Trib. Perugia, sentenza 05/02/2024, n. 186
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Testo completo
N. 3517/2017 r.g.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI PERUGIA
PRIMA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
M R Presidente
G M Giudice relatrice Ilenia Micciche' Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile di I grado iscritta al n. 3517/2017 r.g. promossa da
(c.f. , rappresentata e difesa dall'avv. RITA PANNACCI Parte_1 C.F._1 giusta procura a margine del ricorso introduttivo ed elettivamente domiciliata in via Benedetto Croce
n.15, Gubbio, presso il difensore avv. RITA PANNACCI
RICORRENTE contro
(C.F. ), rappresentato e difeso dall'avv. ANTONELLA CP_1 C.F._2
ROSSI, giusta mandato su foglio separato e congiunto mediante strumenti informatici alla comparsa di risposta ed elettivamente domiciliato in via Madonna di Mezzo Piano, n.45, Gubbio, presso il difensore avv. ANTONELLA ROSSI
RESISTENTE
E con l'intervento del pubblico ministero
OGGETTO: SEPARAZIONE DEI CONIUGI
CONCLUSIONI
Conclusioni di parte ricorrente: «Voglia l'on.le Tribunale di Perugia ogni contraria istanza, deduzione e conclusione disattesa così provvedere:
- Pronunciare l'addebito della separazione al marito ;CP_1
- Disporre l'assegnazione alla sig.ra della casa coniugale sita in Gubbio via Isola del Parte_1
Giglio n. 6;
- Porre a carico del sig. l'obbligo di corrispondere alla sig.ra a titolo di CP_1 Parte_1 assegno di mantenimento la somma di € 300,00 mensili da elevare a 500,00 euro mensili in caso di assegnazione della casa coniugale al marito;
- Porre a carico del sig. l'obbligo di corrispondere alla sig.ra a titolo di CP_1 Parte_1 contributo per il mantenimento della figlia la somma di € 150,00 mensili oltre al 50% Persona_1
pagina 1 di 9 delle spese straordinarie (mediche, scolastiche sportive e ricreative) preventivamente concordate e in caso di disaccordo facendo riferimento al protocollo di intesa siglato dal tribunale di Perugia.
Con vittoria di spese e compensi legali.»
Conclusioni di parte resistente: «come da comparsa di costituzione dinanzi al giudice istruttore chiedendo la revoca dell'assegno di mantenimento disposto in favore della moglie e della figlia , Per_1 essendo emerso in corso di causa lo svolgimento di attività lavorativa da parte di entrambe.» Conclusioni del pubblico ministero: «conclude per l'accoglimento della domanda sullo status».
pagina 2 di 9 RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO (art. 132 comma II n. 4 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c., come novellati dalla l. 69/09 del 18.6.2009)
Con ricorso depositato il 24.05.2017, conveniva in giudizio il coniuge, esponendo: di Parte_1 aver contratto con lui matrimonio il 01.10.1988, trascritto nel registro degli atti di matrimonio del comune di Samarate (VA), anno 1988, al numero 51, parte II, serie A, e che dall'unione erano nate le figlie (il 03.10.1999) e (il 05.01.2002);che si era sempre occupata della famiglia e delle Per_1 Per_2 figlie, senza svolgere attività lavorativa all'esterno, e che percepiva una pensione di invalidità civile di Euro 279,00 mensili, mentre il marito lavorava presso la di Sigillo percependo Organizzazione_1 uno stipendio di Euro 1.800,00 mensili circa;che l'unione coniugale era venuta meno per colpa del marito che aveva intrapreso dal settembre 2016 una relazione extraconiugale;che il marito non si curava più dei bisogni morali ed economici della famiglia, venendo meno agli obblighi di fedeltà, assistenza e collaborazione.
La ricorrente concludeva chiedendo pronunciarsi la separazione con addebito al marito e disporsi: 1) l'affidamento condiviso delle figlie, con collocamento prevalente presso la madre;2) l'assegnazione della casa coniugale (sita in Gubbio via Isola del Giglio n. 6 e annotata in catasto al foglio 262, p.lla
353 sub 6, p.lla 235 sub 10, p.lla 351 sub 5, p.lla 353 sub 8 e diritti indivisi sulle parti comuni foglio 262 p.lla 353 sub 1 e p.lla 235 sub 7);3) un contributo del padre per il mantenimento delle figlie nella misura di € 300,00 mensili per ciascuna, per un totale di Euro 600,00, oltre al 50% delle spese straordinarie;4) un contributo di mantenimento in proprio favore per l'importo di Euro 300,00 mensili.
costituitosi per la fase presidenziale, deduceva che l'unione coniugale era venuta meno CP_1 per colpa della conversione della moglie alla confessione religiosa dei Testimoni di Geova;deduceva che la moglie aveva iniziato a rifiutare rapporti intimi e affettivi;deduceva che, in costanza di un intervento chirurgico alla tiroide della moglie, egli veniva a conoscenza di un documento redatto e sottoscritto dalla stessa in cui ella dichiarava di non accettare trasfusioni di sangue e con il quale, per l'ipotesi in cui si fosse trovata nell'incapacità di prendere decisioni, nominava tale sig. Persona_3 quale proprio tutore legale e/o amministratore di sostegno;contestava le deduzioni di controparte in ordine alla propria situazione reddituale e quindi contestava la misura della propria obbligazione di mantenimento dei figli.
Il resistente concludeva chiedendo pronunciarsi la separazione dei coniugi con addebito alla moglie e conseguente rigetto della domanda di mantenimento avanzata dalla stessa;chiedeva l'affidamento in via esclusiva delle figlie, con collocazione prevalente presso di lui, e l'assegnazione in proprio favore della casa coniugale.
In esito all'udienza presidenziale del 9.05.2018, ove le parti insistevano nelle difese svolte, il Presidente, esperito infruttuosamente il tentativo di conciliazione, disponeva: l'affido condiviso ad entrambi i genitori della figlia minore con collocazione prevalente presso il padre, al quale per Per_2
l'effetto assegnava la casa coniugale;l'obbligo in capo ad di versare a la CP_1 Parte_1 somma di € 200,00 a titolo di mantenimento per lei ed € 300,00 a titolo di contributo al mantenimento della figlia maggiorenne oltre al 50% delle spese straordinarie;incaricava il centro di salute Per_1 mentale Alto Chiascio di avviare un sostegno psicologico in favore della minore e Persona_4 rimetteva le parti dinanzi al giudice istruttore.
