso del termine prescrizionale quinquennale di cui all'art. 3, comma 9, della l. 335/1995, il proprio diritto al risarcimento del danno derivante dall'omissione contributiva non più sanabile ex art. 2116 c.c., quantificato, come da conteggio allegato al ricorso, nell'importo di complessivi euro 133.983,53, corrispondente ai contributi in assunto non versati, con conseguente condanna della al pagamento di detta somma. Controparte_1
In subordine, il ha allegato che la fattispecie dovrebbe essere inquadrata come rapporto di Pt_1
agenzia ex art. 1742 e ss. c.c., considerate le mansioni di venditore dallo stesso svolte, confermate dalle testimonianze assunte nel procedimento relativo all'impugnazione del licenziamento, con conseguente suo diritto al risarcimento del danno ex art. 2116 c.c. per mancati versamenti all'Enasarco, al FIRR e all'indennità ex art. 1751 c.c..
Il ricorrente, richiamate le risultanze istruttorie del sopra menzionato procedimento, ha allegato, inoltre, che dalle stesse risulterebbe dimostrato che il rapporto era cessato per volontà della che lo CP_1
aveva cacciato in quanto disobbediente alle direttive aziendali.
Sulla base di detta prospettazione, per il caso di riconduzione del rapporto di lavoro allo schema negoziale del lavoro autonomo (artt. 2222 e ss. c.c.), il ha invocato il proprio diritto al Pt_1 pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso ex art. 2237, comma primo, c.c. o, per il caso di qualificazione del rapporto come agenzia, ex art. 1750 c.c., chiedendone la liquidazione nella misura di almeno sei mensilità al tallone mensile di euro 4.400,00, tenuto conto della lunga durata del rapporto, protrattosi per ben tredici anni.
Il ricorrente -sulla base di tali deduzioni- ha rassegnato le conclusioni di seguito trascritte:
nel merito


1. in via principale,
accertare e dichiarare la riconducibilità del rapporto di lavoro intercorso fra il Sig. ed dall'1.2.2005 al 5.6.2018 alla fattispecie di cui all'art. 2222 e segg. Pt_1 CP_1

c.c.;
per l'effetto, in ragione delle argomentazioni portate al paragrafo 3) e delle relative preclusioni a che, ex post, possa provvedersi a favore del Sig. a relativa Pt_1

Org_ regolarizzazione contributiva e previdenziale presso l' condannare in persona CP_1
del legale rappresentante pro tempore, a risarcire in favore del ricorrente, ex art. 2116 c.c., la somma di Euro 133.983,53 o la diversa somma maggiore o minore ritenuta di giustizia oltre rivalutazione ed interessi dal dovuto al saldo;
accertare e dichiarare, comunque, che il medesimo rapporto di lavoro si è risolto per fatto / colpa ascrivibili ad o comunque CP_1 per circostanze indipendenti dal Sig. e, per l'effetto, condannare la società, in persona Pt_1

pagina 3 di 13 del legale rappresentante pro tempore, a corrispondere in favore del ricorrente n° 6 mensilità di preavviso al tallone di un compenso medio mensile di Euro 4.400,00 (vd. media compensi
Sig. riferita all'ultimo anno di lavoro) o la diversa somma maggiore o minore ritenuta di Pt_1
giustizia oltre rivalutazione ed interessi dal dovuto al saldo;



2. in via subordinata,
nella denegata ipotesi di mancato accoglimento delle rivendicazioni di cui al punto 1), accertare e dichiarare la riconducibilità del rapporto di lavoro intercorso fra il

Sig. ed dall'1.2.2005 al 5.6.2018 alla fattispecie di cui all'art. 1742 e segg. Pt_1 CP_1
c.c.;
per l'effetto, in ragione delle argomentazioni portate al paragrafo 3) e delle relative preclusioni a che, ex post, possa provvedersi a favore del Sig. a relativa Pt_1 regolarizzazione presso l' , accertare e dichiarare, nell'an, il diritto del ricorrente CP_2

al corrispettivo risarcimento del danno ex art. 2116 c.c.;
accertare e dichiarare, comunque, che il medesimo rapporto di lavoro si è risolto per fatto / colpa ascrivibili ad o CP_1 comunque per circostanze indipendenti dal Sig. e, per l'effetto, condannare la società, in Pt_1

persona del legale rappresentante pro tempore, a corrispondere in favore del ricorrente n° 6 mensilità di preavviso al tallone di un compenso medio mensile di Euro 4.400,00;
il FIRR nella misura dell'1 % per anno sui compensi / provvigioni corrisposti all'agente dall'inizio del rapporto sino alla sua conclusione e ciò per complessivi Euro 5.381,63;
l'indennità di cui all'art. 1751c.c. nella misura di Euro 52.800,00 (Euro 4.400,00 x 12) o, in alternativa alle quantificazioni poc'anzi indicate, in quelle diverse somme, maggiori o minori, ritenute di giustizia.

