Trib. Agrigento, sentenza 08/01/2025, n. 16
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Testo completo
TRIBUNALE DI AGRIGENTO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice dott. Gerlando Lo Presti Seminerio ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 3427/2021 R.G.A.C.
TRA
PA ON NATO AD AGRIGENTO IL
06/09/59 rapp. e dif. dall'Avv. Vincenzo Contino
ATTORE
CONTRO
OR NI AT AD AGRIGENTO IL
13/12/54 rapp. e dif. dall'Avv. Nicole Fiorenza
CONVENUTA
OGGETTO: condannatorio
CONCLUSIONI DELLE PARTI: come in atti
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 25/11/2021 in riassunzione di un giudizio instaurato davanti al Giudice di CE di
Agrigento dichiaratosi incompetente per valore in riguardo alla domanda riconvenzionale dall'odierno attore in quel giudizio spiegata, CE NS conveniva
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in giudizio GI TA. Deduceva l'attore di avere ricevuto incarico da parte della convenuta di compiere alcune pratiche volte ad ottenere la sospensione dell'ordine di demolizione di talune opere abusive realizzate nell'immobile di sua proprietà nonché l'allaccio dell'impianto idrico dell'unità immobiliare predetta con la rete cittadina ma di non avere ricevuto compenso alcuno per tali prestazioni. Pertanto concludeva chiedendo la condanna della convenuta al pagamento della prestazione professionale resa che ammontava a complessivi euro 5.348,39. Si costituiva GI TA con comparsa del 25/02/2022, contestando le argomentazioni avversarie e chiedendo il rigetto delle avverse pretese. Celebrata l'istruzione attraverso produzioni documentali e l'espletamento di consulenza tecnica d'ufficio di tipo grafologico la causa infine veniva posta infine in decisione all'udienza di precisazione delle conclusioni del 14/10/2024 previa assegnazione alle parti dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda attorea apparsa infondata non ha meritato accoglimento in ossequio alla regola di giudizio sancita dall'art. 2697 c.c. (a tenore della quale “actore non probante, reus absolvitur”). Piace in primo luogo
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precisare che le tesi prospettate dalle parti hanno trovato ampio riscontro nella documentazione versata in atti.
Infatti, la decisione di questo Giudice di non ammettere le chieste istanze istruttorie ponendo, così, la causa in decisione, dipende dalla netta convinzione del giudicante che nell'allegazione documentale delle parti vi siano tutti gli elementi utili e validi per addivenire alla definizione del giudizio. In secondo luogo non appare poter assumere rilevanza alcuna nella vicenda fornita al nostro commento, la circostanza relativa all'assegno dell'importo di euro 3.800,00 consegnato dall'attore, alla convenuta, giacché, a prescindere da ogni valutazione sul suo significato giuridico, non è comunque dimostrata la sua riferibilità allo specifico rapporto in questa sede dedotto. Prima di affrontare il merito della controversia va premesso che le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato ma non a conseguirlo. Sulla base di questi principi, com'è noto,
l'inadempimento del professionista, rispetto all'obbligazione professionale assunta col cliente, deve essere valutato alla stregua dei parametri di diligenza professionale fissati dall'art. 1176, comma 2, del codice
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civile, ove si afferma che nell'esercizio dell'attività professionale “la diligenza deve valutarsi con riferimento alla natura dell'attività esercitata”. La Corte suprema ha più volte affermato, a questo proposito, che “la diligenza che il professionista deve impiegare nello svolgimento della sua attività è quella media, cioè la diligenza posta nell'esercizio della propria attività, dal professionista di preparazione professionale e di attenzione medie. La responsabilità del professionista, pertanto, può trovare fondamento in una gamma di atteggiamenti subiettivi che vanno dalla semplice colpa lieve, al dolo, a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà nel qual caso, evidentemente, trova applicazione il disposto dell'art. 2236 del codice civile.
Piace prima di affrontare il merito della vicenda fornita al nostro commento ricordare ancora in linea generale come l'applicazione dell'art. 2226 c.c. al contratto d'opera professionale sia oggetto di non pochi contrasti teorici e giurisprudenziali, laddove anche il rapporto che lega il professionista al committente ha natura «professionale»
(artt. 2229 ss. c.c.). In giurisprudenza domina, è vero,
l'orientamento per cui lo speciale regime delle prescrizioni e decadenze di cui all'art. 2226 c.c. non troverebbe applicazione, nonostante il rinvio di cui
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all'art. 2230 c.c., al contratto che concerne la prestazione del direttore dei lavori nell'appalto;
gli orientamenti della
S.C. al contrario sono oscillanti quanto alla responsabilità contrattuale del progettista (superandosi
d'un balzo il problema nel diverso caso del concorso di responsabilità del progettista e dell'appaltatore nel cagionare gravi vizi ex art. 1669 c.c., ove l'art. 2055 c.c. viene fatto operare non già solo nel senso di avvincere le due