Con l'ordinanza del 29.5.2019, il giudice istruttore modificava i provvedimenti provvisori aumentando
- a decorrere dal giorno 1.6.2019 - ad € 250,00 mensili l'assegno di mantenimento in favore della moglie e ad € 320,00 mensili l'assegno di mantenimento per la figlia Per_1
pagina 3 di 9
Con sentenza non definitiva n. 1379/2021 del 21.10.2021, il tribunale pronunciava la separazione personale dei coniugi, disponendo la prosecuzione del giudizio per la decisione delle domande accessorie.
Con l'ordinanza del 26.10.2022 (emessa nell'ambito del subprocedimento n. 3517-1/2017 r.g.), il giudice istruttore modificava ulteriormente i provvedimenti provvisori riducendo all'importo di € 150,00 l'assegno per il mantenimento della figlia medio tempore assunta, con contratto a tempo Per_1 determinato e parziale (per 16 ore settimanali), come aiuto cameriera presso il ristorante del sig.
[...]
Pt_2
La causa veniva istruita mediante assunzione di prove testimoniali e, all'udienza del 7.6.2023, veniva rimessa al collegio per la decisione sulle conclusioni delle parti, come in epigrafe trascritte, e con assegnazione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
*****
La presente pronuncia segue quella non definitiva in ordine allo status ed ha dunque ad oggetto le sole questioni accessorie relative all'addebito della separazione, al mantenimento delle figlie, ormai maggiorenni, al mantenimento della moglie e all'assegnazione della casa coniugale.
In ordine alle domande di addebito, reciprocamente proposte da entrambe le parti, questo tribunale ritiene di dover accogliere la domanda del resistente.
Assume il sig. che la rottura dell'unione coniugale sia da imputare alle condotte tenute dalla CP_1 moglie dopo la conversione alla confessione religiosa dei Testimoni di Geova e in particolare al sopraggiunto rifiuto di rapporti intimi e affettivi e al “tradimento” consumato redigendo un documento in cui ella dichiarava di non accettare trasfusioni di sangue e al contempo nominava tale sig.
[...]
– e non esso marito – quale proprio tutore legale e/o amministratore di sostegno per l'ipotesi Per_3 in cui si fosse trovata nell'impossibilità di prendere personalmente le decisioni in materia sanitaria.
Incontroversa l'adesione della sig.ra alla fede dei Testimoni di Geova, deve preliminarmente Pt_1 osservarsi in diritto che «il mutamento di fede religiosa da parte di uno dei coniugi e la conseguente partecipazione dello stesso alle pratiche collettive del nuovo culto, configurandosi come esercizio dei diritti garantiti dall'art. 19 della Costituzione non possono rappresentare in quanto tali, ragioni sufficienti a giustificare la pronuncia di addebito della separazione, a meno che l'adesione al nuovo credo religioso non si traduca in comportamenti incompatibili con i concorrenti doveri di coniuge e di genitore fissati dagli artt. 143 e 147 c.c. determinando una situazione di improseguibilità della convivenza o di grave pregiudizio per l'interesse della prole» (Cass. n. 14728/2016;nello stesso senso anche Cass. n. 15241/2004;Cass. n. 4498/1985;Cass. n. 539/1989).
Dunque, il mutamento di confessione non rileva ai fini della pronuncia di addebito, che può invece fondarsi su violazioni dei doveri coniugali che trovino origine e occasione nell'adesione al nuovo credo.
Venendo al caso di specie, si osserva che – secondo quanto emerge dalle dichiarazioni delle parti e delle figlie – l'avvicinamento della sig.ra al culto dei Testimoni di Geova, avvenuto all'epoca Pt_1 della nascita della seconda figlia, si è trasformato in un'adesione più profonda con il battesimo ricevuto nel 2011: a partire da tale momento si è intensificata sia la partecipazione della resistente alle funzioni religiose (le cd. adunanze nella “Sala del Regno”), sia la sua attività di proselitismo (cfr. anche audizione della figlia all'udienza del 9.5.2018, la quale ha riferito: «Preciso che mia mamma ha Per_2
pagina 4 di 9 aderito alla religione di Geova quando ero molto piccola, avevo circa 3 anni, ma la sua vicinanza a questa religione si è incrementata molto nel tempo;lei, ad esempio, anche se non ha mai lavorato era sempre fuori o per le riunioni o per le cose che deve fare per i Testimoni di Geova, come andare di porta in porta»).
È altresì emerso che il rispetto da parte della sig.ra delle prescrizioni del credo religioso dei Pt_1
Testimoni di Geova era puntuale e improntato a una perfetta osservanza, che si estendeva anche alla figlia che pure non aveva mai manifestato una volontà di adesione. In questo senso si Per_2 richiamano le dichiarazioni della ragazza circa il divieto di festeggiare i propri compleanni impostole dalla madre («Ho sofferto molto, ad esempio, il fatto di non aver potuto mai festeggiare i miei compleanni e quando piangevo per qualcosa mia madre mi diceva che una lacrima di Geova valeva molto più di tutte le mie lacrime»).
Parallelamente alla crescita della partecipazione della sig.ra al culto era poi insorto un certo Pt_1 disagio della figlia minore la quale, con l'ingresso nell'età adolescenziale, aveva iniziato a Per_2 rifiutare di presentarsi alle occasioni conviviali della congregazione e a soffrire per le difficoltà sperimentate nella propria relazione con la madre («Ho sempre provato fin da piccola ad instaurare con mia madre un rapporto che andasse al di là della religione, ma non ci sono mai riuscita»). La distanza emotiva che si determinava induceva la figlia a rappresentare la propria famiglia come spaccata in due per motivi religiosi («…nella famiglia si è creata una spaccatura, nel senso che mia sorella è ed è sempre stata più vicina alla mamma ed ha seguito anche lei la sua religione, invece io e mio padre no. Questa spaccatura si è creata per motivi religiosi, nel senso che mia madre avrebbe voluto che anch'io aderissi ai testimoni di Geova e mio padre non voleva, perché sapeva che io non ne avevo nessuna intenzione.»).
Così descritto il contesto in cui matura lo specifico fatto imputato dal ricorrente, deve ritenersi che costituisca violazione dei doveri coniugali la nomina, da parte della sig.ra di soggetto diverso dal Pt_1 marito quale incaricato di assumere in sua vece, per l'ipotesi di sua incapacità, le decisioni in merito ai trattamenti sanitari cui ella avrebbe dovuto sottoporsi.