Il tutto con riserva, nel prosieguo, di agire, presso gli enti competenti, per la regolarizzazione di quanto, ad oggi, non prescritto e, comunque, per la liquidazione del danno da mancati versamenti . CP_2
In via istruttoria, pur ritenuta la controversia di natura documentale, si fa istanza di ammissione di prova per testi ed interpello sui seguenti capitoli di prova:
1. “vero che, in data 5.6.2018, fra il Sig. ed il Sig. , legale rappresentante Pt_1 Persona_1 di c'è stato un diverbio riferito alla gestione di una garanzia verso un cliente”;
CP_1

2. “vero che, nel frangente, il Sig. rifiutava di uniformarsi alle indicazioni del Sig. Pt_1
”;
Persona_1

3. “vero che, a quel punto, il Sig. si è rivolto al Sig. dicendogli “… se non Persona_1 Pt_1 fai il tuo lavoro è inutile la tua presenza … io per questo ti sto pagando …” e, di seguito, gli ha impedito di far ritorno al lavoro allontanandolo”;

pagina 4 di 13 4. “vero che, antecedentemente all'ingresso in società del Sig. era priva di Pt_1 CP_1 un mercato dedicato ai privati”.
Si indicano a testi i Sig.ri: , c/o Tes_1 Testimone_2 Testimone_3
c/o Dr. c/o , CP_1 Tes_4 Tes_4 Persona_2 Per_3 Persona_4
c/o Arma dei Carabinieri
Laddove la società volesse contestare i conteggi sub doc. 11 e/o comunque le indicazioni economiche avanzate dal Sig. in sede di “conclusioni”, si chiede ammettersi CTU Pt_1
contabile tesa a chiarire e confermare il quantum dovuto al Sig. a fronte delle due Pt_1 fattispecie contrattuali rivendicate.”.
La si è costituita con memoria difensiva depositata in data 7.4.2023, contestando la Controparte_1 fondatezza del ricorso e concludendo per il suo rigetto e per la condanna del ricorrente ai sensi dell'art.
96 c.p.c.
*
Occorre, innanzi tutto, premettere che la portata del giudicato formatosi tra le parti all'esito del giudizio definito con la sentenza della Corte d'Appello di Milano, sezione lavoro, n. 1075/2021 è circoscritta, per quanto di rilievo, all'accertamento della natura effettivamente autonoma e non subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra le parti dal 1.2.2005 al 5.6.2018, là dove la subordinazione invocata dal ricorrente costituiva il presupposto fondante dell'impugnazione dallo stesso proposta ai sensi dell'art. 1, commi 47 e ss, l. 92/2012 e successive modificazioni.
Tanto chiarito, la questione della riconducibilità del rapporto intercorso tra le parti nel periodo sopra indicato al tipo del lavoro autonomo di cui all'art. 2222 c.c. risulta, ormai, incontroversa, là dove il ricorrente ha introdotto il presente giudizio perché, ravvisata la sua riconducibilità, in principalità, alla fattispecie della collaborazione coordinata e continuativa o, in subordine, a quella dell'agenzia, nel primo caso la (quale committente) sia condannata al risarcimento del danno ex art. 2116, CP_1
comma 2, c.c. da omesso versamento della contribuzione obbligatoria alla c.d. Gestione Separata ex art.
