Trib. Velletri, sentenza 17/03/2024, n. 504
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI VELLETRI
SEZIONE LAVORO in persona del giudice, dott. C S, all'esito dell'udienza sostituita dal deposito di note scritte ex art. 127-ter c.p.c.
(introdotto dall'art. 3, co. 10, del D. Lgs. n. 149/2022) – fissata per il 6 marzo
2024 – ha pronunciato in data 16 marzo 2024, previa lettura delle note scritte depositate dalle parti costituite, la seguente
S E N T E N Z A ex art. 127-ter c.p.c. nella causa iscritta al n. 2997, del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno
2022, pendente
T R A
, Parte_1 con l'avv. NASO DOMENICO,
- ricorrente -
E
, in persona del Controparte_1 legale rappresentante pro tempore, con il funzionario MOLFESE ALESSANDRA,
- convenuto -
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato in data 01.06.2022 la parte ricorrente Pt_1
ha chiamato in giudizio la parte convenuta
[...] [...]
[...]
e – premessi i fatti costitutivi delle Controparte_2 proprie domande – ha presentato le conclusioni di cui alle pagg. 21-22 del ricorso, qui di seguito integralmente riportate e trascritte:
1. ACCERTARE E DICHIARARE il diritto della ricorrente al riconoscimento, relativamente al periodo in cui ha prestato servizi in virtù di contratti di lavoro a tempo Cont determinato stipulati con il ella progressione stipendiale prevista dal CCNL relativo al personale del Comparto Scuola e dei relativi aumenti stipendiali previsti
2. ACCERTARE E DICHIARARE il diritto della ricorrente ad ottenere, una volta conseguita l'immissione in ruolo, la ricostruzione integrale della propria carriera con riconoscimento come servizio di ruolo, utile ai fini giuridici ed economici, dell'intero servizio pre-ruolo svolto prima dell'assunzione a tempo indeterminato;
E PER L' CP_4
3. CONDANNARE l'Amministrazione resistente ad effettuare nuovamente la ricostruzione di carriera della ricorrente in ossequio al principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegata alla direttiva n.
1999/70/CE e secondo la progressione stipendiale prevista dal CCNL Comparto Scuola, previa disapplicazione delle disposizioni nazionali interne contrastanti e del decreto di ricostruzione carriera già emanato;
4. CONDANNARE l'Amministrazione resistente ad inquadrare la ricorrente, a decorrere dal 01.09.2009, nella fascia stipendiale 3-8 anni con la qualifica di “Assistente
Tecnico” e con l'anzianità di servizio utile sia ai fini giuridici che economici di anni 7 Mesi
5 giorni 16, o comunque a collocarla nella posizione maturata;
5. CONDANNARE l'Amministrazione resistente al pagamento in favore della ricorrente della somma di EURO 10.460,73 oltre i ratei di 13^ mensilità, dovuta a titolo di differenze stipendiali maturate a seguito del riconoscimento per il periodo di precariato Cont svolto alle dipendenze del della progressione stipendiale e dei relativi incrementi retributivi previsti dal CCNL del Comparto Scuola, nonché in ragione della ricostruzione integrale di carriera all'atto di immissione in ruolo e del conseguente inquadramento nella posizione maturata, tenuto conto del C.C.N.L. Comparto Scuola e delle tabelle annesse al
2 citato contratto, o nella maggiore o minore somma che sarà ritenuta di Giustizia, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla maturazione al saldo;
Il tutto con vittoria di spese, competenze e onorari, IVA, CPA da distrarsi a favore del difensore costituito che si dichiara antistatario, oltre al rimborso del cu versato.
* * *
Si è costituita (tardivamente) in giudizio la parte convenuta, a mezzo dell' , contestando – Controparte_5 limitatamente a taluni profili – le affermazioni della parte ricorrente e chiedendo il rigetto del ricorso.
La parte convenuta ha inoltre eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva e la prescrizione parziale dei diritti vantati dalla parte ricorrente.
La causa è stata istruita con l'acquisizione dei documenti prodotti ed è stata decisa all'udienza odierna.