In punto di fatto la circostanza è certa, in quanto incontroversa (oltre che espressamente riconosciuta dalla ricorrente all'udienza del 14.12.2020) e in quanto confermata dalle testimonianze di entrambe le figlie. In particolare, dalla deposizione di è emerso che il resistente scoprì l'esistenza di Persona_4 tale documento in occasione dell'intervento chirurgico cui, nel dicembre 2015, la moglie si sottopose per l'asportazione di alcuni noduli alla tiroide e che tale scoperta fu fortuita, essendo stato il documento trovato casualmente dalla figlia e da lei consegnato al padre. Per_2
La sig.ra ha riferito, in sede di interrogatorio, che il marito era a conoscenza solo della sua Pt_1 volontà di non accettare trasfusioni di sangue, ma che non era stato invece informato con riguardo all'indicazione, da lei compiuta, di un soggetto cui affidare, in veste di amministratore di sostegno, le decisioni in ordine alle cure mediche necessarie;a tal proposito la resistente ha chiarito che anche se tale indicazione era contenuta nello stesso modulo in cui era stato espresso il rifiuto alle trasfusioni, la compilazione della parte relativa alla nomina era avvenuta in un secondo momento.
In conclusione, è certo che la sig.ra in costanza di matrimonio e senza discuterne con il marito, Pt_1 sottoscrisse un documento nel quale indicava tale (uno dei membri anziani della Persona_3 congregazione) quale soggetto incaricato di assumere in sua vece, per l'ipotesi di sua incapacità, le decisioni in merito ai trattamenti sanitari cui ella avrebbe dovuto sottoporsi.
pagina 5 di 9
Tanto accertato, deve ritenersi che siffatta condotta integri una violazione dei doveri coniugali di fedeltà, solidarietà e assistenza morale.
In effetti discende dal complesso dei citati doveri che i coniugi, pur nel rispetto delle convinzioni individuali di ciascuno, sono tenuti a condividere le scelte fondamentali della loro vita, attivandosi con lealtà per un confronto costruttivo e fornendosi supporto reciproco. A quest'ultimo riguardo si osserva che il dovere di assistenza morale, non può intendersi solo come obbligo di supportare l'altro nelle sue difficoltà, ma anche come obbligo di ricercarne la collaborazione per il superamento degli ostacoli che si sperimentano in proprio.
La solidarietà coniugale che anima il vincolo matrimoniale altro non è che un dovere di operare in modo sinergico e condiviso, non più in maniera atomistica, ma con sforzi congiunti che preservino al contempo non solo le individualità, ma anche la coppia e con essa la famiglia.
Tali doveri devono certamente ritenersi violati da una condotta che, in assenza di ogni confronto e condivisione, colloca all'esterno della coppia coniugale scelte fondamentali per la vita di uno dei coniugi e potenzialmente foriere di profonde ripercussioni sulla vita familiare, affidandole a un soggetto del tutto estraneo. A ciò si aggiunga che la detta nomina costituisce chiaro indice dell'assenza di fiducia nella promessa del marito di rispettare la volontà della moglie in merito al rifiuto di trasfusioni, come emerge in modo evidente dalla precisazione secondo cui «il soggetto da me indicato come amministratore, infatti, sarebbe dovuto intervenire solo nel caso in cui mio marito avesse prestato il consenso alla trasfusione» (cfr. dichiarazioni rese dalla moglie all'udienza del 14.12.2020).
Nella valutazione della gravità della condotta non può tacersi che si trattava di una scelta operata non con riguardo a un'eventualità meramente astratta e remota, bensì a un'ipotesi concreta, alla luce dell'imminente intervento chirurgico e dell'ipotesi diagnostica (poi riscontrata) della natura tumorale della patologia sofferta.
Si percepisce così l'importanza del gesto con cui, in un momento molto delicato della propria vita, la moglie decideva di affidarsi ad uno dei confratelli del culto dei Testimoni di Geova piuttosto che al marito e ciò sebbene quest'ultimo l'avesse fino a quel momento rispettata e sostenuta anche nelle sue scelte di fede, oltre che assistita nei problemi di salute (secondo quanto riferito anche dalla figlia
. Per_1
Quanto al nesso di causalità tra tale condotta e la scomparsa dell'affectio coniugalis, devono richiamarsi innanzitutto le dichiarazioni testimoniali secondo cui il rapporto coniugale si raffreddò subito dopo l'intervento alla tiroide della sig.ra tanto che al rientro in casa, dopo le dimissioni Pt_1 ospedaliere, i coniugi iniziarono a evitare la vicinanza fisica e il marito smise di dare in gestione alla moglie il proprio stipendio, come invece aveva fatto fino ad allora (cfr. deposizione della teste
[...]
«Dopo il rientro a casa di dall'ospedale, dopo l'intervento alla tiroide, il clima tra i Tes_1 Pt_1 coniugi era freddo;mi disse che stava dalla sua parte del letto e mi raccontò anche che il Pt_1 marito le riferiva di , descrivendola anche fisicamente e raccontandole anche del seno Per_5 prosperoso che aveva questa donna»;«Sì mi disse che erano come separati in casa»;«Sempre Pt_1 nello stresso periodo mi disse che il marito aveva smesso di darle in gestione il proprio stipendio.»).
Tali dichiarazioni hanno trovato riscontro nella deposizione della teste la quale ha Persona_4 confermato che le discussioni tra i propri genitori iniziarono dopo la scoperta da parte del padre della nomina del sig. (cfr. verbale di udienza del 27.9.2021: «Ho assistito a delle discussioni Persona_3 tra i miei genitori durante le quali mio padre si lamentava che mia madre non aveva più rapporti intimi con lui e diceva che non aveva sposato una suora. Queste discussioni sono iniziate dopo che mi
pagina 6 di 9 padre ha scoperto che mia madre aveva indicato un estraneo come soggetto che avrebbe dovuto prendere le decisioni relative alle cure mediche ove lei fosse stata incosciente»).
Può dunque affermarsi che tale evento determinò la frattura dell'unione coniugale e che da allora le parti, pur rimanendo ad abitare insieme ancora per alcuni mesi, iniziarono a vivere in maniera autonoma, ponendo fine a quella comunione di vita che fino a quel momento le aveva viste condividere le abitudini quotidiane, i rapporti personali e la gestione economica delle risorse familiari.
L'accertamento così operato delle cause e dell'epoca della crisi del rapporto matrimoniale conduce inoltre al rigetto della domanda di addebito formulata dalla ricorrente per la violazione del dovere di fedeltà perpetrata dal marito.
Risulta infatti che la relazione sentimentale del sig. con la sig.ra iniziò nel 2016 (nel mese CP_1 Per_5 di settembre secondo quanto allegato in ricorso;nel mese di maggio/giugno secondo quanto riferito dalla figlia in sede di esame testimoniale) e dunque in un momento in cui era ormai già Per_1 intervenuta la rottura dell'unione coniugale (connessa, come detto, alla scoperta - nel dicembre 2015 - della nomina del sig. ) e i coniugi vivevano da alcuni mesi in una condizione di Persona_3 separazione di fatto.