2, commi 26 e ss. l. 335/1995 e, nel secondo caso, accertata l'impossibilità di regolarizzazione della posizione Enasarco, sia dichiarato nell'an il suo diritto al risarcimento del danno ex art. 2116 c.c. per inadempimento della convenuta agli obblighi di versamento della contribuzione in favore dell' , con condanna della stessa al pagamento del FIRR e, sul presupposto della CP_2
cessazione del rapporto per fatto imputabile alla “preponente”, anche dell'indennità ex art. 1751 c.c., oltre che dell'indennità sostitutiva del preavviso ex art. 2237 c.c. o ex art. 1750 c.c. a seconda della qualificazione del rapporto lavorativo come collaborazione autonoma coordinata e continuativa o come agenzia.
pagina 5 di 13
Per le ragioni di seguito sinteticamente esposte, le domande svolte dal ricorrente non possono trovare accoglimento.
Dalla documentazione versata in atti risulta che -già titolare di partita IVA n. Parte_1
, quale imprenditore individuale iscritto nella sezione speciale dei piccoli imprenditori, P.IVA_2
sin dal gennaio del 1998- nel corso del pluriennale rapporto di collaborazione lavorativa con la resistente, ha fatturato periodicamente i compensi percepiti per le prestazioni rese in favore di riconducendoli all'esercizio di tale attività d'impresa e qualificandoli dapprima come CP_1
provvigioni per segnalazioni clienti” e, dal febbraio del 2009 in avanti, come compensi
(sostanzialmente fissi, salvo le variazioni in aumento nel corso del tempo) per la “gestione del punto vendita e magazzino” di via S. Margherita, 62 e, successivamente, di Desio, via Filippo da Desio, 49.
Premesso che le relative prestazioni rientrano, in senso lato, nell'ambito dei “servizi di organizzazione
e gestione aziendale nel settore dei veicoli a motore”, coerentemente con le indicazioni riportate nella visura camerale in ordine all'attività prevalente esercitata dall'impresa individuale del L, per quanto qui di rilievo deve, innanzi tutto, rilevarsi che in nessuna delle fatture risultano applicate rivalse
Org_ per contributi da versare alla Gestione Separata o trattenute per contributi Enasarco.
A livello amministrativo-contabile il rapporto di collaborazione lavorativa è stato, quindi, gestito come rapporto di lavoro autonomo non ulteriormente qualificato e ricondotto alla fattispecie generale di cui all'art. 2222 e ss. c.c.
Fermo quanto sopra e rilevato che il ricorrente non ha neppure prodotto un estratto conto contributivo, né ha in alcun modo chiarito se, quale piccolo imprenditore, fosse iscritto alla Gestione Speciale
Org_ Artigiani e Commercianti e se avesse una posizione aperta all' , all'accoglimento CP_2
della domanda risarcitoria, avanzata dal ricorrente ai sensi dell'art. 2116, comma 2, c.c. come domanda di condanna non già generica, ma specifica, con riferimento al mancato versamento della contribuzione
Org_ alla c.d. Gestione Separata , ostano due ordini di ragioni.