* * *
L'eccezione preliminare di difetto di legittimazione passiva della parte convenuta è infondata: il soggetto legittimato passivo in relazione alle domande proposte dalla parte ricorrente è stato correttamente individuato nel
convenuto, quale datore di lavoro della parte ricorrente: non riveste CP_1 la qualità processuale di soggetto legittimato passivo il
[...]
, giacché Organizzazione_1 questo opera esclusivamente come organismo pagatore di secondo livello (cioè come soggetto che provvede ad effettuare i pagamenti in favore dei dipendenti del ministero datore di lavoro).
* * *
Nel merito il ricorso è parzialmente fondato, per le ragioni e nei limiti indicati appresso.
Va premesso, in punto di fatto, che nel caso concreto, in base alla documentazione in atti e alle affermazioni delle parti non specificamente contestate ex adverso (e dunque pacifiche ai sensi dell'art. 115 c.p.c.), risulta che
3
la parte ricorrente – prima di essere assunta in ruolo, alle dipendenze del
convenuto, quale assistente tecnico, a far data dal 1.01.2009 (all. 1 al CP_1 fascicolo di parte ricorrente) – ha prestato servizio a tempo determinato presso scuole pubbliche statali, quale assistente tecnico, in vari periodi ricompresi tra
l'a.s. 2001/2002 e l'a.s. 2008/2009 , con soluzione di continuità (vd. all. 1 al fascicolo di parte ricorrente;vd. pagg. 1 del ricorso).
Tanto posto, va rammentato, in punto di diritto, che la clausola 1, lett. a), dell'accordo quadro europeo sul contratto a tempo determinato, allegato alla
Direttiva 1999/70/CE, stabilisce come obiettivo fondamentale quello di migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione, e che la successiva clausola 4 del medesimo accordo quadro europeo (intitolata “Principio di non discriminazione”), precisa, ai punti 1 e 4, che “1. Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive. [...] 4. I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”.
La norma in questione – secondo la Corte di Giustizia dell'Unione
Europea, deputata a fornirne interpretazione autentica – trova applicazione per tutti i dipendenti con contratto a tempo determinato, indipendentemente dalla natura privata o pubblica del datore di lavoro (sentenze 4 luglio 2006, causa
C-212/04, e a., punti 54-57;7 settembre 2006, causa C-53/04, e Per_1 Per_2
punti 40-43;causa C-180/04, punti 32-35, nonché 13 settembre Per_3 Per_4
2007, causa C-307/05, punto 25). Persona_5
Con sentenza 8 settembre 2011, causa C-177/10 la Corte di Giustizia ha così ribadito il principio di applicazione della direttiva anche ai pubblici dipendenti: “40 La Corte ha già giudicato che la direttiva 1999/70 nonché l'accordo
4 quadro trovano applicazione nei confronti di tutti i lavoratori che forniscono prestazioni retribuite nell'ambito di un rapporto di impiego a tempo determinatoche li vincola al loro datore di lavoro (sentenza 13 settembre 2007, causa C-307/05, Racc. Persona_5
pag. I-7109, punto 28). 41 La sola circostanza che il ricorrente nella causa principale abbia acquisito la qualità di dipendente pubblico di ruolo e che il suo accesso ad una procedura di selezione per via interna sia subordinato al possesso di tale qualità non esclude che abbia la possibilità di avvalersi, in talune circostanze, del principio di non discriminazione enunciato nella clausola 4 dell'accordo quadro”.
Inoltre, la pronuncia da ultimo citata al punto 43 ha precisato che “… la clausola 4 dell'accordo quadro prevede, al punto 4, che i criteri di periodi di anzianità relativi a condizioni particolari di occupazione devono essere gli stessi per i lavoratori a tempo determinato che per i lavoratori a tempo indeterminato, salvo quando i criteri diversi siano giustificati da ragioni oggettive. Non risulta né dal testo di tale disposizione né dal contesto in cui si colloca che essa cessi di essere applicabile dal momento in cui il lavoratore interessato acquista lo status di lavoratore a tempo indeterminato. Infatti, gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 1999/70 e dall'accordo quadro, diretti sia a vietare la discriminazione sia a prevenire gli abusi risultanti dall'impiego di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato successivi, inducono a pensare il contrario”.