Per tale ragione deve escludersi che la violazione dell'obbligo di fedeltà posta in essere dal sig. CP_1 abbia avuto efficienza causale rispetto alla crisi matrimoniale.
Stante l'addebito alla moglie della responsabilità della separazione, va certamente rigettata, ai sensi dell'art. 156 I comma c.c., la domanda di mantenimento proposta dalla sig.ra Pt_1
Quanto ai provvedimenti in favore delle figlie, ormai entrambe maggiorenni, deve subito evidenziarsi l'intervenuta estinzione dell'obbligazione di mantenimento della figlia maggiore Per_1
In diritto appare opportuno dar conto dei più recenti arresti della giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 17183/2020) che, nell'esaminare funditus la questione dei criteri di accertamento della persistenza del diritto al mantenimento del figlio maggiorenne, ha preso le mosse dalla diversità di modalità dell'adempimento del dovere di mantenimento verso il figlio minore d'età (art. 337 ter c.c.) e verso il figlio maggiorenne (art. 337 septies c.c.) e ha ricostruito la correlazione tra il diritto al mantenimento e il diritto-dovere all'istruzione e all'educazione.
Si è giunti così ad affermare che «trascorso un lasso di tempo sufficiente dopo il conseguimento di un titolo di studio, non potrà più affermarsi il diritto del figlio ad essere mantenuto: il diritto non sussiste, cioè, certamente dopo che, raggiunta la maggiore età, sia altresì trascorso un ulteriore lasso di tempo, dopo il conseguimento dello specifico titolo di studio in considerazione (diploma superiore, laurea triennale, laurea quinquennale, ecc.), che possa ritenersi idoneo a procurare un qualche lavoro, dovendo essere riconosciuto al figlio il diritto di godere di un lasso di tempo per inserirsi nel mondo del lavoro. … La capacità di mantenersi e l'attitudine al lavoro sussistono sempre, in sostanza, dopo una certa età, che è quella tipica della conclusione media un percorso di studio anche lungo, purché proficuamente perseguito, e con la tolleranza di un ragionevole lasso di tempo ancora per la ricerca di un lavoro.».
Il raggiungimento della maggiore età, tanto più quando è matura – perché sia raggiunta, secondo l'id quod plerumque accidit, quell'età in cui si cessa di essere ragazzi e di accettare istruzioni ed indicazioni parentali per le proprie scelte di vita, anche minuta e quotidiana, e si diventa uomini e donne – lascia
pagina 7 di 9
presumere l'idoneità al reddito, sicché diviene onere di chi invoca la persistenza dell'obbligo di mantenimento fornire prove idonee a vincere l'anzidetta presunzione.
Nel caso di specie, siffatte prove non sono state fornite con riguardo alla figlia ed anzi è emerso Per_1 nel corso del giudizio, alla luce delle dichiarazioni rese dalla stessa figlia (cfr. verbale dell'udienza del
27.9.2021), l'intervenuto completamento del percorso di studi della ragazza («Non sono iscritta all'università e studio lingue autonomamente … Non studio presso nessuna scuola privata;studio lingue da sola leggendo dei libri») e il suo ingresso nel mondo del lavoro essendo stata assunta dal gennaio 2022 come cameriera presso un ristorante, con contratto a tempo determinato poi trasformato –
a far data dal 10.1.2023 – in rapporto a tempo indeterminato (cfr. documento a) depositato dalla ricorrente in data 27.2.2023). Pt_1
Alla luce di siffatti elementi deve concludersi che la figlia (ormai venticinquenne) ha certamente Per_1 concluso non solo il proprio percorso di studi, ma anche la fase di inserimento professionale, atteso che ha fatto ingresso nel mondo del lavoro ormai due anni fa e ha anche visto stabilizzato il proprio impiego.
Va dunque revocato – a far data dalla stabilizzazione del rapporto di lavoro (10.1.2023) – il contributo paterno al mantenimento della figlia . Persona_1
Al contrario, la figlia (di anni 22) prosegue negli studi e frequenta la facoltà di scienze Per_2 infermieristiche presso l'Università di Perugia, come concordemente riferito da entrambe le parti.
Sulla base degli stessi principi innanzi enunciati deve dunque concludersi per il mancato raggiungimento dell'indipendenza economica, da parte della figlia la quale è mantenuta Per_2 interamente dal padre che vi provvede in forma diretta.
Merita dunque conferma il provvedimento di assegnazione al sig. della casa coniugale. In CP_1 proposito si osserva che la circostanza – riconosciuta dal padre – che la figlia fruisca di un Per_2 alloggio a Perugia, assegnatole per meriti scolastici, non impedisce di configurare un rapporto di convivenza con il padre nell'abitazione familiare, tenuto conto della breve distanza esistente tra quest'ultima (sita in Gubbio) e la sede universitaria frequentata, della temporaneità della permanenza a Perugia (limitata alla durata delle lezioni, con rientro nell'abitazione familiare nei fine settimana, nelle festività e in tutti i periodi di sospensione delle lezioni) e della natura precaria dell'alloggio studentesco goduto.
Infatti al fine di ritenere integrato il requisito della convivenza, è sufficiente che il figlio maggiorenne, pur in assenza di una quotidiana coabitazione - che può essere impedita dalla necessità di assentarsi con frequenza, anche per non brevi periodi, per motivi, ad esempio, di studio - mantenga tuttavia un collegamento stabile con l'abitazione del genitore, facendovi ritorno ogniqualvolta gli impegni glielo consentano: e questo collegamento costituisce un sufficiente elemento per ritenere non interrotto il rapporto che lo lega alla casa familiare (cfr. Cass., sent. n. 11320 del 2005;sentenza n. 18075/2013;n.
16134/2019).
Nulla deve disporsi in ordine al contributo della sig.ra al mantenimento della figlia , mai Pt_1 Per_2 richiesto dal resistente, il quale vi provvede in via esclusiva. Incidentalmente va peraltro dato atto delle precarie condizioni di salute della ricorrente, dichiarata invalida civile, che ne limitano grandemente la capacità lavorativa.
pagina 8 di 9
Quanto, infine, alle spese di lite, deve provvedersi conformemente alla regola della soccombenza, cui non vi è ragione di derogare, ponendole dunque a carico della ricorrente, cui è da addebitarsi la separazione. Per la quantificazione delle dette spese deve aversi riguardo ai parametri previsti dal d.m.
