Trib. Palermo, sentenza 14/11/2024, n. 4612
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA Addì _____________
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Rilasciata spedizione in forma esecutiva all'Avv.
TRIBUNALE DI PALERMO
______________________
Il Giudice del Lavoro, dott. G T nella causa civile iscritta al n. 4330/2023
Per ___________________
R.G.L., promossa
D A
rappresentato e difeso dagli avv.ti P M e P
Parte_1
P ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Palermo, corso Calatafimi, n. Il Cancelliere
589.
- ricorrente -
C O N T R O
[...]
, in Controparte_1 persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, ex art. 417-bis c.p.c., dalla dott.ssa D N.
- resistente –
All'udienza del 14 novembre 2024 ha pronunciato
S E N T E N Z A mediante lettura del seguente
D I S P O S I T I V O
Il Giudice dichiara prescritti i crediti maturati dal ricorrente prima del 14/05/2019;
condanna l' Controparte_1
al pagamento in favore del ricorrente delle indennità previste in favore degli
[...] operai a tempo indeterminato dall'art. 11, lettera c, del contratto integrativo regionale del
2001 e dall'art. 4 del contratto integrativo di cui all'allegato A della deliberazione n. 387 adottata dalla Giunta regionale della il 19 ottobre 2018 maturate dal 14 Controparte_1
maggio 2019 al 5 ottobre 2022, calcolate considerando le relative indennità mensili
(corrispondenti ai mesi effettivamente lavorati) per ogni anno di permanenza nelle graduatorie fino ad un massimo di 16 anni (conteggiando, ai fini di tale limite, anche le
“annualità prescritte”, cioè quelle a partire dal 2001);
1
condanna l' Controparte_1
al pagamento in favore dei procuratori della parte ricorrente, nella qualità di
[...]
antistatari ex art. 93 c.p.c. del ricorrente, delle spese di lite di quest'ultimo, che si liquidano in € 1.500,00 per compenso, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge;
FATTO E DIRITTO
Con ricorso depositato il 6 aprile 2023, il ricorrente in epigrafe conveniva in giudizio
l' Controparte_1 chiedendo la condanna dello stesso al pagamento dell'indennità professionale mensile riconosciuta in favore degli omologhi operai a tempo indeterminato prima dall'art. 11 del contratto integrativo regionale del 27 aprile 2001 (integrativo del CCNL di settore) e poi dall'art. 4 del successivo contratto approvato nel 2018 sulla base dell'anzianità di servizio, per i periodi effettivamente lavorati, dal 2018 al 2022. A sostegno della superiore pretesa la parte ricorrente, lavoratore forestale di cui alla L.R. 16/1996, denunciava la disparità di trattamento, rilevante ai sensi della clausola 4 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva n. 1999/70/CE, rispetto ai lavoratori che svolgono lo stesso lavoro a tempo indeterminato.
Ritualmente instauratosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio l'
[...]
, Controparte_1 preliminarmente, eccependo la prescrizione quinquennale dei crediti eventualmente maturati in data antecedente alla notifica dell'atto introduttivo;
e deducendo, nel merito,
l'infondatezza del ricorso di cui chiedeva il rigetto.
La causa, senza attività istruttoria, veniva discussa e decisa all'udienza del 14 novembre
2024.
La pretesa concernente l'indennità professionale va ritenuta fondata per le ragioni già espresse da questo stesso Tribunale, in diversa composizione (cfr., fra le altre, sentenza n.