Innanzi tutto il nel proporre la presente azione, non ha allegato né dimostrato di aver maturato i Pt_1 requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, là dove prima del raggiungimento dell'età pensionabile può essere esperita solamente un'azione di condanna generica o di mero accertamento dell'omissione contributiva (così Cass., sez. lav., n. 2630/2014, secondo cui: “Nel caso di omissione contributiva, sussiste l'interesse del lavoratore ad agire per il risarcimento del danno ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni previdenziali, avvalendosi della domanda di condanna generica, ammissibile anche nel rito del lavoro, per accertare la potenzialità dell'omissione contributiva a provocare danno, salva poi la facoltà di esperire, al momento del prodursi dell'evento dannoso (coincidente, in caso di omesso versamento dei contributi previdenziali,
pagina 6 di 13 con il raggiungimento dell'età pensionabile), l'azione risarcitoria ex art. 2116, secondo comma, cod. civ., oppure quella diversa, in forma specifica, ex art. 13 della legge 12 agosto 1962 n. 1338” e, anche da ultimo, Cass. n. 35162/2023, nella quale si ribadisce che “Il diritto al risarcimento del danno per omessa o irregolare contribuzione previdenziale sorge nel momento in cui si verifica il duplice presupposto dell'inadempienza contributiva e della perdita totale o parziale della prestazione previdenziale, con la conseguenza che solo da tale momento decorre la prescrizione ordinaria decennale, di cui all'art. 2946 c.c., sia che si tratti di lavoratore subordinato sia che, come nel caso di specie, si tratti di lavoratore autonomo o parasubordinato.”;
in senso conforme si vedano anche Cass.
n. 1179/2015 e n. 2964/2018, nonché Cass. n. 18661/2020 recante la ricostruzione sistematica delle azioni esperibili: “l'omissione della contribuzione produce un duplice pregiudizio patrimoniale a carico del prestatore di lavoro, consistente, da un lato, nella perdita, totale o parziale, della prestazione previdenziale pensionistica, che si verifica al momento in cui il lavoratore raggiunge l'età pensionabile, e, dall'altro, nella necessità di costituire la provvista necessaria ad ottenere un beneficio economico corrispondente alla pensione, attraverso una previdenza sostitutiva, eventualmente pagando quanto occorre a costituire la rendita di cui alla L. 12 agosto 1962, n. 1338, art. 13. Prima del raggiungimento dell'età pensionabile, la situazione giuridica soggettiva di cui può essere titolare il lavoratore nei confronti del datore di lavoro, consiste nel danno da irregolarità contributiva, a fronte del quale il lavoratore può esperire un'azione di condanna generica al risarcimento del danno ex art. 2116 c.c., ovvero di mero accertamento dell'omissione contributiva quale comportamento potenzialmente dannoso”).
Nel presente giudizio il ricorrente ha insistito nella domanda di condanna specifica al risarcimento del danno pensionistico per mancata contribuzione, il cui presupposto fondante è rimasto, tuttavia, indimostrato. Né rileva che, secondo quanto tardivamente e genericamente prospettato dalla sua difesa all'udienza del 13.6.2023, il sarebbe prossimo al raggiungimento dei requisiti pensionistici APE Pt_1 attesa l'invalidità del coniuge, circostanza neppure accertabile in questa sede, in difetto di produzione di estratti conto contributivi e di prova in ordine alla sussistenza dei requisiti stessi. I requisiti pensionistici devono, infatti, sussistere al momento dell'esercizio dell'azione risarcitoria ex art. 2116, comma 2, c.c., quale presupposto fondante l'esercizio dell'azione.
In ogni caso, nella fattispecie qui controversa, la domanda risarcitoria ex art. 2116, comma 2, c.c. è infondata, in quanto l'omesso versamento della contribuzione obbligatoria e il pregiudizio pensionistico lamentato risultano causalmente riconducibili al comportamento inadempiente dello
Org_ stesso ricorrente, il quale non ha allegato né dato prova di essersi iscritto alla Gestione Separata , là dove per i lavoratori autonomi titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa tale
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iscrizione costituisce oggetto di un obbligo personale sugli stessi gravante in via esclusiva ex art. 2, commi 26 e ss., l. 335/1995, obbligo il cui adempimento è prodromico alla costituzione della posizione assicurativa e all'insorgenza dei conseguenti obblighi contributivi, anche per le quote a carico del datore di lavoro.