147/2022 per le controversie di valore indeterminabile, di complessità bassa, riconoscendo tutte le fasi
a valori minimi.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI PERUGIA
PRIMA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
M R Presidente
G M Giudice relatrice Ilenia Micciche' Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile di I grado iscritta al n. 3517/2017 r.g. promossa da
(c.f. , rappresentata e difesa dall'avv. RITA PANNACCI Parte_1 C.F._1 giusta procura a margine del ricorso introduttivo ed elettivamente domiciliata in via Benedetto Croce
n.15, Gubbio, presso il difensore avv. RITA PANNACCI
RICORRENTE contro
(C.F. ), rappresentato e difeso dall'avv. ANTONELLA CP_1 C.F._2
ROSSI, giusta mandato su foglio separato e congiunto mediante strumenti informatici alla comparsa di risposta ed elettivamente domiciliato in via Madonna di Mezzo Piano, n.45, Gubbio, presso il difensore avv. ANTONELLA ROSSI
RESISTENTE
E con l'intervento del pubblico ministero
OGGETTO: SEPARAZIONE DEI CONIUGI
CONCLUSIONI
Conclusioni di parte ricorrente: «Voglia l'on.le Tribunale di Perugia ogni contraria istanza, deduzione e conclusione disattesa così provvedere:
- Pronunciare l'addebito della separazione al marito ;CP_1
- Disporre l'assegnazione alla sig.ra della casa coniugale sita in Gubbio via Isola del Parte_1
Giglio n. 6;
- Porre a carico del sig. l'obbligo di corrispondere alla sig.ra a titolo di CP_1 Parte_1 assegno di mantenimento la somma di € 300,00 mensili da elevare a 500,00 euro mensili in caso di assegnazione della casa coniugale al marito;
- Porre a carico del sig. l'obbligo di corrispondere alla sig.ra a titolo di CP_1 Parte_1 contributo per il mantenimento della figlia la somma di € 150,00 mensili oltre al 50% Persona_1
pagina 1 di 9 delle spese straordinarie (mediche, scolastiche sportive e ricreative) preventivamente concordate e in caso di disaccordo facendo riferimento al protocollo di intesa siglato dal tribunale di Perugia.
Con vittoria di spese e compensi legali.»
Conclusioni di parte resistente: «come da comparsa di costituzione dinanzi al giudice istruttore chiedendo la revoca dell'assegno di mantenimento disposto in favore della moglie e della figlia , Per_1 essendo emerso in corso di causa lo svolgimento di attività lavorativa da parte di entrambe.» Conclusioni del pubblico ministero: «conclude per l'accoglimento della domanda sullo status».
pagina 2 di 9 RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO (art. 132 comma II n. 4 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c., come novellati dalla l. 69/09 del 18.6.2009)
Con ricorso depositato il 24.05.2017, conveniva in giudizio il coniuge, esponendo: di Parte_1 aver contratto con lui matrimonio il 01.10.1988, trascritto nel registro degli atti di matrimonio del comune di Samarate (VA), anno 1988, al numero 51, parte II, serie A, e che dall'unione erano nate le figlie (il 03.10.1999) e (il 05.01.2002);che si era sempre occupata della famiglia e delle Per_1 Per_2 figlie, senza svolgere attività lavorativa all'esterno, e che percepiva una pensione di invalidità civile di Euro 279,00 mensili, mentre il marito lavorava presso la di Sigillo percependo Organizzazione_1 uno stipendio di Euro 1.800,00 mensili circa;che l'unione coniugale era venuta meno per colpa del marito che aveva intrapreso dal settembre 2016 una relazione extraconiugale;che il marito non si curava più dei bisogni morali ed economici della famiglia, venendo meno agli obblighi di fedeltà, assistenza e collaborazione.
La ricorrente concludeva chiedendo pronunciarsi la separazione con addebito al marito e disporsi: 1) l'affidamento condiviso delle figlie, con collocamento prevalente presso la madre;2) l'assegnazione della casa coniugale (sita in Gubbio via Isola del Giglio n. 6 e annotata in catasto al foglio 262, p.lla
353 sub 6, p.lla 235 sub 10, p.lla 351 sub 5, p.lla 353 sub 8 e diritti indivisi sulle parti comuni foglio 262 p.lla 353 sub 1 e p.lla 235 sub 7);3) un contributo del padre per il mantenimento delle figlie nella misura di € 300,00 mensili per ciascuna, per un totale di Euro 600,00, oltre al 50% delle spese straordinarie;4) un contributo di mantenimento in proprio favore per l'importo di Euro 300,00 mensili.
costituitosi per la fase presidenziale, deduceva che l'unione coniugale era venuta meno CP_1 per colpa della conversione della moglie alla confessione religiosa dei Testimoni di Geova;deduceva che la moglie aveva iniziato a rifiutare rapporti intimi e affettivi;deduceva che, in costanza di un intervento chirurgico alla tiroide della moglie, egli veniva a conoscenza di un documento redatto e sottoscritto dalla stessa in cui ella dichiarava di non accettare trasfusioni di sangue e con il quale, per l'ipotesi in cui si fosse trovata nell'incapacità di prendere decisioni, nominava tale sig. Persona_3 quale proprio tutore legale e/o amministratore di sostegno;contestava le deduzioni di controparte in ordine alla propria situazione reddituale e quindi contestava la misura della propria obbligazione di mantenimento dei figli.
Il resistente concludeva chiedendo pronunciarsi la separazione dei coniugi con addebito alla moglie e conseguente rigetto della domanda di mantenimento avanzata dalla stessa;chiedeva l'affidamento in via esclusiva delle figlie, con collocazione prevalente presso di lui, e l'assegnazione in proprio favore della casa coniugale.
In esito all'udienza presidenziale del 9.05.2018, ove le parti insistevano nelle difese svolte, il Presidente, esperito infruttuosamente il tentativo di conciliazione, disponeva: l'affido condiviso ad entrambi i genitori della figlia minore con collocazione prevalente presso il padre, al quale per Per_2
l'effetto assegnava la casa coniugale;l'obbligo in capo ad di versare a la CP_1 Parte_1 somma di € 200,00 a titolo di mantenimento per lei ed € 300,00 a titolo di contributo al mantenimento della figlia maggiorenne oltre al 50% delle spese straordinarie;incaricava il centro di salute Per_1 mentale Alto Chiascio di avviare un sostegno psicologico in favore della minore e Persona_4 rimetteva le parti dinanzi al giudice istruttore.