Alla stregua di queste premesse la Corte di Giustizia, in applicazione del principio di non discriminazione, ha chiarito che “la nozione di “condizioni di impiego” di cui alla clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato
(…) deve essere interpretata nel senso che essa può servire da base ad una pretesa come quella in esame nella causa principale, che mira all'attribuzione, ad un lavoratore a tempo determinato, di scatti di anzianità che l'ordinamento nazionale riserva ai soli lavoratori a tempo indeterminato”, e che la medesima clausola “deve essere interpretata nel senso che essa osta all'introduzione di una disparità di trattamento fra lavoratori a tempo determinato
e lavoratori a tempo indeterminato, giustificata dalla mera circostanza che essa sia prevista da una disposizione legislativa e regolamentare di uno stato membro ovvero da un contratto
5 collettivo concluso tra i rappresentanti sindacali del personale ed il datore di lavoro interessato” (cfr. sentenza 13 settembre 2007, causa C-307/05, Per_5
, punto 57).
[...]
Successivamente la Corte di Giustizia, con la citata sentenza 18 settembre 2011 in C-177/10, ha precisato ai punti 72 – 74 che “72 Secondo una giurisprudenza costante della Corte, la nozione di «ragione oggettiva» ai sensi della clausola
4, punto 1, dell'accordo quadro, dev'essere intesa nel senso che essa non autorizza a giustificare una differenza di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato per il fatto che quest'ultima è prevista da una norma interna generale ed astratta, quale una legge o un contratto collettivo (sentenza cit., punto Persona_5
57;e punto 54, nonché ordinanza cit., Persona_6 Persona_7 Persona_8 punto 40). 73 Tale nozione richiede che la disparità di trattamento in causa sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono la condizione di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui s'inscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparità risponda ad una reale necessità, sia idonea a conseguire l'obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria. Detti elementi possono risultare segnatamente dalla particolare natura delle mansioni per l'espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato e dalle caratteristiche inerenti a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (v., in particolare, sentenze cit., punti 53 e 58, nonché Persona_5 Per_6
e cit., punto 55). 74 Il riferimento alla mera natura temporanea
[...] Persona_7 del lavoro del personale della pubblica amministrazione non è conforme a tali requisiti e tale natura non può dunque costituire di per sé una ragione oggettiva ai sensi della clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro. Infatti, ammettere che la mera natura temporanea di un rapporto di lavoro basti a giustificare una siffatta disparità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato priverebbe del loro contenuto gli scopi della direttiva 1999/70 e dell'accordo quadro ed equivarrebbe a perpetuare una situazione svantaggiosa per i lavoratori a tempo determinato (sentenza e Persona_6 Per_7
cit., punti 56 e 57, nonché ordinanza Montoya Medina, cit., punti 42 e 43)”.
[...]
6
Con la sentenza del 18 ottobre 2012 nelle cause riunite da C-302/11 a
C-305/11, resa nei confronti dell'Italia, ha confermato la portata del divieto di discriminazione economica, così stabilendo in dispositivo: La clausola 4 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 e figurante quale allegato della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, quale quella controversa nei procedimenti principali, la quale escluda totalmente che i periodi di servizio compiuti da un lavoratore a tempo determinato alle dipendenze di un'autorità pubblica siano presi in considerazione per determinare l'anzianità del lavoratore stesso al momento della sua assunzione a tempo indeterminato, da parte di questa medesima autorità, come dipendente di ruolo nell'ambito di una specifica procedura di stabilizzazione del suo rapporto di lavoro, a meno che la citata esclusione sia giustificata da «ragioni oggettive» ai sensi dei punti 1 e/o 4 della clausola di cui sopra. Il semplice fatto che il lavoratore a tempo determinato abbia compiuto i suddetti periodi di servizio sulla base di un contratto o di un rapporto di lavoro a tempo determinato non configura una ragione oggettiva di tal genere”.
La questione è stata anche oggetto di numerosi arresti della giurisprudenza nazionale, culminati in una serie di note pronunce del 2016.
Come chiarito dalla giurisprudenza nazionale (in particolare cfr. Cass. n.