In mancanza di prova dell'iscrizione il ricorrente non può pretendere di far ricadere sulla convenuta le conseguenze pregiudizievoli del suo inadempimento, in quanto la mancata/irregolare contribuzione all'origine del danno pensionistico prospettato sono allo stesso addebitabili in via immediata e diretta.
Invero, come chiarito dalla Cassazione, “Nelle collaborazioni coordinate e continuative, che sono Org_ soggette al regime previdenziale della gestione separata l'obbligazione contributiva grava sul collaboratore, a cui favore l'art. 2, comma 30, l. n. 335 del 1995 dispone, con carico sul committente,
l'accollo privativo ex lege nella misura di due terzi dell'importo dovuto all'ente previdenziale;
poiché nella gestione separata, in caso di omesso versamento dei contributi, non trova applicazione il principio di automatismo delle prestazioni ex art. 2116, comma 1, c.c., sussiste un qualificato interesse del collaboratore all'integrale adempimento dell'obbligazione contributiva e, in quanto debitore, ai sensi dell'art. 1236 c.c., gli va riconosciuta la facoltà di rinunciare all'effetto privativo dell'accollo, assumendo su di sé l'intero adempimento del debito contributivo
” (Cass. n. 11430/2021).
Nel descritto quadro normativo il collaboratore coordinato e continuativo, personalmente gravato dall'obbligo d'iscrizione e di contribuzione, per poter invocare qualsivoglia inadempimento a carico del committente deve dimostrare di aver reso possibile tale adempimento ossia di aver curato di essersi iscritto alla gestione previdenziale.
Il ricorrente non ha provato tale circostanza, né di aver mai chiesto a il pagamento della CP_1
contribuzione alla Gestione Separata (per quanto a suo carico e di sua competenza) durante lo svolgimento del pluriennale rapporto di collaborazione lavorativa.
I rilievi sopra svolti sono decisivi ai fini del rigetto della domanda.
Quanto al lamentato danno per omesso versamento dei contributi integrativi , in questo CP_2 caso l'azione svolta dal ricorrente ai sensi dell'art. 2116 c.c. è di mero accertamento dell'inadempimento e si fonda sul presupposto della qualificazione del rapporto di collaborazione intercorso tra le parti come contratto di agenzia (art. 1742 c.c.).
Le allegazioni al riguardo contenute nel ricorso, anche a fondamento delle ulteriori pretese economiche derivanti da tale qualificazione (quali il FIRR e l'indennità ex art. 1751 c.c.), sono -tuttavia- assolutamente generiche, oltre ad essere formulate in termini meramente ipotetici (“Se, come detto, per il Sig. ex post – ovvero dal definitivo accertamento compiuto dalla Corte d'Appello di Milano – Pt_1
Sez. Lavoro in data 21.7.2021 – potrebbe anche considerarsi la riconducibilità del di lui rapporto di
pagina 8 di 13 lavoro autonomo con sotto la fattispecie dell'agenzia, ne seguirebbero conseguenze non CP_1 propriamente secondarie quanto ai diritti che spetterebbero all'agente. Ed, infatti, il Sig. – al di Pt_1 là dell'indennità sostitutiva del preavviso cui avrebbe diritto definitivamente accertate e ribadite le modalità dismissive del rapporto di lavoro su cui si tornerà a breve – avrebbe certamente diritto, da un lato – sulla scorta dei principi contributivi / prescrittivi di cui al paragrafo che precede – al risarcimento del danno per il mancato versamento a suo favore dei contributi , dall'altro, CP_2
al FIRR che avrebbe tralasciato di accantonargli, dall'altro ancora all'indennità ex art. CP_1
1751 c.c. tenuto conto della qualità / quantità delle relazioni commerciali che tutti i testimoni escussi hanno attribuito all'intervento del Sig. E ciò senza necessità che l'Ill.mo Giudice adito ancora Pt_1
si soffermi ad accertare le caratterizzazioni del rapporto di lavoro intercorso per il quale, in mancanza di forma scritta – e al netto delle testimonianze già passate in commento –, “è valida l'esecuzione volontaria del contratto, la conferma di esso e la sua ricognizione volontaria” (Cass. Sez. Lav. n° 1824
/ 2013)”).