Con l'ordinanza del 29.5.2019, il giudice istruttore modificava i provvedimenti provvisori aumentando
- a decorrere dal giorno 1.6.2019 - ad € 250,00 mensili l'assegno di mantenimento in favore della moglie e ad € 320,00 mensili l'assegno di mantenimento per la figlia Per_1
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Con sentenza non definitiva n. 1379/2021 del 21.10.2021, il tribunale pronunciava la separazione personale dei coniugi, disponendo la prosecuzione del giudizio per la decisione delle domande accessorie.
Con l'ordinanza del 26.10.2022 (emessa nell'ambito del subprocedimento n. 3517-1/2017 r.g.), il giudice istruttore modificava ulteriormente i provvedimenti provvisori riducendo all'importo di € 150,00 l'assegno per il mantenimento della figlia medio tempore assunta, con contratto a tempo Per_1 determinato e parziale (per 16 ore settimanali), come aiuto cameriera presso il ristorante del sig.
[...]
Pt_2
La causa veniva istruita mediante assunzione di prove testimoniali e, all'udienza del 7.6.2023, veniva rimessa al collegio per la decisione sulle conclusioni delle parti, come in epigrafe trascritte, e con assegnazione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
*****
La presente pronuncia segue quella non definitiva in ordine allo status ed ha dunque ad oggetto le sole questioni accessorie relative all'addebito della separazione, al mantenimento delle figlie, ormai maggiorenni, al mantenimento della moglie e all'assegnazione della casa coniugale.
In ordine alle domande di addebito, reciprocamente proposte da entrambe le parti, questo tribunale ritiene di dover accogliere la domanda del resistente.
Assume il sig. che la rottura dell'unione coniugale sia da imputare alle condotte tenute dalla CP_1 moglie dopo la conversione alla confessione religiosa dei Testimoni di Geova e in particolare al sopraggiunto rifiuto di rapporti intimi e affettivi e al “tradimento” consumato redigendo un documento in cui ella dichiarava di non accettare trasfusioni di sangue e al contempo nominava tale sig.
[...]
– e non esso marito – quale proprio tutore legale e/o amministratore di sostegno per l'ipotesi Per_3 in cui si fosse trovata nell'impossibilità di prendere personalmente le decisioni in materia sanitaria.
Incontroversa l'adesione della sig.ra alla fede dei Testimoni di Geova, deve preliminarmente Pt_1 osservarsi in diritto che «il mutamento di fede religiosa da parte di uno dei coniugi e la conseguente partecipazione dello stesso alle pratiche collettive del nuovo culto, configurandosi come esercizio dei diritti garantiti dall'art. 19 della Costituzione non possono rappresentare in quanto tali, ragioni sufficienti a giustificare la pronuncia di addebito della separazione, a meno che l'adesione al nuovo credo religioso non si traduca in comportamenti incompatibili con i concorrenti doveri di coniuge e di genitore fissati dagli artt. 143 e 147 c.c. determinando una situazione di improseguibilità della convivenza o di grave pregiudizio per l'interesse della prole» (Cass. n. 14728/2016;nello stesso senso anche Cass. n. 15241/2004;Cass. n. 4498/1985;Cass. n. 539/1989).
Dunque, il mutamento di confessione non rileva ai fini della pronuncia di addebito, che può invece fondarsi su violazioni dei doveri coniugali che trovino origine e occasione nell'adesione al nuovo credo.
Venendo al caso di specie, si osserva che – secondo quanto emerge dalle dichiarazioni delle parti e delle figlie – l'avvicinamento della sig.ra al culto dei Testimoni di Geova, avvenuto all'epoca Pt_1 della nascita della seconda figlia, si è trasformato in un'adesione più profonda con il battesimo ricevuto nel 2011: a partire da tale momento si è intensificata sia la partecipazione della resistente alle funzioni religiose (le cd. adunanze nella “Sala del Regno”), sia la sua attività di proselitismo (cfr. anche audizione della figlia all'udienza del 9.5.2018, la quale ha riferito: «Preciso che mia mamma ha Per_2
pagina 4 di 9 aderito alla religione di Geova quando ero molto piccola, avevo circa 3 anni, ma la sua vicinanza a questa religione si è incrementata molto nel tempo;lei, ad esempio, anche se non ha mai lavorato era sempre fuori o per le riunioni o per le cose che deve fare per i Testimoni di Geova, come andare di porta in porta»).
È altresì emerso che il rispetto da parte della sig.ra delle prescrizioni del credo religioso dei Pt_1
Testimoni di Geova era puntuale e improntato a una perfetta osservanza, che si estendeva anche alla figlia che pure non aveva mai manifestato una volontà di adesione. In questo senso si Per_2 richiamano le dichiarazioni della ragazza circa il divieto di festeggiare i propri compleanni impostole dalla madre («Ho sofferto molto, ad esempio, il fatto di non aver potuto mai festeggiare i miei compleanni e quando piangevo per qualcosa mia madre mi diceva che una lacrima di Geova valeva molto più di tutte le mie lacrime»).
Parallelamente alla crescita della partecipazione della sig.ra al culto era poi insorto un certo Pt_1 disagio della figlia minore la quale, con l'ingresso nell'età adolescenziale, aveva iniziato a Per_2 rifiutare di presentarsi alle occasioni conviviali della congregazione e a soffrire per le difficoltà sperimentate nella propria relazione con la madre («Ho sempre provato fin da piccola ad instaurare con mia madre un rapporto che andasse al di là della religione, ma non ci sono mai riuscita»). La distanza emotiva che si determinava induceva la figlia a rappresentare la propria famiglia come spaccata in due per motivi religiosi («…nella famiglia si è creata una spaccatura, nel senso che mia sorella è ed è sempre stata più vicina alla mamma ed ha seguito anche lei la sua religione, invece io e mio padre no. Questa spaccatura si è creata per motivi religiosi, nel senso che mia madre avrebbe voluto che anch'io aderissi ai testimoni di Geova e mio padre non voleva, perché sapeva che io non ne avevo nessuna intenzione.»).
Così descritto il contesto in cui matura lo specifico fatto imputato dal ricorrente, deve ritenersi che costituisca violazione dei doveri coniugali la nomina, da parte della sig.ra di soggetto diverso dal Pt_1 marito quale incaricato di assumere in sua vece, per l'ipotesi di sua incapacità, le decisioni in merito ai trattamenti sanitari cui ella avrebbe dovuto sottoporsi.