2347/2022 del 1° luglio 2022: “Venendo al merito, deve ritenersi illegittima la mancata corresponsione ai ricorrenti di alcuna indennità o retribuzione derivante dall'anzianità di servizio, con particolare riferimento a quella prevista per i lavoratori comparabili. Ed invero, la disciplina nazionale del contratto a termine va letta alla luce della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, relativa all'Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato siglato da CES, UNICE e CEEP, che fissa i principi e le regole fondamentali che gli stati membri dell'Unione Europea sono tenuti a osservare ai fini della corretta regolamentazione di tale forma di lavoro flessibile e che è finalizzato a migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato prestato sul territorio dell'Unione. La direttiva in esame è 2
stata recepita dallo stato italiano con il d.lgs. n. 368/2001, poi modificato dalla l. n. 247/2007 e, da ultimo, dal d.lgs. n. 81/2015;
peraltro, con riferimento specifico al settore dell'impiego a tempo determinato presso pubbliche amministrazioni, occorre far riferimento anche alle disposizioni contenute nel decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165. Un particolare peso specifico è stato riconosciuto al principio di non discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e indeterminato, di cui alla clausola 4 dell'accordo quadro, che così dispone: “per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive”. Inoltre, il comma 4 della clausola in esame stabilisce che “i criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli
a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”. Sul versante nazionale, l'art. 6 del d.lgs. n. 368/2001 -
“principio di non discriminazione” – ha stabilito che “al prestatore di lavoro con contratto a tempo determinato spettano le ferie e la gratifica natalizia o la tredicesima mensilità, il trattamento di fine rapporto e ogni altro trattamento in atto nell'impresa per i lavoratori a tempo indeterminato comparabili, intendendosi per tali quelli inquadrati nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dalla contrattazione collettiva (…) sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a termine”. In materia di trattamenti discriminatori tra lavoratori a tempo determinano e non, si è pronunciata la Corte di Giustizia, tra l'altro, con la sentenza 22 dicembre 2010, procedimento riuniti C 444/09 e C 456/09, ove è stato affermato che
“tenuto conto dell'importanza del principio della parità di trattamento e del divieto di discriminazione, che fanno parte dei principi generali del diritto comunitario, alle disposizioni previste dalla direttiva 1999/70 e dall'accordo quadro al fine di garantire ai lavoratori a tempo determinato di beneficiare degli stessi vantaggi riservati ai lavoratori a tempo indeterminato comparabili, a meno che un trattamento differenziato non si giustifichi per ragioni oggettive, dev'essere riconosciuta una portata generale, in quanto costituiscono norme di diritto sociale dell'Unione di particolare importanza, di cui ogni lavoratore deve usufruire in quanto prescrizioni minime di tutela”. Nella medesima pronuncia, la Corte ha precisato che “risulta da una giurisprudenza costante che, in tutti i casi in cui disposizioni di una direttiva appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, tali disposizioni possono essere invocate dai singoli nei confronti dello Stato, anche in qualità di datore di lavoro”. La clausola 4 dell'Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE, è stata più
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volte interpretata dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, la quale ha evidenziato che: a) la clausola 4 dell'Accordo esclude in generale ed in termini non equivoci qualsiasi disparità di trattamento non obiettivamente giustificata nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, sicché la stessa ha carattere incondizionato e può essere fatta valere dal singolo dinanzi al giudice nazionale, che ha l'obbligo di applicare il diritto dell'Unione e di tutelare i diritti che quest'ultimo attribuisce, disapplicando, se necessario, qualsiasi contraria disposizione del diritto interno (Corte
Giustizia 15.4.2008, causa C- 268/06, Impact;
13.9.2007, causa C- 307/05, Del Persona_1
8.9.2011, causa C-177/10 Rosado Santana);
b) il principio di non discriminazione non può essere interpretato in modo restrittivo, per cui la riserva in materia di retribuzioni contenuta nell'art. 137
n. 5 del Trattato (oggi 153 n. 5), “non può impedire ad un lavoratore a tempo determinato di richiedere, in base al divieto di discriminazione, il beneficio di una condizione di impiego riservata ai soli lavoratori a tempo indeterminato, allorché proprio l'applicazione di tale principio comporta il pagamento di una differenza di retribuzione” (D C A, cit., punto 42);
c) le maggiorazioni retributive che derivano dall'anzianità di servizio del lavoratore, costituiscono condizioni di impiego ai sensi della clausola 4, con la conseguenza che le stesse possono essere legittimamente negate agli assunti a tempo determinato solo in presenza di una giustificazione oggettiva (Corte di Giustizia 9.7.2015, in causa C- 177/14, Regojo Dans, punto 44, e giurisprudenza ivi richiamata);
d) a tal fine non è sufficiente che la diversità di trattamento sia prevista da una norma generale ed astratta, di legge o di contratto, né rilevano la natura pubblica del datore di lavoro e la distinzione fra impiego di ruolo e non di ruolo, perché la diversità di trattamento può essere giustificata solo da elementi precisi e concreti di differenziazione che contraddistinguano le modalità di lavoro e che attengano alla natura ed alle caratteristiche delle mansioni espletate (Regojo Dans, cit., punto 55 e con riferimento ai rapporti non di ruolo degli enti pubblici italiani Corte di Giustizia 18.10.2012, cause C302/11 e C305/11, Valenza;
7.3.2013, causa
C393/11, Bertazzi) (cfr. per tale ricostruzione Cass. civ., sez. lav., ord. 22 maggio 2020, n. 9491).
Non v'è dubbio, peraltro, che la disciplina dell'accordo quadro allegato alla direttiva n. 1999/70/CE possa applicarsi anche in ipotesi, quale è quella che ci occupa, in cui il reclutamento di personale a tempo determinato