Tali carenze di prospettazione sono di per sé ostative all'accoglimento delle domande che su di esse si fondano.
E' peraltro da escludere che gli elementi di prova posti dalla parte ricorrente a sostegno della riconduzione del rapporto al tipo contrattuale dell'agenzia, costituiti dalle testimonianze assunte nel procedimento ex art. 1, commi 48 e ss., l. 92/2012 e successive modificazioni (R.G. n. 2518/2018) in vista non già dell'accertamento dell'esistenza di tale specifica tipologia di rapporto, ma della sussistenza o meno di un rapporto di lavoro subordinato, siano da sole decisive ai fini della qualificazione del ricorrente come agente.
Occorre, al riguardo, premettere che, a mente dell'art. 1742, comma 2, c.c. il contratto di agenzia dev'essere provato per iscritto.
Considerato che la forma scritta non è richiesta ad substantiam, ma solo ad probationem, il contratto di agenzia può essere stipulato anche verbalmente, sicché la prova scritta può essere fornita anche con documenti diversi dalla scrittura contrattuale “purché essi abbiano ad oggetto direttamente le intese contrattuali ed il loro contenuto, non essendo sufficiente che investano semplicemente circostanze fattuali dalle quali possa, se del caso, risalirsi, per via di inferenza logica, alla stipulazione del contratto” (vd. Cass. n. 29422/2023).
Nel descritto contesto normativo -come interpretato dalla giurisprudenza- la prova scritta assume, quindi, un ruolo fondamentale ai fini della ricostruzione della volontà negoziale delle parti.
Nel caso esaminato tale prova difetta.
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Infatti, in assenza di una scrittura contrattuale di regolamentazione degli accordi tra le parti, gli unici documenti dai quali possono trarsi elementi di prova in merito alla qualificazione del rapporto di collaborazione lavorativa tra le parti sono costituiti dalle fatture emesse dal ricorrente nei confronti della nelle quali il regime adottato per la gestione dei compensi è stato quello del lavoro CP_1
autonomo non ulteriormente qualificato di cui agli artt. 2222 e ss. c.p.c. senza alcun riferimento a quello proprio dell'agenzia.
Peraltro, l'attività denunciata dal ricorrente alla Camera di Commercio con riferimento alla sua impresa individuale non è quella propria dell'agente.
La qualificazione dei compensi, sino al gennaio 2009, come “provvigioni per segnalazione clienti” non
è al riguardo affatto risolutiva ai fini della riconduzione della fattispecie agli artt. 1742 e ss. c.c., non essendo stati né allegati né provati gli accordi contrattuali sottesi al pagamento delle provvigioni e, segnatamente, se le stesse fossero dovute, come è tipicamente previsto nel contratto di agenzia dall'art.
1748, comma primo, c.c., solamente con riferimento agli affari conclusi per effetto dell'intervento del
L o, piuttosto, a fronte della prestazione dallo stesso resa, qualificata dal febbraio 2009 in poi come attività di “gestione punto vendita e magazzino”, con erogazione di un compenso fisso mensile, inizialmente pari a euro 3.200,00 e, quindi, progressivamente aumentato nel tempo sino ad arrivare all'importo di euro 4.400,00 mensili.
Salvo il primissimo periodo, a partire dall'ottobre del 2005 anche i compensi provvigionali risultano fatturati sulla base di fissi mensili crescenti (attestati inizialmente sull'importo di euro 2.688,00 e, poi, portati ad euro 2.960,00, quindi ad euro 3.200,00, ad euro 3.300,00 sino ad arrivare all'importo di euro
3.400,00 degli ultimi anni), circostanza indicativa del fatto che non si trattava di provvigioni nell'accezione propria del termine (ossia di compensi variabili in funzione degli affari conclusi grazie all'apporto del L), ma di corrispettivi per i servizi dallo stesso resi.