22558/2016):
- la normativa europea sopra richiamata pone l'obbligo, in capo agli Stati membri, di assicurare al lavoratore a tempo determinato “condizioni di impiego” che non siano meno favorevoli rispetto a quelle riservate all'assunto a tempo indeterminato “comparabile” (a prescindere dalla questione della legittimità dell'apposizione del termine al contratto di lavoro e a prescindere dall'illegittimità della reiterazione di contratti a termine);
- in particolare, la clausola 4 dell'Accordo quadro esclude, in generale ed in termini non equivoci, qualsiasi disparità di trattamento non
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obiettivamente giustificata nei confronti dei lavoratori a tempo determinato: essa ha carattere incondizionato e può essere fatta valere dal singolo dinanzi al giudice nazionale, che ha l'obbligo di applicare il diritto dell'Unione e di tutelare i diritti che quest'ultimo attribuisce, disapplicando, se necessario, qualsiasi contraria disposizione del diritto interno (Corte Giustizia 15.4.2008, causa C- 268/06, Impact;13.9.2007, causa C307/05, Del Cerro Alonso;8.9.2011, causa C-177/10 Rosado
Santana);
- il principio di non discriminazione non può essere interpretato in modo restrittivo, per cui gli ordinamenti nazionali non possono impedire a un lavoratore a tempo determinato di richiedere, in base al divieto di discriminazione, il beneficio di una condizione di impiego riservata (in base alla normativa nazionale) ai soli lavoratori a tempo indeterminato, allorché proprio l'applicazione di tale principio comporta il pagamento di una differenza di retribuzione" (Corte Giustizia 15.4.2008, causa
[...]
cit., punto 42);Persona_5
- le maggiorazioni retributive che derivano dalla anzianità di servizio del lavoratore, costituiscono “condizioni di impiego” ai sensi della clausola
4 dell'accordo quadro sopra ricordato, con la conseguenza che le stesse possono essere legittimamente negate agli assunti a tempo determinato solo in presenza di una giustificazione oggettiva (Corte di Giustizia
9/7/2015, in causa C177/14, Regojo Dans, punto 44, e giurisprudenza ivi richiamata).
Per tali ragioni non appaiono sussistere giustificazioni oggettive che legittimino la previsione di regole (in sede legislativa o in sede di contrattazione collettiva) che riservino al solo personale a tempo indeterminato le maggiorazioni retributive derivanti dalla anzianità di servizio
e che neghino le medesime maggiorazioni ai lavoratori a tempo determinato,
8
giacché il personale scolastico precario (docente o A.T.A.) e quello di ruolo svolgono le medesime mansioni nello stesso contesto lavorativo.
In conformità all'orientamento giurisprudenziale sopra richiamato (cfr.
Cass. n. 22558/2016) va quindi disapplicata la disciplina legale e negoziale nazionale che prevede la sopra indicata differenza tra lavoratori precari e lavoratori di ruolo nel settore scuola (normativa che, come ricordato dalla Cassazione nella pronuncia sopra citata, è stata costituita, nel corso del tempo, dapprima dall'art. 53, co. 3, della L. 312/1980, poi, a seguito della “privatizzazione” o “contrattualizzazione” del pubblico impiego, dall'art. 47 del C.C.N.L. scuola per il quadriennio normativo
1994/1997 ed il biennio economico 1994/1995, ancora poi dal C.C.N.L. scuola del
26.5.1999 per il quadriennio 1998/2001, dopo dal del 24.7.2003 per il Org_2 quadriennio 2002/2005 e dal 29 novembre 2007 per il quadriennio Org_2
2006/2009, e in seguito dal C.C.N.L. 4.8.2011), giacché in tutte le disposizioni in questione è rimasta sempre immutata la regolazione del trattamento economico del personale assunto a tempo determinato, prevedendosi che esso fosse sempre commisurato alla posizione iniziale prevista per la corrispondente qualifica dei dipendenti legati alla amministrazione da contratto
a tempo indeterminato.
Pertanto, all'esito della disapplicazione della normativa nazionale confliggente con il principio di non discriminazione posto dal diritto europeo, spetta ai docenti precari – come stabilito in termini massimamente chiari dalla giurisprudenza sopra ricordata (cfr. Cass. 22558/2016) – “la medesima progressione stipendiale spettante ai docenti di ruolo”.