In punto di fatto la circostanza è certa, in quanto incontroversa (oltre che espressamente riconosciuta dalla ricorrente all'udienza del 14.12.2020) e in quanto confermata dalle testimonianze di entrambe le figlie. In particolare, dalla deposizione di è emerso che il resistente scoprì l'esistenza di Persona_4 tale documento in occasione dell'intervento chirurgico cui, nel dicembre 2015, la moglie si sottopose per l'asportazione di alcuni noduli alla tiroide e che tale scoperta fu fortuita, essendo stato il documento trovato casualmente dalla figlia e da lei consegnato al padre. Per_2
La sig.ra ha riferito, in sede di interrogatorio, che il marito era a conoscenza solo della sua Pt_1 volontà di non accettare trasfusioni di sangue, ma che non era stato invece informato con riguardo all'indicazione, da lei compiuta, di un soggetto cui affidare, in veste di amministratore di sostegno, le decisioni in ordine alle cure mediche necessarie;a tal proposito la resistente ha chiarito che anche se tale indicazione era contenuta nello stesso modulo in cui era stato espresso il rifiuto alle trasfusioni, la compilazione della parte relativa alla nomina era avvenuta in un secondo momento.
In conclusione, è certo che la sig.ra in costanza di matrimonio e senza discuterne con il marito, Pt_1 sottoscrisse un documento nel quale indicava tale (uno dei membri anziani della Persona_3 congregazione) quale soggetto incaricato di assumere in sua vece, per l'ipotesi di sua incapacità, le decisioni in merito ai trattamenti sanitari cui ella avrebbe dovuto sottoporsi.
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Tanto accertato, deve ritenersi che siffatta condotta integri una violazione dei doveri coniugali di fedeltà, solidarietà e assistenza morale.
In effetti discende dal complesso dei citati doveri che i coniugi, pur nel rispetto delle convinzioni individuali di ciascuno, sono tenuti a condividere le scelte fondamentali della loro vita, attivandosi con lealtà per un confronto costruttivo e fornendosi supporto reciproco. A quest'ultimo riguardo si osserva che il dovere di assistenza morale, non può intendersi solo come obbligo di supportare l'altro nelle sue difficoltà, ma anche come obbligo di ricercarne la collaborazione per il superamento degli ostacoli che si sperimentano in proprio.
La solidarietà coniugale che anima il vincolo matrimoniale altro non è che un dovere di operare in modo sinergico e condiviso, non più in maniera atomistica, ma con sforzi congiunti che preservino al contempo non solo le individualità, ma anche la coppia e con essa la famiglia.
Tali doveri devono certamente ritenersi violati da una condotta che, in assenza di ogni confronto e condivisione, colloca all'esterno della coppia coniugale scelte fondamentali per la vita di uno dei coniugi e potenzialmente foriere di profonde ripercussioni sulla vita familiare, affidandole a un soggetto del tutto estraneo. A ciò si aggiunga che la detta nomina costituisce chiaro indice dell'assenza di fiducia nella promessa del marito di rispettare la volontà della moglie in merito al rifiuto di trasfusioni, come emerge in modo evidente dalla precisazione secondo cui «il soggetto da me indicato come amministratore, infatti, sarebbe dovuto intervenire solo nel caso in cui mio marito avesse prestato il consenso alla trasfusione» (cfr. dichiarazioni rese dalla moglie all'udienza del 14.12.2020).
Nella valutazione della gravità della condotta non può tacersi che si trattava di una scelta operata non con riguardo a un'eventualità meramente astratta e remota, bensì a un'ipotesi concreta, alla luce dell'imminente intervento chirurgico e dell'ipotesi diagnostica (poi riscontrata) della natura tumorale della patologia sofferta.
Si percepisce così l'importanza del gesto con cui, in un momento molto delicato della propria vita, la moglie decideva di affidarsi ad uno dei confratelli del culto dei Testimoni di Geova piuttosto che al marito e ciò sebbene quest'ultimo l'avesse fino a quel momento rispettata e sostenuta anche nelle sue scelte di fede, oltre che assistita nei problemi di salute (secondo quanto riferito anche dalla figlia
. Per_1
Quanto al nesso di causalità tra tale condotta e la scomparsa dell'affectio coniugalis, devono richiamarsi innanzitutto le dichiarazioni testimoniali secondo cui il rapporto coniugale si raffreddò subito dopo l'intervento alla tiroide della sig.ra tanto che al rientro in casa, dopo le dimissioni Pt_1 ospedaliere, i coniugi iniziarono a evitare la vicinanza fisica e il marito smise di dare in gestione alla moglie il proprio stipendio, come invece aveva fatto fino ad allora (cfr. deposizione della teste
[...]
«Dopo il rientro a casa di dall'ospedale, dopo l'intervento alla tiroide, il clima tra i Tes_1 Pt_1 coniugi era freddo;mi disse che stava dalla sua parte del letto e mi raccontò anche che il Pt_1 marito le riferiva di , descrivendola anche fisicamente e raccontandole anche del seno Per_5 prosperoso che aveva questa donna»;«Sì mi disse che erano come separati in casa»;«Sempre Pt_1 nello stresso periodo mi disse che il marito aveva smesso di darle in gestione il proprio stipendio.»).
Tali dichiarazioni hanno trovato riscontro nella deposizione della teste la quale ha Persona_4 confermato che le discussioni tra i propri genitori iniziarono dopo la scoperta da parte del padre della nomina del sig. (cfr. verbale di udienza del 27.9.2021: «Ho assistito a delle discussioni Persona_3 tra i miei genitori durante le quali mio padre si lamentava che mia madre non aveva più rapporti intimi con lui e diceva che non aveva sposato una suora. Queste discussioni sono iniziate dopo che mi
pagina 6 di 9 padre ha scoperto che mia madre aveva indicato un estraneo come soggetto che avrebbe dovuto prendere le decisioni relative alle cure mediche ove lei fosse stata incosciente»).
Può dunque affermarsi che tale evento determinò la frattura dell'unione coniugale e che da allora le parti, pur rimanendo ad abitare insieme ancora per alcuni mesi, iniziarono a vivere in maniera autonoma, ponendo fine a quella comunione di vita che fino a quel momento le aveva viste condividere le abitudini quotidiane, i rapporti personali e la gestione economica delle risorse familiari.
L'accertamento così operato delle cause e dell'epoca della crisi del rapporto matrimoniale conduce inoltre al rigetto della domanda di addebito formulata dalla ricorrente per la violazione del dovere di fedeltà perpetrata dal marito.
Risulta infatti che la relazione sentimentale del sig. con la sig.ra iniziò nel 2016 (nel mese CP_1 Per_5 di settembre secondo quanto allegato in ricorso;nel mese di maggio/giugno secondo quanto riferito dalla figlia in sede di esame testimoniale) e dunque in un momento in cui era ormai già Per_1 intervenuta la rottura dell'unione coniugale (connessa, come detto, alla scoperta - nel dicembre 2015 - della nomina del sig. ) e i coniugi vivevano da alcuni mesi in una condizione di Persona_3 separazione di fatto.