Né risulta che le parti abbiano mai fatto ricorso al sistema di contabilizzazione tipico del contratto di agenzia, costituito dagli estratti conto provvigionali.
Quanto alle prove testimoniali richiamate nel ricorso introduttivo, dalle stesse si evince esclusivamente che il si è prevalentemente occupato delle vendite ai privati presso gli spazi espositivi della Pt_1 convenuta avvalendosi dell'organizzazione produttiva di quest'ultima (che, presso gli spazi espositivi, gli aveva messo a disposizione una scrivania con computer e stampante, oltre ad averlo dotato di un telefono cellulare e dell'email aziendale: verbali istruttori sub doc. 3 fascicolo ric.), mentre nel biglietto da visita e sul sito aziendale gli era attribuito il ruolo, di più ampio respiro, di “Responsabile Vendite
Italia” e “Responsabile Commerciale (vd. doc. 14.4 fascicolo ric.). CP_1
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L'attività di lavoro autonomo dallo stesso svolta, pur avendo parzialmente condiviso con la fattispecie dell'agenzia l'oggetto della prestazione, costituita dal conferimento di un incarico stabile di promozione delle vendite, si è discostata dalla stessa quanto alla complessiva regolamentazione del rapporto e alle modalità di gestione e di esecuzione dello stesso.
Neppure le domande svolte dal ricorrente in via subordinata, sul presupposto della riconducibilità della fattispecie al rapporto di agenzia, possono, pertanto, essere accolte (e ciò ferma in ogni caso la decadenza dalla domanda di pagamento dell'indennità di cui all'art. 1751 c.c. in quanto il ricorrente ha omesso di comunicare a la propria intenzione di far valere tale pretesa entro l'anno CP_1
successivo alla cessazione del rapporto, come eccepito dalla convenuta nella memoria difensiva tempestivamente depositata in data 7.4.2023).
Quanto, infine, alla domanda di pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso, la stessa si fonda sul presupposto che il rapporto di lavoro autonomo sarebbe cessato in conseguenza della volontà di recesso manifestata dalla e, segnatamente, per fatto/colpa della stessa. CP_1
A questo riguardo, il teste escusso nella fase sommaria del procedimento Fornero, ha Tes_5
dichiarato: “Quanto alla cessazione dei rapporti tra e ero presente alla discussione Pt_1 CP_1 che vi fu tra e . Era accaduto che per l'ennesima volta era stata chiesta dal cliente la Pt_1 Per_1
riparazione di un quad cingolato multiposti . A mio modo di vedere il cliente lo usava Org_2
sopra le sue possibilità. Lo avevamo evidenziato a aveva dato indicazione a di Pt_1 Per_1 Pt_1 richiedere al cliente almeno una parte del costo preventivato dall'officina per la riparazione. L tuttavia disse che si vergognava e si rifiutava di chiamarlo perché non voleva chiedere soldi al cliente per la riparazione. All'insistere del signor gli aveva risposto che non gliene fregava niente della Per_1 situazione. Si era rifiutato di chiamare il cliente. gli disse che era il suo lavoro. Disse: “se non Per_1 fai il tuo lavoro è inutile la tua presenza”. Disse - io per questo ti sto pagando. Devi chiamare il cliente.-. Io sono uscito perché non ho ritenuto giusto ascoltare l'ulteriore discussione. Da quel giorno non ha più lavorato in azienda. … Mi viene letto il cap. 62: Confermo che è vero che Pt_1 Pt_1 disse le parole “che cazzo me ne frega” e lo sproloquio contro dipendenti e meccanici”.1 1 Coerente con quanto riferito dal è la deposizione del teste il quale, tuttavia, ha Tes_5 Testimone_3
riferito di non aver assistito personalmente al diverbio tra e “So che il rapporto di Pt_1 Per_1
collaborazione è cessato a causa di divergenze sorte tra e il titolare per la riparazione di un Pt_1 Per_1
veicolo di un cliente. Il veicolo si era danneggiato a causa di un uso improprio. L aveva richiesto di