Lo stesso principio vale ovviamente anche per il personale scolastico
A.T.A., essendo la relativa regolamentazione ricalcata in ampia misura, tramite numerosi rinvii, su quella dei docenti.
In particolare, spetta ai lavoratori scolastici precari (docenti e ATA) il
“trattamento economico differenziato per posizioni stipendiali” previsto dalla contrattazione collettiva di comparto succedutasi nel tempo (cfr. Cass.
9
22558/2016);non spettano invece gli scatti di anzianità previsti dall'art. 53 della L. n. 312 del 1980, che, come chiarito dalla giurisprudenza, ormai si applicano soltanto ai docenti di religione, sia perché tale disposizione è richiamata dai vigenti C.C.N.L. limitatamente agli insegnanti di religione e agli ex “lavoratori non di ruolo ma a tempo indeterminato” (ora peraltro non più esistenti), sia perché tali scatti di anzianità erano espressamente esclusi dalla legge in riferimento alle supplenze, sia perché gli scatti biennali finirebbero per assicurare all'assunto a tempo determinato un trattamento economico di miglior favore rispetto a quello riservato al personale della scuola definitivamente immesso nei ruoli, e un siffatto trattamento non può trovare giustificazione nella clausola 4 dell'Accordo quadro (cfr. Cass. 22558/2016).
La giurisprudenza ha però precisato che la normativa europea di cui si sta trattando trova applicazione esclusivamente a partire dal 10 luglio 2001, cioè dal termine previsto dall'art. 2 della direttiva 1999/70/CE per l'adozione da parte degli Stati membri delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva (in tal senso cfr. Cass.
22552/2016).
Pertanto è a partire da non prima di tale data che la parte ricorrente, quale ex assistente tecnico a tempo determinato (e ora di ruolo), ha diritto di ricevere gli incrementi retributivi previsti, sulla base della contrattazione collettiva, per i corrispondenti lavoratori di ruolo a tempo indeterminato, in relazione al servizio (effettivamente) prestato in forza dei contratti a tempo determinato stipulati con l'amministrazione datrice di lavoro a partire dal 10 luglio 2001 (cioè il c.d. “trattamento economico differenziato per posizioni stipendiali”).
Per le ragioni suesposte va quindi riconosciuto alla parte ricorrente il diritto al pagamento degli incrementi stipendiali relativi al periodo di servizio pre-ruolo (cc.dd. “gradoni”).
* * *
10
Per quanto riguarda la questione della ricostruzione di carriera del personale scolastico (in particolare, docente) che ha prestato dapprima servizio
a tempo determinato e che successivamente è stato immesso in ruolo, va rimarcato che la giurisprudenza europea ha recentemente esaminato la questione, nella pronuncia della Corte di giustizia UE, sez. VI, 20/09/2018,
n.466, tramite cui – innovando (parzialmente) il diritto vivente formatosi nella giurisprudenza nazionale italiana a partire dal 2016 – è stato enunciato il seguente principio di diritto: “La previsione della clausola 4 dell'Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato (Direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno
1999) non osta ad una differenziazione di trattamento tra lavoratori precari e lavoratori di ruolo sulla base di concreti e precisi elementi di diversità qualificabili come ragioni oggettive.
Non contrasta pertanto con essa la normativa nazionale, in materia di ricostruzione della carriera scolastica, in base alla quale si tiene conto dei periodi di servizio di pre-ruolo in misura integrale fino al quarto anno e dei restanti parzialmente ovvero fino ai dei due terzi ai fini giuridici ed di un terzo a fini economici, laddove essa fonda tale diversità di trattamento su criteri obbiettivi quali l'aver prestato esclusivamente sostituzioni temporanee e brevi nell'insegnamento di diverse e svariate materie”.
Più nel dettaglio, la Corte di giustizia UE – in riferimento a una controversia riguardante l'applicazione dell'istituto del computo parziale
(anziché integrale) dell'anzianità di servizio pre-ruolo, previsto dall'art. 485 del
D. Lgs. n. 279/1994, ai fini del riconoscimento dell'anzianità di servizio di un docente italiano poi assunto a tempo indeterminato – ha ritenuto che la disposizione (prima facie discriminatoria) di cui all'art. 485 del D. Lgs. n.
297/1994 (in base alla quale “
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