Per tale ragione deve escludersi che la violazione dell'obbligo di fedeltà posta in essere dal sig. CP_1 abbia avuto efficienza causale rispetto alla crisi matrimoniale.
Stante l'addebito alla moglie della responsabilità della separazione, va certamente rigettata, ai sensi dell'art. 156 I comma c.c., la domanda di mantenimento proposta dalla sig.ra Pt_1
Quanto ai provvedimenti in favore delle figlie, ormai entrambe maggiorenni, deve subito evidenziarsi l'intervenuta estinzione dell'obbligazione di mantenimento della figlia maggiore Per_1
In diritto appare opportuno dar conto dei più recenti arresti della giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 17183/2020) che, nell'esaminare funditus la questione dei criteri di accertamento della persistenza del diritto al mantenimento del figlio maggiorenne, ha preso le mosse dalla diversità di modalità dell'adempimento del dovere di mantenimento verso il figlio minore d'età (art. 337 ter c.c.) e verso il figlio maggiorenne (art. 337 septies c.c.) e ha ricostruito la correlazione tra il diritto al mantenimento e il diritto-dovere all'istruzione e all'educazione.
Si è giunti così ad affermare che «trascorso un lasso di tempo sufficiente dopo il conseguimento di un titolo di studio, non potrà più affermarsi il diritto del figlio ad essere mantenuto: il diritto non sussiste, cioè, certamente dopo che, raggiunta la maggiore età, sia altresì trascorso un ulteriore lasso di tempo, dopo il conseguimento dello specifico titolo di studio in considerazione (diploma superiore, laurea triennale, laurea quinquennale, ecc.), che possa ritenersi idoneo a procurare un qualche lavoro, dovendo essere riconosciuto al figlio il diritto di godere di un lasso di tempo per inserirsi nel mondo del lavoro. … La capacità di mantenersi e l'attitudine al lavoro sussistono sempre, in sostanza, dopo una certa età, che è quella tipica della conclusione media un percorso di studio anche lungo, purché proficuamente perseguito, e con la tolleranza di un ragionevole lasso di tempo ancora per la ricerca di un lavoro.».
Il raggiungimento della maggiore età, tanto più quando è matura – perché sia raggiunta, secondo l'id quod plerumque accidit, quell'età in cui si cessa di essere ragazzi e di accettare istruzioni ed indicazioni parentali per le proprie scelte di vita, anche minuta e quotidiana, e si diventa uomini e donne – lascia
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presumere l'idoneità al reddito, sicché diviene onere di chi invoca la persistenza dell'obbligo di mantenimento fornire prove idonee a vincere l'anzidetta presunzione.
Nel caso di specie, siffatte prove non sono state fornite con riguardo alla figlia ed anzi è emerso Per_1 nel corso del giudizio, alla luce delle dichiarazioni rese dalla stessa figlia (cfr. verbale dell'udienza del
27.9.2021), l'intervenuto completamento del percorso di studi della ragazza («Non sono iscritta all'università e studio lingue autonomamente … Non studio presso nessuna scuola privata;studio lingue da sola leggendo dei libri») e il suo ingresso nel mondo del lavoro essendo stata assunta dal gennaio 2022 come cameriera presso un ristorante, con contratto a tempo determinato poi trasformato –
a far data dal 10.1.2023 – in rapporto a tempo indeterminato (cfr. documento a) depositato dalla ricorrente in data 27.2.2023). Pt_1
Alla luce di siffatti elementi deve concludersi che la figlia (ormai venticinquenne) ha certamente Per_1 concluso non solo il proprio percorso di studi, ma anche la fase di inserimento professionale, atteso che ha fatto ingresso nel mondo del lavoro ormai due anni fa e ha anche visto stabilizzato il proprio impiego.
Va dunque revocato – a far data dalla stabilizzazione del rapporto di lavoro (10.1.2023) – il contributo paterno al mantenimento della figlia . Persona_1
Al contrario, la figlia (di anni 22) prosegue negli studi e frequenta la facoltà di scienze Per_2 infermieristiche presso l'Università di Perugia, come concordemente riferito da entrambe le parti.
Sulla base degli stessi principi innanzi enunciati deve dunque concludersi per il mancato raggiungimento dell'indipendenza economica, da parte della figlia la quale è mantenuta Per_2 interamente dal padre che vi provvede in forma diretta.
Merita dunque conferma il provvedimento di assegnazione al sig. della casa coniugale. In CP_1 proposito si osserva che la circostanza – riconosciuta dal padre – che la figlia fruisca di un Per_2 alloggio a Perugia, assegnatole per meriti scolastici, non impedisce di configurare un rapporto di convivenza con il padre nell'abitazione familiare, tenuto conto della breve distanza esistente tra quest'ultima (sita in Gubbio) e la sede universitaria frequentata, della temporaneità della permanenza a Perugia (limitata alla durata delle lezioni, con rientro nell'abitazione familiare nei fine settimana, nelle festività e in tutti i periodi di sospensione delle lezioni) e della natura precaria dell'alloggio studentesco goduto.
Infatti al fine di ritenere integrato il requisito della convivenza, è sufficiente che il figlio maggiorenne, pur in assenza di una quotidiana coabitazione - che può essere impedita dalla necessità di assentarsi con frequenza, anche per non brevi periodi, per motivi, ad esempio, di studio - mantenga tuttavia un collegamento stabile con l'abitazione del genitore, facendovi ritorno ogniqualvolta gli impegni glielo consentano: e questo collegamento costituisce un sufficiente elemento per ritenere non interrotto il rapporto che lo lega alla casa familiare (cfr. Cass., sent. n. 11320 del 2005;sentenza n. 18075/2013;n.
16134/2019).
Nulla deve disporsi in ordine al contributo della sig.ra al mantenimento della figlia , mai Pt_1 Per_2 richiesto dal resistente, il quale vi provvede in via esclusiva. Incidentalmente va peraltro dato atto delle precarie condizioni di salute della ricorrente, dichiarata invalida civile, che ne limitano grandemente la capacità lavorativa.
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Quanto, infine, alle spese di lite, deve provvedersi conformemente alla regola della soccombenza, cui non vi è ragione di derogare, ponendole dunque a carico della ricorrente, cui è da addebitarsi la separazione. Per la quantificazione delle dette spese deve aversi riguardo ai parametri previsti dal d.m.
147/2022 per le controversie di valore indeterminabile, di complessità bassa, riconoscendo tutte le fasi
a valori minimi.
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