riparare il veicolo in garanzia, mentre il costo andava addebitato al cliente. Ne è nata una discussione animata. I due non sono riusciti a trovare un punto di incontro. Quel giorno ero presente in azienda, ma
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Da tale deposizione testimoniale emerge che il rapporto di collaborazione lavorativa tra le parti è cessato a seguito di una discussione accesa per motivi di lavoro tra e l'AD della Pt_1 CP_1
là dove il pretendeva che, come da richiesta del cliente, riparasse Persona_1 Pt_1 CP_1
gratuitamente un mezzo, mentre, essendo scaduto il termine di garanzia e non ravvisando, in ogni caso,
i presupposti per accedere a tale richiesta, era di contrario avviso e gli aveva dato indicazione di Per_1
contattare il cliente e di chiedergli il pagamento almeno in parte dell'intervento;
a quel punto l'odierno ricorrente, non essendo d'accordo con tali indicazioni, aveva apertamente rifiutato di adeguarsi alle stesse con toni ed espressioni offensive contro e il suo personale (questo il testo del Cap. 62 CP_1
della memoria difensiva depositata dalla Società nella fase sommaria del procedimento Fornero:
“Venuto a conoscenza dell'episodio, il 5.6.2018, il sig. chiamava in ufficio il ricorrente per avere Per_1 spiegazioni circa l'abusiva condotta tenuta nei confronti dell'Azienda: a quel punto il ricorrente, in presenza dei sig.ri e inveiva contro il sig. e la Tes_1 Persona_5 Testimone_3 Per_1
Società con espressioni del tipo: “veicoli di merda!”;
meccanici che non capiscono un cazzo”;

coglioni che fanno le consegne”. Contestualmente, dopo aver urlato “così non si può lavorare, questa
è una ditta di merda, io ne ho piene le palle” se ne andava dall'ufficio del sig. concludendo con Per_1
non me frega un cazzo del lavoro della ditta e non parlo più con il Cliente da me preso, arrangiatevi perché a me così non mi va bene andare avanti!” e lasciando allibiti i presenti.”).
Considerato che, pur vertendosi nell'ambito di un rapporto di lavoro autonomo, il collaboratore è comunque tenuto al rispetto delle direttive date dal committente in ordine alla politica commerciale da seguire, è evidente che, nel caso esaminato, avendo platealmente rifiutato di dar corso alle indicazioni date dall'AD della con un contegno fortemente oppositivo e offensivo senz'altro CP_1
travalicante i limiti della continenza, il non può pretendere d'imputare alla committente la Pt_1
responsabilità della cessazione della collaborazione lavorativa.
Lo stesso ricorrente, nel ricorso introduttivo del presente giudizio, ha espressamente riconosciuto di essersi rifiutato di conformarsi alle indicazioni di (vd. capitolo di prova n. 2), sicché Persona_1
risulta superfluo ogni ulteriore approfondimento istruttorio sulle modalità di cessazione del rapporto e, segnatamente, sulla sua riconducibilità alla volontà di recesso della committente piuttosto che a quella del o, ancora, al mutuo dissenso delle parti. Pt_1
Anche ad accedere alla prima ipotesi il comportamento tenuto dal ricorrente nell'occorso integra, infatti, un inadempimento di gravità e d'importanza tale da legittimare a recedere per giusta CP_1
non ricordo di aver presenziato al diverbio. Successivamente è venuto in azienda a prendere o Pt_1 lasciare qualcosa. Poi non è più venuto in azienda”.
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causa dal rapporto, con conseguente esclusione di qualsivoglia indennità sostitutiva del preavviso (ex art. 3, co. 1, L. n. 81/2017).
Alla luce di tali assorbenti considerazioni segue nel dispositivo l'integrale rigetto del ricorso.
La peculiarità del caso e delle questioni controverse giustifica la compensazione per metà delle spese processuali. La restante metà si regola secondo soccombenza e si liquida sulla base dei parametri di cui al DM 55/2014.
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